Con la tanto attesa pubblicazione del decreto ministeriale numero 139/2014 il Governo ha messo mano al testo del d.m. numero 180/2010 in materia di mediazione civile intervenendo sulla determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione nonché sull'approvazione delle indennità spettanti agli organismi di mediazione.
La tecnica utilizzata dal Governo è stata quella di intervenire con modifiche puntuali rispetto alle quali avremo modo di vedere se rispettano le attese degli operatori della mediazione e se presentano qualche elemento di collegamento con le più più o meno recenti novità che pure incidono, più o meno direttamente, sulla mediazione. Mi riferisco, ovviamente, al nuovo codice deontologico degli avvocati, ai nuovi parametri per gli onorari degli avvocati nonché la pubblicazione degli standard formativi dei mediatori avvocati. Prima di tutto occorre vedere alcune modifiche “particolari”. In primo luogo, il regolamento articolo 2 prevede che il capitale sociale per costituire un ODM sarà pari a 10.000 euro viene così eliminato il riferimento al capitale minimo necessario per costituire una società a responsabilità limitata poiché quella formulazione consentiva un capitale sociale di un euro dopo le modifiche al diritto commerciale si pensi, infatti, alla SRLS . In secondo luogo, l’articolo 3 del regolamento pone in capo all’ODM di trasmettere al Ministero alla fine di ogni trimestre e, comunque, non oltre non oltre l'ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del trimestre i dati statistici relativi all’attività di mediazione svolta sanzionando l’omessa comunicazione con la sospensione dell’ODM per un periodo di dodici mesi che evolve nella cancellazione qualora l’ODM non comunichi quei dati nei successivi tre mesi articolo 4 . Il tutto per garantire la possibilità che il Ministero ottemperi al monitoraggio delle mediazioni che ai sensi dell’articolo 5 è divenuto semestrale e non più annuale come prescritto dall’articolo 11 d.m. numero 180/2010. Incompatibilità e conflitto di interessi. Ma la novità più importante e sicuramente più incisiva sulle abitudini di molti e sulla quale qualche riflessione appare opportuna è quella contenuta nel nuovo articolo 14 -bis del d.m. 180/2010 introdotto dal primo comma dell’articolo 6 significativamente rubricato “incompatibilità e conflitto di interessi”. Il tema è importantissimo e fondamentale non soltanto per la mediazione ove è opportuno per favorire la diffusione dello strumento ma anche e soprattutto per l’arbitrato e per la giurisdizione ove è necessario oltre che, ovviamente, per l’attività amministrativa. Orbene, la domanda che ci dobbiamo porre è capire dove è stata individuata un’ipotesi tipizzata di conflitto di interessi. La risposta è espressa chiaramente nel primo comma della nuova norma e, cioè, il conflitto è ravvisato sempre e comunque e su questo dovremo tornare nella circostanza che il consulente della parte o il rappresentante della parte sia iscritto nell’elenco dei mediatori dell’organismo prescelto. Incompatibilità da iscrizione. La norma, infatti, così si esprime «il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all'organismo presso cui é iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo». Ne deriva che quella situazione di fatto è tale da determinare sempre e comunque e, cioè, a prescindere da una valutazione delle parti sull’argomento l’impossibilità per un soggetto di rappresentare o di fare da consulente alla parte in un certo procedimento di mediazione per il solo fatto che egli è iscritto come mediatore in quell’organismo che, a scanso di equivoci, non significa ch’egli sia in qualche modo partecipe degli utili di quell’ODM né che sia “in forza” a quell’organismo . Peraltro, «il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali». Ed ancora. Quell’automatismo funziona anche nell’ipotesi in cui l’organismo di mediazione sia stato scelto dalla controparte. Ecco allora che quest’ultima, volendo, potrebbe rivolgersi ad un certo organismo di mediazione al solo fine di impedire alla parte di avvalersi di un certo professionista, per così, dire temuto dalla parte o dal suo consulente. Ma v’è di più. Se il mediatore è iscritto a tutti gli organismi di un circondario dove ci sono un massimo di cinque organismi di mediazione dove potrà proporre la domanda di mediazione? Dovrà cercare un foro concorrente? E se il foro è esclusivo? Si dovrà dimettere da uno di quegli organismi di mediazione? Quali le conseguenze dell’incompatibilità? Quella che abbiamo visto sin qui è una causa di incompatibilità dell’assistente delle parti oltre che della parte ma qual è se c’è la conseguenza dell’eventuale presenza di un assistente della parte incompatibile? Innanzitutto, vi è una conseguenza immediata la presenza di una parte assistita da un professionista socio, associato ovvero che esercita la professione negli stessi locali del mediatore iscritto determina la situazione di incompatibilità per il mediatore iscritto che non può assumere quell’incarico. Proprio questa conseguenza mi porta ad escludere - a prima lettura - una qualche conseguenza diversa quale, ad esempio, l’impossibilità di dar corso alla mediazione se non può assumere l’incarico significa che il procedimento va avanti o ad una eventuale nullità e/o inefficacia dell’eventuale accordo raggiunto. Fuori da questa ipotesi ad esempio laddove il professionista sia socio di un mediatore iscritto non nominato però, diviene difficile ipotizzare la conseguenza impossibilità di dar corso alla mediazione se quel professionista sia la parte ovvero “divieto di accesso” ai luoghi della mediazione se è un consulente e, ancora, mancanza di un avvocato con ogni conseguenza laddove la mediazione sia obbligatoria ? Incompatibilità da precedente incarico - Il secondo comma, poi, prevede che non può assumere la funzione di mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti é assistita o é stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali in ogni caso costituisce condizione ostativa all'assunzione dell'incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'articolo 815, comma 1, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile. Infine, l’incarico non potrà essere neppure successivo dal momento che il terzo comma stabilisce che «chi ha svolto l'incarico di mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali» che, quindi, potrebbero non essere “molto contenti” che il loro socio, associato o collega eserciti la professione di mediatore! . Si tratta, quindi, qui di una incompatibilità che coinvolge il mediatore e che quest’ultimo deve dichiarare con la conseguenza che il responsabile dell’organismo deve provvedere alla sua sostituzione e, in caso di mancata dichiarazione o astensione laddove la causa di incompatibilità risulti già dagli atti disponibili al mediatore designato all’eventuale adozione dei provvedimenti disciplinari opportuni. Considerazioni critiche. Orbene, la disposizione mi sembra eccessiva e non adatta in questo momento di sviluppo iniziale della mediazione con conseguenze pratiche che non sembrano essere state tenute in considerazione quale, ad esempio, le conseguenze nel caso in cui, ad esempio, un avvocato sia iscritto come mediatore a tutti gli organismi di mediazione di quella città. Forse l’esempio dimostra il fine magari non voluto che è quello di mirare, in prospettiva, ad una netta separazione tra funzioni di consulente e di mediatore. Un fine che potrà essere predicato a prescindere dalla condivisione o no soltanto quando il mediatore potrà essere una professione autonoma e non già una professione di complemento di altre attività professionali. Ma quello che più stona, a mio avviso, è che il modello verso cui si dovrebbe tendere – proprio in mediazione – è quello di scegliere il mediatore che più aggrada a tutte le parti valorizzandone l’autonomia e, quindi, senza che rilevi chi siano i consulenti delle parti. Il che non toglie, ovviamente, che le relazioni tra le parti, i consulenti e il mediatore dovrebbero essere sempre rese note dal mediatore nella propria dichiarazione di indipendenza se le parti avranno obiezioni si sostituirà il mediatore altrimenti non vi sarà alcun problema. Ma v’è di più. Forse la norma avrebbe fatto meglio a prevedere il contenuto della dichiarazione di indipendenza del mediatore certamente inserendo le ipotesi appena viste valorizzando anche, però, la circostanza che deve essere sempre dichiarata anche ove rilevi, ovviamente la vicinanza “ideologica” ad una parte della controversia e sempre libere le parti di volere comunque quel mediatore . Ecco allora che l’impressione è che si voglia omologare il mediatore all’arbitro quando le due funzioni sono nettamente distinte l’una il mediatore incapace di danneggiare a causa della sua eventuale partigianeria la parte se non avendo fatto perdere tempo e denaro , l’altra l’arbitro capace di danneggiare seriamente con una decisione vincolante il lodo appunto . Peraltro, la formulazione della norma potrebbe creare non pochi problemi ad alcuni organismi di mediazione specialmente quelli con liste di mediatori particolarmente numerose. I costi della mediazione. Il secondo importante capitolo sul quale è intervenuto il Governo è rappresentato dai costi della mediazione. É oggi previsto che per il primo incontro ciascuna parte dovrà versare 40 euro per le liti di valore fino a 250.000,00 euro e 80 euro per quelle di valore superiore oltre alle spese vive documentate con ciò superando ogni dubbio come avevamo a suo tempo ritenuto commentando le novità del decreto del Fare . A scanso di equivoci, quell’importo definito “spese di avvio” è dovuto anche in caso di mancato accordo volto a proseguire la mediazione dopo il primo incontro. Meramente formale, invece, la modifica apportata alla lettera d del comma 4 dell’articolo 16 secondo cui le indennità devono essere ridotte nel caso di mediazione obbligatoria da legge articolo 5, comma 1 bis . Tempi supplementari per il tirocinio. Da ultimo occorre dire di una novità molto attesa e, cioè, l’articolo 9 comma 2 , e cioè, la disposizione con la quale si stabilisce che «i mediatori che alla data di entrata in vigore del presente regolamento non hanno completato l’aggiornamento professionale in forma di tirocinio assistito di cui all’articolo 4 comma 3 lettera b devono provvedervi entro il termine di un anno dalla entrata in vigore del presente regolamento». Si tratta di una previsione tanto attesa perché a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria sul finire del 2012 aveva determinato un crollo delle domande di mediazione che aveva reso praticamente impossibile per gli organismi di mediazione garantire ai mediatori iscritti un numero sufficiente di mediazioni per assolvere all’obbligo regolamentare. Peraltro, è oggi possibile per i mediatori che siano anche avvocati avvalersi della nuova previsione giusta la quale il tirocinio può essere svolto secondo quanto previsto dalla delibera del CNF e, cioè, nel numero di due procedimenti di mediazione purché non siano soltanto primi incontri. La previsione consente anche agli organismi di nominare i mediatori “in ritardo” con l’aggiornamento sino allo scadere del termine assegnato dal governo per provvedere all’aggiornamento.