Assegnazione della casa coniugale? Si, purché la stessa, fino alla separazione (o quasi), sia stata adibita a ... tetto coniugale!

Può farsi luogo ad assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, nell’interesse preminente dei figli minori - cui può assimilarsi quello dei figli maggiorenni non autosufficienti economicamente e dei soggetti maggiorenni portatori di handicap grave - purché la casa coniugale, sia stata abitata dai coniugi e dai figli, fino all’instaurazione del procedimento di separazione o quantomeno fino a poco tempo prima, in modo da mantenere il figlio nel proprio ambiente abituale.

La vicenda. Il Tribunale di Roma dichiarava la separazione personale di due coniugi, disponendo che ciascuno di essi provvedesse al proprio mantenimento. Quanto all’assegnazione della casa di cui la coppia era comproprietaria, invece, il giudice di prime cure precisava che la stessa, stante la risalente disgregazione del nucleo familiare, non era più adibita a casa familiare da molto tempo e, pertanto, non poteva essere pronunciato alcun provvedimento di assegnazione. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, assegnava la casa al marito, affinché vi abitasse con il figlio, maggiorenne e portatore di handicap grave. La moglie, dunque, impugnava il provvedimento ricorrendo in cassazione, mentre l’uomo resisteva con controricorso e, nel contempo, proponeva ricorso incidentale. Se la casa coniugale non è da tempo abitata dai coniugi e dai figli Le doglianze della donna riguardavano esclusivamente l’assegnazione della casa coniugale al marito. Giova premettere che l’articolo 155 quinquies, secondo comma, c.c., stabilisce che ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, numero 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori. Tra queste disposizioni vi è anche quella concernente l’assegnazione della casa familiare ex articolo 155 quater c.c Quest’ultima norma stabilisce che il giudice pronuncia sull’assegnazione della casa coniugale, tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. La ratio di tale scelta legislativa risiede nella volontà di garantire al minore ed anche ai figli maggiorenni non autosufficienti ovvero portatori di handicap grave il rapporto con il proprio ambiente domestico. Il suddetto articolo 155 quater, c.c., stabilisce però, che il diritto di godimento della casa familiare del coniuge, viene meno nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare nella casa coniugale o contragga nuovo matrimonio o conviva more uxorio. non può parlarsi di ‘casa coniugale’ e, pertanto, non vi è alcun interesse del minore da tutelare. Alla luce del suesposto quadro normativo, la Suprema Corte chiarisce che, ai fini dell’assegnazione della casa coniugale, occorre considerare, visto il richiamo dell’articolo 155 quinques c.c. alle disposizioni a favore dei figli minori, la convivenza del genitore con il figlio portatore di handicap grave, purché la casa coniugale, sia stata abitata dai coniugi e dai figli fino all’instaurazione del procedimento di separazione o quantomeno fino a poco tempo prima, così da tutelare il diritto del figlio a mantenere un rapporto con il proprio ambiente domestico. Nel caso di specie - osserva la Corte - risulta che l’abitazione oggetto di disputa tra i coniugi non era più adibita a casa familiare già da parecchio tempo prima del deposito del ricorso per la separazione e, pertanto, non vi era alcuna casa coniugale e nessun interesse del minore a mantenere un rapporto con la predetta abitazione. In via conclusiva i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso della donna e, decidendo nel merito, hanno rigettato la domanda del marito di assegnazione della casa coniugale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 maggio – 24 luglio 2012, numero 12977 Presidente Carnevale – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 21-12-2007, il Tribunale di Roma dichiarava la separazione personale dei coniugi D.M.A. e P.F.V. , e disponeva che ciascuno di essi provvedesse al proprio mantenimento. Precisava che la risalente disgregazione del nucleo familiare non poteva giustificare una pronuncia di assegnazione della casa di , ormai da tempo non più casa familiare. Proponeva appello avverso tale sentenza il D.M. . Costituitasi, la P. resisteva al gravame. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza 14-4/5-5-2010, in parziale riforma della sentenza impugnata, assegnava la casa di al D.M. , affinché lo stesso vi abitasse con il figlio L. , maggiorenne, ma portatore di handicap grave. Ricorre per cassazione la P. , sulla base di due motivi. Resiste, con controricorso, e propone ricorso incidentale il D.M. , sulla base di due motivi. Motivi della decisione Per ragioni sistematiche, va dapprima esaminato il primo motivo del ricorso incidentale. È infondata l'eccezione di invalidità della procura alle liti, relativa al ricorso principale tale procura è inserita a margine del ricorso, ed esplicitamente si riferisce al presente giudizio dinanzi la Corte di Cassazione . Con il primo motivo, la ricorrente principale lamenta violazione degli articolo 155 c.c. previgente, 155 quater c.c. e 6 l. divorzio con il secondo, vizio di motivazione, essendo entrambi i motivi relativi all'assegnazione della casa ex coniugale al D.M. . I motivi possono trattarsi congiuntamente, perché strettamente collegati. Va precisato che l'articolo 155 quinquies, secondo comma, c.c., stabilisce che ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, ai sensi dell'articolo 3, comma terzo, l. numero 104 del 1992, si applicano le disposizioni previste in favore dei figli minori. Ai sensi del predetto articolo 3, primo e terzo comma, è persona portatrice di handicap, quella che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e dì emarginazione l'handicap è grave quando la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Il ricordato articolo 155 quinquies c.c., come si diceva, dispone applicarsi ai portatori di handicap grave le disposizioni in favore dei figli minorenni. È da escludere che possano rilevare le norme sull'affidamento condiviso od esclusivo in caso contrario, si dovrebbe concludere che il figlio portatore di handicap, ancorché maggiorenne, sia da considerarsi automaticamente privo della capacità di agire, mentre ciò potrà essere accertato eventualmente, in via parziale o totale, nei giudizi specifici di interdizione, inabilitazione od amministrazione di sostegno. Potranno invece trovare applicazione le norme sulla presenza, le visite, la cura ed il mantenimento da parte del genitore non convivente in virtù degli articolo 155 e 155 bis c.c., nonché quelle in ordine all'assegnazione della casa coniugale, ai sensi dell'articolo 155 quater c.c Com'è noto, il giudice pronuncia sull'assegnazione della casa coniugale, tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli, indipendentemente dalla circostanza che la casa sia in locazione o di proprietà dell'uno o dell'altro coniuge ovvero dì entrambi. Il legislatore intende che il minore mantenga, nonostante la crisi familiare, il proprio rapporto con l'ambiente, relazioni, amicizie, esperienze acquisite. Secondo giurisprudenza consolidata per tutte, già Cass. numero 677 del 1990 la previsione va estesa al coniuge convivente con i figli maggiorenni ma non ancora autosufficienti economicamente. Il predetto articolo 155 quater c.c., precisa che il diritto di godimento del coniuge viene meno nel caso che l'assegnatario non solo non abiti o cessi di abitare nella casa coniugale, ma pure se contragga nuovo matrimonio o conviva more uxsorio. La Corte Costituzionale Corte Cost. numero 308/2008 , respingendo la questione di legittimità costituzionale della norma, l'ha interpretata nel senso che in ogni caso debba essere prioritariamente salvaguardato l'interesse dei figli minori. Dunque, ai fini dell'assegnazione della casa coniugale, occorrerà considerare, stante il richiamo dell'articolo 155 quinquies c.c. alle disposizioni a favore dei figli minori, la convivenza del genitore con il figlio portatore di handicap grave. Anche prima dell'entrata in vigore del predetto articolo 155 quinquies c.c., la Suprema Corte aveva affermato che, se è bensì vero che l'indeterminatezza nella durata di privazione del godimento della casa, subita dal genitore non convivente, magari proprietario esclusivo, può comportare una pesante limitazione al suo diritto, e tuttavia è altrettanto vero che tale genitore resta esonerato, per effetto della separazione, dai compiti quotidiani di assistenza e accudimento, che si impongono, anch'essi per un tempo indefinito, all'altro genitore convivente Cass. numero 16027 del 2001 . Precisa la sentenza impugnata che il figlio delle parti L. , nato nel , è affetto da disturbo schizofrenico di tipo paranoico, ed è stato riconosciuto invalido al 100%, con indennità di accompagnamento. E' stato altresì dichiarato inabilitato, con sentenza del Tribunale di Pescara in data 21-5-2002. Va tuttavia osservato che può farsi luogo ad assegnazione della casa già coniugale ad uno dei coniugi, nell'interesse preminente dei figli minori cui può assimilarsi, per quanto si è detto, quello dei figli maggiorenni non autosufficienti economicamente, ma pure dei soggetti maggiorenni, portatori di handicap grave , purché casa coniugale vi sia, abitata dai coniugi e dai figli fino all'instaurazione del procedimento di separazione o quantomeno fino a poco tempo prima, in modo da mantenere, come si è osservato, il figlio nel proprio ambiente abituale. Non può parlarsi di casa coniugale, quando, come nella specie, i coniugi siano separati di fatto da molti anni, e indipendentemente dalle ragioni di tale separazione. Risulta dalla sentenza impugnata che la moglie abita a Roma nella ex casa coniugale, in comunione tra i coniugi il marito con il figlio, a omissis , fin dal omissis il ricorso per separazione è stato depositato in data 1-2-2005. Afferma ancora la sentenza che il figlio delle parti, L. , decise di trasferirsi a omissis perché in profondo contrasto con la madre. Il padre, dietro richiesta di L. , ben presto si trasferì a vivere con lui. Successivamente, la madre, modificando le chiavi di accesso all'appartamento, avrebbe estromesso di fatto, dalla casa di , il marito e il figlio, secondo quanto afferma l'odierno ricorrente incidentale Anche tale circostanza non rileva semmai l'estromissione avrebbe potuto giustificare, nei termini prescritti, un'azione possessoria , ai fini dell'assegnazione di una casa da lungo tempo non più coniugale , e in ordine alla quale il conflitto tra ì coniugi potrà eventualmente risolversi, come già aveva chiarito il primo giudice, con lo scioglimento della comunione, con separato giudizio. Va pertanto accolto il ricorso principale il secondo motivo di quello incidentale, attinente al regime delle spese di cui si chiede la vittoria, è necessariamente superato dal tenore della presente decisione e rigettato quello incidentale. Va cassata la sentenza impugnata. Potrà decidersi nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti dì fatto, e andrà rigettata la domanda del D.M. di assegnazione della casa coniugale. La singolarità della fattispecie dedotta e la posizione della parti richiedono la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale rigetta quello incidentale cassa la sentenza impugnata senza rinvio, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del D.M. di assegnazione della casa coniugale dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.