La celebrazione del matrimonio tra un cittadino extracomunitario e un’italiana, avvenuta dopo l’emanazione del provvedimento di espulsione, non consente di applicare il divieto di espulsione ai sensi dell’articolo 19 T.U. sull’immigrazione.
Lo ha ribadito la Cassazione civile, con l’ordinanza numero 11582 del 10 luglio 2012 della Sesta sezione. Il caso. Un cittadino albanese impugna innanzi alla Corte di Cassazione il provvedimento con cui il Giudice di Pace di Catania aveva respinto l’impugnazione del decreto prefettizio di espulsione emesso nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lett. a e b, d.lgs. numero 286/98. Il ricorrente, in data successiva alla comunicazione del provvedimento espulsivo, aveva contratto matrimonio con una cittadina italiana. Il matrimonio non basta. La Cassazione giudica infondato il motivo di ricorso proposto, sulla base del quale avrebbe dovuto trovare applicazione il divieto di espulsione dello straniero convivente con coniuge di nazionalità italiana, previsto dall’articolo 19, comma 2, lett. c, d.lgs. numero 286/98. Tale divieto non è applicabile quando, come nel caso di specie, lo straniero sia già destinatario di un provvedimento di espulsione, dato che la celebrazione del matrimonio non è idonea a rendere inefficace ex post, per fatto sopravvenuto, il provvedimento prefettizio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile-1, ordinanza 18 aprile – 10 luglio 2012, numero 11582 Presidente Salmè – Relatore De Chiara Premesso in fatto Con relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. il Consigliere relatore ha esposto quanto segue “1. - Il Giudice di pace di Catania ha respinto il ricorso del sig. S B. , cittadino albanese, avverso il decreto prefettizio di espulsione emesso il 2 settembre 2010 ai sensi dell'articolo 13, comma 2 lett. a e b , d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286, osservando che il matrimonio contratto dal ricorrente con una cittadina italiana dopo essere stato espulso e aver ottemperato all'ordine di allontanamento del Questore non incideva sulla validità o efficacia dell'espulsione stessa. 2. - Il sig. B. ha quindi proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura, cui non ha resistito l'autorità intimata. 3. - Il primo motivo di ricorso, con il quale si chiede a questa Corte di verificare . l'impatto sulla fattispecie contestata al ricorrente della c.d. direttiva rimpatri direttiva 2008/115/CE , è inammissibile per genericità, non essendo dato comprendere, neppure dal successivo svolgimento del motivo, in quale modo le disposizioni della richiamata direttiva sarebbero state violate nella fattispecie in esame. 4. - Il secondo motivo, con cui si ripropone la tesi dell'incidenza, sulla efficacia dell'espulsione, del successivo matrimonio dell'espulso con una cittadina italiana, è infondato, avendo questa Corte già avuto occasione di chiarire che il divieto di espulsione dello straniero convivente con coniuge di nazionalità italiana articolo 19, comma 2 lett. c d.lgs. numero 286 del 1998 non è applicabile allorché lo straniero sia già destinatario di un provvedimento espulsivo che gli sia stato, altresì, debitamente comunicato una siffatta estensione della portata del divieto eccedente la lettera della legge, che inequivocabilmente prevede il divieto di espulsione per chi sia già coniugato favorirebbe la celebrazione di matrimoni strumentali e renderebbe inefficace ex post, e per fatto sopravvenuto, l'atto di esercizio del potere espulsivo che, invece, solo una espressa previsione di legge avrebbe potuto rendere revocabile Cass. 15753/2006 cfr. anche Cass. 16208/2006 ” che detta relazione è stata notificata all'avvocato del ricorrente e comunicata al P.M. che non sono state presentate memorie o conclusioni scritte Considerato in diritto che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione sopra riportata che il ricorso va pertanto respinto che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non v'è luogo a provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.