Se i posti auto erano previsti nel progetto approvato, ma non sono mai stati realizzati, l’acquirente ha diritto solo al risarcimento del danno non essendo mai esistito il parcheggio, non è mai sorto il vincolo pertinenziale.
Parcheggi pertinenziali la Corte di Cassazione, con un’ordinanza la numero 1331 depositata in cancelleria lo scorso 30 gennaio, ha scritto l’ennesimo episodio dell’infinita saga del vincolo di destinazione d’uso in favore delle unità immobiliari ubicate nel medesimo edificio. Gli ermellini hanno chiarito che se i posti auto erano previsti nel progetto approvato ma non sono mai stati realizzati, perché quegli spazi sono stati utilizzati per altri scopi, l’acquirente ha diritto al risarcimento del danno ma non anche all’attribuzione del parcheggio. Se esso non è mai esistito allora vuol dire che non è mai sorto il vincolo di pertinenzialità. Questa, nella sostanza, la presa di posizione dei Giudici di legittimità. Il caso. Una società di costruzioni edifica uno stabile e cede un’unità immobiliare senza, però, che alla cessione dell’appartamento segua quella dello spazio destinato a parcheggio. L’acquirente fa causa all’impresa per ottenere l’individuazione ed il contestuale trasferimento dell’area in cui parcheggiare, sempre nell’ambito del medesimo stabile, oppure il risarcimento del danno. Quei parcheggi non sono mai stati costruiti, o meglio lo spazio ad essi dedicato è stato usato in altro modo secondo la Corte d’appello, la cui decisione è stata oggetto del giudizio di Cassazione, questa circostanza doveva far propendere per il diritto al risarcimento del danno causato dalla violazione di leggi urbanistiche ma non poteva far sorgere un vincolo di destinazione rispetto ad un bene che non è mai venuto ad esistenza. Risarcimento si, parcheggio no questo il cuore della decisione impugnata. La materia è sempre attuale e fortemente controversa . Nella relazione depositata ai sensi degli articolo 377 – 380- bis c.p.c. il giudice relatore ha propeso per il rigetto dei ricorsi principale e incidentale rispettivamente proposti dalla società costruttrice e dall’acquirente. Rimandiamo alla lettura della parte motiva dell’ordinanza che merita di essere letta per la precisione delle argomentazioni con le quali il magistrato ha motivato la sua presa di posizione. Qui di seguito, in sintesi, cerchiamo di capire meglio a quale disciplina è soggetta la fattispecie dei parcheggi pertinenziali costruiti nell’edificio o in spazi limitrofi. Al momento della stesura della relazione, si legge nell’ordinanza, esistevano tre diversi tipologie di parcheggi, ognuna soggetta a specifica disciplina a parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, ai sensi dell’articolo 18 l. numero 765/68 c.d. legge “ponte”, poi modificata dalla legge numero 47/85 , e quindi a utilizzazione vincolata b parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo d’inscindibilità dall’unità immobiliare principale, realizzati ai sensi della legge numero 112/89 c parcheggi soggetti alla disciplina della libera circolazione cfr. Cass. SS.UU. 15 giugno 2005 numero 12793 e successiva legge numero 246/05 . Il punctum dolens della fattispecie, e di tutte quelle consimili, sono sempre stati gli stessi individuazione della legge applicabile e sua interpretazione da parte dei giudici. La materia è piena di novelle normative, sentenze delle Sezioni Unite e teorie dottrinarie. Quella di cui ci stiamo occupando, si legge nell’ordinanza, è fattispecie «riconducibile a una delle prime due categorie di parcheggi» questa circostanza è «da desumersi con riferimento al tempo del rogito notarile l’anno 1995 ». Ciò vuol dire che per il parcheggio doveva considerarsi esistente un vincolo di pertinenzialità. Pur se poteva essere trasferito a terzi, quindi, su di esso doveva ritenersi costituito un vincolo di destinazione d’uso operante ex lege a favore dei proprietari delle unità immobiliari. Ciò, però, nei fatti non era possibile i parcheggi, infatti, in spregio al progetto autorizzato, non furono mai costruiti. Il costruttore, infatti, li aveva utilizzati per altri scopi. Ed in casi del genere, dice la Cassazione, conformemente al proprio orientamento, non si può pretendere l’individuazione di un posto auto come faceva l’acquirente poiché «il rapporto di pertinenzialità tra bene principale e bene accessorio, oggetto della tutela de qua, non si è costituito, dal momento che lo stesso bene soggetto ex lege al vincolo pertinenziale non è neppure venuto ad esistenza». Ciò vuol dire che, prosegue il giudice relatore nel suo excursus fatto proprio dalla Corte regolatrice, che l’unica tutela è quella risarcitoria. Sul quantum gli ermellini hanno specificato che nulla si poteva dire rispetto alla decisione d’appello impugnata. Per questi motivi la Cassazione ha ritenuto di rigettare tutti i ricorsi presentati. Il decreto “Semplifica Italia” di recente approvazione che interviene sui parcheggi, semplifica ed uniforma. Secondo l’articolo 10 del DL, infatti, i parcheggi realizzati ai sensi della legge numero 122/89, quindi successivamente e non contestualmente all’edificazione dello stabile, possono essere trasferiti autonomamente rispetto alle unità immobiliari principali purché contestualmente li si vincolino ad altra unità immobiliare ubicata nel medesimo edificio. Come per quelli realizzati contestualmente alla costruzione dell’edificio ma dopo la novella legislativa di cui alla legge numero 246/05 .
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 24 novembre 2011 – 30 gennaio 2012, numero 1331 Presidente Felicetti – Relatore Falaschi Considerato in fatto La SIDERBETON ITALIANA s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 26 febbraio 2010 che nell'ambito del giudizio promosso da C.R. per ottenere la condanna della ricorrente a reperire all'interno del condominio, sito in omissis - ove era sito l'appartamento dalla stessa acquistato in data 2.10.1995 dalla costruttrice odierna ricorrente , area pertinenziale da destinare a parcheggio ovvero, in subordine, il risarcimento dei danni nell'ipotesi in cui non fosse possibile il predetto trasferimento, in riforma della decisione del giudice di prime cure, ritenuta la fondatezza dell'appello, accoglieva la domanda subordinata per non essere venuto ad esistenza il bene soggetto ex lege al vincolo pertinenziale , quantificata in L. 50.000.000 la riduzione del prezzo dell'immobile acquistato. Il ricorso è affidato ad un unico motivo di impugnazione. Si è costituita con controricorso la C., la quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un unico motivo. Il consigliere relatore, nominato a norma dell'articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'articolo 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso principale e di quello incidenale. La resistente ha presentato memoria ex articolo 380 bis, comma 2, c.p.c Ritenuto in diritto Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex articolo 380 bis c.p.c. che di seguito si riporta Come osservato con sentenza numero 21003 del 1 agosto 2008 di questa corte, la soluzione delle questioni sollevate con il ricorso principale e con quello incidentale richiede una sia pur sintetica ricostruzione della evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi. La regolamentazione giuridica delle aree destinate a parcheggio trova fondamento nelle esigenze di natura urbanistica determinate dal degrado ambientale prodotto dalla sosta degli autoveicoli nei centri urbani. La L. 6 agosto 1967, numero 765 c.d. legge ponte , all'articolo 18, ha introdotto nella legge urbanistica 17 agosto 1942, numero 1150, l'articolo 41 sexies , prescrivendo che Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbano essere ricavati appositi spazi per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione poi divenuti dieci a norma della L. 24 marzo 1989, numero 122, articolo 2 . La norma, che fissa per la prima volta degli standards minimi da osservare nella progettazione urbanistica con riguardo agli spazi destinati alla sosta, esigendo che le nuove costruzioni siano dotate di aree di parcheggio, ha - come generalmente affermato dalla dottrina - carattere pubblicistico, essendo, per un verso, diretta a regolare, sotto il profilo urbanistico, l'attività edilizia, ed essendo, per l'altro, rivolta direttamente all'autorità amministrativa, tenuta a subordinare il rilascio della concessione edilizia al rispetto dei predetti standars, da determinare in base al rapporto tra superficie e volumetria. Nel silenzio della norma in esame sulla natura giuridica del vincolo concernente i parcheggi, la dottrina dominante ha escluso che il richiamato articolo 41 sexies assuma, altresì, una valenza nei rapporti tra privati, introducendo nuovi vincoli alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio teoria oggettiva . Una parte minoritaria della dottrina ha, invece, interpretato il richiamato articolo 41 sexies come diretto, oltre che a porre un vincolo oggettivo di destinazione, a regolare altresì i rapporti tra privati attraverso la introduzione di un vincolo di destinazione necessario, inderogabile pattiziamente, alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio teoria soggettiva . Secondo tale posizione, gli spazi per parcheggio di cui alla legge ponte dovrebbero essere necessariamente utilizzati dai proprietari e/o utilizzatori delle unità immobiliari di cui fa parte l'edificio cui detti spazi accedono. Il vincolo opererebbe in un duplice senso, anzitutto ponendo una relazione di accessorietà tra la costruzione e gli spazi per parcheggio, rilevante nei rapporti interprivati. Detta relazione potrebbe atteggiarsi in modo diverso. Se lo spazio per parcheggio è interno alla costruzione, il vincolo legale opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale parte comune condominiale destinata a un servizio comune di cui la legge configura l'esigenza e impone l'assolvimento. Se, invece, lo spazio è esterno il vincolo opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale pertinenza del fabbricato si tratterebbe di una pertinenza ex lege , in quanto la qualifica pertinenziale e le conseguenze giuridiche ad essa riconducibili non derivano, come di regola, dalla obiettiva destinazione al servizio della cosa principale, bensì direttamente dalla legge. In entrambi i casi il rapporto di accessorietà esistente tra l'edificio e gli spazi per parcheggio farebbe sì che la vendita della singola unità immobiliare, in difetto di contraria disposizione scritta ai sensi dell'articolo 1117 c.c., ovvero dell'articolo 818, comma 1, c.c. comporti la vendita anche dello spazio per parcheggio. In secondo luogo, il vincolo di destinazione opererebbe nel senso di impedire che i privati, nell'esercizio della propria autonomia negoziale, possano derogare al principio della necessaria utilizzazione degli spazi per parcheggio da parte dei proprietari e/o utilizzatori del fabbricato. In altri termini sarebbe consentito con apposita pattuizione scritta derogare al principio accesorium sequitur principale solo quanto alla proprietà dello spazio per parcheggio, ma non quanto all'uso dello stesso. Si parla di un diritto di uso ope legis, con la conseguenza che una contraria pattuizione delle parti sarebbe nulla per contrasto con una norma imperativa ai sensi dell'articolo 1418 c.c., e verrebbe sostituita di diritto dalla norma imperativa violata ai sensi dell'articolo 1419, comma 2, c.c Nella giurisprudenza di legittimità, dopo un iniziale contrasto, che ha determinato l'intervento delle Sezioni Unite Sez. Unumero 17 dicembre 1984, nnumero 6600, 6601 e 6602 , è stato affermato che l'articolo 41 sexies costituisce una disposizione imperativa ed inderogabile in correlazione agli interessi pubblicistici da essa perseguiti e che, in quanto tale, non opera soltanto nel rapporto tra costruttore - proprietario dell'edificio e Pubblica Amministrazione, ma anche nei rapporti privatistici inerenti agli spazi per parcheggio. Conseguentemente il posto-auto viene considerato parte comune dell'edificio se ricavato all'interno dello stesso e pertinenza, legata da un vincolo di destinazione funzionale, se posto all'esterno ciò in mancanza di un titolo attributivo della proprietà esclusiva ai singoli condomini. Le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l'uso del parcheggio vengono considerate nulle e, di conseguenza, il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non prevede anche il contestuale trasferimento del posto-auto si ritiene integrato ope legis, ex articolo 1374 c.c., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino e di un diritto dell'alienante ad un'integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell'appartamento. Successivamente al ricordato intervento delle Sezioni unite, la L. 28 febbraio 1985, numero 47, in particolare l'articolo 26, comma 5 poi abrogato dal D.Lgs. 6 giugno 2001, numero 378, articolo 136 , ha stabilito che Gli spazi di cui all'articolo 18 della legge 6 agosto 1967, numero 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli articolo 817, 818 e 819 c.c. . Con ciò è stata definitivamente sancita la sussistenza del rapporto di accessorietà, proprio delle pertinenze, del posto auto rispetto al fabbricato, come era stato già individuato dai sostenitori della teoria soggettiva ma, nel contempo, attraverso il richiamo all'articolo 818 c.c. che, al secondo comma, stabilisce che le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici , consente di affermare la alienabilità del posto auto separatamente dall'unità immobiliare di cui costituisce pertinenza. Il riconoscimento della natura di pertinenza integra uno specifico tipo di regolamentazione dei rapporti interprivati in base al quale il proprietario che vende l'immobile ad altro soggetto può ben riservarsi la proprietà dell'area di parcheggio con il solo obbligo di rispettare il vincolo di destinazione. In ambito giurisprudenziale, dopo il susseguirsi di pronunce contraddittorie, sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 18 luglio 1989, numero 3363, affermando che gli spazi a parcheggio sono liberamente alienabili, ma nei limiti della destinazione a parcheggio non modificabile e del diritto reale di uso esclusivo riconosciuto agli utenti degli alloggi . Al riguardo è stato ribadito che la norma urbanistica che imponga vincoli o limiti alla proprietà, ha natura imperativa e inderogabile non solo nei rapporti fra costruttore e Pubblica Amministrazione, in quanto norma di azione, ma anche nei rapporti tra costruttore e terzi che da quei vincoli o limiti ricevono un vantaggio, in quanto norma di relazione. Il vincolo di destinazione permanente a parcheggio va inquadrato nella categoria delle limitazioni legali della proprietà privata per scopo di pubblico interesse e si conforma ope legis in un diritto reale di uso dell'area di parcheggio in favore del condominio. L'inderogabilità comporta la nullità dei patti contrari e la loro sostituzione con le previsioni della legge. La L. numero 47 del 1985, all'articolo 26, non ha portata innovativa, ma confermativa del regime della L. numero 765 del 1967, proprio in forza del riferimento al vincolo pertinenziale. In altri termini, il vincolo che grava sulle aree a parcheggio ha natura non solo oggettiva ma anche soggettiva, e si trasferisce, automaticamente, con il trasferimento della titolarità dell'abitazione è un diritto reale d'uso, di natura pubblicistica, che la legge pone a favore dei condomini del fabbricato cui accede, e limita il diritto di proprietà dell'area. Peraltro, nel rispetto di tale vincolo, il proprietario può riservarsi la proprietà o cederla a terzi, mentre, qualora nei titoli di acquisto non vi sia stata al riguardo alcuna riserva o sia stato omesso qualunque riferimento, gli spazi destinati a parcheggio vengono ceduti in comproprietà pro quota, quali pertinenze delle singole unità immobiliari secondo il regime previsto dagli articolo 817 e 818 c.c., venendo così a fare parte delle cose comuni di cui all'articolo 1117 c.c. v., sul punto, tra le altre, Cass. 16 gennaio 2008 numero 730 e 18 luglio 2003 numero 11261 . È, poi, intervenuto nuovamente il legislatore con la legge 24 marzo 1989, numero 122 c.d. legge Tognoli . L'articolo 2 di detta legge ha, innanzitutto, modificato la L. numero 1150 del 1942, nell'articolo 41 sexies , nel senso di aumentare la quantità delle aree da destinare a parcheggio delle nuove costruzioni, portando il rapporto tra tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione considerando, quindi, le aree di parcheggio uno standard urbanistico . Di più importante rilievo giuridico è l'articolo 9, che prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti comma 1 , stabilendo la soggezione di tali interventi - anziché a concessione edilizia - a sola autorizzazione gratuita comma 2, poi sostituito, per effetto dal D.P.R. 27 dicembre 2002, numero 301, articolo 137, nel senso della soggezione degli interventi medesimi a denuncia di inizio attività , e richiedendo un quorum ridotto per le delibere condominiali necessarie per l'approvazione degli interventi in oggetto comma 3 . In ogni caso, è previsto che i parcheggi, così realizzati, non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli comma 4 . L'articolo 9 della legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da quella che vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i quali possono sicuramente essere alienati separatamente dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile principale. A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi nell'intento di evitare speculazioni da parte di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la realizzazione degli stessi. Gli interventi legislativi che si sono susseguiti in materia di parcheggi, secondo la giurisprudenza avallata dalla dottrina , hanno determinato l'esistenza di tre diverse tipologie di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria disciplina a parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè a utilizzazione vincolata , ai quali inerisce una qualificazione pertinenziale ex lege , in quanto realizzati ai sensi dell'articolo 18 della legge ponte poi integrata dall'articolo 26 della legge sul condono b parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, cioè a utilizzazione vincolata e, al tempo stesso, a circolazione controllata , perché costruiti in base alla Legge Tognoli 122/1989 c parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, a utilizzazione e a circolazione libera , non vincolata in base a speciali limiti inderogabili di legge v. Sezioni unite, sentenza 15 giugno 2005, numero 12793 . La L. 28 novembre 2005, numero 246 Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005 , all'articolo 12, comma 9, ha, poi, modificato la L. numero 1150 del 1942, articolo 41 sexies , aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse . La norma richiamata che - come già chiarito da questa Corte - trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari Cass. 24 febbraio 2006, numero 4264 - liberalizza, infine, il regime delle aree destinate a parcheggio. La L. numero 246/2005, è di poco successiva alla già ricordata sentenza 15 giugno 2005, numero 12793, nella quale le Sezioni unite, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima richiesta dalla legge non sono soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio in tal modo già delimitando quantitativamente il regime vincolistico delle aree in questione. Alla luce della operata ricostruzione del sistema della circolazione degli spazi destinati a parcheggio, può ora esaminarsi la illustrata censura alla decisione della Corte catanese dalla ricorrente principale. Con un unico motivo la Siderbeton Italiana lamenta, da un lato, che il giudice di appello abbia ritenuto provato che la modifica della destinazione d'uso dello spazio da destinare a parcheggio fosse avvenuta per fatto della società venditrice-costruttrice, dall'altro, che non sussiste alcuna posizione di diritto reale d'uso in capo alla controricorrente. Mentre la seconda doglianza relativa alla natura del diritto fatto valere dalla C. appare infondata per quanto sopra esposto, essendo la fattispecie riconducibile a una delle prime due categorie di parcheggi, da desumersi con riferimento al tempo del rogito notarile l'anno 1995 , la prima censura è da ritenere inammissibile perché priva della specificità necessaria per consentire il controllo di legittimità sull'operato del giudice di merito la cui decisione è sottoposta a critica. Non è infatti indicato, neppure sommariamente, da quali elementi di giudizio la corte distrettuale avrebbe dovuto desumere di riferire il mutamento di destinazione delle aree scoperte vincolate a parcheggio a terzi e non al costruttore-venditore, dal momento che essendo detti spazi occupati da ballatoi delimitati da ringhiere in ferro di pertinenza esclusiva delle unità abitative realizzate a piano seminterrato nel progetto originario indicate come cantine e da una scala di accesso al piano sotto scala, le cui caratteristiche costruttive, come osservato dal giudice del gravame, si presentavano identiche alle dotazioni degli altri appartamenti ed apparivano coeve all'originaria edificazione del fabbricato. Del pari ritiene il relatore che non si prospetti come fondato il ricorso incidentale. Costantemente la giurisprudenza ritiene che nella ipotesi in cui, pur previsto nel progetto autorizzato, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato per realizzarvi manufatti od opere d'altra natura che, in ragione di questa, siano da destinare a diversa utilizzazione, pur ravvisarsi a carico del costruttore responsabilità d'ordine amministrativo ed eventualmente penale, non possono, per contro, ravvisarsene d'ordine privatistico sub specie di oneri ripristinatori, poiché il rapporto di pertinenzialità tra bene principale e bene accessorio, oggetto della tutela de qua, non si è costituito, dal momento che lo stesso bene soggetto ex lege al vincolo pertinenziale non è neppure venuto ad esistenza. Può, di converso, ipotizzarsi in favore degli acquirenti delle singole unità immobiliari cfr Cass. 5 maggio 2009 numero 10341 Cass. 18 aprile 2003 numero 6329 Cass. 27 gennaio 1995 numero 11194 una tutela risarcitoria, in ragione dell'ampio campo d'applicazione del combinato disposto degli articolo 871 ed 872 c.c., la cui estensibilità a qualsiasi violazione della normativa edilizia dalla quale al privato derivi un danno è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza. Nella specie, accertato in punto di fatto dalla sentenza impugnata che l'originaria costruttrice-venditrice non aveva realizzato l'area destinata a parcheggio nei termini previsti nel progetto autorizzato, per le ragioni sopra esposte per averla parzialmente trasformata utilizzando parte del relativo spazio per realizzarvi ballatoi delimitati da ringhiere in ferro di pertinenza esclusiva delle unità abitative realizzate a piano seminterrato - originariamente indicate come cantine - ed una scala di accesso al piano sotto scala , la Siderbeton Italiana - in applicazione di detto orientamento giurisprudenziale - è stata condannata al solo risarcimento del danno. Ciò precisato, si osserva che la doglianza della C. in ordine alla quantificazione del danno è priva di pregio, posto che la corte territoriale ha correttamente ritenuto di determinarne l'ammontare con riferimento al valore di un posto auto, ossia al corrispettivo per l'acquisto del medesimo bene cui l'acquirente aveva diritto. Del resto il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto dall'ordinamento con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso ed, al contempo, lo stesso ordinamento non consente l'arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro nemo locupletari potest cum aliena iactura , ciò anche nelle ipotesi per le quali il danno sia ritenuto in re ipsa e trovi la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dalla controparte”. Né le argomentazioni svolte dalla resistente - ricorrente incidentale nella memoria ex articolo 380 bis, comma 2, c.p.c. appaiono idonee ad evidenziare profili non esaminati nella relazione e ad indurre, quindi, a conclusioni differenti da quelle proposte nella relazione stessa. In particolare, le critiche nuovamente svolte alla sentenza del giudice distrettuale con specifico riferimento all'entità dei danni liquidati, che ad avviso della C. avrebbe dovuto ricomprendere, oltre al valore del posto auto, anche il suo mancato utilizzo, per farne discendere la fondatezza della maggiore pretesa, non tengono conto che pur ritenendo trattarsi di danno in re ipsa , la determinazione dello stesso con riferimento all'intero valore del bene è esaustivo del pregiudizio suscettibile di riparazione mediante tutela ripristinatoria, come evidenziato dalla relazione. Del resto la presunzione attiene alla sola possibilità della sussistenza del danno ma non alla sua effettiva sussistenza e, tanto meno, alla sua entità materiale l'affermazione del danno in re ipsa si riferisce, dunque, esclusivamente all'an debeatur , che presuppone soltanto l'accertamento d'un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza secondo l’ id quod plerumque accidit , onde permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai diversi fini della determinazione quantitativa e della liquidazione di esso per equivalente pecuniario, e non è precluso al giudice il negare la risarcibilità stessa del danno ove la sua effettiva sussistenza o la sua materiale entità non risultino provate v. Cass. 26 febbraio 2003 numero 2874, 18 novembre 2002 numero 16202, 7 marzo 2002 numero 3327, 18 febbraio 1995 numero 1799 , onde non può ritenersi fondato il rimprovero mosso ai giudici del merito. Il ricorso va, quindi, rigettato, al pari del ricorso incidentale. Le spese di lite, stante l'esito del giudizio, vengono compensate per un terzo, mentre per la restante parte seguono il principio della soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale compensa le spese di questo grado di giudizio per un terzo e per la restante parte, che liquida in complessivi Euro 1.550,00, di cui Euro 150,00 per esborsi, oltre accessori, come per legge, le pone a carico di parte ricorrente.