In prima battuta viene contestato il reato di riciclaggio. Per il GIP, invece, si deve parlare di semplice ricettazione. Questo cambio di prospettiva rende illegittimo l’arresto effettuato dai carabinieri.
Beccato dai carabinieri in possesso di una carta bancomat provento di furto. Illegittimo però l’arresto. Il reato contestato è quello di “ricettazione” e non di “riciclaggio”, e, osservano i Giudici, va esclusa la flagranza, poiché l’acquisizione della carta è avvenuta tempo prima Cassazione, sentenza numero 53676/2017, Sezione Seconda Penale, depositata oggi . Reato. Una volta ricostruito l’episodio, in Tribunale il GIP decide di «non convalidare l’arresto» dell’uomo beccato con una carta bancomat rubata. In premessa l’accusa viene rivista e corretta non più «riciclaggio», bensì «ricettazione». E proprio questa modifica spinge il GIP a spiegare che, «essendo di natura istantanea il reato di ricettazione», «l’arresto non è stato legittimamente eseguito nella flagranza del reato, in quanto, come si evince dallo stesso verbale di arresto, la condotta» di acquisizione della carta rubata «è stata commessa in data antecedente all’arresto». A contestare questa decisione è il Pubblico Ministero del Tribunale. A suo parere ci si trova di fronte al «reato di riciclaggio», e, siccome esso «ha natura permanente», «correttamente era stato disposto l’arresto in flagranza». Questa visione viene però respinta dalla Cassazione, dove i Giudici confermano la decisione presa dal GIP. Legittima, in sostanza, «la qualificazione del fatto come ricettazione». Di conseguenza, poiché è «pacifica la natura giuridica di reato istantaneo del delitto di ricettazione», «lo stato di flagranza può essere ipotizzato solo ove il soggetto sia sorpreso nel momento in cui compia una delle alternative condotte previste» dalla norma del Codice Penale, cioè «acquistare, ricevere od occultare cose provenienti da un qualsiasi delitto».
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 ottobre – 28 novembre 2017, numero 53676 Presidente Fumu – Relatore Rago Fatto e diritto 1. Su. Sa. - indagato per il delitto di cui all'articolo 55/9 D.Lgs. 231/2007 perché, al fine di trarre profitto, possedeva una Carta Bancomat provento di furto - fu tratto in arresto, in data 23/05/2017, dai Carabinieri della Stazione di San Mauro Torinese perché colto nella flagranza del suddetto reato. Con ordinanza del 24/05/2017, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Ivrea non convalidava l'arresto in quanto, riqualificato il fatto come ricettazione, ritenne che, essendo il suddetto reato di natura istantanea, «l'arresto non è stato legittimamente eseguito nella flagranza del reato, in quanto, come si evince dallo stesso verbale di arresto, la condotta di acquisizione/ricezione/occultamento è stata commessa in data antecedente all'arresto medesimo e non meglio precisata in atti». 2. Contro la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Ivrea deducendo la violazione di legge in relazione agli articolo 55 D.Lgs. cit., 648 cod. penumero , 391 cod. proc. penumero Ad avviso del ricorrente, la qualificazione giuridica data dal giudice delle indagini preliminari al fatto per cui è processo, sarebbe errata perché, correttamente, era stato contestato il reato di cui all'articolo 55/9 D.Lgs. cit che doveva ritenersi norma «speciale rispetto a quella di cui all'articolo 648 cod. penumero sotto il profilo della peculiarità dei beni posseduti» come sarebbe stato statuito da Cass. 44663/2016 e da Cass. 39348/2002. Di conseguenza, poiché il suddetto reato ha natura permanente, correttamente era stato disposto l'arresto in flagranza. 3. Il ricorso è inammissibile essendo la censura manifestamente infondata. In punto di diritto, devono darsi per pacifici i seguenti principi - ai fini della convalida del fermo, il G.I.P. può diversamente qualificare il fatto-reato contestato, per negare la convalida, valorizzando unicamente la situazione che si prospettava alla P.G. operante all'atto dell'intervento ex plurimis Cass. 30698/2013 Rv. 256783 - integra il reato di cui all'articolo 648 cod. penumero la condotta di chi riceve, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, provenienti da delitto, mentre devono ricondursi alla previsione incriminatrice di cui all'articolo 12 del D.L. 3 maggio 1991, numero 143 attualmente articolo 55, comma nono, D.Lgs. 21 novembre 2007, numero 231 , che sanziona, con formula generica, la ricezione dei predetti documenti di provenienza illecita , le condotte acquisitive degli stessi, nell'ipotesi in cui la loro provenienza non sia ricollegabile a un delitto, bensì ad un illecito civile, amministrativo o anche penale, ma di natura contravvenzionale SSUU 22902/2001 Rv. 218872 Cass. 35930/2009 Rv. 244874 Cass. 7658/2015 Rv. 262572. Pertanto, alla stregua della suddetta pacifica giurisprudenza, la decisione del giudice delle indagini preliminari - che ha correttamente riqualificato il fatto come ricettazione - non è suscettibile di alcuna censura. 4. Il ricorrente, però, adombra un contrasto giurisprudenziale all'interno di questa Corte in quanto, a suo avviso, vi sarebbero delle sentenze Cass. 44663/2016 e Cass. 39348/2002 che avrebbero sostenuto che, in fattispecie simili, il reato ipotizzabile sarebbe quello di cui all'articolo 55/9 D.Lgs. cit. La suddetta censura si basa su una non corretta lettura delle invocate Infatti, entrambe le sentenze richiamano espressamente proprio le SSUU cit. e non affermano affatto alcun diverso principio di diritto sotto il profilo del diritto sostanziale. In realtà, le suddette sentenze trattarono l'ipotesi in cui il giudice delle indagini preliminari - condividendo la qualificazione giuridica del fatto ossia il possesso di carte di credito di provenienza illecita come rientrante nell'ipotesi di cui all'articolo 55/9 D.Lgs. - non convalidò l'arresto ritenendolo non eseguito nella flagranza di reato. Su impugnazione del Pubblico Ministero, questa Corte nelle sentenze invocate dal ricorrente , non entrando nel merito della qualificazione giuridica del fatto non oggetto di impugnazione , si limitò a rilevare che «l'esclusione del concorso tra le ipotesi di acquisizione e possesso di carte di credito contraffatte, desumibile dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 28.3.2001, Ti. Foro it, 2001, 2, 572 , secondo cui la previsione dell'articolo 12 cit., nella parte concernente le ipotesi di possesso, cessione od acquisizione, contempla un'unica fattispecie delittuosa realizzabile con diverse condotte a carattere alternativo, non esclude che, contestato autonomamente il possesso ignoti essendo termini e circostanze della previa acquisizione , il reato debba considerarsi permanente durante il tempo per cui si protrae l'illecito possesso e, conseguentemente, l'indagato in stato di flagranza, ex articolo 382, co. 2, c.p.p., non diversamente da quanto sempre ritenuto per la previsione, strutturalmente analoga, di cui all'articolo 73, co. 1, D.P.R. numero 309/1990 relativamente alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti rispetto al loro previo acquisto o ricezione» Cass. 39348/2002 cit. da qui il consequenziale annullamento dell'ordinanza di mancata convalida. Motivazione che, questa Corte condivide ma che non ha nulla a che vedere con la pacifica natura giuridica di reato istantaneo del diverso delitto di ricettazione così come correttamente qualificato dal giudice delle indagini preliminari per il quale, quindi, lo stato di flagranza può essere ipotizzato solo ove l'agente sia sorpreso nel momento in cui compia una delle alternative condotte previste dall'articolo 648 cod. penumero fra le quali non rientra il possesso previsto dall'articolo 55/9 D.Lgs. cit. e per il quale, in effetti, è configurabile la permanenza . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.