L’articolo 1337 c.c. ha valore di clausola generale e può derivare non solo dalla rottura ingiustificata delle trattative, ma anche dalla mancata osservanza del dovere di completezza informativa sulla reale intenzione di concludere il contratto.
La vicenda. Il dipendente di una compagnia di assicurazioni aveva conosciuto un collega che gli aveva proposto di divenire agenti di un’altra compagnia assicuratrice, costituendo una società in modo da assumere la qualifica di titolari di agenzia. Tuttavia, benché fosse stato stipulato un accordo preliminare con la nuova compagnia assicuratrice con il quale si impegnavano a costituire la società entro un determinato termine, il collega cambiava idea e la società non veniva costituita. L’uomo però, confidando comunque nelle prospettive dell’affare, rassegnava le dimissioni dalla precedente compagnia assicuratrice e aveva iniziato a prestare la collaborazione in via continuativa presso l’agenzia provvisoriamente affidata al collega a titolo personale. In seguito all’interruzione arbitraria e totalmente ingiustificata delle trattative da parte del collega, l’agente assicurativo lo citava in giudizio domandando il risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale, in ragione della perdita del precedente posto di lavoro, del lucro cessante per inattività lavorativa e per la spesa dovuta al cambio di residenza. Il Tribunale di primo grado respingeva la domanda, con sentenza confermata dal giudice di appello. In particolare, la Corte distrettuale riteneva non configurata la responsabilità precontrattuale in quanto alla data del contratto preliminare non si era raggiunto l’accordo sugli elementi essenziali del contratto costitutivo della società tra l’agente e il collega. Inoltre, osserva come l’uomo aveva comunicato le proprie dimissioni dalla precedente compagnia assicuratrice quando era già scaduto il termine fissato con il contratto preliminare come condizione di efficacia per costituire la nuova società. La responsabilità precontrattuale ha natura extracontrattuale. È opportuno ricordare che, come affermato dalle SS.UU. della Cass. numero 9645/2001, la responsabilità precontrattuale, configurabile per violazione del precetto posto dall’articolo 1337 c.c. - a norma del quale le parti, nello svolgimento delle trattative contrattuali, devono comportarsi secondo buona fede - configura una forma di responsabilità extracontrattuale, che si collega alla violazione della regola di condotta stabilita a tutela del corretto svolgimento dell’iter di formazione del contratto. Dalla natura extracontrattuale di tale responsabilità deriva che la sua sussistenza, la risarcibilità del danno e la valutazione di quest’ultimo debbono essere vagliati alla stregua degli articolo 2043 e 2056 c.c., considerando le caratteristiche tipiche dell’illecito in questione. Di conseguenza, una volta accertato l’obiettivo contrasto tra il comportamento dell’agente e l’obbligo di correttezza imposto dall’articolo 1337 c.c., perché sussista l’elemento psicologico non occorre la verificazione di un particolare comportamento oggettivo di malafede, né la prova dell’intenzione di arrecare pregiudizio all’altro contraente. Prima della conclusione di un contratto, le parti possono, in ogni tempo, verificare la propria convenienza alla stipulazione e richiedere tutto quanto ritengono opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future obbligazioni. Ciascuna parte, quindi, ha la facoltà di recedere dalle trattative indipendentemente dalla esistenza di un giustificato motivo, con il solo limite del rispetto del principio di buona fede e correttezza, da intendersi come dovere di informazione della controparte sulla reale possibilità di conclusione del contratto. L’articolo 1337 c.c. come clausola generale. È oramai pacifico in giurisprudenza si veda su tutte Cass., SS.UU., numero 26725/2007 come la norma di cui all’articolo 1337 c.c., la quale afferma che le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede, assume valenza di clausola generale che sancisce il dovere per le parti di svolgere le trattative in maniera leale. Di conseguenza, la responsabilità precontrattuale ai sensi dell’articolo 1337 c.c. può conseguire tanto in relazione al processo formativo del contratto quanto in rapporto alle semplici trattative, riguardate come qualcosa di diverso da esso, ossia come quella fase anteriore in cui le parti si limitano a manifestare la loro tendenza verso la stipulazione del contratto, senza ancora porre in essere alcuno di quegli atti di proposta e di accettazione che integrano il vero e proprio processo formativo. Se lo svolgimento delle trattative è, per serietà, tale da determinare un affidamento nella stipulazione del contratto, la parte che ne receda senza giusta causa, violando volontariamente l’obbligo di comportarsi secondo buona fede inteso come obbligo generale di lealtà reciproca, è tenuta al risarcimento dei danni nei limiti dell’interesse negativo. Violazione dell’obbligo di lealtà reciproca . Dalla configurazione dell’articolo 1337 c.c. quale clausola generale deriva che la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto è rilevante non solo in caso di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido e, tuttavia, comporti un danno a carico della parte vittima del comportamento scorretto della controparte che ha compiuto condotte maliziose o reticenti, ovvero a omesso di fornire ogni dato rilevante ai fini del perfezionamento del contratto, osservando il dovere di completezza informativa. Comportamento sleale? Nella fattispecie al centro della controversia in esame appare chiaro come il comportamento del collega non sia stato leale in quanto non ha manifestato le sue effettive intenzioni di non costituire la società e di interrompere le trattative con la nuova compagnia assicuratrice. Infatti, dall’attività istruttoria emerge come il collega, nonostante volesse evitare la conclusione del contratto definitivo di costituzione della società, avesse continuato le trattative in modo da garantire solo per sé stesso la titolarità del mandato della nuova compagnia assicuratrice per l’agenzia alla quale invece aveva stipulato l’accordo preliminare con il ricorrente. Del resto, ai fini di ritenere sussistente la responsabilità precontrattuale, a norma dell’articolo 1337 c.c., l’obbligo della buona fede nelle trattative deve essere inteso in senso oggettivo, senza che sia necessario un particolare comportamento soggettivo di malafede. È infatti sufficiente anche il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte che senza giusto motivo ha interrotto le trattative, frustrando così le aspettative della controparte che confidando nella conclusione del contratto, è stata indotta, come nel caso in specie, a sostenere spese o abbia rinunciato ad occasioni più favorevoli. La Suprema Corte dunque accoglie il ricorso, affermando che la responsabilità precontrattuale può derivare anche dalla violazione dell’obbligo di lealtà reciproca che si concretizza nella necessità di osservare il dovere di completezza informativa sulla reale intenzione di stipulare il contratto, senza che qualsiasi mutamento delle circostanze possa giustificare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti durante le trattative.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 marzo - 26 aprile 2012, numero 6526 Presidente Felicetti – Relatore Carrato Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 28 luglio 1999 M. F. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia D. P. esperendo nei suoi confronti un'azione risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale. In particolare, l'attore, dipendente da vari anni delle Assicurazioni generali, esponeva che, nel settembre 1998, aveva conosciuto D. P. che lo aveva interessato in ordine alla possibilità per entrambi di divenire agenti RAS, in qualità di titolari dell'agenzia di Vicenza centro storico , con la necessità di dover costituire in proposito una società alla quale sarebbe stato conferito ufficialmente il mandato di agenzia, ragion per cui le due parti stipulavano, in data 27 novembre 1998, un accordo preliminare con la R.A.S., con il quale era stato previsto il termine del 15 dicembre 1998 per la costituzione della società. Tuttavia, per il mutato atteggiamento del D., non fu possibile costituire la società, nel mentre esso attore, sicuro delle prospettive di collaborazione con la RAS., aveva rassegnato, in data 17 dicembre 1998, le dimissioni dalle Assicurazioni Generali, con decorrenza dal 15 gennaio 1999, cominciando a prestare la propria collaborazione in via continuativa presso l'agenzia di Vicenza, nelle more provvisoriamente affidata al D. a titolo personale, dalla quale fu poi estromesso dallo stesso D. nel marzo 1999, che aveva interrotto le trattative contrattuali in modo arbitrario e del tutto ingiustificato. Sulla scorta della rappresentazione di tali fatti, il M. evocava in giudizio il D., chiedendo la sua condanna, sul presupposto che nella fattispecie si fosse configurata un'ipotesi di responsabilità ex articolo 1337 c.c., al risarcimento dei danni conseguenti alla perdita del posto di lavoro presso le Assicurazioni Generali, al lucro cessante per l'inattività lavorativa e per la spesa occorsa per il cambio di residenza. Nella costituzione del suddetto convenuto, il Tribunale adito, all'esito dell'esperita istruzione probatoria, con sentenza numero 1173 del 2003, rigettava la domanda attorea e compensava parzialmente le spese del giudizio. Interposto appello da parte del M. e nella resistenza dell'appellato, la Corte di appello di Venezia, con sentenza numero 1386 del 2010 depositata il 1 luglio 2010 , rigettava il gravame e confermava la sentenza impugnata, condannando l'appellante alla rifusione delle spese del grado. A sostegno dell'adottata decisione la Corte distrettuale rilevava l'infondatezza di tutte le censure dedotte dal M In particolare, il giudice di appello riteneva che, nella specie, non si sarebbe potuta ritenere la configurazione della prospettata responsabilità precontrattuale poiché era emerso che, alla data dell'accordo preliminare, non era stata affatto raggiunta l'intesa sugli elementi essenziali del contratto costitutivo della società tra lo stesso M. ed il D., che non era stata conclusa nemmeno con le successive trattative né, peraltro, era stata fornita la prova dell'asserito comportamento in malafede del D., considerandosi, peraltro, che il M. aveva comunicato le proprie dimissioni dalle Assicurazioni Generali il 22 dicembre 1998, ovvero allorquando era già scaduto il termine del 15 dicembre 1998 stabilito nell'accordo preliminare del 27 novembre 1998 quale condizione di efficacia dello stesso ed erano già insorte gravi divergenze fra le parti in ordine alla individuazione delle clausole statutarie. Avverso la menzionata sentenza di secondo grado non notificata ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il M. F. riferito a tre complessi motivi. L'intimato D. P. non ha svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la falsa applicazione dell'articolo 1337 c.c. nonché l'omessa motivazione, con riferimento ad una individuazione eccessivamente restrittiva delle fattispecie suscettibili di dar luogo a responsabilità contrattuale, in relazione all'articolo 360, nnumero 3 e 5, c.p.c In particolare, per un verso, il ricorrente ha denunciato come, nella fattispecie, la Corte veneta fosse incorsa nelle richiamata violazione di legge avendo circoscritto l'ipotesi generatrice di siffatta forma di responsabilità al solo caso di rottura ingiustificata delle trattative, escludendo che fosse idonea a concretare detta responsabilità la violazione del dovere di completezza nell'informazione della controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, con la conduzione, da parte del D., di una trattativa sleale caratterizzata da malizioso o reticente occultamento di dati rilevanti ai fini della stipulazione del contratto costitutivo della società che avrebbe consentito ad entrambe le parti di diventare agenti della predetta Compagnia assicuratrice R.A.S. di Vicenza. Per altro verso il ricorrente ha prospettato la carenza motivazionale della sentenza impugnata laddove, con essa, il giudice del gravame non si era premurato di verificare se il comportamento del D. quale risultante dalle acquisizioni in atti - ovvero l'aver proseguito le trattative anche successivamente al 15 dicembre 1998 ossia al termine contemplato nel preliminare di conferimento del mandato di agenzia e per tutto il primo trimestre 1999, nonostante il già maturato intento di mantenere per sé solo il mandato di agente R.A.S., senza manifestare ad esso ricorrente questa sua determinazione - potesse essere sussunto ed inquadrato quale violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nelle trattative, sub specie di malizioso o reticente occultamento di dati rilevanti ai fini della stipulazione del contratto e/o di incompletezza nella informazione alla controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto. 2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato l'omessa motivazione circa un punto controverso e decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., in ordine alla valenza preclusiva - rispetto ad una futura conclusione delle trattative e del rapporto con la Compagnia R.A.S. - della scadenza del termine originariamente contemplato nel preliminare RAS. del 27 novembre 1998, ritenuta quale circostanza idonea ad escludere ogni possibilità di esito positivo dell'offerta della Compagnia, e ciò a causa della omessa considerazione di acquisizioni istruttorie decisive nell'indurre, con certezza, ad una conclusione opposta. 3. Con il terzo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per omessa ed insufficiente motivazione circa un punto controverso e decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., in ordine alla carenza di nesso causale tra il pregiudizio lamentato dal ricorrente ed il contegno ascritto al convenuto, a cagione della già intervenuta - e suppostamente irreversibile - scadenza del termine originariamente apposto nell'originario accordo preliminare prospettato dalla R.A.S. e ciò a causa della omessa considerazione di acquisizioni decisive nell'indurre, con certezza, ad una conclusione opposta. 3.1. I primi due motivi - che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi - sono fondati e devono, pertanto, essere accolti. La Corte territoriale, alla stregua dei fatti richiamati in narrativa, ha escluso che, nella fattispecie, potesse individuarsi una condotta inadempiente in capo al D., sul presupposto che le parti non avessero raggiunto nemmeno l'accordo sugli elementi essenziali del contratto costitutivo della società alla quale avrebbe dovuto essere affidato il mandato di agenzia da parte della R.A.S. per il centro di Vicenza permanendo una posizione di contrasto tra le stesse e che, in ogni caso, pur potendosi dare atto che le trattative erano proseguite anche nel febbraio-marzo 1999, allorquando la situazione era mutata, era già venuto a scadenza il termine del 15 dicembre 1998, previsto nell'accordo preliminare stipulato con la R.A.S., costituente condizione di efficacia dello stesso, senza che fosse mai intervenuta una proroga. Sul piano giuridico osserva, in generale, il collegio che, se è pur vero che nella fase antecedente alla conclusione di un contratto, le parti hanno, in ogni tempo, piena facoltà di verificare la propria convenienza alla stipulazione e di richiedere tutto quanto ritengano opportuno in relazione al contenuto delle reciproche, future obbligazioni, con conseguente libertà, per ciascuna di esse, di recedere dalle trattative indipendentemente dalla esistenza di un giustificato motivo, è altrettanto vero cfr. Cass. 29 maggio 1998, numero 5297 che l'operatività di tale principio è assoggettato al limite del rispetto del principio di buona fede e correttezza, da intendersi, tra l'altro, come dovere di informazione della controparte circa la reale possibilità di conclusione del contratto, senza omettere circostanze significative rispetto all'economia del contratto medesimo. La giurisprudenza più evoluta di questa Corte v., in particolare, Cass. 5 agosto 2004, numero 15040 e, più recentemente, Cass. 8 ottobre 2008, numero 24795, sulla scorta dell'impostazione riconducibile a Cass., S.U., 19 dicembre 2007, numero 26725 ha ulteriormente precisato che la regola posta dall'articolo 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere, per le parti, di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto. La violazione di questa aggiuntiva regola di condotta alla quale devono conformarsi le parti di una trattativa negoziale è, quindi, idonea a determinare se accertata adeguatamente in fatto in virtù di un congruo e logico percorso argomentativo spettante al giudice del merito la configurazione di una responsabilità precontrattuale indipendente rispetto a quella riconducibile ai canoni fissati dalla pregressa giurisprudenza di legittimità in materia di recesso dalle trattative, avuto riguardo al loro stadio evolutivo. Sotto questo profilo, perciò, si prospetta errata l'affermazione della Corte territoriale nella parte in cui - sul presupposto che, pacificamente, le trattative erano proseguite anche dopo la scadenza indicata almeno per il primo trimestre 1999 nell'accordo preliminare nella data del 15 dicembre 1998 apoditticamente qualificata come condizione di efficacia dell'accordo stesso, senza alcun riferimento a circostanze oggettive che avallassero tale asserzione, peraltro in contrasto con il comportamento concretamente osservato dalla parti medesime - ha negato che potesse rilevare il possibile comportamento in malafede o, comunque, malizioso del D., consistito nel non aver palesato le sue effettive intenzioni tale ricostruzione è stata giustificata dalla Corte di appello di Venezia sulla base dell'applicabilità del principio generale di libertà nelle trattative fino a quando il contratto non sia stato concluso, salva la responsabilità precontrattuale nei ristretti limiti dell'articolo 1337 c.c. come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte meno recente, omettendo, però, di considerare - in sintonia con i richiamati orientamenti giurisprudenziali più recenti - che tale forma di responsabilità può derivare anche dalla violazione dell'obbligo di lealtà reciproca che si concretizza nella necessità, in capo al proponente, di osservare il dovere di completezza informativa, senza che alcun mutamento delle circostanze possa risultare idoneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del contratto. Del resto, sotto un profilo di più ampio respiro, non si può disconoscere che il bene tutelato dal citato articolo 1337 c.c. non è propriamente quello che la parte invocante la responsabilità precontrattuale si propone di conseguire con il contratto, ma è la legittima aspettativa che le trattative si svolgano lealmente e correttamente su un piano di parità, senza che la controparte, per riserva mentale o senza serietà di intenti o addirittura con malizia, tenga impegnata l'altra parte, precludendole altre possibilità. La Corte distrettuale ha, quindi, aderito ad una interpretazione restrittiva dell'alveo di applicabilità del menzionato articolo 1337 c.c., omettendo di considerare la possibile valorizzazione della condotta del D. nella fase di incontestata continuazione delle trattative quanto meno fino al marzo 1999 in relazione alla emergenza di una sua possibile malafede finalizzata ad evitare la conclusione del contratto definitivo costitutivo della società ed a garantirsi, per sé solo, la titolarità del mandato R.A.S. per l'agenzia alla quale era riferito l'accordo preliminare precedentemente raggiunto. A tale ricostruzione si collega anche il dedotto vizio motivazionale pure ricompreso nel primo motivo , non avendo la sentenza impugnata individuato un adeguato ed univoco percorso logico motivazionale proprio in virtù della ritenuta circoscritta area di operatività della responsabilità prevista dall'articolo 1337 c.c. correlato a specifiche circostanze che avrebbero potuto orientare il giudice di secondo grado, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, ad adottare una decisione diversa da quella presa, culminata nel rigetto della pretesa risarcitoria del M A questo proposito la difesa del ricorrente ha posto adeguato riferimento ad una serie di elementi desumibili anche dal secondo motivo prospettato , scaturenti dalle emergenze istruttorie acquisite, che non risultano congruamente valutati e che, in ipotesi, sul presupposto del principio giuridico precedentemente affermato, se adeguatamente valorizzati, avrebbero potuto condurre ad un esito diverso della controversia. In tal senso non si evince dalla sentenza impugnata un'approfondita disamina del fatto che il D., pur avendo ricevuto a titolo personale il mandato dirigenziale dalla RAS. l’11 gennaio 1999, ne era stato investito su sua espressa ed esclusiva richiesta, malgrado fossero ancora in corso nell'arco del primo trimestre 1999 le trattative con il M. riconducibile all'accordo preliminare intercorso tra le parti il cui termine di scadenza non era, perciò, verosimilmente da inquadrare nei sensi - come innanzi precisati - ritenuti dalla stessa Corte veneta e nonostante per quanto emergente da alcune deposizioni testimoniali che, in quel periodo, il ricorrente oltretutto, nelle more, dimessosi dalle Assicurazioni Generali, ove lavorava, il 22 dicembre 1998 avesse prestato la sua attività lavorativa proprio presso l'agenzia RAS. di Vicenza centro storico e non potesse del tutto escludersi che il D. aveva adottato una condotta maliziosa od almeno reticente indirizzata ad estromettere lo stesso M. dalla gestione della predetta agenzia assicurativa mancando la Corte territoriale, al riguardo, di prendere in considerazione anche altre risultanze di prova orale che avrebbero potuto avere, in merito, una idonea - se non decisiva - valenza in funzione decisoria . 4. Alla stregua di tutte le argomentazioni esposte devono, dunque, trovare accoglimento i primi due motivi del ricorso, a cui consegue l'assorbimento del terzo motivo, in quanto attinente ad un profilo ulteriore il cui esame è inscindibilmente dipendente dalla risoluzione degli aspetti involti dalle prime due accolte doglianze. L'impugnata sentenza deve essere, quindi, cassata con conseguente rinvio alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che si conformerà al richiamato principio di diritto secondo cui la responsabilità prevista dall'articolo 1337 c.c., oltre che in caso di rottura ingiustificata delle trattative, può derivare anche dalla violazione dell'obbligo di lealtà reciproca che si concretizza nella necessità di osservare il dovere di completezza informativa circa la reale intenzione di concludere il contratto, senza che alcun mutamento delle circostanze possa risultare idoneo a legittimare la reticenza o la maliziosa omissione di informazioni rilevanti nel corso della prosecuzione delle trattative finalizzate alla stipulazione del contratto e, sulla scorta di esso, provvedere a rinnovare la valutazione delle globali risultanze processuali e, quindi, a rielaborare la motivazione della decisione al fine di verificare la sussistenza di fatti idonei ad escludere o meno il ragionevole affidamento del M. sulla conclusione del contratto, tenendo conto, al riguardo, anche della condotta complessivamente osservata dal D. nei confronti dello stesso ricorrente. Al giudice di rinvio è rimessa anche la regolamentazione delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.