La pronuncia della sentenza di non luogo a procedere a seguito dell’accertata espulsione dello straniero dal territorio dello Stato non è consentita una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o altro provvedimento equipollente.
Il caso. Un cittadino extracomunitario viene accusato del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Comincia il procedimento contro l’uomo, fino a quando il Tribunale, essendo stata disposta la sua espulsione dal territorio dello Stato, dichiara il non luogo a procedere. Il giudice ha commesso un errore. Contro questa decisione, il Pg propone ricorso per saltum in Cassazione. A suo dire, il giudice non avrebbe potuto definire il procedimento con quella formula dopo che era già stato emesso il decreto che dispone il giudizio. La Suprema Corte, con la sentenza numero 12830 depositata il 4 aprile scorso, annulla la sentenza impugnata con rinvio. Del resto, la Cassazione ha già avuto modo in passato di ribadire come «la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere a seguito dell’accertata espulsione dello straniero dal territorio dello Stato non è consentita una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o altro provvedimento equipollente». Non è stato dimostrato l’abbandono del territorio dello Stato. In ogni caso, la legge richiede, per l’emissione del provvedimento definitivo della fase processuale, che sia acquisita la prova dell’avvenuta espulsione prima che sia emesso il provvedimento che dispone il giudizio, cosa della quale nel caso concreto non è stata fornita la prova.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 marzo – 4 aprile 2012, numero 12830 Presidente Agrò – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. Propone ricorso per saltum il P.g. presso la Corte d'appello di Brescia avverso la sentenza del 9 marzo 2011 con la quale il Tribunale di Bergamo - sezione distaccata di Treviglio - ha dichiarato non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 13 comma 3 quater d.legils.vo del 25 luglio 1998 numero 286 nei confronti di S.X. in ordine al reato di cui all'articolo 570 comma 1 cod. penumero ascrittogli, essendo stata disposta la sua espulsione dal territorio dello Stato. Rileva il ricorrente che il provvedimento previsto dalla disposizione speciale citata è stato pronunciato dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, con interpretazione estensiva della norma, secondo il giudice imposta dalla necessità di garantirne una lettura costituzionalmente orientata. Si rileva per converso nel ricorso che la lettera della disposizione esclude la legittimità di tale interpretazione in quanto la definizione del procedimento con la formula indicata è incompatibile la fase del giudizio nel quale essa è stata applicata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Come già questa Corte ha avuto modo di osservare in fattispecie analoga Sez. 3, Sentenza numero 29913 del 23/06/2011, dep. 26/07/2011, imp. C. Rv. 250665 la pronuncia della sentenza di non luogo a procedere a seguito dell'accertata espulsione dello straniero dal territorio dello Stato non è consentita una volta che sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio o altro provvedimento equipollente. Si deve inoltre rilevare che, come emerge chiaramente dalla lettera della disposizione in esame, la sua applicazione presuppone un accertamento concreto dell'intervenuta espulsione tali condizioni di fatto risultano entrambe assenti nella specie. Invero mentre la disposizione di cui all'articolo 13 comma 3 quater d.legils.vo del 25 luglio 1998 numero 286 richiede per l'emissione del provvedimento definitivo della fase processuale che sia acquisita la prova dell'avvenuta espulsione prima che sia emesso il provvedimento che dispone il giudizio o altro provvedimento equipollente - secondo l'interpretazione analogica già riconosciuta in pronunce di questa Corte ed estensibile ad una richiesta del PM diversa da quella di rinvio a giudizio o da altra forma di promovimento dell'azione penale prevista dall'articolo 405, comma 1 cod.proc.penumero - è del tutto pacifico che nel caso concreto non sia stata acquisita alcuna prova riguardo la condizione legittimante, poiché risultano acquisite notizie sull'intervenuta espulsione dell'interessato solo sulla base delle dichiarazioni rese dalla moglie nei corso in dibattimento, la quale peraltro non ha fornito dati certi sul punto. Inoltre, al di là del difetto di tale elemento essenziale al fine dell'applicazione della fattispecie si deve ricordare che il rimedio legislativamente previsto nella disposizione in esame non riconosce un diritto o un beneficio in favore dell'imputato, ma è espressione di una scelta legislativa di natura esclusivamente processuale, con finalità deflattiva, alla cui corretta applicazione è funzionale la disciplina prevista dal comma successivo della disposizione richiamata ove si prevede, nell'ipotesi di rientro illegale dello straniero nel nostro territorio, la riproponibilità dell'azione penale, ai sensi dell'articolo 345 cod. proc. penumero , incompatibile con una pronuncia emessa all'esito del dibattimento. Tale previsione costituisce l'unica garanzia di attuazione concreta del principio di obbligatorietà dell'azione penale, anche in situazioni quali quelle disciplinate nella specie. Infatti, mentre la sentenza di non luogo a procedere prevista nella disposizione in esame è assistita dal divieto di modifica alle condizioni date, superabile con l’intervento della condizione di procedibilità mancante, individuabile nella specie dal reingresso illegittimo dell’espulso nel nostro territorio, quella emessa a seguito del giudizio, ove divenuta definitiva, è assistita dall’irrevocabilità prevista dall’articolo 648 cod. proc. penumero che esclude la possibilità di un nuovo giudizio. Tale conseguenza dimostra che l’interpretazione analogica creerebbe, oltre che applicazioni distoniche dei principi processuali, anche situazioni di difforme applicazione della legge in fattispecie analoghe, con effetto opposto a quello perseguito dal giudice di merito. 2. Per l’effetto si dispone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per il giudizio al Tribunale di Bergamo ai sensi dell’articolo 623 lett. c cod. proc. penumero . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio al Tribunale di Bergamo.