La dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro, resa dal responsabile del danno, il quale non sia anche proprietario del mezzo, fa piena prova nei confronti del conducente confidente, mentre va liberamente apprezzata nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo.
In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione, nella pronuncia numero 8214 del 4 aprile 2013, intervenendo sul tema del valore probatorio attribuito alla dichiarazione confessoria contenuta nel modello CID. Il caso. Un motociclista imbocca contromano una rampa d’accesso stradale e, nel discenderla, va ad impattare contro un’autovettura che la stava regolarmente percorrendo. L’automobile, dopo vari testacoda, urta frontalmente il guard-rail, riportando ingenti danni. La donna alla guida dell’autoveicolo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti, cita in giudizio il conducente del ciclomotore, il proprietario dello stesso e la compagnia assicurativa. Dopo una pronuncia di rigetto da parte del giudice di primo grado, in sede di appello la domanda risarcitoria viene accolta. A fondamento della pronuncia di accoglimento, il giudice di merito riconosce il valore confessorio della dichiarazione contenuta nel modulo CID sottoscritto dal responsabile del danno nell’immediatezza dei fatti, sulla base della quale risulterebbero provati sia la circolazione contromano del conducente la moto, sia l’urto inferto all’autovettura, sia infine lo stato viscido del manto stradale per la pioggia. La pronuncia in parola viene impugnata, dinanzi alla Corte di Cassazione, dalla compagnia assicurativa. Il valore probatorio del CID In sostanza, la censura mossa dalla ricorrente è incentrata sul fatto che la sentenza di merito avrebbe sancito la responsabilità del motociclista esclusivamente sulla scorta del documento di constatazione amichevole d’incidente, senza tener conto dei contenuti della CTU espletata in primo grado, dalla quale risultava l’incompatibilità dei danni con la dinamica dell’incidente, e senza tener conto che la confessione stragiudiziale resa dall’assicurato al danneggiato non vincola l’assicuratore della responsabilità civile. Con l’occasione, dunque, la Suprema Corte evidenzia il differente valore probatorio che può essere attribuito alla dichiarazione confessoria contenuta nel CID a seconda del soggetto dai cui promani. Nello specifico, la possibilità di attribuire alla stessa l’efficacia probatoria di una confessione stragiudiziale dipende dal tipo di litisconsorzio che viene in rilievo. nel litisconsorzio necessario tra il responsabile proprietario e l’assicuratore. La Suprema Corte, nel sancire l’erroneità della valutazione operata dal giudice di merito, richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui nel giudizio instaurato per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti a sinistri stradali ex articolo 18 l. numero 990/1969, la dichiarazione confessoria, contenuta nel CID, resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del confidente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice. In tal caso, infatti, trova applicazione la norma di cui all’articolo 2733, comma 3, c.c., per la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. Detta disposizione sancisce una deroga a quanto previsto dal comma 2, secondo cui la confessione fa piena prova contro chi l’ha fatta. Pertanto, sulla scorta della disciplina richiamata, viene esclusa la funzione di piena prova della confessione non solo nei confronti degli altri litisconsorti, ma anche nei confronti dello stesso soggetto che ha reso la dichiarazione cfr. sul punto Cass. S.U. numero 10311/06 . e nel litisconsorzio facoltativo con il conducente non proprietario. Di contro, la disciplina è diversa ove la dichiarazione, avente valore confessorio, sia resa dal responsabile del danno, che non sia però proprietario del veicolo assicurato. Invero, il litisconsorzio necessario, a norma dell’articolo 23 l. 990/1969, sussiste solo tra il responsabile proprietario del veicolo e l’assicuratore, mentre non sussiste tra il conducente e tale assicuratore, ovvero tra il primo e il proprietario. In questo caso, infatti, secondo quanto previsto dall’articolo 2054, comma 3, c.c., sussiste solo una responsabilità solidale e quindi un litisconsorzio facoltativo. Ne consegue che la disciplina applicabile in caso di confessione resa nel CID dal conducente non proprietario del veicolo non sarà quella derogatoria di cui al comma 3 dell’articolo 2733 c.c., bensì quella generale contenuta nel comma 2. Pertanto la dichiarazione confessoria del conducente non proprietario farà piena prova nei confronti del confidente, rimanendo però liberamente apprezzabile dal giudice nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 26 febbraio – 4 aprile 2013, numero 8214 Presidente Trifone – Relatore Corleo Svolgimento del processo Con citazione ritualmente notificata A P. conveniva in giudizio davanti al giudice di Pace di Foggia i Sig.ri V.G.L. e T.V., nonché il Lloyd Adriatico S.p.A., esponendo di aver subito in data omissis un incidente stradale per loro fatto e colpa in quanto che il primo, alla guida del ciclomotore di proprietà del secondo ed assicurato per la R.C.A. con la terza, aveva imboccato contromano una rampa d'accesso stradale e nel discenderla in curva aveva urtato di striscio la fiancata anteriore sinistra dell'autovettura dell'attrice, che invece la stava regolarmente percorrendo nell'unico senso opposto di marcia in salita, facendola sterzare a destra effettuare vari testa-coda, fino ad urtare frontalmente il guardrail laterale di destra della rampa stessa rispetto al suo originario senso di marcia, riportando ingenti danni alla parte anteriore destra del veicolo di cui chiedeva il risarcimento integrale. Si costituiva in giudizio la sola Società assicuratrice che contestava l'esistenza del sinistro stradale e l'incompatibilità del nesso causale tra i danni reclamati e la descritta dinamica dell'incidente. Veniva espletata perizia ed assunta una prova testimoniale sulla dinamica del sinistro. In esito al giudizio, il giudice adito respingeva la domanda risarcitoria. Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente ed, in esito al giudizio, in cui si costituiva la Lloyd Adriatico Spa, il Tribunale di Foggia con sentenza depositata in data 7.11.2006, in riforma della sentenza impugnata, condannava i V. e la compagnia assicuratrice al pagamento in solido della somma di Euro 2.931,34 oltre interessi nonché al pagamento delle spese di appello, compensate quelle di primo grado. Avverso la detta sentenza la Allianz Spa, già RAS Spa, conferitaria della Lloyd Adriatico, proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi. All'udienza del 13 luglio 2012 la Corte di Cassazione ordinava integrarsi il contraddittorio nei confronti di V.G. e T. il relativo atto veniva notificato il 22 ottobre 2012. Motivi della decisione Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli articolo 2697, 2735 cc, 5 d.l. 857/76 nonché la motivazione omessa e insufficiente, la ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto fondata sulla sola scorta del documento di constatazione amichevole d'incidente acquisito in atti di causa, senza tener conto dei contenuti della perizia d'ufficio espletata in primo grado, dalla quale risultava l'incompatibilità dei danni da urto laterale diretto con la dinamica dell'incidente, e senza tener conto che la confessione stragiudiziale resa dall'assicurato al danneggiato non vincola l'assicuratore della responsabilità civile. D'altra parte, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente neppure sul fatto che il modulo era stato sottoscritto dal solo conducente assicurato e quindi valeva come mera denuncia del sinistro ai sensi del primo comma dell'articolo 5 citato. Inoltre ed in tale rilievo si sostanzia la seconda censura, articolata sotto il profilo della motivazione omessa e insufficiente la Corte territoriale avrebbe argomentato in maniera non adeguata sul punto della prova costitutiva dell'azione circolatoria illecita del motociclista e della prova costitutiva del nesso causale tra tale azione e i danni subiti dall'attrice cfr pag.19 del ricorso . I motivi in questione, che possono essere trattati congiuntamente, proponendo profili di censura intimamente connessi tra loro, sono entrambi fondati e meritano accoglimento. A riguardo, si deve premettere che le ragioni della decisione impugnata si fondano sul rilievo che in esito alla compiuta istruttoria era rimasta accertata la violazione, da parte del conducente della moto, di una norma stabilita dalla legge e cioè l'entrata contromano del conducente della moto nella rampa tangenziale ha determinato una condotta di guida illecita, quale causa effettiva dell'occorso sinistro a lui imputabile cfr pag. 7 . Ora, il fatto di aver imboccato la corsia di marcia percorsa dalla BMW contromano attingendo quest'ultima così motiva il giudice del merito risultava dal documento di constatazione amichevole di incidente acquisito agli atti. Né poteva ritenersi che il successivo urto dell'auto contro il guard-rail potesse aver determinato danni non riconducibili alla condotta del motociclista, dovendosi invece riconoscere il nesso causale anche tra tali danni e l'illecita condotta del conducente della moto. Ciò premesso, appare pertanto di ovvia evidenza come la ricostruzione del sinistro, compiuta dal Tribunale di Foggia, sia fondata esclusivamente sul c.d. modulo di constatazione amichevole del sinistro, che peraltro, come risulta dalla copia opportunamente allegata allo stesso ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, appare sottoscritto dal solo conducente, non proprietario, della moto Honda assicurata e non anche dal conducente della vettura danneggiata. Pertanto, solo sulla base di tale documento, il giudice del merito ha ritenuto provati sia la circolazione contromano del conducente la moto, sia l'urto inferto all'autovettura, sia infine lo stato viscido del manto stradale per la pioggia. Ciò premesso, il primo motivo di doglianza appare manifestamente fondato alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, nel giudizio instaurato ai sensi dell'articolo 18 della legge numero 990 del 1969 sia nel caso in cui sia stata proposta soltanto l'azione diretta che nell'ipotesi in cui sia stata avanzata anche la domanda di condanna nei confronti del responsabile del danno la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro cosiddetto C.I.D. , resa dal responsabile del danno, proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all'articolo 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale in caso di litisconsorzio necessario la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice. Invero, questa norma costituisce una deroga a ciò che dispone il secondo comma, secondo cui la confessione fa piena prova contro chi l'ha fatta infatti viene esclusa la funzione di piena prova della confessione, la quale assume soltanto la natura di elemento che il giudice apprezza liberamente, e ciò non solo nei confronti di chi ha reso la dichiarazione ma anche nei confronti degli altri litisconsorti. Sez. Unumero numero 10311/06 in motivazione . Ciò senza considerare che la dichiarazione, avente valore confessorio, deve essere resa dal responsabile del danno, che sia anche litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato contro l'assicuratore, e cioè dal proprietario del veicolo assicurato, essendo estranee all'ipotesi in esame le questioni che attengono alla confessione resa dal conducente del veicolo, il quale non sia anche proprietario del mezzo, così come è invece avvenuto nella vicenda processuale in esame. Ed invero, poiché in ipotesi di litisconsorzio necessario, ai sensi dell'articolo 2733, terzo comma, cod. civ., le affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente nel suddetto modello di constatazione, mentre fanno piena prova nei confronti del conducente confitente secondo gli articoli 2733, secondo comma, 2734 e 2735 cod. civ., vanno invece liberamente apprezzate nei confronti dell'assicuratore e del proprietario del veicolo. Infatti, il litisconsorzio necessario, di cui al citato articolo 23 della legge 24 dicembre 1969 numero 990, sussiste solo tra il responsabile il proprietario del veicolo e l'assicuratore, mentre non sussiste, a norma dell'articolo 2054, terzo comma, cod. civ., tra il conducente e tale assicuratore, ovvero tra il primo ed il proprietario, in tal caso derivando soltanto un'ipotesi di obbligazione solidale e quindi di litisconsorzio facoltativo. Cass. numero 10304/2007 . Ugualmente, è fondato il secondo profilo di doglianza, relativo al dedotto vizio motivazionale, ove si consideri che il giudice del merito ha proceduto alla ricostruzione del sinistro senza prendere minimamente in considerazione né le perplessità sollevate dalla compagnia assicuratrice, peraltro recepite nella sentenza di primo grado in merito alla non veridicità del coinvolgimento del motociclista nella dinamica del sinistro, né i rilievi della C.T.U. espletata in primo grado, con cui era stata affermata l'incompatibilità dei danni riportati dalla B.M.W. con la dinamica d'urto diretto tra i due veicoli. Ora, a fronte di tale quadro che sostanzialmente induceva a dubitare della verità storica del sinistro, sarebbe stato obbligo del giudice di merito valutare gli elementi dedotti e spiegare perché essi non fossero idonei ad infirmare la ricostruzione del sinistro, rappresentata nel modulo di constatazione dell'incidente. Al contrario, il giudice di merito colpevolmente si è ben guardato dallo svolgere il necessario esame nonché di provvedere alla confutazione delle considerazioni svolte dalla parte. Ciò posto, è appena il caso di sottolineare che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell'omissione e/o dell'insufficienza, dedotto dalla ricorrente, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabile d'ufficio. Ne consegue che nella specie l'omesso compimento degli accertamenti richiesti, tali da comportare una decisione diversa nella sua sostanza, inficia la correttezza del ragionamento svolto dal giudice del merito e ne determina la sua censurabilità. Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata deve essere cassata. Con l'ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.