Legittimo il «doppio» licenziamento

Nell’ambito di applicazione della tutela reale, il licenziamento disciplinare nullo per vizio di forma può essere rinnovato in base agli stessi motivi sostanziali che hanno determinato il primo recesso, anche se la questione sulla validità del primo licenziamento sia ancora sub iudice.

Il caso. L’ ex dipendente di una nota società assicurativa ricorreva al Giudice del lavoro lamentando di essere stato licenziato, per due volte la prima nel luglio e la seconda nell’ottobre 1996 , per giusta causa sulla base dei medesimi fatti. Il primo licenziamento veniva impugnato a Milano ove la Corte di Appello, dopo un articolato iter processuale, lo dichiarava illegittimo. Il secondo recesso - oggetto del presente giudizio - veniva invece impugnato innanzi al Tribunale di Ragusa, il quale rigettava le domande del lavoratore. La Corte di Appello di Catania, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava invece illegittimo il secondo recesso ritenendolo privo di effetti, poiché irrogato in un momento in cui il rapporto era formalmente cessato ed i suoi effetti non erano ancora stati ripristinati dalla pronuncia della Corte di Appello di Milano. Contro questa sentenza la società ricorreva alla Corte di Cassazione. Il licenziamento illegittimo non interrompe il rapporto di lavoro. Per quel che qui interessa, la società lamentava l’erroneità della sentenza di Appello nella parte in cui aveva ritenuto inesistente il secondo licenziamento. Ad avviso della ricorrente, infatti, l’illegittimità del recesso nell’ambito del regime di tutela c.d. «reale» incide unicamente sulla funzionalità di fatto della prestazione e non sul «vincolo giuridico», che rimane inalterato ancorché quiescente, con conseguente giuridica continuità del rapporto ed altrettanto conseguente possibilità di recesso per il datore di lavoro. La Cassazione, pur dando atto di un suo precedente orientamento in linea con la pronuncia impugnata Cass. 10394/2005 Cass. 5092/2001 , condivide le argomentazioni della società accogliendone il ricorso. Ed infatti, la Corte ritiene che l’interpretazione offerta dai Giudici di merito sia incompatibile con il significato complessivo del previgente articolo 18 Stat. lav., il quale postula la continuazione - seppur solamente giuridica - del rapporto. Conclusione che, secondo il condivisibile parere della Cassazione, si evince dagli stessi effetti che la norma produce i.e. la reintegrazione nel posto di lavoro, il pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate ed il versamento dei relativi contributi previdenziali . Il secondo licenziamento è un atto nuovo e diverso dal precedente. In questo contesto, prosegue la Corte richiamando numerosi suoi precedenti Cass. 23641/2006 Cass. 5226/2001 , è ben possibile irrogare un secondo licenziamento disciplinare sulla base degli stessi fatti costitutivi del primo, qualora quest’ultimo sia dichiarato nullo per vizi formali e quand’anche la valutazione sulla validità o meno del primo licenziamento sia ancora sub iudice . Questa rinnovazione si risolve «nel compimento di un negozio diverso dal precedente» e, pertanto, esula dalla disciplina della convalida dell’atto nullo articolo 1423 c.c. , che è diretta ad impedire la sanatoria con efficacia retroattiva di un negozio nullo «e non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale». Nel caso di specie, il Giudice di merito non aveva fatto corretta applicazione dei suesposti principi, atteso che non aveva verificato se il secondo licenziamento costituisse semplice rinnovazione del precedente o, al contrario, fosse basato su nuove e diverse circostanze.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2012 - 19 marzo 2013, numero 6773 Presidente La Terza – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Ragusa L.T.R. , premesso di avere svolto mansioni di funzionario liquidatore di Milano Assicurazioni s.p.a. nel locale Ufficio sinistri, svolgendo mansioni analoghe anche per la collegata Polaris Assicurazioni s.p.a., esponeva di essere stato colpito due volte da licenziamento, dapprima in data 15.07.96 e successivamente in data 3.10.96, in conseguenza di una ispezione che aveva riscontrato pretese irregolarità amministrative. Tanto premesso il predetto impugnava il secondo recesso chiedendone l'annullamento, con reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno. 2. Rigettata la domanda e proposto appello dal L.T. , la Corte d'appello di Catania con sentenza del 19.03.08 accoglieva l’impugnazione, dichiarando la nullità del licenziamento e ordinando la reintegra. Accertava la Corte d'appello che il primo licenziamento del 15.07.96 era stato dichiarato illegittimo per violazione dell’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori con sentenza 31.01.02 della Corte d'appello di Milano, emessa in sede di rinvio dalla Corte di cassazione. Il secondo licenziamento era stato irrogato il 3.10.96, prima che il precedente fosse dichiarato illegittimo, in un momento in cui il rapporto di lavoro era formalmente cessato e non era ancora ripristinato a seguito della pronunzia giudiziale, di modo che era da considerare improduttivo di effetto, in quanto intervenuto su un rapporto gà concluso. 3.- La Corte d'appello, nonostante l’avesse ritenuto inesistente, rilevava che detto secondo licenziamento era comunque affetto da vizi formali, atteso che la convocazione per Audizione del dipendente - dallo stesso richiesta a propria difesa — era stata disposta con modalità contrastanti con i principi di correttezza e buona fede che presiedono ai rapporti contrattuali, tali da impedirne l’espletamento, con concreta compromissione del diritto di difesa. 4.- Accolta l’impugnazione, pertanto, la Corte d'appello dichiarava la nullità del licenziamento intimato il 3.10.96, ordinando la reintegra del lavoratore e condannando Milano Assicurazioni al risarcimento del danno in misura pari alla retribuzione globale di fatto dovuta dal licenziamento alla reintegrazione. Rigettava, invece, la domanda di ulteriore risarcimento proposta dal lavoratore per il danno alla salute derivatogli dal licenziamento. 5.- Propongono ricorso per cassazione Milano Assicurazione s.p.a. e la Fondiaria - SAI s.p.a. quale incorporante di Polaris s.p.a. . Risponde con controricorso e ricorso incidentale L.T. . Entrambe le parti hanno depositato memoria e la difesa il ricorrente incidentale ex articolo 379 c.p.comma ha depositato osservazioni scritte in risposta alle conclusioni del Procuratore generale. Motivi della decisione 6.- Preliminarmente i due ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c 7.- Il ricorrente principale deduce i motivi che seguono. 7.1.- Con il primo motivo è dedotta violazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e dell’articolo 1423 c.comma a proposito dell’affermazione che il secondo licenziamento sarebbe inesistente, in quanto irrogato in un momento in cui il rapporto era da considerare concluso per l’irrogazione del primo licenziamento, che solo successivamente fu annullato. Sostiene infatti la ricorrente che il licenziamento invalido, nel rapporto di lavoro dotato di stabilità reale non cancella le reciproche obbligazioni delle parti, in quanto il rapporto giuridico durante il periodo necessario all’accertamento della legittimità del recesso rimane quiescente e non è estinto, di modo che il licenziamento dichiarato illegittimo non interrompe il rapporto, ma incide unicamente sulla funzionalità di fatto della prestazione, lasciando inalterata la continuità del vincolo giuridico che la sentenza ripristina ex tuncomma 7.2.- Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’articolo 7, comma 2 e 4, dello Statuto dei lavoratori e dell’articolo 1375 c.comma a proposito dell'affermazione che il datore comunque avrebbe agito, in occasione del secondo licenziamento, in violazione dei principi di correttezza e buona fede. Il ricorrente riafferma che la tempistica della contestazione e dell'onere di audizione adottata nel caso di specie è rispettosa dell’articolo 7 dello Statuto e dei diritti di difesa del lavoratore infatti 1 L.T. ricevette la contestazione il 13.09.96 e il 25.09.96 presene le sue giustificazioni chiedendo di essere sentito personalmente 2 il datore con telegramma 27.09.96 ricevuto da controparte il 28.09.96 fissa l'audizione per il 2.10.96 presso la sede milanese dell'ufficio personale 3 L.T. con telegramma 1.10.96 contestò la convocazione in definitiva il dipendente aveva avuto a disposizione un termine a difesa di 15 giorni a fronte dei 5 previsti dall’articolo 7 e per sua libera scelta ritenne di non presentarsi all'audizione, che il datore non era tenuto a fissare in sede di gradimento del dipendente. I principi di correttezza e buona fede sarebbero, pertanto, richiamati impropriamente. 7.3.- Con il terzo motivo è dedotta carenza di motivazione, in quanto non è precisato per quale ragione si ponga in contrasto radicale” con i principi di buona fede e correttezza la convocazione presso la sede milanese del datore. 8.- Con il ricorso incidentale L.T. lamenta il mancato esame dei motivi di appello ritenuti assorbiti dalla Corte d’appello e cioè 8.1 violazione del principio di immediatezza, in quanto il licenziamento in questione fu irrogato il 3.10.96 in relazione a comportamenti noti da tempo al datore di lavoro, in quanto accertati con l’ispezione del 4.06.96 e contestati rispettivamente il 19.06.96 ed il 26.07.96 8.2 omesso esame del motivo di appello con cui erano contestati nel merito gli addebiti ascritti e l'adeguatezza della sanzione espulsiva, ritenuta sproporzionata all’addebito ascritto 8.3 violazione di legge in relazione alla domanda di risarcimento del lamentato danno alla salute, ponendosi in evidenza che la esistenza del pregiudizio è data per ammessa dal giudice sul piano dell’an debeatur e che la contestazione è rivolta verso l’affermazione che non sarebbe provato il nesso causale tra licenziamento e danno. 9.- Prima di procedere all'esame dei motivi di ricorso principale ed incidentale deve precisarsi che è pacifico agli atti che al L.T. in tempi diversi furono irrogati due licenziamenti per giusta causa il primo con lettera del 15.07.96, il secondo con lettera del 3.10.96 i due licenziamenti dettero luogo a due separati contenziosi. 9.1.- Il primo licenziamento 15.07.96 fu oggetto di un ricorso di Milano Assicurazioni, che chiese al Pretore del lavoro di Milano di accertare la legittimità del recesso. Accolta la domanda dal Pretore con declaratoria di legittimità del recesso, sentenza 18.03.99 e proposto appello dal lavoratore, il Tribunale di Milano rigettò l’impugnazione sentenza 18.10.99 . Proposto ricorso dal L.T. , la Corte di cassazione sentenza 6.12.00 numero 15746 cassò la sentenza del Tribunale e rinviò alla Corte d'appello di Milano la quale, pronunziando in sede di rinvio, dichiarò illegittimo il licenziamento sentenza 31.01.02 . 9.2.- Il secondo licenziamento 3.10.96 fu impugnato da L.T. dinanzi al Pretore del lavoro di Ragusa. Rigettata la domanda sentenza 12.11.04 , propose appello L.T. e la Corte di appello di Catania accolse l’impugnazione, dichiarando la nullità del licenziamento ed ordinando la reintegra del lavoratore sentenza 19.03.08 . I ricorsi principale ed incidentale proposti contro questa sentenza di appello, sono oggetto della presente pronunzia. 10.- La Corte di merito ha ritenuto inefficace il secondo licenziamento, perché irrogato a soggetto già licenziato e non ancora reintegrato, in ossequio ad alcune sentenze di questa Corte sentenze 18.5.05 numero 10394 e 4.4.01 numero 5092 , assumendo che il licenziamento intimato nell'area della stabilità reale per giusta causa o giustificato motivo costituisce negozio risolutivo del rapporto, che produce i suoi effetti tipici fino a quando non venga eventualmente annullato dal giudice. Il secondo licenziamento, ove irrogato prima che il primo sia annullato, sarebbe privo di effetto, in quanto interverrebbe su un rapporto non può esistente. Successivamente alle indicate pronunzie la giurisprudenza di legittimità ha proceduto ad un riesame di detta impostazione ed ha posto in evidenza che essa si limita a considerare solamente l'aspetto degli effetti caducatori della pronunzia di illegittimità del licenziamento per carenza di giusta causa o giustificato motivo, enfatizzando il dato testuale dell’articolo 18, comma 1, della legge numero 300 del 1970 nel testo introdotto dalla legge numero 108 del 1990 , a proposito della qualificazione di azione di annullamento dell’impugnazione del recesso per giusta causa o giustificato motivo “il giudice, con la sentenza con cui . annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo” , senza tenere conto del significato complessivo della norma. Questa, infatti, prevede che nel caso di annullamento del recesso disposto dal giudice per mancanza di giusta causa o giustificato motivo, scattino a favore del lavoratore una serie di conseguenze favorevoli reintegrazione nel posto di lavoro, pagamento di un'indennità pari alla retribuzione di fatto che sarebbe maturata tra il licenziamento e la reintegrazione, versamento dei contributi previdenziali per il periodo tra licenziamento e reintegrazione che postulano che il rapporto medio tempore sia continuato, seppure solamente de iure Cass. 6.03.08 numero 6055 e 14.09.09 numero 19770 . 11.- La Corte d'appello, tuttavia, non si è avveduta che questa giurisprudenza non è riferibile al caso di specie, che non afferisce l’aspetto sostanziale del licenziamento e prescinde da ogni considerazione del comportamento del lavoratore al fine dell'accertamento della giusta causa o del giustificato motivo nonché dei requisiti della tutela reale . Nella vicenda ora in esame il primo licenziamento fu dichiarato illegittimo per violazione dell’articolo 7 della legge 20.05.70 numero 300, in quanto il L.T. , quantunque ne avesse fatto tempestiva richiesta, fu licenziato senza essere preventivamente ascoltato v. la sentenza Cass. 6.12.00 numero 15476 . Il licenziamento in questione fu dunque dichiarato nullo per un vizio di forma che procurò la violazione delle garanzie previste dall'articolo 7, prima ancora che l'analisi del giudice pervenisse alla valutazione dell'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo. 12.- La giurisprudenza di legittimità, secondo l’orientamento che qui si ritiene preferibile e cui il Collegio intende dare continuità, consente la rinnovazione del licenziamento disciplinare nullo per vizio di forma purché siano adottate le modalità prescritte, omesse nella precedente intimazione in base agli stessi motivi sostanziali determinativi del precedente recesso, anche se la questione della validità del primo licenziamento sia ancora sub indice. Tale rinnovazione, risolvendosi nel compimento di un negozio diverso dal precedente, esula dallo schema dell'articolo 1423 cod. civ. che è norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetto ex tunc e non a comprimere la liberà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale Cass. 6.11.06 numero 23641, 7.04.01 numero 5226, 24.12.97 numero 13042 e 16.04.94 numero 3633 . 13.- Il giudice di merito non ha fatto applicazione di questi principi in quanto non ha correttamente delimitato la materia del contendere. Egli, infatti, non considerando che il primo licenziamento era stato dichiarato illegittimo per un motivo di carattere meramente formale — impropriamente richiamando, tra l'altro, la distinzione tra nullità ed ingiustificatezza del licenziamento irrogato con violazione delle garanzie procedimentali dell'articolo 7 della legge numero 300 del 1970, effettuata ad altri fini da S.u. 18.05.94 numero 4846 - non ha verificato se il secondo licenziamento costituisse semplice rinnovazione del precedente o rappresentasse recesso basato su nuove e differenti contestazioni. Ne è derivata una pronunzia mirata sul dato esclusivo della successione temporale dei due atti di licenziamento che ha fatto applicazione di una giurisprudenza peraltro non pacifica che, per le ragioni dette, non è qui rilevante. In questi limiti, dunque il primo motivo del ricorso principale è fondato. 14.- La Corte d'appello, come già rilevato in parte espositiva, ha ravvisato un'ulteriore ragione di illegittimità del secondo licenziamento quello del 3.10.96 riscontrando la violazione del diritto di audizione del lavoratore, che costituirebbe vizio formale della procedura causata da gestione del potere disciplinare contraria ai principi di correttezza e buona fede e tale da comprimere il diritto di difesa. Alla contestazione di questa seconda ratio decidendi sono diretti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale. 15.- La violazione dei detti principi, secondo il giudice di appello, deriverebbe dalTaver il datore accolto la richiesta di audizione avanzata dal dipendente convocandolo non presso gli uffici della sede di lavoro Ragusa o di una qualsiasi sede della OMISSIS , ma presso l'ufficio personale della Società sito in XXXXXX, con soli” tre giorni di preavviso, con modalità ritenute talmente onerose per il dipendente da non consentire il corretto spiegamento del contraddittorio e, quindi, con violazione dell'articolo 7 della legge numero 300. La buona fede nell'esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà derivante soprattutto dall’articolo 2 Cost. che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell'interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell'interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico v. per tutte S.u. 25.11.08 numero 28056 e Cass. 30.07.04 numero 14605 . Il giudice di merito ha fatto applicazione incongrua di tale principio, ritenendo che il semplice spostamento del lavoratore per lo svolgimento della richiesta audizione dalla sede di lavoro periferica all’ufficio del personale sito presso la sede centrale comportasse una “indebita compressione del diritto di difesa”. Trattasi di considerazione che si pone al di fuori delle regole della logica argomentativa, atteso che lo svolgimento dell'adempimento procedurale era stato disposto nella sede sua propria l'ufficio centrale del personale , dopo che il lavoratore aveva già articolato le sue difese scritte, con un preavviso tale da consentire allo stesso un comodo spostamento tre giorni . Le modalità di esercizio del diritto di difesa, pertanto, non erano in nulla aggravate, ma rimanevano nel corretto iter procedimentale disegnato dall’articolo 7 della Statuto dei lavoratori. I due motivi sono, quindi, da accogliere, dovendo ritenersi che al lavoratore fu pienamente assicurato il diritto di difesa nei termini previsti dalla norma di legge. 16.- È inammissibile il ricorso incidentale proposto dal L.T. , che ripropone al giudice di legittimità questioni che non sono state esaminate dal giudice di merito perché ritenute assorbite a seguito della pronunzia oggi impugnata. Si tratta di questioni ancora sub iudice che potranno essere riproposte nel giudizio di rinvio. 17.- In conclusione, il ricorso principale deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si attera al seguente principio di diritto il licenziamento disciplinare nullo per vizio di forma può essere rinnovato purché siano adottate le modalità prescritte, omesse nella precedente intimazione in base agli stessi motivi sostanziali determinativi del precedente recesso, anche se la questione della validità del primo licenziamento sia ancora sub iudice tale rinnovazione, risolvendosi nel compimento di un negozio diverso dal precedente, esula dallo schema dell'articolo 1423 cod. civ. che è norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetto ex tunc e non a comprimere la liberà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale . All'esito dell’applicazione di tale principio il giudice verificherà se il secondo licenziamento costituisca rinnovazione di quello precedentemente irrogato o rappresenti recesso basato su nuove e differenti contestazioni non compatibili con quelle originariamente poste a base del licenziamento. 18.- Il giudice del rinvio procederà altresì alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il principale e dichiara inammissibile l'incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Catania in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.