Il tubo in metallo parte dal forno e si inerpica lungo il muro condominiale. Non è ipotizzabile una violazione della posizione dei proprietari dell’attico. Rimozione rimessa in discussione bisognerà valutare la compatibilità con l’utilizzo dello spazio da parte degli altri condomini.
Canna fumaria dalla pizzeria a piano terra fino all’attico, in aderenza al muro condominiale. Basta una piccola scintilla e la querelle esplode Per valutare, però, la legittimità di quella struttura, bisogna ragionare non sul ‘peso’ del manufatto e sulle limitazioni alle vedute del singolo appartamento, ma – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 2741, Seconda sezione Civile, depositata oggi – sulla possibilità che essa consenta, comunque, l’uso della cosa comune. Se tale possibilità esiste, allora nulla quaestio Accessorio da forno. Per garantire l’operatività della pizzeria è fondamentale l’allestimento di una canna fumaria ad hoc. La struttura – un tubo in metallo – parte dal forno del locale, collocato a piano terra, si ‘inerpica’ lungo il muro condominiale e sbocca all’altezza dell’attico, a ridosso della terrazza dell’ultimo piano. E la cosa, ovviamente, non rende felici i proprietari dell’appartamento Rimozione forzata? La presenza della canna fumaria provoca lo scontro frontale tra gli inquilini dell’attico e i proprietari-gestori della pizzeria. Il ring è quello della giustizia, dove gli inquilini chiedono la «rimozione della canna fumaria, a ridosso della loro terrazza», per la «illegittima violazione della veduta» e la «violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni». Richiesta respinta in primo grado, ma accolta in Appello. In questo caso, difatti, il giudice, valutando la presenza della canna fumaria, installata «in aderenza al muro comune fino a 3 metri sotto la soglia della terrazza», riconosceva il diritto del «proprietario di un singolo piano» ad «esercitare una vista a piombo fino alla base dell’edificio, oltre che quella panoramica». Unica possibilità, per il condominio, è di ‘piazzare’ la canna fumaria in maniera tale da non ledere «il diritto di veduta». Valutazione diversa. A contestare la pronuncia di secondo grado sono, ovviamente, i proprietari della pizzeria, che, presentando ricorso per cassazione, rivendicano la bontà e la legittimità della canna fumaria così come attualmente collocata lungo il muro condominiale. Non a caso, ricordano, il manufatto installato è stato considerato come «la soluzione migliore» anche dal consulente tecnico. Per i giudici di piazza Cavour, però, in premessa, va considerato il peso specifico della canna fumaria. Difficile concepirla come «costruzione», trattandosi di «manufatto che costituisce un semplice accessorio di un impianto nella specie, un forno , facente parte di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, collocato non nel fondo adiacente a quello del condomino che ne denunzia la illegittimità, ma nello spazio non condominiale». Ecco perché è errata la valutazione, compiuta in Appello ciò che va davvero esaminato, sottolineano i giudici, accogliendo il ricorso, è la legittimità dell’opera in funzione della possibilità, per ogni partecipante, di «servirsi della cosa comune». E questa indicazione viene rivolta dai giudici di Cassazione alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione e valutare «se, con la realizzazione del manufatto, si impedisca il normale godimento del bene».
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 gennaio – 23 febbraio 2012, numero 2741 Presidente Triola – Relatore Correnti Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 28.3.2001 M. M., M. e G. L. M., premettendo di essere proprietari di una unità immobiliare al piano attico del condominio C. D. O. in omissis , agivano in giudizio per la rimozione di una canna fumaria asseritamente collocata dalla società proprietaria della pizzeria bar al piano terra in aderenza al muro condominiale a ridosso della loro terrazza, integrando illegittima limitazione della veduta e violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni. Si costituivano B. C., conduttore dell'esercizio e Martina srl, proprietaria della pizzeria, eccependo l’autorizzazione dell'assemblea condominiale, l'assenza nei ricorrenti della proprietà esclusiva e l’inesistenza di pregiudizio alcuno. La misura interinale veniva concessa e poi revocata e, con sentenza numero 169/03 la sezione di Portogruaro del Tribunale di Venezia rigettava la domanda, con compensazione delle spese, decisione riformata dalla Corte di appello di Venezia, con sentenza numero 502/2010, che ordinava la rimozione della canna fumaria installata in aderenza al muro comune fino a metri tre sotto la soglia della terrazza con condanna alle spese, sul presupposto che il proprietario di un singolo piano ha diritto ad esercitare dalle proprie vedute una vista a piombo fino alla base dell’edificio oltre che quella panoramica tutt'all’intorno e la possibilità del condomino di appoggiare la canna fumaria è ammessa solo ove non leda il diritto di veduta. Ricorrono C. e Martina srl con unico articolato motivo, resistono le controparti. I rispettivi atti sono illustrati da memorie. Motivi della decisione Si lamentano violazione degli artt 1102, 906 e 907 cc e vizi di motivazione sulla lesione del diritto di veduta per non essere stata nemmeno indicata la distanza di legge che avrebbe dovuto essere rispettata e, a tutto concedere, la distanza avrebbe dovuto essere calcolata in orizzontale e non in verticale. Unico riferimento giurisprudenziale alla lettura della Corte territoriale è Cass. 3859/1985, che dà prevalenza all'articolo 907 cc rispetto all'articolo . 1102 cc. Il manufatto installato, come evidenziato dal ctu, è la soluzione migliore. Osserva questa Corte Suprema Il precedente giurisprudenziale, criticato dal ricorrente perché asseritamente unico, ha statuito che qualora il proprietaria di un attico condominiale agisca in via possessoria per denunciare la collocazione di canna fumaria che ha arrecato pregiudizio al suo godimento di veduta, l’indagine sulla legittimità del fatto denunciato va condotta con riferimento all’articolo 907 cc e non all'articolo 1102, uso della cosa comune, tenuto conto che la suddetta domanda è rivolta a tutelare il possesso del singolo appartamento , non il compossesso di un bene condominiale, e nella specie, la Corte veneziana ha escluso la fondatezza del primo motivo di gravarne sulla condominialità del muro perimetrale ed ha accolto il secondo sulla limitazione al diritto di veduta, fissando in dispositivo in metri tre la distanza, decisione conforme alla massima riportata, criticata mi termini sopra indicati. Questa Corte, sia pure in diversa ipotesi, ha statuito che occorre il consenso di tutti i condomini per l’utilizzo in via esclusiva di una canna fumaria per scarico di fumi di una. pizzeria , non trattandosi di uso frazionato della cosa comune Cass. 6.11.2008 numero 26737 e che è esperibile l'azione di manutenzione ex articolo 1170 cc. a difesa del possesso da immissioni di fumo pregiudizievoli da canna fumaria Cass. 30.5.2005 numero 11382 ord. . La Corte di appello ha limitato l'indagine alla violazione dell'articolo 907 cc e non ha considerato che, se ai sensi dell’articolo 1102 cc, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, a fortiori non può limitare il normale godimento del bene di proprietà esclusiva. Invero vi è difficoltà di concepire una canna fumaria nella specie un tubo in metallo come costruzione ai sensi dell'articolo 907 cc, trattandosi di manufatto che costituisce un semplice accessorio di un impianto nella specie forno , facente parte di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, collocato non nel fondo adiacente a quello del condomino che ne denunzia la illegittimità, ma nello spazio non condominiale. Sembra più corretto valutare la legittimità dell'opera in funzione non dell'articolo 907 cc ma del principio desumibile dall'art 1102 ce, secondo cui, come dedotto, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. In mancanza di una indagine per accertare se, con la realizzazione del manufatto, si impedisca il normale godimento del bene, il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.