La pericolosità sociale di uno straniero si ricava anche dalla grave compromissione dei valori familiari causata dai «fatti di rilievo penale commessi dallo straniero in danno della figlia minorenne» nulla rileva che il delitto non rientri tra le ipotesi dell’articolo 380 cpp, né che il reo risieda da lungo tempo in Italia ed abbia un lavoro stabile lecita la revoca del permesso di soggiorno.
La legge e l’articolo articolo 4 comma 3, 5 comma 5 e 5 bis e 9 comma 4 del Dlgs 286/98 T.U.Imm. stabiliscono preclusioni al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno a tempo determinato o permanente CE tra cui la pericolosità dello straniero per la sicurezza dello Stato o per l’ordine pubblico. È una minaccia pubblica se è condannato per un reato per il quale è previsto l’arresto in flagranza obbligatorio ai sensi dell’articolo 380 c.p.p., mentre è venuta meno l’ipotesi dell’articolo 381 arresto facoltativo dichiarato incostituzionale dalla C.Cost. numero 148/08. La sentenza del Tar di Torino numero 176 dello scorso 8 febbraio, come rilevato dai media nazionali e locali, costituisce un importane precedente sancisce il principio enunciato in epigrafe ed indica altri elementi da cui ricavarlo, estendendo, così, il campo di applicazione delle preclusioni anche a fattispecie sinora escluse. La vicenda affrontata. Un albanese, con un «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo» a tempo indeterminato dal marzo 2006, nel luglio 2011 era condannato in primo grado per «i reati di violenza sessuale in danno della figlia minorenne , di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e di danneggiamento alla pena principale della reclusione per anni due e alle pene accessorie della perdita della potestà genitoriale, della interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente la tutela e la curatela, della perdita del diritto agli alimenti e della esclusione dalla successione della persona offesa». La PA ha considerato la sua natura e la sua gravità tali da giustificare l’inclusione del ricorrente «“tra le persone pericolose di cui all’articolo 1, comma 2 e 3 della Legge 1423/56 e successive modifiche”, denotando “una particolare proclività alla commissione di atti che mettono in pericolo la sicurezza pubblica e l’integrità fisica e morale dei minorenni”». Ergo gli è stato correttamente revocato il permesso. Ha presentato un ricorso gerarchico che è stato respinto, perciò ha gravato i provvedimenti innanzi al Tar che li ha confermati. Lo straniero può essere considerato pericoloso anche se i reati commessi non rientrano tra quelli dell’articolo 380 c.p.p. e possiede tutti i requisiti per il rilascio del permesso? È stato eccepito il mancato bilanciamento dello stesso con altri elementi previsti dalla citate norme durata del soggiorno in Italia, svolgimento di regolare attività lavorativa, sussistenza di vincoli familiari, lo «stato di salute fisica e psichica del ricorrente che necessita di assistenza in ambiente domestico da parte degli stretti congiunti » e «l’assenza di legami con il paese d’origine». Il reato commesso, poi, rientrava tra quelli regolati dall’articolo 361 c.p.p., esclusi dalle preclusioni al rinnovo e, quindi, alla revoca del permesso. La fattispecie corrisponde all’ ex carta di soggiorno e può essere revocata solo «se acquisito fraudolentemente quando lo straniero diventi un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello stato in caso di assenza dall’UE per 12 mesi consecutivi in caso di rilascio di Pds CE da altro stato UE in caso di assenza dal territorio Nazionale per 6 anni» v. Scheda pratica - Il Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ex carta di soggiorno , in Progetto Melting Pot Europa . Non rientrava, per la difesa, in questa casistica, ignorata dalla PA, tanto più che la condanna penale di per sé non è ostativa al rilascio, né comporta la sospensione del permesso. La tutela del minore e la gravità del reato prevalgono su tutti gli elementi lecita la revoca. Il G.A è di opposto parere, perché per valutare la pericolosità del soggetto si deve tenere conto anche della sua appartenenza «ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, numero 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, numero 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, numero 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, numero 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice». Si valuta, poi, il suo inserimento sociale, lavorativo e familiare. Orbene è palese che gli abusi sulla figlia minorenne, le pene accessorie e la sua particolare propensione a commettere tali atti legittimano la sua inclusione «tra le persone pericolose per la sicurezza dello Stato e per la pubblica moralità di cui all’articolo 1 numero 3 della L. 27 dicembre 1956, numero 1423». Infine essi, compromettendo i valori della famiglia, fanno venir meno le ragioni familiari che avrebbero dovuto controbilanciarla. Irrilevanza delle attenuanti. Non sono state provate, ma anche se concesse non muterebbero la sua minaccia sociale che può essere dedotta, come sopra detto, ex articolo 9 D.lgs. numero 286/98 T.U. Imm. dalla coesistenza di condanne per reati dolosi e colposi.
TAR Torino, sez. I, sentenza 24 gennaio - 8 febbraio 2013, numero 176 Presidente Balucani – Estensore Limongelli Fatto 1. Doci Muhamet, cittadino albanese già titolare di carta di soggiorno a tempo indeterminato a far data dal 27.03.2006, impugna il provvedimento prot. numero 35 Cat. A.12/2012 Imm. dell’11 aprile 2012 con cui il Questore di Asti ha disposto nei suoi confronti la revoca della carta di soggiorno e il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno impugna altresì il successivo provvedimento del 2 agosto 2012 con cui il Prefetto di Asti ha respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il predetto decreto questorile. 2. Entrambi gli atti sono stati adottati alla luce della sentenza di condanna pronunciata il 26.07.2011 nei confronti del ricorrente dal GIP del Tribunale penale di Asti per i reati di violenza sessuale in danno della figlia minorenne , di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e di danneggiamento. Per effetto di tale sentenza, il ricorrente è stato condannato alla pena principale della reclusione per anni due e alle pene accessorie della perdita della potestà genitoriale, della interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente la tutela e la curatela, della perdita del diritto agli alimenti e della esclusione dalla successione della persona offesa. 3. La natura e la gravità dei reati commessi, in particolare quello di violenza sessuale nei confronti della figlia minorenne, annoverato tra quelli di cui all’articolo 380 comma 2 c.p.p. per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, sono stati ritenuti dall’Autorità di pubblica sicurezza di per sé ostative all’ingresso e al soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, per il combinato disposto degli articolo 4 comma 3, 5 comma 5 e 5 bis e 9 comma 4 del D. Lgs. 286/1998, e comunque tali da giustificare l’inclusione del ricorrente “tra le persone pericolose di cui all’articolo 1, comma 2 e 3 della Legge 1423/56 e successive modifiche”, denotando “una particolare proclività alla commissione di atti che mettono in pericolo la sicurezza pubblica e l’integrità fisica e morale dei minorenni”. 4. Attraverso due motivi, il ricorrente lamenta 1. Violazione di legge, con riferimento all’articolo 9, co.4 e 7, D. Lgs. 286/98. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto d’istruttoria ed erroneità della motivazione la condanna per violenza sessuale non è automaticamente ostativa al rilascio o al rinnovo del titolo di soggiorno dal momento che, nel caso concreto, la sentenza ha riconosciuto all’interessato l’attenuante di cui all’articolo 609 bis c.p. “nei casi di minore gravità” , e quindi il reato va inquadrato nell’articolo 381 c.p.p., e non nel 380 in ogni caso, la ritenuta “pericolosità” del ricorrente avrebbe dovuto essere bilanciata con gli altri requisiti previsti dall’articolo 9 T.U. Imm, con particolare riferimento alla durata del soggiorno in Italia, allo svolgimento di regolare attività lavorativa, alla sussistenza di vincoli familiari, allo stato di salute fisica e psichica del ricorrente che necessita di assistenza in ambiente domestico da parte degli stretti congiunti , all’assenza di legami con il paese d’origine tali valutazioni sono state, invece, omesse dall’amministrazione. 2. Violazione di legge, in relazione all’articolo 1, L. 1423/56, come sostituito dal D. Lgs. 159/11. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e di motivazione la valutazione di pericolosità del ricorrente non è sorretta dai necessari caratteri dell’attualità e della concretezza, nonché di adeguata valutazione dell’intera personalità del ricorrente i provvedimenti impugnati non contengono alcuna motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la formulazione del giudizio di pericolosità. 4. Si è costituito il Ministero dell’Interno per resistere al gravame. 5. Alla udienza in camera di consiglio del 24 gennaio 2012, la causa è stata trattenuta per essere definita con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge e sentiti, sul punto, i difensori delle parti. Diritto Il ricorso è infondato e va respinto. 1. Con gli atti impugnati l’amministrazione ha revocato la carta di soggiorno intestata al ricorrente e rifiutato il rilascio del permesso di soggiorno. 2. I provvedimenti sono stati adottati in espressa applicazione dell’articolo 9 del D. Lgs. 286/1998, il quale dispone che il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo già carta di soggiorno è revocato, tra l’altro, “quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4” il comma 4 a sua volta prevede che “Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, numero 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, numero 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, numero 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, numero 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”. 3. Ritiene il collegio che gli atti impugnati abbiano fatto corretta applicazione della norma citata. 3.1. L’amministrazione non ha ritenuto la condanna penale di per sé ostativa alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale, ma ha desunto da tale condanna un giudizio di pericolosità sociale dello straniero sulla scorta di una motivazione articolata e ragionevole, tesa ad evidenziare la natura e la gravità dei reati commessi in particolare quello di violenza sessuale in danno della figlia minorenne , ascrivibili alla categoria di cui all’articolo 380 c.p.p. in ragione dell’entità della pena edittale e tali da denotare “una particolare proclività alla commissione di atti che mettono in pericolo la sicurezza pubblica e l’integrità fisica e morale dei minorenni”, nonché tali da giustificare l’inclusione del ricorrente tra le persone pericolose per la sicurezza dello Stato e per la pubblica moralità di cui all’articolo 1 numero 3 della L. 27 dicembre 1956, numero 1423. 3.2. La circostanza peraltro non provata che la sentenza del giudice penale avrebbe riconosciuto al ricorrente l’attenuante di cui all’articolo 609 bis comma 3 c.p. non vale a declassare il reato tra quelli di cui all’articolo 381 c.p.p., tenuto conto, in ogni caso, che anche i reati di cui all’articolo 381 c.p.c. contribuiscono alla valutazione di pericolosità dello straniero prevista dal citato articolo 9 del T.U. Imm., qualora si tratti – come nel caso in esame – di reati dolosi. 3.3. Inoltre, non risponde al vero che l’amministrazione non abbia valutato gli ulteriori elementi previsti dal citato articolo 9, dal momento che nella motivazione degli atti impugnati è chiaramente evidenziata l’assenza di ragioni familiari capaci di bilanciare il giudizio di pericolosità sociale dello straniero, tenuto conto della grave compromissione dei valori familiari conseguita ai fatti di rilievo penale commessi dallo straniero in danno della figlia minorenne, dai quali è scaturita, oltre alla pena detentiva, anche la sanzione accessoria della perdita della potestà genitoriale nei confronti della figlia il che, tra l’atro, induce fortemente a dubitare che il ricorrente possa trovare proprio in famiglia – come afferma – l’ambiente più idoneo a curare il proprio stato di salute fisico e psichico . 3.4. A fronte di tali assorbenti considerazioni, la mera durata del soggiorno in Italia e il possesso da parte dello straniero di un’occupazione lavorativa non appaiono elementi idonei a sovvertire il giudizio negativo conclusivamente e ragionevolmente formulato dall’amministrazione nei confronti del ricorrente. 4. Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va respinto. 5. Le spese di lite possono essere compensate, ricorrendone giusti motivi per la peculiarità della vicenda esaminata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Prima , definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.