L’inosservanza ad un provvedimento d’urgenza, adottato ai sensi dell’articolo 700 c.p.c., è sanzionata penalmente quando lo stesso attenga alla difesa della proprietà, del possesso o del credito.
Così ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza numero 31192, depositata il 16 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, dichiarando colpevole il ricorrente dei reati di cui agli articolo 388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e 646 appropriazione indebita c.p Ricorreva per cassazione il soccombente rilevando l’erronea applicazione di legge, poiché il provvedimento d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., che aveva ordinato all’imputato di consegnare la documentazione contabile inerente all’amministrazione di un condominio, che egli aveva in precedenza curato, non poteva considerarsi adottato a tutela della proprietà, del possesso o del credito. I provvedimenti d’urgenza rientrano nelle misure cautelari la cui inosservanza è sanzionata penalmente? Il ricorso è infondato. E’ pacifico, in sede di legittimità, il principio affermato dalla Cassazione, sulla base di un precedente giurisprudenziale Cass., numero 2908/1987 , in base al quale «tra i provvedimenti del giudice civile che prescrivono misure cautelari, la cui inosservanza è penalmente sanzionata dall’articolo 388, comma 2, c.p., rientrano anche i provvedimenti di urgenza emessi a norma dell’articolo 700 c.p.c., ma a condizione che essi attengano alla difesa della proprietà, del possesso o del credito». Il provvedimento non osservato riguardava la proprietà. Nel caso di specie, il provvedimento non osservato riguardava la consegna della documentazione contabile inerente all’amministrazione di un condominio, perciò incideva sicuramente sulla proprietà del condominio stesso, impedendone la corretta amministrazione. Sulla base di tali argomentazioni, la Corte rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale , sentenza 16 aprile – 16 luglio 2014, numero 31192 Presidente Casucci – Relatore Cervadoro Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 17 ottobre 2013, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in data 5 dicembre 2011 dal Tribunale della stessa città, che aveva dichiarato l'imputato C.M. colpevole dei reati di cui agli articolo 388 e 646 - 61 numero 7 c.p. fatti accertati in omissis , unificati dal vincolo della continuazione, e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia, oltre alle statuizioni accessorie in favore della parte civile la Corte di appello ha disposto a sua volta le statuizioni accessorie relative al grado. Contro tale provvedimento, l'imputato personalmente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo il seguente motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I - erronea applicazione degli articolo 388, comma 2, e 646 c.p. lamentando che il provvedimento d'urgenza ex articolo 700 c.p.c., che aveva ordinato all'imputato di consegnare la documentazione contabile inerente all'amministrazione di un condominio che egli aveva in precedenza curato, non poteva considerarsi adottato a tutela della proprietà, del possesso o del credito e non disponeva effettivamente una determinazione qualificabile come cautelare mancherebbe, inoltre, la prova in ordine al dolo specifico richiesto dall'articolo 646 c.p. . Ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. 3. All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. L'articolo 388, comma 2, c.p., nella formulazione vigente all'epoca di commissione del fatto, stabiliva che la pena prevista dal comma 1 della stessa disposizione “si applica a chi elude un provvedimento del giudice civile che prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito”. 1.1. Questa Corte Suprema Sez. VI, sentenza numero 2908 dell'8 ottobre 1987, dep. 5 marzo 1988, CED Cass. numero 177793 , con orientamento che merita di essere condiviso e ribadito, aveva già chiarito che rientrano tra i provvedimenti cautelari del giudice civile la cui dolosa inottemperanza da luogo a responsabilità penale, tutti i provvedimenti cautelari previsti nel libro IV del codice di procedura civile, e quindi non soltanto quelli tipici, ma anche quello atipico adottato ex articolo 700 c.p.c., purché attinente in concreto alla difesa della proprietà, del possesso o del credito, poiché l'articolo 388, comma 2, c.p., costituiva e costituisce, nella sua attuale formulazione presidio penale esclusivamente per i provvedimenti cautelari emessi nelle materie tassativamente indicate dalla norma, e non può trovare applicazione analogica necessariamente in malam partem, e quindi non consentita in diritto penale dal principio di legalità, sancito dall'articolo 25, comma 2, della Costituzione al di fuori di essi. E la ragione per la quale sia stata penalmente sanzionata soltanto l'inosservanza di alcuni provvedimenti cautelari quelli in materia di proprietà, possesso e credito appare manifesta sol che si abbia riguardo all'interesse tutelato dalla norma in esame l'interesse tutelato dall'articolo 388 c.p. non è, infatti, l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione Sez. unumero , sentenza numero 36692 del 27 settembre 2007, Vuocolo, CED Cass. numero 23G937 , di tal che la sanzione non consegue alla mera trasgressione dell'ordine del giudice, occorrendo che la condotta ostacoli l'effettiva possibilità di una sua esecuzione. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto “Tra i provvedimenti del giudice civile che prescrivono misure cautelari, la cui inosservanza è penalmente sanzionata dall'articolo 388, comma 2, c.p., rientrano anche i provvedimenti di urgenza emessi a norma dell'articolo 700 c.p.c, ma a condizione che essi attengano alla difesa della proprietà, del possesso o del credito”. 1.2. Nel caso di specie, peraltro, non può dubitarsi che il provvedimento di urgenza de quo attenesse alla proprietà, pacifico essendo che l'ordine non osservato di consegna della documentazione contabile inerente all’amministrazione di un condominio incidesse sulla proprietà condominiale, impedendone la corretta amministrazione. 1.3. Deve, per completezza, rilevarsi che il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall'articolo 388, comma 2, c.p. non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, a meno che l'obbligo imposto non sia coattivamente ineseguibile, richiedendo la sua attuazione la necessaria collaborazione dell'obbligato, proprio perché l'interesse tutelato dall'articolo 388 cod. penumero non è l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione Sez. unumero , sentenza numero 36692 del 27 settembre 2007, Vuocolo, CED Cass. numero 236937 . Ma, nel caso di specie, appare evidente che vi fosse necessità della collaborazione dell'imputato ai fini dell'esecuzione dell'ordine impartito dal giudice ex articolo 700 c.p.c., ovvero della disposta consegna di documenti. 1.4. Quanto al dolo specifico richiesto ad integrazione del delitto di cui all'articolo 646 c.p., la Corte di appello f. 4 , con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente non si confronta con la necessaria specificità limitandosi inammissibilmente a riproporre, più o meno pedissequamente, doglianze già ritenute infondate dalla corte di appello , ha compiutamente ricostruito le vicende de quibus ed indicato gli elementi posti a fondamento dell'affermazione di responsabilità e della qualificazione giuridica dei fatti, valorizzando, in particolare in accordo con la sentenza di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità , “l'ostinazione con la quale il C. si è rifiutato di consegnare detta documentazione”, motivatamente ritenuta sintomatica del fatto “che egli avesse un preciso interesse a non consentire una ricostruzione della sua gestione patrimoniale, traendone una specifica utilità”. A tali rilievi, nel complesso, il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non generiche ed improponibili doglianze, fondate su una personale e congetturale rivisitazione dei fatti di causa, senza documentare, nei modi di rito, eventuali travisamenti. 2. Per effetto degli intervenuti periodi di sospensione della prescrizione mesi due e giorni sedici, dal 19.9. al 5.12.2011, rinvio su richiesta della difesa mesi due e giorni tre, rinvio dell'udienza 5.6.2013 legittimo impedimento dell'imputato, malato, per una durata pari, per legge, a giorni 60 oltre alla durata dell'impedimento , la prescrizione non è ancora maturata alla data della odierna decisione. 3. Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.