L’equiparazione della comunicazione della sentenza impugnata all’estrazione della copia autentica presso la Cancelleria, effettuata da parte del difensore, non può considerarsi in deroga alla disciplina speciale prevista all’articolo 1, comma 61, l. 92/2012, pertanto in mancanza di comunicazione o notificazione dell’ordinanza, il termine per proporre reclamo appello è quello stabilito dall’articolo 327 c.p.c
Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 13858/2017, depositata il primo giugno 2017. Rito Fornero. Il rito speciale disciplinato dalla l. numero 92/2012, c.d. Legge Fornero, riservato alle domande di illegittimità dei licenziamenti comminati dai datori di lavoro con più di 15 dipendenti, prevede 4 gradi di giudizio il primo, riconducibile ad un procedimento cautelare con istruttoria sommaria, il secondo di cognizione piena, il reclamo che è un giudizio d’appello vero e proprio e il ricorso in Cassazione. L’ordinanza emessa al termine del giudizio “cautelare” può essere oggetto di opposizione, sempre avanti il Tribunale che l’ha pronunciata, nei termini di cui al comma 51 articolo 1 Legge Fornero. Diversamente, la sentenza emessa a conclusione del secondo grado è reclamabile, avanti la Corte d’Appello, entro i termini di cui ai commi 58 e 61, articolo 1 Ai sensi del comma 58, il reclamo appello si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza se anteriore e - specifica il comma 61 - in mancanza di comunicazione o notifica. si applica l’articolo 327 c.p.c Ciò significa che se non v’è né comunicazione né notificazione della sentenza da impugnare, l’appello è proponibile entro i 6 mesi successivi alla pubblicazione della sentenza. L’indicazione procedurale appare chiara, presentando la nota duplicità tra termine breve e termine lungo. Termine breve, termine lungo e prassi. A chiarire - o forse a complicare - le cose arriva la giurisprudenza Cass., 18403/2016 Cass., 17963/2016 che, proprio con riferimento al rito Fornero, ha specificato che il termine per impugnare non decorre dall’eventuale lettura in udienza del dispositivo e che, comunque, le comunicazioni di Cancelleria possono essere validamente eseguite anche in forme diverse da quelle previste dall’articolo 136 c.p.c. e dall’articolo 45 disp. att. c.p.c., a condizione che sia certa l’avvenuta consegna della notizia al destinatario. Pertanto, può far decorre il termine di trenta giorni previsto dal comma 58, anche il “visto per presa visione” apposto dal procuratore sul biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice. Tale principio ha avuto larga applicazione, tanto che l’estrazione della copia autentica della sentenza è stata equiparata alla comunicazione della cancelleria utile a far decorre il termine di cui al comma 58 in tale ipotesi, infatti, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario è certa poiché è frutto di una concatenazione di attività istituzionali di cancelleria, ossia richiesta di rilascio copia autentica da parte del procuratore e rilascio della copia, con annotazione della data. Tuttavia, con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione esclude che l’equiparazione della comunicazione della sentenza impugnata all’estrazione della copia autentica presso la Cancelleria possa derogare alla norma generale di cui all’art 327 c.p.c., esplicitamente richiamata dal comma 61, art 1 legge Fornero. Se non v’è comunicazione o notificazione della sentenza che si intende impugnare, il termine per proporre appello reclamo è quello lungo di cui all’art 327 c.p.c., ossia sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza. Ecco, quindi, che la Suprema Corte rigetta il ricorso sottoposto alla sua attenzione, ove si contestava la tempestività del reclamo avanti la Corte d’Appello, depositato oltre i 30 giorni dalla data di estrazione di copia autentica, ma comunque entro i sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 febbraio – 1 giugno 2017, numero 13858 Presidente Amoroso – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso ex articolo 1 comma 58, legge numero 92/12 depositato il 29.4.2015, la società dell’Acqua Pia Antica Marcia s.p.a. d’ora in avanti SAPAM in liquidazione e concordato preventivo, proponeva reclamo avverso la sentenza depositata il 30.10.14 in sede di opposizione, con cui il Tribunale di Roma dichiarò l’inefficacia del licenziamento verbale intimato a D.S. in data 19.7.2012, ordinando alla società l’immediato ripristino del rapporto e condannandola a pagare le retribuzioni perdute. Contestava le argomentazioni del Tribunale e chiedeva quindi, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto delle domande. Il convenuto si costituiva, eccependo l’inammissibilità del reclamo per tardività e mancata specificità dei motivi, contestandone in subordine la fondatezza e chiedendone quindi il rigetto. Con sentenza depositata il 28.9.15, la Corte d’appello di Roma, dichiarava l’inammissibilità del gravame. Ed infatti, pur avendo accertato che la sentenza gravata non era stata né comunicata, né notificata, ritenne di dover far decorrere il termine di trenta giorni per il reclamo dal momento in cui la società reclamante estrasse copia della sentenza il 6.11.14 , ritenendo così inammissibile il reclamo proposto con ricorso depositato il 29.4.15. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la SAPAM, affidato a quattro motivi. Resiste il D. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1, comma 58 L. numero 92/12, secondo cui il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della sentenza se anteriore. Lamenta che la sentenza impugnata, pur verificata la mancanza sia della comunicazione che della notificazione della sentenza, ritenne utile a tal fine il momento in cui la società estrasse copia della sentenza reclamata, da equiparare a suo avviso alla comunicazione della Cancelleria, operando una inammissibile interpretazione estensiva dell’articolo 1, comma 58, L. numero 92/12 che, stabilendo un termine di decadenza, doveva ritenersi di stretta interpretazione. 2.- Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1, comma 61 della L. numero 92/12, secondo cui in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza, si applica l’articolo 327 c.p.c. . Lamenta che la specifica previsione di cui alla norma citata comma 61 non consentiva al giudice d’appello di disattendervi, tanto meno in nome di una disciplina speciale interamente derogatrice di quella generale pag. 3 sentenza impugnata . 3.- I primi due motivi, che per connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Non v’è infatti dubbio che dell’articolo 1, comma 61 della L. numero 92/12, stabilisce espressamente che in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza, si applica l’articolo 327 c.p.c. , termine nel quale la società ricorrente propose pacificamente il reclamo. La questione, che nulla ha a che vedere con la pronuncia di questa Corte numero 18403/16 in materia di non decorrenza del termine per impugnare, sempre con riferimento al cd. ‘rito Fornerò, dalla eventuale lettura in udienza del provvedimento impugnato, è stata già risolta da questa Corte con sentenza numero 17963/16, ove si è affermato che, sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dall’articolo 136 c.p.c. e articolo 45 disp. att. c.p.c. consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario del testo integrale del provvedimento , esse possono essere validamente eseguite anche in forme equivalenti, purché risulti la certezza dell’avvenuta consegna e dell’individuazione del destinatario. Sicché il rispetto di queste condizioni consente di ritenere sufficienti prassi come il visto per presa visione apposto dal procuratore sull’originale del biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione o sul provvedimento del giudice Cass., numero 11319 del 2004 . Di tale principio si è fatta applicazione anche con riguardo al rilascio di copia dell’atto che avrebbe dovuto essere comunicato. Con l’estrazione di copia autentica la forma di conoscenza è acquisita in via formale, in quanto trova origine in due convergenti attività tipizzate sul piano processuale, quali la richiesta di copia autentica del provvedimento ad iniziativa del difensore della parte interessata e la consegna allo stesso ad opera del cancelliere della copia in questione articolo 58 c.p.c. . A questo punto la conoscenza del provvedimento non è acquisita in via di mero fatto, ma all’esito di un’attività istituzionale di cancelleria , concretizzatasi in una attività di ufficio regolata dalla legge il rilascio della copia autentica che impone l’individuazione del soggetto richiedente e di quello che ritira la copia, nonché dell’annotazione della data di rilascio della copia. Tale attività costituisce quindi forma equipollente della comunicazione di cancelleria, caratterizzata dagli stessi requisiti di certezza di avvenuta consegna della copia e di individuazione del destinatario Cass. 24418 del 2008 conf. Cass. numero 9421 del 2012 . L’equiparazione della comunicazione della sentenza impugnata all’estrazione di copia autentica, presso la Cancelleria e da parte del difensore, non può dunque considerarsi in deroga alla disciplina speciale prevista dalla L. numero 92/12 articolo 1, comma 61 , non potendo poggiarsi sul fatto, a questo punto meramente formale, della mancata comunicazione di cancelleria di un provvedimento che la cancelleria ha già provveduto a consegnare integralmente ed in copia autentica alla parte, anche alla luce del principio di accelerazione del rito previsto dalla L. cd.Fornero, non risultando peraltro in alcun modo sostanzialmente violato il diritto di azione e di difesa costituzionalmente tutelato su cui cfr. da ultimo Cass. numero 18403/16 . 4.- Essendo stati respinti i precedenti motivi di ricorso, con conseguente conferma della sentenza impugnata che ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo, le altre censure, inerenti il merito della controversia, restano assorbite. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro.200,00 per esborsi, Euro.3.500,00 per compensi professionali, oltre alle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.