L'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’articolo 19 d.lgs. numero 546/92 ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente articolo 24 e 53 Cost. e di buon andamento della PA articolo 97 Cost. , ogni atto adottato dall'ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa.
Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 27924 depositata il 30 dicembre 2016, secondo la quale devono dunque ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l'amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell'articolo 19 cit. e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l'interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili. La vicenda. Una società ha impugnato innanzi al giudice di prima istanza una comunicazione ai sensi dell'articolo 54-bis d.P.R. numero 633/1972 di minor credito, oltre interessi e sanzioni, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione IVA 2007 per l'anno d'imposta 2006. I giudici di merito tributari hanno dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla contribuente, ritenendo non impugnabile l'avviso bonario. La società ha proposto ricorso per cassazione. Gli Ermellini, con la pronuncia in commento, hanno accolto il ricorso della società. Essi hanno ritenuto immediatamente impugnabile dal contribuente anche la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis, comma 3, d.P.R. numero 600/1973. Riflessioni. È ius receptum che l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’articolo 19, d.lgs. numero 546/1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della PA. Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è “naturaliter” preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’articolo 19 citato. Ciò che rileva ai fini della qualificazione dell’atto come impositivo e della conseguente inclusione della relativa controversia nell’ambito applicativo della l. numero 289/2002, articolo 16, è la sua effettiva funzione, a prescindere dalla qualificazione formale dell’atto stesso. Pertanto, la natura impositiva dell’atto, ai fini anzidetti, va riconosciuta quando esso sia destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente, una pretesa fiscale, essendo sufficiente che la contestazione da parte di quest’ultimo sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sulla legittimità, sotto qualsiasi profilo tranne che su aspetti relativi a meri errori di calcolo , della pretesa medesima sent. numero 2986/14, numero 1263/14, numero 22158/13, numero 5879/13, numero 20731/10 Cass. numero 14196/15 . L'avviso bonario di cui all'articolo 36-ter, comma 4, d.P.R. numero 600/1973, costituisce atto autonomamente impugnabile. In tal senso, invero, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ex articolo 19, d.lgs. numero 546/1992, tutti quegli atti con cui l'Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita. In tema di impugnazione di atti dell'amministrazione tributaria, nonostante l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'articolo 19 d.lgs. numero 546/1992, i principi costituzionali di buon andamento della PA di cui all'articolo 97 Cost. e di tutela del contribuente di cui agli articolo 24 e 53 Cost., impongono di riconoscere l'impugnabilità di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente, una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicazione delle concrete ragioni, fattuali e giuridiche, che la sorreggono, senza la necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata e tale impugnazione deve essere proposta davanti al Giudice Tributario in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario. Ne consegue che anche la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis, comma 3, d.P.R. numero 600/1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al Giudice Tributario. Il contribuente può direttamente impugnare il c.d. avviso bonario , emesso dall'Agenzia delle Entrate a seguito della procedura di liquidazione automatica, in quanto l'articolo 19 d.lgs. numero 546/1992 è una norma che può essere oggetto di interpretazione non solo estensiva, ma anche analogica. Sono infatti ricorribili tutti i provvedimenti, anche se non formati secondo la “veste autoritativa” di uno degli atti elencati dall'articolo 19 d.lgs. numero 546/1992, che contengono la manifestazione di una pretesa tributaria definita. Tanto premesso, è chiaro che il c.d. “avviso bonario” è strettamente connesso alla successiva cartella di pagamento, sicché l'annullamento di quest'ultima successivamente impugnata in un diverso processo comporta la caducazione d'ufficio anche delle “comunicazioni bonarie” .
Corte di Cassazione, sez. V, sentenza 20 – 30 dicembre 2016, numero 27494 Presidente Tirelli – Relatore Sabato Svolgimento del processo La F.S. s.p.a., in amministrazione straordinaria, ha impugnato innanzi alla commissione tributaria provinciale di Milano una comunicazione ai sensi dell'articolo 54 bis del d.p.r. numero 633 del 1972 di minor credito, oltre interessi e sanzioni, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione IVA 2007 per l'anno d'imposta 2006. La commissione tributaria provinciale di Milano ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla contribuente, ritenendo non impugnabile l'avviso bonario. La commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano ha rigettato l'appello della contribuente sulle medesime basi giuridiche. Avverso questa decisione la s.p.a. propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, rispetto ai quale l'agenzia resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. - Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del primo presidente del 14 settembre 2016. 2. - L'unico motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge in riferimento all'articolo 19 del d.lgs. numero 546 del 1992, è fondato. Invero, questa Corte ha già affermato che l'elencazione degli atti impugnabili contenuta in detta norma ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente articolo 24 e 53 Cost. e di buon andamento della P.A. articolo 97 Cost. , ogni atto adottato dall'ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa. Come conseguenza, questa Corte ha ritenuto immediatamente impugnabile dal contribuente anche la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis, terzo comma, del d.p.r. numero 600 del 1973. Si tratta di orientamento che si inscrive in un consolidato indirizzo, secondo il quale con specifico riferimento al caso qui all'esame, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l'amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nell'articolo 19 cit. e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l'interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili cfr. sez. 5, numero 7344 del 2012, sez. 6 - 5, numero 25297 del 2014, numero 15957 del 2015 e numero 3315 del 2016 . 3. - L'impugnata sentenza va dunque cassata. Segue il rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, in diversa composizione, la quale provvederà a nuovo esame applicando il predetto principio di diritto. La commissione regionale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. Il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla commissione tributaria regionale della Lombardia in Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.