Il CNF, con la sentenza numero 178/2019, ribadisce alcuni principi in materia di cancellazione dall’Albo degli Avvocati ed alla normativa applicabile nel relativo procedimento.
Questo il contenuto della sentenza del Consiglio Nazionale Forense numero 178, depositata il 19 dicembre 2019. L’attuale ricorrente è un professionista legale, il quale ha acquisito il possesso del titolo di “avvocato” in Romania. Egli si rivolge al Consiglio Nazionale Forense per via della delibera di cancellazione dalla Sezione speciale Avvocati Stabiliti dell’Albo degli Avvocati, adottata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltagirone. Tale delibera di cancellazione trova fondamento nell’illegittimità del titolo di abilitazione professionale, il quale è stato rilasciato da un’organizzazione professionale non riconosciuta nel Paese di origine. Con la sentenza numero 178 del 19 dicembre 2019, il Consiglio Nazionale Forense rigetta il ricorso e coglie l’occasione per ribadire alcuni principi in tema di cancellazione dall’Albo. Nello specifico, relativamente alla cancellazione dell’indebita iscrizione all’Albo, il CNF afferma che «l’esercizio della professione di avvocato in Italia è regolato dalla legge nell’interesse pubblico articolo 1, comma 2, lett. a L.P. a tutela dell’affidamento della collettività e della clientela articolo 1, comma 2, lett. c L.P. e in considerazione della rilevanza costituzionale del diritto di difesa articolo 5, comma 1, L.P. . Deve conseguentemente ritenersi in re ipsa l’interesse pubblico alla rimozione dell’iscrizione nell’albo professionale dei soggetti privi di titolo abilitante alla professione che può avvenire in ogni tempo ex articolo 21-octies l. numero 241/1990 , anche alla luce dell’articolo 33, comma 5, della Costituzione e non ha bisogno di specifica motivazione stante l’assenza ab origine di un requisito essenziale e imprescindibile ai fini dell’iscrizione stessa». Quanto alla normativa applicabile in materia di cancellazione dall’Albo a causa della mancanza dei requisiti di iscrizione, il Consiglio ribadisce che «al procedimento di cancellazione dall’albo per mancanza dei requisiti di iscrizione articolo 17, l. numero 247/2012 non si applicano le norme che regolano il procedimento disciplinare secondo cui nessuna sanzione “può essere inflitta senza che l’incolpato sia stato citato a comparire davanti ad esso, con l’assegnazione di un termine non minore di dieci giorni, per essere sentito nelle sue discolpe” , essendo sufficiente l’invito a a presentare eventuali osservazioni scritte entro un termine non inferiore a trenta giorni b a richiedere l’audizione». Infine, il CNF precisa che nei procedimenti di cancellazione amministrativa, non disciplinare, dall’Albo non si applicano le norme del Codice di procedura penale, nemmeno in via sussidiaria.
Consiglio Nazionale Forense, sentenza 22 marzo 2018 – 19 dicembre 2019, numero 178 Presidente Picchioni – Segretario Broccardo Fatto Il ricorso relativo al procedimento in epigrafe è stato proposto dal Dott. [RICORRENTE], nato a [omissis], il [omissis] C.F. [omissis] , laureato in Giurisprudenza ed in possesso del titolo di “avocat” rilasciato in Romania dall’U.N.B.R. struttura “Bota”, avverso la delibera di cancellazione numero 240/2017 adottata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltagirone nell’adunanza del 23/03/2017 e notificata in data 03/04/2017, con la quale è stata disposta la cancellazione del ricorrente dalla Sezione speciale Avvocati Stabiliti dell’Albo degli Avvocati tenuto dal predetto Ordine. Con delibera in data 27/10/2016, comunicata a mezzo pec in data 25/11/2016, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltagirone, sentiti la relazione del Presidente in merito alle iscrizioni effettuate nella sezione speciale dell’Albo ordinario di cui “all’articolo 15.1 Statuto dell’Avvocatura” e l’intervento del Cons. Avv. [omissis] afferente le iniziative del Consiglio in merito alle iscrizioni stesse, nonché esaminata la circolare del CNF del 25/09/2013 contraddistinta dal codice 20 C 2013, ha deliberato, ai sensi dell’articolo 17 della Legge numero 247/2012, l’avvio del procedimento di cancellazione del ricorrente dall’Albo degli Avvocati – sezione Speciale degli Avvocati Stabiliti. La decisione di dar corso alla procedura è stata assunta col voto favorevole di quattro consiglieri, compreso il Presidente con il voto contrario del citato Avv. [omissis] e con il voto “relativamente non favorevole” di tre consiglieri i quali ribadivano “la necessità che il doveroso, pur condiviso avvio dei procedimenti di cancellazione, sia comunque preceduto dalla stipula di adeguata polizza assicurativa”. Il ricorrente depositava istanza di accesso agli atti. Con deliberazione del 23/03/2017, approvata con il voto unanime dei sette Consiglieri partecipanti alla seduta ivi compresi i tre consiglieri che si erano espressi in modo “relativamente non favorevole” in sede di apertura del procedimento , il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Caltagirone, dopo ampia e motivata deliberazione, ritenuto che il titolo posto alla base dell’iscrizione rilasciato dalla Struttura Rumena Bota non costituisse valido titolo abilitativo all’esercizio della professione in Italia, disponeva la cancellazione dell’Advocat [RICORRENTE] dalla Sezione Speciale dell’Albo degli Avvocati di Caltagirone. In sintesi, questi i motivi della deliberazione di cancellazione 1. l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania, con sentenza 21 settembre 2015, numero 15, ha dichiarato che commette il reato di esercizio abusivo della professione forense ex articolo 348 c.p. chi esercita la professione di avvocato senza essere iscritto all’Unione Nazionale degli Ordini forensi della Romania U.N.B.R. 2. con nota in data 18 ottobre 2016, l’Ambasciata di Romania in Italia, in risposta all’interrogazione del predetto COA di Caltagirone del 08/08/2016, ha chiarito che la U.N.B.R. Unione Nazionale dei Barourilor in Romania con sede in Palatul de Justitie, Spaiul Indipendentei numero 5, Sectopr 5, Bucarest , è l’unica istituzione deputata a rilasciare il titolo di Avvocato in Romania 3. la citata istituzione è ritenuta dallo Stato rumeno e dall’Alta Corte di Bucarest quale unica autorità competente in materia e, come tale, essa risulta essere la sola riconosciuta all’esito dell’interrogazione eseguita dal Ministero della Giustizia della Repubblica Italiana vigilante sulle professioni al sistema ufficiale di cooperazione tra le Autorità di stati membri dell’unione Europea, denominato IMI International Market Information 4. la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con decisione 12 ottobre 2004, Richiesta Ammissibilità numero 24057/2003, nel giudizio Pompiliu Bota comma Romania ha definito gli Ordini professionali istituzioni di diritto pubblico regolati dalla legge e finalizzati al perseguimento di un obiettivo di interesse generale, così che la professione di avvocato è regolata e vincolata dalla L. numero 51/1995 e successive modifiche, che individua quale unica struttura abilitata al rilascio del titolo d’avvocato la U.N.B.R. Nazionale e non la U.N.B.R. c.d. “costituzionale” o “Bota”. 5. le argomentazioni addotte dal ricorrente con le memorie difensive depositate non potevano essere condivise in quanto a la cancellazione dell’iscrizione nella sezione speciale dell’Albo trae origine dalla illegittimità del titolo di abilitazione professionale rilasciato da un’organizzazione professionale non riconosciuta nel paese di origine b la ricostruzione per la quale l’organizzazione professionale U.N.B.R. “Bota” sarebbe legittimata a rilasciare titoli abilitanti sarebbe infondata in quanto non tiene conto né del disposto di cui all’articolo 82 L. 51/1995 come modificata dalla L. 255/2014, né della sentenza dell’Alta Corte di Cassazione e Giustizia della Romania del 23/09/2015, numero 15, né, ancora, della decisione della Corte Suprema dei Diritti dell’Uomo che ha qualificato gli ordini delle professioni liberali come istituzioni di diritto pubblico, regolati dalla legge e non da atti costitutivi e/o statuti meramente privatistici c non è consentita la creazione di nuovi soggetti abilitanti all’esercizio della professione di avvocato al di fuori dall’Unione degli Avvocati con sede in Palatul de Justitie, Splaiul Indipendentei, numero 5, Sector 5, 050091 Bucarst 6. è necessario dare esecuzione al principio secondo cui “l’iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti è subordinata alla iscrizione presso la competente organizzazione professionale dello stato membro di origine e che, con riferimento al titolo di avocat, in Romania, l’unica autorità competente al rilascio è U.N.B.R.” – Uniunea Nationala a Barourilor din Romania – con sede a Bucarest, la cui esclusiva individuazione non contrasta con la normativa comunitaria 7. il provvedimento di cancellazione trova sostegno e fondamento nell’articolo 17 Legge numero 247/12 ed è imposto dalla necessità, costituzionalmente garantita, che l’esercizio della professione forense è consentito solo in presenza di un valido titolo di abilitazione. ***** Avverso detta decisione, notificata in data 03/04/2017, l’Avocat [RICORRENTE] ha proposto tempestivo ricorso, depositato il 30/05/2017 presso la segreteria del COA di Caltagirone, dinanzi a questo Consiglio Nazionale Forense. Il ricorrente ha chiesto, in via preliminare, la sospensione del giudizio di impugnazione per la sottoposizione alla Corte di Giustizia Europea dei quesiti formulati in tema di interpretazione pregiudiziale di conformità all’ordinamento dell’UE e nello specifico Se l'articolo 3 della direttiva 98/5, alla luce del principio generale del divieto di abuso del diritto, debba essere interpretato nel senso che debba ritenersi una organizzazione professionale di uno stato membro, competente al rilascio di legittimo titolo idoneo alla iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti in altro paese membro, quando nel proprio paese rilasci titoli professionali idonei ad esercitare la attività o se tale competenza derivi dalla iscrizione di tale organizzazione alla piattaforma IMI International Market Information System trattandosi di liberi professionisti . “ Se la professione di avvocato e il diritto ad esercitare permanentemente la professione in uno stato membri diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica, è regolamentato dalla Direttiva 2005/ 36/CE, come modificata dalla Direttiva 2013/55/UE che nell’articolo 56 bis allorché si parla di meccanismi di allerta non riguarda la figura dell’avvocato ed è quindi soggetta al riconoscimento automatico IMI o la predetta direttiva non si applica alle materie ed alle qualifiche professionali quali quella di avvocato, regolata da direttive specifiche quali le direttive 1977/249/CE e 98/05/CE,e quindi, non sottoposta al riconoscimento automatico tramite IMI come emerge dal Comma 42 del preambolo della direttiva 2005/36 CE”. In via incidentale, il ricorrente ha sollevato eccezione incidentale di incostituzionalità degli articolo 35,36 e 37 della l. 247/12 per violazione articolo 111 della Costituzione comma 1 e 2, 24 della Costituzione Comma 1 e 2, con richiesta di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Inoltre, in via preliminare il ricorrente chiede dichiararsi la nullità della delibera per violazione dell’articolo 527 c.p.p. dell’articolo 7, comma 2 e 3 della Direttiva Comunitaria 98/05 dell’articolo 45 R.D.L. 27/11/1933 numero 1578 dell’articolo 18 c.p.p. dell’articolo 6 bis L. numero 241/90 – Conflitto di Interessi nonché dell’articolo 5 D. Lgs. numero 33/13 e D. Lgs. 97/16. Infine, nel merito, il ricorrente chiede dichiararsi la nullità della delibera impugnata con conseguente annullamento del provvedimento di cancellazione per tutti i motivi articolati in rito e in merito. ***** L’Avocat [RICORRENTE] nel proprio ricorso sostanzialmente deduce e eccepisce che l’articolo 3 della Direttiva 16/02/1998 numero 98/5 CE, impone allo stato ospitante di iscrivere l’Avvocato nel caso in cui questi presenti documento attestante l’iscrizione presso lo stato membro di origine che l’applicazione della procedura IMI determina la disapplicazione della direttiva comunitaria sullo stabilimento dei professionisti articolo 3 direttiva 98/05 che essendo in presenza di applicazione ed interpretazione di direttive europee la giurisdizione spetta alla Corte di Giustizia Europea, con la conseguenza che la vertenza va rimessa avanti a detto Giudice che gli articolo 35, 36 e 37 della L.247/12, prevedendo che il CNF esplichi sia la funzione di indirizzo e sia quella Giurisdizionale, sono in contrasto con gli articolo 24 commi 1 e 2 e 111 commi 1 e 2 della Costituzione in quanto non garantiscono la terzietà ed imparzialità del Giudice la parità tra le parti il diritto alla difesa nonchè il diritto all’equo processo che la delibera di apertura del procedimento di cancellazione è nulla in quanto il COA, contrariamente a quanto previsto dallo articolo 7 comma 2 e 3, della direttiva Comunitaria numero 98/05, prima di iniziare il procedimento di cancellazione, ha omesso di dare comunicazione alla massima autorità rumena al fine di acquisire ogni informazione utile. Tale omissione ha determinato la lesione del suo diritto di difesa non avendo potuto avvalersi della cooperazione dell’Ordine comunitario che nel procedimento di cancellazione dall’albo, da equipararsi al procedimento disciplinare, si applicano le norme del codice di procedura penale e ciò ai sensi dell’articolo 10 del Regolamento numero 2/14 del CNF, e poiché la delibera di apertura del procedimento di cancellazione è stata adottata con il parere favorevole del 50% dei consiglieri presenti, andava applicato il dettato di cui all’articolo 527 c.p.comma che prevede espressamente che in caso di parità di voti, prevale la soluzione più favorevole all’imputato. Ne consegue, quindi, la nullità assoluta della delibera di apertura del procedimento e con essa la nullità di tutti gli atti conseguenti ivi compreso il provvedimento di cancellazione oggetto di impugnazione atteso che il provvedimento di apertura è un atto presupposto che, in violazione a quanto disposto dall’articolo 45 del R.D.L. numero 1578/33, il COA territoriale ha omesso di convocare il ricorrente avanti a sé prima di procedere alla sua cancellazione Cass., SS.UU., ord. numero 15042/16 , con la conseguenza che delibera di cancellazione è da considerarsi nulla che la delibera di cancellazione il cui procedimento è da equipararsi al procedimento disciplinare è inoltre nulla per violazione dell’articolo 18 c.p.p Il ricorrente, in particolare, deduce che il provvedimento di cancellazione è stato deliberato con un’unica delibera la numero 422/2016 che riportava come interessati numero 219 avocat, tra cui l’avocat Catanese. Ne consegue che, avendo il COA aperto il procedimento con un atto comprendente più cancellandi, doveva definire il medesimo procedimento con un’unica delibera riguardante tutti gli avocat indicati nella delibera di apertura che essendo pendente nei confronti del COA un giudizio civile di risarcimento danni davanti alla Autorità Giudiziaria Ordinaria promosso dall’Ordine UNBR BOTA, prima del provvedimento impugnato, si è determinato in capo al COA di Caltagirone un conflitto di interessi tale da comportare la nullità della delibera da questo adottata per violazione dell’articolo 6 bis della L. numero 242/90 che avendo negato il COA di Caltagirone l’accesso agli atti del procedimento, la delibera successivamente adottata è viziata di nullità per violazione dell’articolo 5 del D. Lsg. numero 33/13 e del D. Lgs. numero 97/16 il ricorrente, nello specifico, non ha depositato richieste di accesso ma denuncia la violazione delle suindicate norme in quanto si tratta, per le ragioni sopra esposte, di un unico procedimento connesso sia oggettivamente sia soggettivamente per tutti gli avocat iscritti al COA di Caltagirone aperto con un’unica delibera che il provvedimento di cancellazione è viziato per violazione del diritto di accesso e comunque per carenza e/o illogicità della motivazione. Nell’imminenza della seduta, la difesa del ricorrente ha presentato memoria integrativa con la quale vengono approfonditi alcuni motivi di ricorso nonché vengono presentati motivi nuovi non sollevati, nemmeno sinteticamente, nel ricorso introduttivo. In particolare, l’Avocat [RICORRENTE] eccepisce l’eccezione di inesistenza della notifica l’eccezione di incompetenza funzionale del CNF per mancata istituzione della sezione disciplinare violazione del principio del legittimo affidamento. All’udienza del 22 gennaio 2018, la trattazione del ricorso veniva differita al 22 marzo 2018. In data 19 marzo 2018 è giunta via PEC alla cancelleria di questo Consiglio Nazionale Forense una comunicazione della UNBR, a firma del Presidente, Avocat [omissis], nella quale si “chiede di poter intervenire” nel presente procedimento, “concedendo termine per poter depositare i documenti che sicuramente potranno eliminare ogni dubbio ed ottenere la verità dei fatti in questa causa”. In prossimità dell’udienza del 22/03/2018 il COA di Caltagirone ha depositato apposita memoria di costituzione e risposta. Il ricorrente, successivamente, ha depositato ulteriore memoria difensiva nella quale eccepisce la tardività della costituzione del COA territoriale. Alla predetta udienza, sentiti i difensori del Consiglio dell’Ordine e dei ricorrenti, la causa è stata assunta in decisione. Motivi della decisione Stante la pluralità dei motivi, sia in rito sia nel merito, sollevati dal ricorrente gli stessi verranno esaminati in ordine di pregiudizialità. ***** Quanto alla richiesta rivolta a questo Consiglio Nazionale Forense attraverso una comunicazione della UNBR a firma del Presidente Avocat [omissis], nella quale si “chiede di poter intervenire” nel presente procedimento, “concedendo termine per poter depositare documenti che sicuramente potranno eliminare ogni dubbio ed ottenere la verità dei fatti in questa causa”, il Collegio ritiene di non poterla accogliere, sia per non essere tale organismo previsto come parte di questo procedimento, sia per difetto di interesse al processo in capo allo stesso. ***** Quanto poi all’eccezione di tardività nel deposito della comparsa di costituzione del COA di Caltagirone sollevata dal ricorrente, questo Consiglio evidenzia che il R.D. numero 37/1934 non prevede un termine per la costituzione del COA nel procedimento dinanzi al CNF. Inoltre, la giurisprudenza domestica ha di recente ribadito che “il giudizio avanti al Consiglio Nazionale Forense non prevede termini decadenziali per la costituzione del Consiglio Dell’Ordine, che può quindi avvenire sino al momento della discussione” CNF, sent. numero 52 del 23/03/2016 . L’eccezione va pertanto rigettata. ***** Venendo ai motivi di ricorso, questo Consiglio rileva quanto segue. 1. Infondata, e quindi va respinta, si appalesa l’eccezione sollevata in via preliminare dal ricorrente in riferimento al difetto di giurisdizione. In particolare, il ricorrente afferma che la cancellazione dall’elenco degli avvocati stabiliti attiene ai diritti soggettivi, mentre questo Consiglio Nazionale avrebbe giurisdizione unicamente in materia d’interessi legittimi. L’articolo 15 della legge numero 247/12, co.1, lett. i , prende espressamente in considerazione «la sezione speciale dell'albo degli avvocati stabiliti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, numero 96, che abbiano la residenza o il domicilio professionale nel circondario». Questa è la disciplina speciale e prevalente con riferimento allo status dell’avvocato stabilito commi 9 e 10 , ai requisiti e al procedimento per l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo commi 2, 3, 4 e 5 . A tale proposito il comma 2 stabilisce che «L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo è subordinata alla iscrizione dell'istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine». Alla fattispecie inoltre trova applicazione il D.M. Giustizia 16 agosto 2016, numero 178, contenente Regolamento recante le disposizioni per la tenuta e l'aggiornamento di albi, elenchi e registri da parte dei Consigli dell'ordine degli avvocati, nonché in materia di modalità di iscrizione e trasferimento, casi di cancellazione, impugnazioni dei provvedimenti adottati in tema dai medesimi Consigli dell'Ordine” , che all’articolo 8, conferma che “la cancellazione dagli elenchi è pronunciata, d'ufficio o su richiesta del procuratore generale [] b quando risulta che i requisiti previsti dalla legge non sussistevano al momento dell'iscrizione” analoga la prescrizione dell’articolo 17, comma 9, lett. b . L’articolo 13 del Regolamento in parola rimanda all’articolo 17 della legge professionale per le modalità delle impugnazioni. Quest’ultima norma non detta disposizioni specifiche in materia di cancellazione degli avvocati “stabiliti”, con la conseguenza che risultano applicabili alla fattispecie le norme generali previste dall’articolo 17, co. 9 ss. che disciplinano per l’appunto «la cancellazione dagli albi, elenchi e registri». I poteri partecipativi dell’iscritto in caso di cancellazione sono disciplinati dal comma 12 e consistono nel diritto ad essere avvisato del procedimento in corso, «a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a trenta giorni» dall’avviso, ad «essere ascoltato personalmente» se questo sia richiesto. La giurisdizione del CNF, come quella di ogni altro giudice speciale, è limitata ai casi tassativi previsti per legge che prescindono, nella maggior parte dei casi, dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa. Ne consegue che, attesa la chiara formulazione della legge professionale, nessun dubbio possa sussistere sulla spettanza a questo Giudice della cognizione sulla materia in parola. L’articolo 36 della l. numero 247/2012 stabilisce che “1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari, nonché in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell'ordine risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l'apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, numero 37”. Che la competenza a conoscere dei ricorsi avverso il rigetto della domanda di iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati, disposto dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati, spetti al Consiglio nazionale forense che agisce come giudice speciale è stato affermato del resto anche dal Consiglio di Stato in una sua recente pronuncia Cons. Stato Sez. III, 19/01/2018, numero 348 . ***** 2. Il ricorrente eccepisce, sempre in via pregiudiziale, la violazione della normativa europea direttiva 98/5/CE , chiedendo la sospensione del procedimento e la formulazione alla Corte di Giustizia europea di due distinti quesiti pregiudiziali. a Quanto al primo quesito, poiché la cancellazione sarebbe basata sul difetto di iscrizione dello ordine professionale che ha rilasciato il titolo alla piattaforma IMI «Se l’articolo 3 della direttiva 98/5, alla luce del principio generale del divieto di abuso del diritto, debba essere interpretato nel senso che debba ritenersi una organizzazione professionale di uno stato membro, competente al rilascio di legittimo titolo idoneo alla iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti in altro paese membro, quando nel proprio paese rilasci titoli professionali idonei ad esercitare l’attività nello stesso paese o se tale competenza derivi dalla iscrizione di tale organizzazione alla piattaforma IMI International Market Information System trattandosi di liberi professionisti». La questione relativa alla validità del titolo di Avocat rumeno rilasciato dalla struttura UNBR-Bota ai fini dell’iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti è stata già trattata e risolta da questo Giudice, con sentenza confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno stabilito che in base al sistema IMI Internal Market Information System l'autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificare la validità del titolo di Avokat acquisito in Romania è costituito dalla Uniunea Nationala a Barourilor din Romania UNBR con sede il Palatul de Justitie c.d. UNBR – Tradizionale , tale organismo essendo indicato dalla Romania quale sola autorità competente ad operare in questa materia, secondo le informazioni trasmesse attraverso il citato sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell'Unione Europea. La richiesta del ricorrente è infondata e non può essere accolta per le ragioni, espresse dalla giurisprudenza della Suprema Corte, cui si fa riferimento con la trascrizione di alcuni significativi arresti. La pronuncia delle Sezioni Unite che, confermando come si è detto una sentenza di questo Collegio, ha disatteso un identico quesito di interpretazione pregiudiziale, così dice “La richiesta di sottoporre alla Corte UE l’identico quesito articolato in questa sede deve essere disattesa in quanto l'Ordine professionale non ha sindacato la validità del titolo abilitativo, bensì la sua idoneità ad essere riconosciuto nello Stato secondo le vincolanti procedure stabilite dal sistema IMI dunque la questio juris che si vorrebbe sottoporre al preventivo vaglio della Corte di Giustizia è posta in modo non corretto perché il ricorso al sistema IMI è obbligatorio e dunque la stessa norma che ne riconosce la vincolatività per lo Stato che accede a tale sistema informativo fornisce la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali”. Risultano inconferenti sia la circostanza secondo la quale più volte i giudici rumeni avrebbero riconosciuto la validità dei titoli fatti valere dai i c.d. advocat BOTA da intendersi quei professionisti che hanno conseguito la abilitazione presso la struttura UNBR-BOTA , sia il fatto che il Ministero della Giustizia rumeno avrebbe sconfessato il proprio funzionario stante il fatto che il giudizio del Consiglio dell’Ordine non si era basato su tale certificazione - in realtà con tali deduzioni il ricorrente cerca di ricondurre la causa di cancellazione dall'Albo degli avvocati stabiliti all'esercizio del potere riconosciuto agli Stati di sanzionare in casi eccezionali in presenza cioè di specifici indici di anomalia , eventuali comportamenti abusivi cfr. Corte di giustizia, sent. 17 luglio 2014, cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi, sugli abogados spagnoli Corte di giustizia, sent. 29 gennaio 2009, causa C-311/06, Cavallera Cass., S.U. n 4252 del 2016 ma, si ribadisce, non a seguito di tale potere è stata disposta la cancellazione dall'Albo. Né è corretto sostenere che, ragionando altrimenti, si attribuirebbe all'IMI una funzione certificatoria che non le è propria invero l'IMI è stato correttamente utilizzato come mero veicolo di un potere certificatorio esplicato all'interno dello Stato in cui l'Advocat ha conseguito l'abilitazione e, dunque, la incongruenza che il ricorrente addebita allo Stato ricevente dovrebbe essere indagata con riferimento alle strutture dello Stato certificante” Cass. SS.UU. numero 19405/2017 . b Il secondo quesito, mettendo in discussione l’applicabilità del Sistema IMI alla professione di avvocato, dice «Se la professione di avvocato e il diritto di esercitare permanentemente la professione in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica, è regolato dalla Direttiva 2005/36 CE, come modificata dalla Direttiva 2013/55 UE, che nell’articolo 56-bis allorché si parla di meccanismi di allerta non riguarda la figura dell’avvocato ed è quindi soggetta al riconoscimento automatico IMI o la predetta direttiva non si applica alle materie e alle qualifiche professionali quali quella di avvocato, regolata da Direttive specifiche quali le direttive 1977/249/CE e 98/5/CE e, quindi, non sottoposte al riconoscimento automatico tramite IMI come emerge dal comma 42 del Preambolo della Direttiva 2005/36/CE». Anche questa doglianza deve essere rigettata. In altri termini, il ricorrente sostiene che il Sistema IMI non possa trovare applicazione alla professione di avvocato, soggetta a più specifiche direttive 1977/249 CE 98/05UE . Queste ultime prevedrebbero un sistema di riconoscimento del titolo “diverso da quello IMI”. In realtà il sistema IMI non fornisce alcun “riconoscimento” con efficacia costitutiva del titolo abilitante esso consiste semplicemente in un sistema di interscambio di informazioni utili agli stati membri dell’Unione Europea che se ne avvalgono per interrogarsi a vicenda in modo ufficiale su fatti riguardanti l’altro Stato, rilevanti per lo svolgimento dei loro procedimenti amministrativi interni. Sul punto si è già espresso questo Giudice, con sentenza confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno stabilito che in base al sistema IMI Internal Market Information System l'autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificare la validità del titolo di Avokat acquisito in Romania è costituito dalla Uniunea Nationala a Barourilor din Romania U.N.B.R. con sede il Palatul de Justitie c.d. UNBR-Tradizionale , essendo indicato, detto organismo, dalla Romania quale sola autorità competente ad operare in questa materia. In particolare, le Sezioni Unite, confermando come si è detto una sentenza di questo Consiglio Nazionale, ha disatteso un identico quesito di interpretazione pregiudiziale, stabilendo che “La richiesta di sottoporre alla Corte UE l’identico quesito articolato in questa sede deve essere disattesa in quanto l'Ordine professionale non ha sindacato la validità del titolo abilitativo, bensì la sua idoneità ad essere riconosciuto nello Stato secondo le vincolanti procedure stabilite dal sistema IMI dunque la questio juris che si vorrebbe sottoporre al preventivo vaglio della Corte di Giustizia è posta in modo non corretto perchè il ricorso al sistema IMI è obbligatorio e dunque la stessa norma che ne riconosce la vincolatività per lo Stato che accede a tale sistema informativo fornisce la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali”. “Risultano inconferenti sia la circostanza secondo la quale più volte i giudici rumeni avrebbero riconosciuto la validità dei titoli fatti valere dai i c.d. advocat BOTA da intendersi quei professionisti che hanno conseguito la abilitazione presso la struttura UNBR-BOTA , sia il fatto che il Ministero della Giustizia rumeno avrebbe sconfessato il proprio funzionario stante il fatto che il giudizio del Consiglio dell’Ordine non si era basato su tale certificazione - in realtà con tali deduzioni il ricorrente cerca di ricondurre la causa di cancellazione dall'Albo degli avvocati stabiliti all'esercizio del potere riconosciuto agli Stati di sanzionare in casi eccezionali in presenza cioè di specifici indici di anomalia , eventuali comportamenti abusivi vedi Corte di giustizia, sent. 17 luglio 2014, cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi, sugli abogados spagnoli Corte di giustizia, sent. 29 gennaio 2009, causa C-311/06, Cavallera Cass., S.U. n 4252 del 2016 ma, ripetesi, non a seguito di tale potere è stata disposta la cancellazione dall'Albo. Né è corretto sostenere che, ragionando altrimenti, si attribuirebbe all'IMI una funzione certificatoria che non le è propria invero l'IMI è stato correttamente utilizzato come mero veicolo di un potere certificatorio esplicato all'interno dello Stato in cui l'Advocat ha conseguito l'abilitazione e, dunque, la incongruenza che il ricorrente addebita allo Stato ricevente dovrebbe essere indagata con riferimento alle strutture dello Stato certificante” Ed ancora “Non è fondata poi sempre ai fini di identificare una res dubia da sottoporre alla valutazione della Corte di Giustizia l'affermazione [] secondo la quale le procedure di riconoscimento IMI avrebbero una incisività costitutiva nel senso che condizionerebbero la riconoscibilità in un paese dell'Unione delle abilitazioni conseguite ed inciderebbero pertanto sul diritto di libera circolazione professionale solo nel caso delle professioni che hanno implicazioni per la salute o per la sicurezza pubblica in tale caso, sostiene il ricorrente, i Paesi membri potrebbero consentire l'accesso del professionista solo previo riconoscimento della qualifica con ciò intendendosi esercitando un controllo delle modalità con cui il titolo abilitante e comunque la qualifica da far valere nel paese membro siano state ottenute invero tale differenziazione non si rinviene nel regolamento CE 25 ottobre 2012 numero 1024 istitutivo dell'IMI e neppure nella Direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali quanto a quest'ultima è ben vero che nel preambolo vi sono dei considerando che riguardano le professioni con attinenza alla salute e sicurezza pubblica segnatamente al punto 6 in relazione a servizi transfrontalieri su base temporanea ed occasionale ma solo per evidenziare agli Stati l'esigenza di specifiche normative su tali professioni, vedi punto 9 dei considerando , ferme restando per il resto le norme sulla libera circolazione delle professioni in particolare l'espressione senza pregiudicare di cui all'articolo 42 va coniugata con la riaffermazione dell'applicazione della direttiva medesima al riconoscimento immediato dei titoli professionali”. E più oltre “Va anche considerato che il regolamento IMI ha anche indicato, per i suoi compiti istituzionali art 5 Definizioni , quali debbano essere considerate le autorità abilitate a fornire alla Commissione le informazioni necessarie per garantire il diritto di stabilimento da questa definizione vedi ibidem lett. f autorità competente qualsiasi organismo a livello nazionale, regionale o locale e registrato nell'IMI, con compiti specifici inerenti all'applicazione del diritto nazionale o di atti dell'Unione elencati nell'allegato in uno o più settori del mercato interno, “emerge che la legittimazione ad interloquire a livello sovranazionale nel circuito IMI presuppone una registrazione che l'UNBR-BOTA non aveva ottenuto e solo attraverso essa si identifica l' autorità Competente a fornire informazioni agli utenti IMI in questo caso gli Stati di appartenenza dell'avocat” Cass. SS.UU. numero 19405/2017 . ***** 3. Quanto poi alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente, le stesse si appalesano inammissibili per diverse ragioni. In primo luogo, in esse manca la prospettazione della norma di cui si afferma l’incostituzionalità, essendo solo indicato il parametro costituzionale che si dice violato in altri termini, si parla di difetto di terzietà e d’imparzialità del giudice, ma non si indica la norma che con la Costituzione sarebbe in conflitto Cost. numero 178/2015 . Inoltre, le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza, non essendo individuato un giudice competente diverso rispetto a questo Consiglio Nazionale Forense. Ai sensi dell’articolo 23, comma 2 della l. 87/1953, il giudice a quo rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimità sollevata dalla parte soltanto «qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione» della medesima «o non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata». L’attuale sistema costituzionale, cioè, «non conferisce al giudice la facoltà di sollevare una questione di legittimità costituzionale dalla cui risoluzione non dipenda la decisione del giudizio di cui è investito» C. Cost., ord. numero 5/2012 . La rilevanza, dunque, «esprime il rapporto che deve correre fra la soluzione della questione e la definizione del giudizio in corso» C.Cost. numero 13/1965 , vale a dire una relazione per cui la questione si pone «come presupposto necessario del giudizio a quo e con incidenza sulle norme cui il giudice è direttamente chiamato a dare applicazione» C. Cost. numero 45/1972 , ovvero un «effettivo e concreto rapporto di strumentalità fra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale e la definizione del giudizio principale» C. Cost., ord. numero 282/1998 . Nel caso di specie, tali requisiti, difettano. In terzo luogo, la questione prospettata risulta inammissibile, mancando altresì del carattere di incidentalità rispetto al giudizio, per il quale è escluso che l’oggetto del giudizio principale coincida e si esaurisca nelle censure di costituzionalità e che invece «postula ai fini dell’ammissibilità delle questioni, che queste si configurino come meramente strumentali rispetto alla tutela richiesta al rimettente» C. Cost. numero 191/2015 C. Cost. numero 178/2015 . In ogni caso le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente appaiono anche manifestamente infondate. Anzitutto perché va detto che la duplicità di ruoli nel Consiglio Nazionale Forense, che è organo amministrativo e organo giudiziario, non ha inciso né sull’emanazione delle circolari da parte dei Presidenti, né sulla decisione di aprire il procedimento di commissariamento dell’Ordine atteso che queste sono state adottate in relazione a note informative del Ministero della Giustizia, che davano conto della interrogazione IMI e della rilevanza del sistema IMI al fine del riconoscimento del titolo straniero e della autonoma valutazione della non menzione della struttura UNBR BOTA in detto sistema. Pienamente legittimo comunque, in ambito più generale, è il prevedere che un organismo a rilevanza pubblica quale il Consiglio Nazionale Forense, si vedano deputato per legge a emanare provvedimenti organizzativi e di indirizzo per i propri iscritti, abbia anche il potere di decidere su impugnazioni di provvedimenti degli Ordini locali che formalmente si fondino su proprie disposizioni di carattere generale si vedano Cass. SS.UU. numero 19403/17 SS.UU. numero 19404/17, 19405/17 SS.UU, numero 12064/14 SS.UU. numero 75/14 SS.UU, numero 776/14 SS.UU, numero 777/14 SS.UU, numero 778/14 SS.UU, numero 781/14 SS.UU, numero 782/14 . In secondo luogo, sempre a proposito della duplicità di funzioni del Consiglio Nazionale Forense, deve essere ricordata la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che ha giudicato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale riguardante la sezione disciplinare del CSM “E' manifestamente infondata, in riferimento al nuovo testo dell'articolo 111 cost., sotto il profilo della necessaria terzietà ed imparzialità dell'organo giudicante, la questione di legittimità costituzionale delle norme disciplinanti la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella parte in cui prevedono una parziale coincidenza della sua composizione con quella del plenum del Csm, competente a decidere sulla richiesta di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale dello stesso magistrato incolpato, ai sensi dell'articolo 2 r.d.lg. 31 maggio 1946 numero 511 in quanto trattasi di procedimenti diversi, quello finalizzato al trasferimento d'ufficio del magistrato per incompatibilità ambientale avendo natura amministrativa, a differenza del procedimento disciplinare, che affidato ad una sezione la cui composizione è regolata secondo criteri direttamente fissati dalla legge ha natura giurisdizionale” Cass. civ. SS.UU., 19/11/2002, numero 16264 . ****** 4. Con altro motivo, sempre in via preliminare, il ricorrente lamenta la violazione del diritto di difesa per il mancato rispetto dell’articolo 7, commi 2 e 3, della direttiva 98/5/CE il Consiglio dell’Ordine avrebbe dovuto comunicare all’Ordine UNBR BOTA l’avvio del procedimento di cancellazione, in modo da consentire all’Ente di parteciparvi, fornendo ogni elemento utile. Anche questo motivo è infondato e non può essere accolto. La Direttiva 98/5/CE è stata recepita in Italia con il d. lgs. numero 96/2001. Quest’ultimo prevede, con riferimento ai soli procedimenti disciplinari relativi agli avvocati iscritti nell’elenco speciale degli stabiliti, la possibilità di coinvolgere nell’istruttoria l’Autorità che ha rilasciato il titolo abilitante. L’articolo 11, comma 2 e ss, recita “2. Prima di avviare un procedimento disciplinare, il Consiglio dello Ordine ne dà immediata comunicazione alla competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine, fornendo ogni informazione utile, con l'avvertenza che i dati non possono essere utilizzati al di fuori dei fini propri dell'organizzazione. 3. Per l'istruttoria dei procedimenti disciplinari il Consiglio dell'Ordine può richiedere direttamente le informazioni necessarie alla competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine ovvero all'autorità giurisdizionale davanti alla quale l'avvocato stabilito è ammesso ad esercitare la professione. 4. L'organizzazione professionale dello Stato membro di origine, a mezzo di rappresentanti, può assistere alle udienze del procedimento disciplinare e può presentare osservazioni, anche dinanzi al Consiglio Nazionale Forense nel caso di ricorso avverso la decisione del Consiglio dell'Ordine”. È chiaro come il riferimento ad una facoltà analoga a quella prevista per i procedimenti disciplinari non sia configurabile in caso di procedimenti relativi alla tenuta degli albi, non essendovi previsioni in tal senso, né con riferimento all’iscrizione D. Lgs. numero 98/26 L. numero 247/2012 , né alla cancellazione legge numero 247/2012 . ****** 5. Sempre in via preliminare il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 527 c.p.p., poiché la deliberazione di apertura del procedimento di cancellazione sarebbe stata approvata, a dire dell’Avocat [RICORRENTE], con una maggioranza computata considerando come avente valore doppio il voto del Presidente del Consiglio dell’Ordine, circostanza non contemplata dalla norma del codice di procedura penale richiamata tale codice essendo considerato applicabile attesa, l’omogeneità tra il procedimento di cancellazione e il procedimento disciplinare, al quale si applicano in via suppletiva le norme del c.p.p. . La censura appena riassunta si fonda sull’errata e indimostrata tesi, secondo la quale al procedimento di cancellazione si applicherebbero le norme relative ai procedimenti disciplinari. Fermo quanto già detto nel paragrafo precedente, in senso critico in ordine alla posizione assunta dalle Sezioni Unite circa l’audizione dell’iscritto prima che sia deliberata la cancellazione dall’elenco speciale, va evidenziata la netta differenza che contraddistingue le attività ordinamentali del Consiglio dell’Ordine relative alla tenuta degli albi e le attività del Consiglio Distrettuale di Disciplina in materia disciplinare. Si tratta di procedimenti amministrativi affidati alla competenza di organi diversi e disciplinati per legge secondo modelli procedimentali totalmente differenti, attesa l’essenziale diversità della funzione che i due distinti enti assolvono. L’articolo 17, comma 3, con riferimento all’istruttoria che precede l’iscrizione o il diniego di iscrizione, richiama l’applicabilità non del codice di procedura penale, ma delle norme che regolano il procedimento disciplinare, se compatibili con la particolare attività demandata al Consiglio. Il riferimento, di conseguenza, non può valere comunque a rendere applicabili le disposizioni del codice di procedura penale ai procedimenti relativi alla tenuta di albi. L’applicabilità di quelle al procedimento di cancellazione richiederebbe un duplice presupposto, nel caso del tutto assente in primo luogo, essa è subordinata a “quanto non specificatamente disciplinato” dalla legge in secondo luogo, ad una verifica di “compatibilità” “si applicano.se compatibili”, articolo 59, l. n, l. 247/2012 . Nessuna delle due circostanze ricorre nel caso di specie. Con riferimento alla fase di deliberazione della decisione di apertura del procedimento, non vi è lacuna che debba essere integrata con il riferimento all’articolo 527 c.p.p. che oltretutto è ispirato chiaramente al principio del favor rei e, più in generale, ai principi che reggono la decisione giudiziaria . Come si è detto, la norma che disciplina le deliberazioni del Consiglio dell’Ordine è differente articolo 28 L.P. rispetto a quella relativa alle decisioni del C.D.D. articolo 59, lett. i ed articolo 25 del Reg. CNF 2/2014 . È evidente, dunque, che non possa trovare applicazione l’articolo 527 c.p.p Al più, per l’articolo 28 della Legge Professionale, qualora fosse ritenuto da questo Giudice meritevole di integrazione con riferimento all’ipotesi di parità dei voti espressi, potrebbe trovare applicazione proprio l’articolo 39 della L.P., che attribuisce valore doppio al voto del Presidente. Ma anche se non si volesse vedere applicabile l’articolo 39, ugualmente si arriverebbe alla medesima conclusione, per le ragioni che seguono. L’articolo 28, comma 11 della legge professionale stabilisce che “Per la validità delle riunioni del consiglio è necessaria la partecipazione della maggioranza dei membri. Per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti”. La delibera del Consiglio di Caltagirone risulta approvata in seguito ai seguenti voti dei presenti 4 voti a favore, ivi compreso il voto del Presidente 1 voto contrario 3 voti “relativamente non favorevoli” di consiglieri che “ribadiscono la necessità che il doveroso, pur condiviso, avvio dei procedimenti di cancellazione, sia comunque preceduto dalla stipula di adeguata polizza di assicurazione”. Da questi accadimenti, la ricorrente assume che la delibera sia stata presa a maggioranza assoluta dei presenti, per essere stati computati come doppio il voto del Presidente e come contrari i voti “condizionati”. Ora, la regola generale che presiede la formazione della volontà degli organi collegiali, in assenza di disciplina specifica, è quella della maggioranza assoluta dei voti dei presenti, esattamente individuata dal richiamato articolo 28 della legge professionale forense la previsione del valore doppio del voto del Presidente deve essere espressamente prevista dalla legge. Nel caso dell’ordinamento professionale forense, tale previsione espressa è contemplata per le deliberazioni in materia disciplinare del CDD dall’articolo 59, lettera i , L. numero 247/2012 ripreso dall’articolo 25 del Reg. CNF 2/14 a tenore del quale “i conclusa la discussione, il consiglio distrettuale di disciplina delibera il provvedimento a maggioranza, senza la presenza del pubblico ministero, dell'incolpato e del suo difensore, procedendo alla votazione sui temi indicati dal presidente in caso di parità, prevale il voto di quest'ultimo”. Ma la ricostruzione degli esiti del voto che ha condotto all’approvazione della delibera di apertura del procedimento di revisione dell’albo secondo questo Consiglio Nazionale è differente da quella operata dai ricorrenti i 3 voti “relativamente favorevoli” secondo questo Collegio sono da considerarsi nulli, poiché il voto per sua natura è libero e non condizionato, con la conseguenza che la manifestazione di volontà sottoposta a condizione non può che essere considerata invalida. In questo senso, la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 21659/2011, ha considerato come nullo e non come voto contrario quello condizionato espresso dall’adunanza dei creditori con riferimento all’omologazione del concordato preventivo. La questione è dunque quella della computabilità nel quorum deliberativo o funzionale dei voti nulli, in mancanza di una disposizione espressa sul punto. Su tale tema si è pronunciato il Consiglio di Stato Parere, III Sez. del 04/02/1997 , proprio con riferimento ai “dubbi in ordine all'esatto calcolo del quorum strutturale e funzionale degli organi collegiali degli ordini professionali” sollevati dal Ministero della Giustizia. “Le incertezze riguardano, in particolare, il computo delle astensioni, delle schede bianche e dei voti nulli. Il Ministero riferente espone che in materia non esistono espresse previsioni normative, con la conseguenza che la soluzione dei diversi problemi dipende dalla esatta applicazione dei principi di ordine generale”. Il Consiglio di Stato conclude nel senso che “la mancanza di apposite specificazioni non esclude affatto l'applicazione dei principi generali, in forza dei quali, attesa la loro neutralità, le schede bianche e nulle non possono essere computate per il calcolo del quorum funzionale . Il parere del Consiglio di Stato appare a questo Giudice del tutto condivisibile ne consegue che la delibera di apertura è stata approvata con 3 voti favorevoli e uno contrario senza rilievo alcuno dei voti condizionati e, dunque, nel pieno rispetto della previsione dell’articolo 28 della legge professionale. Anche questo motivo risulta dunque infondato e deve essere respinto. ***** 6. Sempre in via preliminare, il ricorrente lamenta, da un lato, la violazione del diritto di difesa per mancata convocazione prima dell’adozione della cancellazione, ai sensi dell’articolo 5 del Reg. CNF numero 2/2014 in materia di procedimento disciplinare, asserendo l’omogeneità del procedimento di cancellazione a quello avente carattere disciplinare e, dall’altro, sostiene che al procedimento di cancellazione non si debbano applicare le disposizioni dell’articolo 17 della legge numero 247/2012, ma quelle valide per il procedimento disciplinare, con la conseguente necessità con riferimento ad un contesto normativo non più vigente di ascoltare sempre l’incolpato prima di deliberare la cancellazione, anche se questa non abbia natura disciplinare. I due motivi di impugnazione, per la loro connessione oggettiva, vanno esaminati congiuntamente. Il Collegio ritiene entrambi i motivi infondati. La contestazione, infatti, non riguarda il rispetto della previsione dell’articolo 17, comma 12, secondo il quale “Nei casi in cui sia rilevata la mancanza di uno dei requisiti necessari per l'iscrizione, il consiglio, prima di deliberare la cancellazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento invita l'iscritto a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a trenta giorni dal ricevimento di tale raccomandata. L'iscritto può chiedere di essere ascoltato personalmente”. Se così fosse, il motivo sarebbe infondato nel merito atteso che, nel caso de quo, risulta dai documenti che tutti gli atti d’apertura del procedimento sono stati inviati a termini di legge all’attuale ricorrente e tutti contenevano l’invito a chiedere di essere ascoltata personalmente facoltà, quest’ultima, di cui il ricorrente ha ritenuto di non avvalersi. Dunque, il ricorrente ha ricevuto gli inviti previsti dalla legge, ha partecipato al procedimento attraverso il deposito di memorie, la richiesta di accesso agli atti e differenti interlocuzioni con il Consiglio dell’Ordine procedente, con la conseguenza che nessuna lesione del diritto di difesa può essere ipotizzata. Ciò che viene contestato nel motivo d’impugnazione è, invece, l’assenza è una garanzia ulteriore rispetto a quella prevista nell’articolo 17, comma 12, sopra riportato ossia la garanzia prevista dalle norme che disciplinano il procedimento disciplinare, in particolare, dal richiamato articolo 45, del RDL numero 1578/1933, secondo il quale nessuna sanzione disciplinare “può essere inflitta [dal Consiglio dell’Ordine] senza che l'incolpato sia stato citato a comparire davanti ad esso, con l'assegnazione di un termine non minore di dieci giorni, per essere sentito nelle sue discolpe” analogamente le norme del Regolamento Disciplinare prevedono “l’audizione” dell’incolpato prima di deliberare una sospensione cautelare all’articolo 32, comma 1 e disciplinano in dettaglio il diritto di difesa del medesimo nel corso del procedimento all’articolo 22 . I motivi di ricorso in esame trovano, in effetti, un sostegno in due collegate decisioni delle Sezioni Unite rese in un caso analogo Cass. SS.UU. ord. numero 15042/2016 Cass. SSUU Sent. numero 6963/2017 che hanno ritenuto applicabili alla cancellazione amministrativa le norme che regolano il procedimento disciplinare e, in particolare, la previsione dell’articolo 45 RDL 1578/33, con conseguente dichiarazione d’insufficienza del rispetto mero dell’articolo 17, comma 12. Le Sezioni Unite sopra citate rilevano che l’articolo 17, al comma 3, stabilisce che nell’ambito del procedimento di iscrizione l’accertamento dei requisiti è compiuto dal consiglio dell’ordine, osservate le norme dei procedimenti disciplinari, in quanto applicabili , ritenendo il rinvio valido anche “nel caso di cancellazione per sopravvenuto accertamento della originaria insussistenza del titolo esibito per la iscrizione” concludendo nel senso che “alla luce del richiamato principio valevole per i procedimenti disciplinari e certamente applicabile, in forza del richiamato comma 3 dell’articolo 17, anche nel caso di cancellazione per sopravvenuto accertamento della originaria insussistenza del titolo esibito per la iscrizione, l’interessato ha diritto ad essere convocato prima che il Consiglio dell’Ordine deliberi sulla sua cancellazione”. A tale principio dettato dalla Suprema Corte, questo Consiglio ritiene di non doversi adeguare, ritenendolo non condivisibile e meritevole di un ripensamento da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La clausola di rinvio alle “norme dei procedimenti disciplinari” può operare, difatti, soltanto a fronte della necessità di integrare le disposizioni normative in materia accertamento dei requisiti di iscrizione, in presenza dunque di una lacuna di quest’ultimo. Tant’è che essa viene prevista, al comma 3 dell’articolo 17, con riferimento al procedimento per lo accertamento dei requisiti di iscrizione così consentendo, nell’eventuale assenza di una previsione specifica di diritti partecipativi del richiedente, che lo stesso venga coinvolto nell’“istruttoria” relativa alla domanda di iscrizione. Nessuna lacuna, al contrario, si riscontra nel caso del procedimento di cancellazione per assenza dei requisiti che, tra i differenti procedimenti disciplinati dall’articolo 17 dell’ordinamento professionale, è di certo del tutto completo. Il legislatore, difatti, con una norma speciale ha individuato esattamente la disciplina procedimentale applicabile, nei termini già richiamati l’apertura del procedimento di cancellazione viene comunicata all’iscritto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, contenente un duplice invito a a presentare eventuali osservazioni scritte entro un termine non inferiore a trenta giorni b a richiedere l’audizione . Si tratta di facoltà partecipative concesse all’iscritto che non sono previste, per esempio, con riferimento alle altre ipotesi di cancellazione d’ufficio o su richiesta del P.M. previste dall’articolo 17, comma 9, lett. b , c e d , o dal comma 10 con riferimento al praticante avvocato. Nei casi menzionati, ma non in quello che ci occupa, potrebbe al limite risultare operativa la clausola di rinvio alle norme che regolano i procedimenti disciplinari, in tal modo integrando la lacuna relativa ai poteri di partecipazione dell’iscritto nel corso del procedimento di cancellazione. La necessità di applicare le disposizioni relative al procedimento disciplinare non può evincersi neppure dalla previsione dell’articolo 17, comma 18, che rinvia, per l’impugnazione dei provvedimenti di cancellazione all’articolo 61 relativo all’impugnazione delle sanzioni disciplinari. Il regime di impugnazione dei provvedimenti di cancellazione per mancanza dei requisiti di iscrizione è, difatti, disciplinato dal comma 14 dell’articolo 17 che stabilisce “L'interessato può presentare ricorso al CNF nel termine di sessanta giorni dalla notificazione”, anche qui con disposizione speciale, rispetto a quanto previsto dall’articolo 61 della legge professionale. Occorre infine considerare che la valutazione di sufficienza delle garanzie partecipative “minime”, perché collocate sul terreno di un’attività amministrativa, previste per la cancellazione ex articolo 17, comma 12, della Nuova Legge Professionale Forense, non può che essere rimessa al legislatore, non trovando spazio sul punto un’interpretazione “creativa” della giurisprudenza di legittimità. In questo caso la pubblica amministrazione non ha fatto che pedissequamente seguire le regole dettate per il procedimento di cancellazione per difetto del requisito del titolo abilitativo all’esercizio della giurisdizione e altro non poteva fare per questo l’operato del Consiglio dell’Ordine non può essere censurato e il motivo non può essere accolto. Va peraltro evidenziato che, se anche questo Giudice dovesse prestare adesione al principio stabilito dalle Sezioni Unite e sopra sottoposto a vaglio critico, i provvedimenti di cui si chiede l’annullamento comunque non dovrebbero essere annullati atteso che, ai sensi dell’articolo 21 octies, della legge numero 241/90 Procedimento amministrativo “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Infatti, il provvedimento di cancellazione per assenza del titolo abilitante all’iscrizione è senz’altro atto a contenuto vincolato, che non ammette valutazioni discrezionali a differenza di altri requisiti di iscrizione quali, ad esempio, l’esemplarità della condotta . Le stesse Sezioni Unite hanno statuito in questo senso, stabilendo che la valutazione dell’idoneità del titolo di iscrizione è vincolato alle risultanze del Sistema IMI, circostanza che fornisce “la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali se non nel caso, qui non ricorrente, di riconosciuto abuso del diritto ” Cass. SS.UU. numero 19405/2017 . La giurisprudenza amministrativa e contabile ha affrontato e risolto con l’applicazione di questa norma diversi casi analoghi a quelli che ora sono sottoposti a giudizio tra le altre, Cons. Stato Sez. IV, 8 gennaio 2016, numero 32 Corte Conti, Sez. contr., 23 giugno 1987, numero 1789 . ***** 7. Con altro motivo preliminare, sempre sulla base dell’assunto, da questo Collegio non condiviso, dell’applicabilità al procedimento amministrativo di cancellazione delle norme del procedimento disciplinare e, con esse delle norme che regolano il processo penale , il ricorrente eccepisce la nullità della delibera di cancellazione che, iniziata sulla base di uno stesso provvedimento di apertura del procedimento per più iscritti, si sarebbe illegittimamente conclusa con distinta delibera, in violazione dell’articolo 18 c.p.p. che, nel caso di processi penali inizialmente riuniti, prevede l’adozione di una ordinanza di separazione prima della pronuncia finale. Fermo quanto già detto e quanto appresso si dirà sull’erroneità della trasfusione delle norme che regolano il processo penale ai procedimenti relativi alla tenuta degli albi, questo Consiglio non può che osservare che le affermazioni del ricorrente sul punto sono infondate nei fatti e non possono essere accolte atteso che la delibera di apertura del procedimento di cancellazione in danno del ricorrente è riferita esclusivamente a questa né vi è prova in atti di quanto lamentato dal ricorrente stesso. In altri termini, le delibere di apertura del procedimento di revisione dell’albo sono distinte per ciascun ricorrente e contrassegnate, pertanto, da diverse date, notificate in tempi e con modalità differenti pec/raccomandate ai singoli soggetti interessati. ***** 8. Ancora in via preliminare, con altro motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 6-bis della L. numero 241/90, affermando che il COA di Caltagirone avrebbe agito in conflitto di interessi, risultando pendente alla data di cancellazione del medesimo un processo civile per danni intentato da altri Avocat cancellati nei confronti dello stesso Ordine di Caltagirone Trib. Roma – r.g. 84028/2016 . Al riguardo va evidenziato che il ricorrente non ha fornito alcun dato utile a verificare la sussistenza dell’eccepito conflitto di interessi, né narra la relativa vicenda nel ricorso in modo da rendere comprensibile l’asserito vizio a questo Consiglio Nazionale. Il motivo appare dunque inammissibile. **** 9. Ancora in via preliminare, il ricorrente lamenta la violazione della normativa in materia di accesso agli atti da parte del Consiglio dell’Ordine di Caltagirone il quale, a fronte di un unico procedimento di cancellazione, avrebbe assunto atteggiamenti diversi rispetto alle richieste di accesso formulate non omogenee e non da parte di tutti i ricorrenti atteggiamenti differenti e comunque non del tutto adesivi rispetto alle richieste formulate. Anche questo motivo di ricorso non può essere accolto. La sede giurisdizionale davanti alla quale far valere le doglianze in relazione al mancato accesso ad atti ritenuti rilevanti è quella amministrativa, e non già il giudizio dinanzi a questo Consiglio Nazionale Forense tra le molte, CNF, numero 189/16 127/15 205/13 . Dinanzi a questo giudice il mancato accesso agli atti potrebbe semmai rilevare sotto il profilo del controllo della motivazione degli atti del Consiglio territoriale. Di conseguenza, l’esame delle doglianze deve essere limitata a quelle relative al vizio della motivazione “conseguente” al mancato accesso, tuttavia sotto questo aspetto il motivo non è specifico, quindi risulta inammissibile. In ogni caso va detto che sul vizio della motivazione di provvedimenti in materia di tenuta albi, la giurisprudenza del CNF è chiara e costante nel consentire l’integrazione della motivazione da parte del CNF medesimo “la mancanza di adeguata motivazione non costituisce motivo di nullità del provvedimento del consiglio dell’ordine degli avvocati, in quanto, alla carenza di motivazione, il consiglio nazionale forense quale giudice di appello può apportare le integrazioni che ritiene necessarie” CNF, sent. numero 1/2010, CNF, sent. numero 91/2007, CNF, sent. numero 301/2003 . Il motivo, pertanto, va rigettato. ***** 10. Nel merito, il ricorrente lamenta l’“eccesso di potere per violazione del diritto di accesso e conseguente carenza e/o illogicità di motivazione della delibera di cancellazione”. In questo mezzo di ricorso si riportano insieme le argomentazioni poste alla base della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia le tesi sopra espresse sulla legittimità dell’Ordine UNBR Bota, nonché la questione dell’impossibilità di incidere su diritti ormai quesiti. Degli argomenti relativi alla violazione del diritto d’accesso come su quelli su cui si fondano le richieste di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE si è sopra detto, dichiarando i motivi inammissibili e infondati. Il ricorrente, poi, lamenta l’illegittimità dei provvedimenti per violazione di legge, e segnatamente dell’articolo 6 del D. Lgs. numero 96/01 erroneamente riferito alla direttiva 98/5/CE , per aver il COA territoriale, erroneamente ritenuto che il titolo abilitativo in suo possesso Avocat definitiv iscritto alla UNBR cd. struttura Bota non fosse idoneo all’esercizio del diritto di stabilimento. Come accennato, i medesimi motivi sono posti alla base della sollevazione di questione pregiudiziale alla Corte di giustizia già trattata in precedenza relativa, in particolare, al profilo dell’obbligatorietà dell’iscrizione all’I.M.I. al fine di poter rilasciare titolo abilitativo idoneo allo stabilimento in altro paese dell’UE. In realtà, la giurisprudenza della Suprema Corte si è ormai consolidata nel senso favorevole al provvedimento adottato dal Consiglio dell’Ordine di Caltagirone e contrario agli assunti di chi lo ha impugnato chiedendone l’annullamento di seguito la si riporta per ampi stralci, a indicare l’infondatezza nel merito dei ricorsi di cui si tratta. Come hanno avuto modo di precisare da ultimo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione «L’iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti annessa all’albo è subordinata alla iscrizione dell’istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine articolo 6, co. 2, D.Lgs. numero 96/2001 . Con particolar riferimento al titolo di avocat acquisito in Romania, l’autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificarne la validità è l’U.N.B.R. – Uniunea Nationala a Barourilor din Romania, senza che ciò contrasti con la Costituzione né con la normativa comunitaria” Cass. SS.UU, numero 22719/16. In senso conforme, tra le altre, Cass., SS.UU. numero 22520/16 Cass. SS.UU, numero 22519/16, Cass., SS.UU, numero 22518/16, Cass. SS.UU, numero 22517/16, Cass. SS.UU, numero 22399/16, Cassazione, SS.UU, numero 22398/16, CNF. numero 201/15, CNF numero 200/15 CNF 199/15, CNF numero 198/15 CNF numero 197/15 CNF numero 197/16 CNF numero 196/16, nonché Cass., SS.UU, ordinanza numero 15043/16, Cass., SS.UU, ordinanza numero 15041/16, Cass., SS.UU, ordinanza numero 12087/16 che ha confermato sentenza CNF numero 4/2016 , Cass. SS.UU, ordinanza numero 6463/16 Cass. SS.UU, ordinanza numero 6468/16 . Va specificato che l’utilizzo del sistema di cooperazione tra autorità degli stati membri dell'Unione Europea denominato IMI Internal Market Information System è obbligatorio ai sensi dell'articolo 3 del regolamento UE numero 1024/2012 del 25 ottobre 2012. A questo proposito, nell’ordinanza delle S.U. numero 6463/16 si legge “la decisione impugnata si fonda su un accertamento svolto dal Ministero della giustizia italiano attraverso il sistema IMI, dal quale è emerso che l'autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificare la validità del titolo di avocat acquisito in Romania è costituito dalla Uniunea Nationala a Barourilor din Romania U.N.B.R. con sede il Palatul de Justitie c.d. UNBR-Tradizionale e che tale organismo è indicato dalla Romania quale autorità competente ad operare in questa materia attraverso il citato sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell'Unione Europea con la precisazione che dalla nota del Ministero si desume l'avvenuta verifica della indicazione, attraverso un accesso al sistema informatico dell'organismo dichiarato competente”. Tale orientamento è stato confermato da conformi, ulteriori decisioni della Suprema Corte di Cassazione Cassazione civile, SS.UU., 12/09/2017, numero 21114 . E ancora “Deve disporsi la cancellazione automatica dall'albo italiano per l'Avocat che abbia ottenuto il titolo straniero da una organizzazione non debitamente iscritta nel sistema IMI o quando il sistema riporti inesattezze. L’iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti annessa all’albo è infatti subordinata alla iscrizione dell’istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine articolo 6, co. 2, D.Lgs. numero 96/2001 . Con particolar riferimento al titolo di avocat acquisito in Romania, l’autorità competente a cui rivolgersi al fine di verificarne la validità è l’U.N.B.R. – Uniunea Nationala a Barourilor din Romania, senza che ciò contrasti con la Costituzione né con la normativa comunitaria” Nel caso di specie, il Consiglio dell’Ordine di appartenenza aveva provveduto alla cancellazione dell’iscritto per insussistenza del requisito di cui all’art 2 D.lgs 96/2001, dopo aver appreso che il professionista risultava aver ottenuto il titolo di Avocat da soggetto non legittimato in Romania al rilascio dell’abilitazione all’esercizio della professione legale. La delibera di cancellazione veniva quindi impugnata al CNF ed infine in Cassazione che, in applicazione del principio di cui in massima, ha rigettato l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza – Cass. SS.UU., numero 19403/17 Cass. SSUU numero 19404/17 e Cass. SS.UU. numero 19405/17 . “Il riconoscimento dell'esercizio della professione in tutti gli Stati dell'Unione dopo il conseguimento del titolo abilitativo in uno qualunque di essi non è di per sé sufficiente alla circolazione del professionista essendo in questo ambito vincolanti solo le risultanze del canale ufficiale tra autorità nazionali, costituito dal sistema dell'International Market Information System IMI la cui consultazione si rende obbligatoria giusta direttiva UE 2013/55/UE. E dunque le stesse norme che ne riconosco no la vincolatività per lo Stato che accede al sistema informativo costituiscono la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali” Cass. SS.UU. numero 10229/17, Cass. SS.UU, numero 10228/17 Cass. SS.UU, numero 10227/17 . Secondo la difesa del ricorrente, in particolare, sarebbe possibile desumere un cambio di orientamento – da parte della Suprema Corte – in relazione all’efficacia probatoria dell’iscrizione nel sistema I.M.I. con riferimento alla legittimità del titolo nel paese di origine. Ancora, secondo il ricorrente la Suprema Corte avrebbe “chiarito” che al Consiglio dell’Ordine procedente non spetta sindacare la suddetta legittimità del titolo. A ben vedere invece la richiamata giurisprudenza di legittimità non fa altro che confermare l’orientamento più volte espresso dalla giurisprudenza domestica in ordine all’obbligo, da parte dei Consiglio dell’Ordine, di non iscrivere, e di cancellare dalla sezione speciale avvocati stabiliti, ove iscritti, i soggetti in possesso di un titolo non valido per l’esercizio del diritto di stabilimento, in quanto rilasciato da ente non risultante tra quelli abilitati al rilascio di un titolo professionale valido per l’iscrizione negli albi degli avvocati in Romania dall’interrogazione attraverso il sistema IMI. In proposito, la Corte di cassazione peraltro nel rigettare per irrilevanza l’istanza di sollevazione di questione pregiudiziale alla Corte di giustizia UE chiarisce che l’inclusione nell’elenco I.M.I. è oggetto del controllo demandato all’autorità competente nello Stato italiano a riconoscere e far valere la legittimità del titolo, vale a dire al Ministero della Giustizia italiano che tale controllo risulta, nella specie, effettuato che all’esito di tale controllo, risulta altresì che la struttura cd. “Bota” non è iscritta nell’elenco I.M.I. che, tuttavia, di tale mancata inclusione il soggetto che intenda esercitare il diritto di stabilimento non può dolersi dinanzi alle autorità italiane amministrative o giurisdizionali , che non hanno al riguardo alcuna competenza, bensì dinanzi alle autorità che, nello Stato membro di competenza, abbiano omesso l’iscrizione nel sistema I.M.I. dell’ente che si afferma abilitato al rilascio del titolo controverso. Afferma infatti la Cassazione, nella già richiamata sent. numero 21114/17 “questa questione, così prospettata, supponendo che la decisione impugnata sia stata basata su quella che si definisce iscrizione all'IMI, pone un problema che non risulta in alcun modo rilevante ai fini dello apprezzamento della legittimità della decisione stessa. Essa, infatti, non è in alcun modo basata sulla necessità che l'autorità dello Stato membro che si assuma avere rilasciato il titolo risulti iscritta nell'IMI, ma sul fatto che l'Autorità italiana, competente ad acquisire le informazioni riguardo a quella Autorità presso lo Stato estero, lo abbia fatto tramite il sistema IMI. Sistema il cui utilizzo [] risulta legittimamente effettuato dal Ministero della Giustizia per acquisire l'informazione su quale sia l'Autorità competente a rilasciare il titolo di avvocato nella Romania.[] Mette conto, poi, di osservare che, se le informazioni acquisite con quel sistema non sono corrette, perché lo Stato membro le ha fornite in modo inesatto, secondo le regole del proprio ordinamento, il soggetto che ritiene siano erronee deve tutelarsi nell'ordinamento di quello Stato, se del caso chiedendo al giudice di quello Stato di sindacare l'erroneo accertamento fatto dall'autorità statuale, in modo da poter ottenere che esso venga fatto constare all'ordinamento italiano, in occasione di una nuova iscrizione”. Ne consegue che, in assenza di valida iscrizione del titolo di avocat concesso dalla struttura cd. Bota nell’elenco I.M.I, le competenti autorità italiane non possono ritenere detto titolo valido ai fini dell’esercizio del diritto di stabilimento. Questa è la disciplina applicabile alla fattispecie in esame l’articolo 15 Albi, elenchi e registri della Legge numero 247/12, comma 1, lett. i , prende espressamente in considerazione «la sezione speciale dell'albo degli avvocati stabiliti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, numero 96, che abbiano la residenza o il domicilio professionale nel circondario». La fonte richiamata, per quanto qui interessa, costituisce la disciplina speciale e prevalente con riferimento allo status dell’avvocato stabilito commi 9 e 10 , ai requisiti e al procedimento per l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo commi 2, 3, 4 e 5 . A tale proposito il comma 2 stabilisce che «L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo è subordinata alla iscrizione dell'istante presso la competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine». Alla fattispecie in questione si applicano le norme contenute nel DM Ministero Giustizia numero 178/16 contenente Regolamento recante le disposizioni per la tenuta e l'aggiornamento di albi, elenchi e registri da parte dei Consigli dell'ordine degli avvocati, nonché in materia di modalità di iscrizione e trasferimento, casi di cancellazione, impugnazioni dei provvedimenti adottati in tema dai medesimi Consigli dell'ordine”, che all’articolo 8 conferma che “la cancellazione dagli elenchi è pronunciata, d'ufficio o su richiesta del procuratore generale [] b quando risulta che i requisiti previsti dalla legge non sussistevano al momento dell'iscrizione” analoga la prescrizione dell’articolo 17, comma 9, lett. b . L’articolo 13 del Regolamento in parola rimanda all’articolo 17 della legge professionale per le modalità di impugnazioni. Quest’ultima norma non detta disposizioni specifiche in materia di cancellazione degli avvocati “stabiliti”, con la conseguenza che risultano applicabili le norme generali previste dall’articolo 17, co. 9 ss., che disciplinano per l’appunto «la cancellazione dagli albi, elenchi e registri». I poteri partecipativi dell’iscritto in caso di cancellazione sono disciplinati dal comma 12 e consistono nel diritto ad essere avvisati del procedimento in corso, «a presentare eventuali osservazioni entro un termine non inferiore a trenta giorni» dall’avviso, ad «essere ascoltato personalmente» se ne sia fatta richiesta dall’interessato. Le procedure in questione risultano essere state svolte regolarmente, in senso conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte sopra citata. Anche questi motivi non possono dunque essere accolti. ***** Un ulteriore motivo non è stato proposto con il ricorso, ma solo nella memoria depositata in vista dell’udienza di discussione e si riferisce alla nullità della notificazione della delibera di cancellazione alla ricorrente ad opera del Consiglio dell’Ordine, per difetto della notificazione avvenuta a mezzo PEC e non con la notificazione nelle forme tradizionali, come previsto dall’articolo 17 della l. 247/2012 . Questo vizio del procedimento, secondo il ricorrente, porterebbe “all’improcedibilità del giudizio” promosso dal ricorrente stesso! . Trattandosi di vizio rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, esso deve essere preso in esame, se pure sia stato proposto con una memoria successiva al ricorso. Un primo profilo riguarda la equivalenza tra la comunicazione a mezzo PEC e la notificazione prevista dall’articolo 17 della l. 247/2012 ai professionisti destinatari dell’atto amministrativo di cancellazione. La giurisprudenza della Suprema Corte, con riferimento ad analoga eccezione relativa alla notificazione mediante PEC di una decisione di archiviazione di procedimento disciplinare, ha stabilito, con principio che questo Collegio ritiene in tutto di condividere “Superato è anche il pregresso riferimento alla sola notifica a mezzo dell'ufficiale giudiziario, stante la peculiarità propria del giudizio di legittimità per il quale la notifica a mezzo di PEC, nella specie adottata dal COA, è valida secondo la regola generale sancita dall'articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, numero 53 Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali , comunque sopravvenuta anche all'articolo 66 della previgente I.p.f.” Cass. SS.UU., numero 16993/2017 . Un secondo aspetto, va riferito all’essere la notificazione una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo derivandone che il vizio di nullità o di inesistenza della stessa è irrilevante, qualora l'atto abbia raggiunto lo scopo per essere stato impugnato dal suo destinatario, come nel nostro caso è avvenuto con la costituzione in giudizio dei ricorrenti in questo senso, si vedano Cons. Stato Sez. VI, numero 283/2016 Cass. SS.UU., numero 22520/2016 Cass. SS.UU., numero 22519/2016 Cass. SS.UU., numero 22518/2016 Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 07-11-2016, numero 22517/2016 Cass. SS.UU., numero 22399/2016 Cass. civ. SS.UU., numero 22398/2016 Cass. civ., Sez. V, numero 9036/2015 . Anche questo motivo deve essere dunque respinto. Il ricorrente, inoltre, eccepisce l’incompetenza funzionale del CNF per mancata istituzione della sezione disciplinare prevista dall’ordinamento professionale forense. La doglianza è manifestatamente infondata e va disattesa. Nessuna disposizione dell’ordinamento, infatti, prevede la sospensione del giudizio nelle more di un intervallo legislativo oltre alla circostanza che nessuna disposizione della legge professionale prevede una delega al legislatore o a fonti subordinate in tal senso. Inoltre, la riforma della struttura o delle attribuzioni giurisdizionali di un giudice precostituzionale se ritenuta ammissibile, atteso che si tratterebbe di introduzione di giudice speciale post costituzione, operazione non consentita non potrebbe avvenire se non in forza di una legge costituzionale. Altro motivo di ricorso, riguardante l’asserita illegittima composizione del Consiglio dell’Ordine di Caltagirone, nel quale alcuni consiglieri si sarebbero trovati in condizione d’incompatibilità per essere stati destinatari d’incarichi da parte di Giudici del Circondario di quel Tribunale, è stato sollevato nella difesa depositata in vista dell’udienza di discussione. Il motivo è inammissibile, in questo giudizio davanti al Consiglio Nazionale Forense non essendo ammessa la proposizione di motivi aggiunti e cristallizzandosi l’oggetto del processo nel momento della proposizione del ricorso. Infatti, secondo un principio di diritto di carattere generale, che trova applicazione anche nel procedimento dinanzi al CNF, retto ove occorra dal codice di procedura civile, la proposizione del ricorso determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che con le successive difese, che hanno solo la funzione di chiarire le ragioni esposte a sostegno dei motivi tempestivamente esposti nel ricorso, non possono proporsi, per la prima volta, motivi nuovi non dedotti nell’atto di impugnazione si vedano, tra le molte, CNF, numero 196/ 2017, numero 196 Cass. civ. Sez. V, 29/10/2004, numero 20979 Cass. numero 10401/2001 Cass. numero 10493/1999 S.U. numero 16/2000 . Il ricorrente, da ultimo, sempre con la memoria denominata difensiva, eccepisce la nullità della delibera impugnata per violazione del principio del legittimo affidamento, in particolare riferisce che il suo comportamento è improntato a buona fede ed è conseguenza del comportamento contraddittorio tenuto dai vari COA Italiani i quali, nell’ambito della loro autonomia discrezionale, disattendendo le indicazioni provenienti dal Ministero e dal CNF, hanno comunque proceduto all’iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti degli Advocat iscritti all’Organismo BOTA, così ingenerando in lui la convinzione della legittimità del titolo professionale da lui acquisito in Romania. Il motivo è inammissibile, in questo giudizio davanti al Consiglio Nazionale Forense, non essendo ammessa la proposizione di motivi aggiunti e cristallizzandosi l’oggetto del processo nel momento della proposizione del ricorso. Infatti, secondo un principio di diritto di carattere generale, che trova applicazione anche nel procedimento dinanzi al CNF, retto ove occorra dal codice di procedura civile, la proposizione del ricorso determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che con le successive difese, che hanno solo la funzione di chiarire le ragioni esposte a sostegno dei motivi tempestivamente esposti nel ricorso, non possono proporsi, per la prima volta, motivi nuovi non dedotti nello atto di impugnazione Cfr. CNF, numero 196/17 Cass. 20979/04 Cass. numero 10401/01 Cass. numero 10493/99 S.U. numero 16/00 . Anche questo motivo deve essere dunque respinto. P.Q.M. visti gli articolo 36 e 37 L. numero 247/2012 e gli articolo 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, numero 37 Il Consiglio Nazionale Forense, rigetta il ricorso presentato dal Dott. [RICORRENTE], nato a [omissis], il [omissis] C.F. [omissis] , e domiciliato in Roma, Via Cosseria, numero 5 Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.