La Cassazione chiarisce entro quali limiti il giudice del rinvio può procedere ad una nuova determinazione della pena quando sia stato sciolto il vincolo della continuazione.
Il caso. Dal 1993 al 2002 veniva intrapresa una attività imprenditoriale i cui proventi erano totalmente sottratti ad imposizione mediante occultamento della contabilità e omissione della dichiarazione, nonché utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Il Tribunale condannava i soggetti coinvolti nella frode tributaria, contestando loro il vincolo associativo e determinando la pena secondo le regole della continuazione. La Corte di Cassazione annullava la pronuncia con la quale la Corte di Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, imponendo al giudice del rinvio di procedere ad una nuova determinazione della pena alla luce dello scioglimento del vincolo della continuazione tra il delitto associativo ed i reati estinti per intervenuta prescrizione. Nella pronuncia in rassegna, il Giudice di legittimità dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro la sentenza pronunciata in sede di rinvio. Nuova determinazione della pena. In via preliminare, la Corte di Cassazione ricorda che, «qualora il giudice di appello elimini il reato più grave al quale sono stati unificati altri nel vincolo della continuazione, deve procedere a una nuova determinazione della pena, per i reati residui, nel rispetto del divieto di reformatio in peius , nel senso che non potrà applicare una pena superiore a quella precedentemente inflitta per tutti i reati» sent. numero 46533/2005 . Le conseguenze dello scioglimento della continuazione/concorso formale. Secondo il Collegio, lo scioglimento della continuazione o del concorso formale, nel caso in cui determini l’elisione della pena già fissata per il reato base, fa riacquistare ai reati satelliti la propria autonomia e così comporta il ripristino – per i singoli reati – della pena edittale «qualora venga escluso [] il reato più grave [] in relazione al quale era stata calcolata la pena base su cui erano stati poi determinati gli aumenti per i reati satelliti». Il divieto di reformatio in peius nel giudizio di rinvio. L’applicazione del divieto di reformatio in peius nel giudizio di rinvio impedisce al giudice del rinvio di aggravare il trattamento sanzionatorio disposto con la prima sentenza annullata e di emettere una pronuncia comunque più sfavorevole all’imputato sentenze nnumero 2434/1993 e 1980/1997 . La Suprema Corte richiama l’articolo 597, comma 4, c.p.p., ai sensi del quale, «in ogni caso, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita». A giudizio del Collegio, la richiamata disciplina rende «generale ed effettivo» il divieto de quo , impendendo di modificare in malam parte non soltanto la parte finale delle statuizioni sanzionatorie, ma anche i calcoli intermedi sentenza numero 40910/2005 . Ciononostante, la pena deve essere nuovamente determinata quando «l’entità ontologica del rato continuato sia stata vulnerata con la modifica dei relativi termini e/o con la eliminazione di un reato satellite o addirittura [] con la eliminazione del reato più grave, costituente la base del calcolo». Il generale divieto di reformatio in peius impedisce al giudice di «irrogare nel complesso una pena superiore a quella precedentemente irrogata per tutti i reati, compreso quello eliminato». Al contrario, il giudice «potrà e dovrà [] procedere ad una nuova determinazione della pena per i reati o il reato residuo maggiore di quella fissata ai fini dell’aumento» ex articolo 81 c.p
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 dicembre 2011 – 1° marzo 2012, numero 8044 Presidente Sirena – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12 novembre 2009 la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di G.G. ed altri imputati per numerosi reati tributari, perché estinti per prescrizione, eliminando l'aumento di pena per essi apportato a titolo di continuazione e confermando nel resto l'impugnata sentenza relativamente all'imputazione associativa articolo 416 cod.penumero . La Corte di merito ripercorreva la vicenda processuale e richiamata la motivazione della sentenza impugnata, ricordava che a partire dal 1993 e fino al 2002 era stata intrapresa una attività imprenditoriale nel settore edilizio, con l'impiego di 200/300 operai in nero solo pochi risultavano assunti regolarmente , riuscendo con un articolato meccanismo di frodi fiscali ad evadere totalmente il fisco. Tale meccanismo consisteva nell'occultamento di tutta la contabilità dell'anno di esercizio precedente, nell'utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per importi di miliardi di lire che venivano sfruttate al fine di presentare dichiarazioni fiscali fasulle mediante il gonfiamento dei costi fino a pareggiare i ricavi , nella sistematica omessa denuncia in dichiarazione di ricavi realmente conseguiti, nella sistematica emissione di fatture per operazioni per lo più soggettivamente inesistenti . 2. A seguito di ricorso, con sentenza del 26/5/2010, la terza sezione di questa Corte di Cassazione, in relazione alla posizione del G. , dopo avere rigettato l'impugnazione con riferimento alla condanna per il delitto associativo ed al diniego del riconoscimento delle attenuanti generiche, annullava con rinvio la sentenza per una nuova determinazione della pena in ragione dello scioglimento del vincolo della continuazione tra i reati fine dichiarati estinti per prescrizione ed il delitto associativo. 3. Con sentenza del 22/3/2011 la Corte di Appello di Brescia, giudicando in sede di rinvio, valutato il ruolo primario svolto in seno all'associazione dal G. , presente in tutte le società coinvolte nella commissione dei reati tributari ed incaricato di portare le fatture attive e passive delle varie società dal commercialista tenuto anche conto delle pene già irrogate ai coimputati, determinava la sanzione in anni 2 di reclusione. 4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato lamentando 4.1. la violazione del principio del divieto di reformatio in peius in quanto il giudice di rinvio aveva determinato la pena di due anni di reclusione, in misura superiore a quella di anni uno riconosciuta come aumento per la continuazione nella sentenza di primo grado ed in misura pari alla pena base del reato più grave, dichiarato poi estinto per prescrizione. 4.2. Il difetto di motivazione in relazione al complessivo trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile 3.1. Il primo motivo di censura è manifestante infondato. Questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che Qualora il giudice di appello elimini il reato più grave al quale sono stati unificati altri nel vincolo della continuazione, deve procedere a una nuova determinazione della pena, per i reati residui, nel rispetto dei divieto di reformatio in peius , nel senso che non potrà applicare una pena superiore a quella precedentemente inflitta per tutti i reati Cass. Sez. 1, Sentenza numero 46533 del 11/10/2005 Ud. dep. 20/12/2005 , Rv. 232980 . Infatti, allorché il cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato deve essere sciolto, per qualsiasi motivo, tale scioglimento non può non determinare il ripristino per i singoli reati della pena edittale prevista per gli stessi qualora venga escluso, come nel caso in esame, il reato più grave capo 9 in relazione al quale era stata calcolata la pena base su cui erano stati poi determinati gli aumenti per i reati satelliti. Lo scioglimento della continuazione o del concorso formale, qualora determini la elisione della pena già fissata per il reato base, fa infatti riacquistare ai reati satelliti la loro autonomia, il che comporta che le pene devono essere nuovamente fissate per i singoli reati secondo la loro astratta previsione. Ed anche in relazione alla specie di pena i reati, già satelliti, riacquistano la loro autonomia, dovendo essere nuovamente determinata la pena per il nuovo reato base secondo la sua astratta previsione. Quanto al divieto di reformatio in peius , principio generale applicabile a tutte le impugnazioni, quindi applicabile anche al giudizio di rinvio, esso comporta solo che il giudice del rinvio non può aggravare il trattamento sanzionatorio disposto con la prima sentenza annullata su ricorso del solo imputato, ne1 emettere una pronuncia comunque a lui più sfavorevole v. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2434 dei 21/12/1993 Ud. dep. 25/02/1994 , Rv. 196953 Cass. Sez. 1, Sentenza numero 1980 del 11/03/1997 Cc. dep. 09/05/1997 , Rv. 207375 . Vero è che la giurisprudenza è ormai orientata nel senso di ritenere che il disposto dell'articolo 597 c.p.p., comma 4, abbia lo scopo di rendere generale ed effettivo il divieto, con la conseguenza che l'esigenza di non modificare in malam partem le statuizioni sanzionatorie investe non solo la parte finale ma anche i calcoli intermedi v. da ultimo Cass. Sez. u, Sentenza numero 40910 del 27/09/2005 Ud. dep. 10/11/2005 , Rv. 232066 però tale principio vale soltanto nelle ipotesi in cui il reato continuato conservi anche nel giudizio di impugnazione la sua entità ontologica quando invece l'entità ontologica del reato continuato sia stata vulnerata con la modifica dei relativi termini e/o con la eliminazione di un reato satellite o addirittura, come nel caso in esame, con la eliminazione del reato più grave e di tutti gli altri, salvo uno residuo , costituente la base del calcolo, è evidente che il giudice deve procedere ad una nuova determinazione della pena e che in tal caso, pur rispettando il principio generale del divieto di reformatio in peius , nel senso che non potrà irrogare nel complesso una pena superiore a quella precedentemente irrogata per tutti reati, compreso quello eliminato, potrà e dovrà invece procedere ad una nuova determinazione della pena per i reati o il reato residuo maggiore di quella fissata ai fini dell'aumento ai sensi dell'ari. 81 c.p. Cass. Sez. 3, Sentenza numero 11718 del 24/10/1995 Ud. dep. 30/11/1995 , Rv. 203109 Cass. Sez. 1, Sentenza numero 46533 del 11/10/2005 Ud. dep. 20/12/2005 , Rv. 232980 . Ne consegue che, nel caso di specie, il giudice del rinvio, facendo buon governo dei principi sopra enunciati, tenuto conto del fatto che dalla prescrizione si è salvato uno solo dei reati satellite delitto di cui all'articolo 416 cod. penumero , correttamente ha rideterminato la nuova pena anni due di reclusione sulla base dei limiti edittali previsti per l'imputazione associativa, senza superare l'entità della sanzione che era stata irrogata con la sentenza impugnata anni sette e mesi nove di reclusione ed Euro 6.200= di multa, con la continuazione . 3.2. Quanto alla doglianza relativa al difetto di motivazione sul complessivo trattamento sanzionatorio, essa è formulata in modo generico. In ogni caso va rammentato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell'articolo 133 c.p Anzi, non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena edittale cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278 . Per quanto detto, i motivi di censura sono manifestamente infondati ed il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente cfr. Corte Costituzionale, sent. numero 186 del 7-13 giugno 2000 al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 mille . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.