In materia di contratto preliminare di vendita avete ad oggetto un bene in comproprietà indivisa, si presume che il bene medesimo sia considerato come “unicum” giuridico dai promittenti venditori, i quali si pongono congiuntamente quale controparte contrattuale unitaria. Di conseguenza, le singole manifestazioni di volontà di ogni comproprietario sono prive di specifica autonomia e, ove una di esse risulti viziata o mancante, non è possibile configurare il consenso negoziale della parte “complessa”, né tantomeno ottenere una pronuncia costitutiva ai sensi dell’articolo 2932 c.c
Lo afferma la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 1866/15 depositata il 2 febbraio. Il fatto. Gli eredi del promissario acquirente di un terreno, deceduto nelle more della stipula del contratto definitivo, convenivano in giudizio uno dei comproprietari dell’immobile il quale, al momento della stipulazione del preliminare di vendita, risultava di proprietà di due coniugi. Con il fallimento del marito, peraltro dichiarato pochi giorni prima della sottoscrizione del preliminare, la quota a lui riferibile era stata acquisita alla procedura fallimentare e successivamente ceduta per mezzo di asta pubblica. Gli eredi del promissario acquirente convenivano quindi in giudizio la moglie per la pronuncia di una sentenza ex articolo 2932 c.c. che disponesse il trasferimento coattivo a proprio favore della quota dell’immobile da lei posseduta. Le difese della convenuta si fondavano sul disconoscimento della propria sottoscrizione riportata sul preliminare di vendita, sostenendo ella di aver apposto la firma su un foglio in bianco, riempito poi abusivamente dal marito, nonché sulla nullità dell’atto di trasferimento per intervenuta dichiarazione di fallimento del marito - comproprietario. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda degli attori e disponeva il trasferimento a loro favore della quota dell’immobile della convenuta. Il secondo grado di giudizio ribaltava il verdetto stabilendo che con il preliminare di vendita i due coniugi avevano promesso il trasferimento del terreno considerandolo quale unità inscindibile, ma l’intervento della dichiarazione di fallimento del marito, privandolo della legittimazione a disporre del bene, comportava l’impossibilità di pronunciare una sentenza ai sensi dell’articolo 2932 c.c Il bene in comproprietà può essere considerato come pluralità di quote? Gli eredi del promissario acquirente impugnano la pronuncia in Cassazione basando il proprio ricorso su un unico motivo. Sostengono i ricorrenti che il giudice di merito sia incorso in una violazione dell’articolo 2932 c.c. in quanto, nel negare la sentenza costitutiva, avrebbe fondato la propria pronuncia sul presupposto dell’inscindibilità del bene giuridico, mentre invece l’approccio corretto avrebbe dovuto essere quello di considerare le distinte manifestazioni di volontà dei diversi comproprietari come autonome e facenti capo alle rispettive quote del bene. La giurisprudenza risponde di no. La doglianza così prospettata non merita accoglimento. La Suprema Corte ribadisce un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità che impone di considerare il bene giuridico in comproprietà indivisa, oggetto di preliminare di vendita, come ”unicum” giuridico inscindibile, in riferimento al quale i diversi comproprietari si pongono quale controparte contrattuale unica e “complessa”. Le singole manifestazioni di volontà non possono quindi essere considerate autonomamente ma concorrono alla formazione di un consenso negoziale unitario. Quest’ultimo non può di conseguenza essere ritenuto sussistente ove una o più delle manifestazioni di volontà dei singoli comproprietari risulti mancante o viziata, con conseguente impossibilità di ottenere una sentenza costitutiva del trasferimento del bene, ai sensi dell’articolo 2932 c.c Nel caso concreto quindi la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la dichiarazione di fallimento del marito - comproprietario del terreno, intervenuta prima della sottoscrizione del preliminare di vendita, abbia privato lo stesso della legittimazione di disporre del bene. Conseguentemente la sua manifestazione di volontà risulta invalida, impedendo la pronuncia di una sentenza costituiva del trasferimento della quota del terreno riferibile alla moglie. La motivazione redatta dalla sentenza di merito risulta aver adeguatamente applicato i consolidati orientamenti interpretativi richiamati, sottraendosi a qualunque censura di legittimità. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 23 ottobre 2014 – 2 febbraio 2015, numero 1866 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto Con atto di citazione notificato in data 30.1.2003, B.G. , B.L. e B.G.P.L. convenivano in giudizio dinanzi al tribunale di Tempio Pausania - sezione distaccata della Maddalena - C.A.T. , per la pronuncia di una sentenza ex articolo 2932 c.c. che disponesse il trasferimento coattivo in proprio favore della quota di un immobile posseduta dalla convenuta. Gli attori esponevano che il proprio dante causa, B.A. , in data 10.12.1985, aveva stipulato con i coniugi C.A.T. e D.G.P. un contratto preliminare di compravendita avente a oggetto un terreno tuttavia, nelle more della stipula del definitivo, la quota di proprietà del D. , dichiarato fallito il omissis , era stata acquisita alla procedura fallimentare e ceduta per mezzo di asta pubblica. Deceduto B.A. nel 1987, e non stipulato il contratto definitivo, agivano in giudizio ex articolo 2932 - soltanto nei confronti della C. - i suoi eredi B.G. , B.L. e B.G.P.L. . C.A.T. si costituiva ritualmente in giudizio, eccependo l'inesistenza della scrittura privata, poiché disconosceva la propria sottoscrizione la nullità dell'atto di trasferimento per intervenuta dichiarazione di fallimento del marito la simulazione o nullità del preliminare. Spontaneamente riconosciuta in giudizio la propria sottoscrizione, la C. deduceva di aver firmato un foglio in bianco, credendo di sottoscrivere un accordo tra lei e il marito per delle reciproche concessioni in sede di separazione il foglio, invece, era stato abusivamente riempito dal D. , con il contenuto di un preliminare di compravendita. In pendenza del giudizio, moriva B.G.P.L. , e gli succedevano in giudizio B.A.S. , B.S. e B.M. . Il tribunale di Tempio Pausania - sezione distaccata della Maddalena -, con sentenza depositata il 6.2.2006, accoglieva la domanda ritenuti non provati dalla convenuta sia l'abusivo riempimento, che gli asseriti accordi col marito, disponeva il trasferimento della quota della C. . 1.2 Con atto di citazione in appello ritualmente notificato, la C. proponeva appello, insistendo da un lato, sull'avvenuta prova dell'abusivo riempimento dall'altro, sulla nullità del preliminare a causa della dichiarazione di fallimento del D. , intervenuta cinque giorni prima della stipulazione del preliminare stesso. Gli eredi B. resistevano in giudizio, deducendo che nessun teste aveva fatto riferimento al rilascio di un foglio firmato in bianco che le conseguenze del fallimento del D. non potevano riflettersi anche sulla cessione operata dall'appellante non fallita . La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza non definitiva depositata il 14.10.2011, rigettava il primo motivo di gravame, rilevando che nessuna prova era stata offerta in ordine all'esistenza di un presunto accordo tra i coniugi la ricorrente, per censurare l'abusivo riempimento del foglio bianco, avrebbe dovuto esperire la querela di falso. La corte territoriale, invece, accoglieva il secondo motivo di appello, affermando che i coniugi D. - C. avevano promesso in vendita non le rispettive quote, ma il fondo come unità inscindibile che il fallimento del D. era antecedente alla conclusione del preliminare che, al momento della stipulazione del preliminare, il fallito era privo della legittimazione a disporre del bene, e, quindi, non poteva essere pronunciata nessuna sentenza ex articolo 2932. La C. , nell'udienza del 16.12.2011, prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza non definitiva, formulava una riserva di ricorso per cassazione. 1.3 La Corte d'Appello di Cagliari, inoltre, con separata ordinanza, rimetteva il causa al ruolo per decidere la domanda di divisione dell'immobile avanzata dalla C. . La stessa corte, mediante sentenza pubblicata in data 6.8.2012, dichiarava inammissibile sia la domanda di divisione del fondo - peraltro rinunciata in udienza dalla C. -, che quella proposta dagli appellati, avente a oggetto la restituzione della somma da loro versata in occasione del preliminare, in quanto era stata introdotta soltanto nel giudizio di appello. 2 Gli eredi B. hanno impugnato entrambe le sentenze pronunciate in grado di appello con ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, e ritualmente notificato alla C. in data 24.12.2012. C.A.M. non ha svolto attività difensiva. 2.1 Con l'unico motivo, i ricorrenti censurano la violazione e falsa applicazione degli articolo 2932 e 1367 c.c. secondo la difesa dei B. , il preliminare di compravendita di un bene oggetto di comproprietà non può essere considerato un unicum inscindibile, ma si risolve nella promessa di ognuna delle quote facenti capo ai comproprietari. Invalida la manifestazione di volontà del D. , la corte territoriale avrebbe errato nel negare la pronuncia di una sentenza costitutiva che disponesse il trasferimento ai B. della sola quota appartenente alla C. . Inoltre, la decisione del giudice di appello lederebbe l'articolo 1367 c.c., che, nel dubbio sulla portata di singole clausole o dell'intero contratto, favorisce l'interpretazione che consente di attribuire effetti al contratto, anziché quella che ne nega la produzione. 3 Il motivo di ricorso non merita accoglimento. Costituisce, ormai, jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte che nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un'unica manifestazione negoziale, giacché si deve presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile, in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, che siano idonei a far ritenere che con esso siano state assunte anche contestualmente dai comproprietari promittenti distinte autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà, inesistenti nella specie. Da ciò consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi, o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'articolo 2932 cod. civ., restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello o di quelli tra i comproprietari promittenti, dei quali esista e persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare” cfr. Cass. 4227/2007 Cass. Sezioni Unite 239/99 Cass. 12039/10 9458/2004 . 3.1 Nel caso in esame, fallito il D. prima della stipula del preliminare, la sua manifestazione di volontà era invalida correttamente, quindi, la corte territoriale ha escluso di poter emettere una sentenza ex articolo 2932 c.c., limitata alla sola quota della C. . Del resto, la stessa Corte d'Appello di Cagliari, attraverso il riferimento all'espressione contenuta nel preliminare promettono di vendere l'appezzamento di terreno sito , ha motivato in maniera congrua la mancata emersione dal testo del preliminare di quegli elementi necessari per vincere la presunzione di unicità del preliminare di bene in comproprietà, ed etichettarlo come promessa di compravendita di quote del bene indiviso. 3.2 A nulla, inoltre, vale il richiamo al principio di conservazione degli effetti del contratto, stabilito dall'articolo 1367 c.c L'operatività di questo criterio ermeneutico postula che il giudice non abbia potuto identificare chiaramente l'intento delle parti attraverso l'utilizzo dei parametri di cui agli articolo 1362 e ss., con la conseguenza che esso non può trovare applicazione quando il significato e la portata del contratto sono stati adeguatamente individuati mediante il ricorso ai canoni di ermeneutica fissati nelle precedenti disposizioni Cass. 7972/2007 Cass. 905/80 Cass. 2385/73 . Nel caso di specie, la corte territoriale ha fornito un'interpretazione del preliminare congruamente motivata, utilizzando sia il criterio letterale, che quello logico perciò, non può trovare spazio il sussidiario parametro della conservazione degli effetti del contratto. Da ultimo va rilevato che resta assorbito e compreso nelle argomentazioni e nei richiami giurisprudenziali di cui sopra il rilievo relativo alla carenza di interesse del comproprietario a che la vendita della cosa indivisa sia effettuata per intero. È invece nell'interesse del compratore far sì che la compravendita venga realizzata integralmente, come pattuita, o venga meno se viziata da circostanza non a lui imputabile, che consentirebbe solo la cessione di una quota del bene. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso. Non v'è luogo a pronuncia sulle spese, in mancanza di costituzione dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.