L’abuso palese del benefit dell’autovettura, utilizzata in modo abnorme e per lunghe percorrenze durante il periodo di sospensione del rapporto di lavoro per malattia, rendendo impossibili i controlli che il datore di lavoro avrebbe potuto chiedere, è configurabile come inadempimento degli obblighi contrattuali di buona fede e correttezza, integrando giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 344/15, depositata il 13 gennaio. Il caso. Dopo la pronuncia del Tribunale di Milano, circa l’illegittimità del licenziamento per giusta causa, intimato ad un lavoratore per essersi sottratto dalla reperibilità durante il periodo di malattia e per l’utilizzo spropositato del benefit dell’auto da parte del coniuge, con conseguente reintegrazione e condanna al pagamento delle retribuzioni dovute, la Corte d’appello ha riformato la sentenza. I giudici del secondo grado di giudizio ritenevano infatti che il comportamento del lavoratore fosse qualificabile quale giustificato motivo soggettivo di risoluzione del contratto da parte del datore di lavoro, convertendo, secondo tale definizione, la giusta causa del licenziamento. Sulla base della riqualificazione della causa di risoluzione del rapporto di lavoro, la Corte condannava il datore di lavoro al pagamento dell’indennità per mancato preavviso e il lavoratore alla restituzione delle somme percepite a titolo retributivo fino alla reintegra nel posto di lavoro. Il lavoratore ricorre per la cassazione della sentenza. Il comportamento del lavoratore integra giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento? Il ricorrente lamenta il fondamento della decisione dei giudici di merito, ritenendo che l’assenza dalla propria abitazione per lunghi periodi di tempo durante la sospensione del rapporto per malattia e l’utilizzo dell’auto da parte del coniuge, non siano mai stati rilevati dal datore di lavoro, neppure con la contestazione disciplinare ricevuta prima del licenziamento. Lamenta dunque il vizio circa la stessa sussistenza del giustificato motivo soggettivo ritenuto in fatto, affermando che la sua assenza da casa durante i periodi di reperibilità non ha concretamente impedito le visite di controllo, di cui il datore di lavoro non ha neppure fatto richiesta. Inoltre la diretta deduzione del giustificato motivo di licenziamento dal mero uso promiscuo dell’auto aziendale, uso comunque consentito, appare, sempre secondo le deduzioni del ricorrente, conclusione illogica e ingiustificata. La parola della Cassazione. I motivi così prospettati dal ricorrente vengono censurati per infondatezza da parte della Cassazione. L’apprezzamento dei giudici di legittimità considera la motivazione dei giudici dell’appello adeguatamente motivata e sostenuta da argomentazioni giuridiche corrette e logiche. Le ragioni della risoluzione del rapporto di lavoro sono state correttamente individuate nell’abuso dell’auto aziendale da parte del coniuge del lavoratore, utilizzo riferibile a lunghi periodi di tempo durante la sospensione del rapporto per malattia, durante i quali il lavoratore, assente da casa, rendeva impossibili i controlli medici che il datore avrebbe potuto richiedere. Il licenziamento così intimato al lavoratore trova inoltre fondamento nelle contestazioni disciplinari mosse al lavoratore con la lettera inviategli dal datore di lavoro, con la quale egli contestava i predetti comportamenti. Le condotte del lavoratore sono correttamente riconducibili alla violazione degli obblighi contrattuali di buona fede e diligenza, sussistenti anche durante la malattia del lavoratore. Infine la conversione della giusta causa del licenziamento in giustificato motivo soggettivo, rientra pacificamente nel potere di qualificazione giuridica riconoscibile in capo al giudice, potere che nulla toglie al principio dell’immutabilità della contestazione. La fondatezza delle argomentazioni della sentenza di secondo grado si sottrae dunque a qualsiasi tipo censura. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal lavoratore.
Corte Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 novembre 2014 – 13 gennaio 2015, numero 344 Presidente Macioce – Relatore Patti Svolgimento del processo La Corte d'appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato da C.T.S. s.p.a. il 22 agosto 2008, a seguito di contestazione disciplinare, a C.S.A. , suo dipendente dalla fine del 2004 con qualifica di impiegato di primo livello del CCNL trasporto merci e condannato la società datrice alla sua reintegrazione nel posto di lavoro e, in via generica, al pagamento delle retribuzioni spettanti , con sentenza 15 settembre 2011, ritenuto il licenziamento per giustificato motivo soggettivo secondo la domanda subordinata del lavoratore, condannava C.T.S. s.p.a. al pagamento dell'indennità di preavviso, in favore del predetto, a sua volta condannato alla restituzione di quanto percepito per retribuzioni fino alla data di reintegrazione, compensando le spese del grado di giudizio. A differenza del primo giudice, di cui rilevava pure l'inopportuna coincidenza con quello autore di provvedimento cautelare riformato in sede di reclamo, la Corte territoriale riteneva la sottrazione del lavoratore a reperibilità, ostativa ai controlli della società datrice sul suo stato di malattia la cui autenticità pure opinabile e l'abnorme utilizzazione, sia pure dal coniuge, dell'autovettura in palese abuso della sua concessione in benefit per lunghe percorrenze in periodi di sospensione del rapporto di lavoro per malattia,ben qualificabili alla stregua di giustificato motivo soggettivo, in cui era convertibile la giusta causa di recesso, comportante la corresponsione datoriale dell'indennità di preavviso, in favore del lavoratore e la restituzione da quest'ultimo degli importi retributivi percepiti in eccedenza fino alla reintegrazione. C.S.A. ricorre per cassazione con due motivi, cui C.T.S. s.p.a. resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale sulla base di due motivi entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., per avere la Corte territoriale fondato la propria decisione su circostanze, quali l'assenza dalla propria abitazione durante lunghi periodi di malattia, l'aggravamento dello stato di malattia e l'utilizzo abnorme, ancorché dal coniuge, dell'auto in benefit aziendale, in parte incerte e in parte mai contestate dalla datrice di lavoro così come neppure contestata la non tempestiva comunicazione delle assenze per malattia . Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 7 e 5 l. 300/1970, 5 l. 604/1966, 2697 c.c. e 32 CCNL Trasporto Merci e logistica, in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., per individuazione del giustificato motivo soggettivo in fatto percorso di troppi km. in auto concessa in benefit durante i periodi di malattia neppure oggetto della contestazione disciplinare datoriale del 30 luglio 2008 uso dell'auto aziendale in periodo di malattia ed esecuzione di rifornimenti di carburante in orari compresi nelle fasce giornaliere di reperibilità , con inidoneo rilievo della supposta assenza dal domicilio di dette fasce, in difetto di alcuna richiesta datoriale di visita di controllo con la conseguente inidoneità del solo uso promiscuo dell'auto aziendale, peraltro consentito, all'integrazione del giustificato motivo soggettivo di licenziamento ritenuto dalla Corte territoriale. Con il primo motivo, C.T.S. s.p.a. a propria volta deduce, in via incidentale, violazione e falsa applicazione degli articolo 2118 e 2119 c.c. e vizio di motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., per erronea esclusione della giusta causa di licenziamento, neppure con esauriente spiegazione delle ragioni. Con il secondo, essa deduce vizio di contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., per la ritenuta natura di benefit dell'auto aziendale concessa in uso promiscuo al dipendente e possibilità di utilizzo anche della moglie, in contrasto con la riconosciuta responsabilità esclusiva del primo per allontanamento da casa, in orari rientranti nelle fasce orarie di reperibilità, per rifornimenti di carburante documentati dalla carta in suo possesso. In via preliminare, devono essere riuniti i ricorsi principale e incidentale, in quanto relativi alla stessa sentenza. Il primo motivo di ricorso principale di insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., per il fondamento della sentenza impugnata su circostanze in parte incerte in parte mai contestate dalla datrice di lavoro è congiuntamente esaminabile, per stretta connessione, con il secondo di violazione e falsa applicazione degli articolo 7 e 5 l. 300/1970, 5 l. 604/1966, 2697 c.c. e 32 CCNL Trasporto Merci e logistica, in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., per individuazione di giustificato motivo soggettivo in fatto non oggetto di contestazione disciplinare datoriale 30 luglio 2008, con inidoneo rilievo della supposta assenza dal domicilio nelle fasce giornaliere di reperibilità, in difetto di alcuna richiesta datoriale di visita di controllo e conseguente inesistenza del giustificato motivo soggettivo di licenziamento . Essi sono infondati. Ed infatti, chiarito che entrambi si risolvono in una denuncia di vizio di motivazione anche il secondo, per insussistenza dei requisiti propri della violazione delle norme di diritto denunciate Cass. 26 giugno 2013, numero 16038 Cass. 28 febbraio 2012, numero 3010 Cass. 31 maggio 2006, numero 12984 , occorre rilevare come la Corte territoriale abbia sia pur succintamente, ma esaurientemente motivato, con argomentazione giuridicamente corretta e logicamente congrua condividendo, le ragioni disciplinari specificamente contestate dalla società datrice nella lettera 6 agosto 2008 integralmente trascritta a pgg. da 7 a 9 del ricorso . Ed esse sono state individuate dalla sentenza impugnata nell'abuso palese della concessione del benefit dei l'utilizzo dell'autovettura, ancorché affidata al coniuge, in modo abnorme per lunghe percorrenze in periodi in cui il rapporto era sospeso per malattia come appunto oggetto di dettagliata contestazione nella lettera citata, con puntuale indicazione dei periodi di assenza del lavoratore per malattia e dei rifornimenti di carburante compiuti e dell'entità di chilometri, oltre 4.000, assolutamente ingiustificabile in periodo di malattia , pure rendendo impossibili i controlli che il datore di lavoro avrebbe potuto richiedere in tali periodi di malattia per assenza dalla propria abitazione, pure oggetto di specifica contestazione datoriale nella suddetta lettera in cui si legge, come sia emerso che Ella, nonostante fosse in malattia, ha dichiarato di aver effettuato i seguenti rifornimenti, in occasione dei quali peraltro avrebbe dovuto essere al Suo domicilio per poter essere sottoposto alle eventuali visite di controllo . A fronte dell'emergenza di tali risultanze, frutto di un adeguato accertamento in fatto del giudice di merito pure insindacabile in sede di legittimità Cass. 12 marzo 2003, numero 3624 Cass. 9 novembre 2000, numero 14552 , appare priva di ogni plausibile fondatezza confutativa del ragionamento della Corte territoriale l'insistita contestazione in ordine alla concessione dell'uso promiscuo dell'autovettura, non potendosi seriamente dubitare come essa non rilevi in relazione a periodi così lunghi di assenza per malattia dal 23 marzo 2008 al 22 giugno 2008 e dal 25 giugno 2008 al 22 agosto 2008, secondo la lettera di contestazione , in cui il numero abnorme di km. percorsi risponde ad un uso esclusivo per ragioni non di ufficio, né in alcun modo giustificabile, a fronte dell'obbligo del lavoratore di non allontanarsi dall'abitazione ed anzi in aperta contraddizione con esso. Quanto poi all'assenza da casa in fasce orarie di reperibilità, incontestata e comunque documentata, essa non è stata apprezzata sotto il profilo di rituale modalità del suo accertamento, in supposta violazione dell'articolo 5 l. 300/1970, ma piuttosto sotto quello del notevole inadempimento agli obblighi contrattuali di buona fede e diligenza ai sensi degli articolo 2104 e 2110 c.c., indubbiamente sussistenti anche in riferimento al periodo di malattia, in cui il rapporto di lavoro deve ritenersi vigente, ancorché sospeso Cass. 24 luglio 2000, numero 9709 . Il comportamento accertato è stato quindi, in ragione della ravvisata ripetuta indulgenza datoriale, correttamente ritenuto come integrante, anziché giusta causa, giustificato motivo soggettivo di licenziamento, con una conversione nel caso di specie, in accoglimento di domanda subordinata del lavoratore nel potere di qualificazione giuridica del giudice, fermo restando il principio di immutabilità della contestazione Cass. 9 giugno 2014, numero 12884 . Il primo motivo incidentale, relativo a violazione e falsa applicazione degli articolo 2118 e 2119 c.c. e vizio di motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c., per erronea esclusione della giusta causa di licenziamento, è inammissibile. Con esso è stata dedotta la violazione di norme di diritto solo formalmente enunciate, in difetto dei requisiti propri del vizio denunciato, non avendo il ricorrente proceduto, come pure avrebbe dovuto, ad una verifica di correttezza dell'attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, né nella sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell'ipotesi normativa Cass. 28 novembre 2007, numero 24756 neppure avendo specificato le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla corte regolatrice di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della violazione denunziata Cass. 26 giugno 2013, numero 16038 Cass. 28 febbraio 2012, numero 3010 Cass. 31 maggio 2006, numero 12984 . Quanto al vizio di motivazione, anch'esso è stato dedotto in modo generico e pertanto inammissibile a fronte della sintetica, ma esauriente motivazione all'ultimo capoverso dei Motivi della decisione della sentenza , con la quale la Corte territoriale ha argomentato la ragione, sopra illustrata, della conversione della giusta causa di licenziamento in giustificato motivo soggettivo. Il secondo motivo incidentale, relativo a contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 360 numero 5 c.p.c., per ritenuta natura di benefit dell'auto aziendale concessa in uso promiscuo al dipendente e possibilità di utilizzo anche dalla moglie, è parimenti inammissibile. Esso è, infatti, privo di decisività, riguardando un mero passaggio argomentativo privo di autonoma efficacia decisoria ed è pertanto generico, in violazione della prescrizione dell'articolo 366, primo comma, numero 4 c.p.c. Cass. 19 agosto 2009, numero 18421 17 luglio 2007, numero 15952 . Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso principale e l'inammissibilità di quello incidentale, con la compensazione delle spese del giudizio, per reciproca soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile l'incidentale dichiara le spese del giudizio interamente compensate tra le parti.