Limiti alla preclusione processuale della produzione in giudizio della documentazione fiscale

La documentazione fiscale prodotta in contenzioso dal contribuente deve essere tenuta in considerazione dall’organo giudicante nell’ambito della controversia attivata per contestare un accertamento induttivo del reddito conseguente ad omessa presentazione della dichiarazione.

La preclusione prevista nelle ipotesi di mancata consegna di atti e documenti, in particolare, non può dirsi operante qualora il Fisco non li abbia mai richiesti in precedenza, né al contribuente sia stato inviato alcun questionario in proposito. Il caso. Nella fattispecie gli Ermellini hanno annullato, rinviando la controversia al giudice del gravame, la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittimo l’accertamento induttivo del reddito, dell’Iva e dell’Irap effettuato dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società di persone che non aveva presentato le rispettive dichiarazioni il giudice del gravame, in particolare, aveva considerato non producibili i documenti depositati dalla contribuente in sede contenziosa ritenendo operante la preclusione di esibizione della documentazione. Secondo il giudice di legittimità se l'ufficio accerta induttivamente il reddito del contribuente a seguito dell'omessa presentazione della dichiarazione, il giudice deve tener conto della documentazione fiscale prodotta in contenzioso dalla parte, in quanto non scatta la preclusione prevista nelle ipotesi di mancata consegna di atti e documenti. Le preclusioni relative all'allegazione in giudizio di documenti o dati hanno natura processuale e non sostanziale. Non può aversi commistione fra il profilo sostanziale - attinente al presupposto del tributo - e quello processuale relativo alle allegazioni di dati e documenti nel giudizio infatti, mentre il principio di capacità contributiva articolo 53, comma 1, Cost. ha natura sostanziale, in quanto attiene al presupposto del tributo ordinanza numero 402/2005 sentenza numero 172/1986 , le preclusioni relative all'allegazione in giudizio di documenti o dati hanno invece natura processuale, in quanto attengono alla tutela giurisdizionale dei diritti articolo 24 Cost. . La preclusione prevista dall'articolo 32, comma 4, D.P.R. numero 600/1973, risolvendosi in un divieto di allegazione in giudizio dei dati e dei documenti non forniti dal contribuente in risposta all'invito dell'Amministrazione finanziaria, opera sul piano esclusivamente processuale ed è perciò inidonea a menomare il principio di capacità contributiva Corte Cost., ordinanza numero 181/2007 . Il diritto a vedere ammesso il documento in giudizio è correlato o subordinato alla prova dell'impossibilità della produzione in fase istruttoria per una ragione che non può essere addossata all'esibente. Non ricorre la preclusione dell'utilizzo dei documenti favore del contribuente qualora il contribuente, ricorrente in primo grado, dia la prova della impossibilità di adempiere alle richieste dell'ufficio per causa a lui non imputabile. L'occultamento al Fisco di tale materiale vizia fin dal nascere l'operato dell'Amministrazione in sede di accertamento, creando un ingiusto vantaggio per il contribuente e vanificando la costosa attività di accertamento. La violazione di questo principio di lealtà è sanzionata con una limitazione in capo al contribuente delle sue facoltà probatorie in sede contenziosa. E’ condotta sanzionata dall'ordinamento quella sleale del contribuente quella cioè consistente nel deliberato occultamento di ciò che era stato richiesto dall'Amministrazione, che il contribuente stesso possedeva e che ha volutamente taciuto o non fornito. Il legislatore, consapevole delle conseguenze che la mancata esibizione può avere prodotto sull'operato degli organi di accertamento, ha subordinato la sanatoria delle preclusioni alla allegazione da parte del ricorrente di non aver potuto adempiere alle richieste dell'ufficio per causa lui non imputabile. Non si può ritenere sufficiente una mera dichiarazione di parte, fatta peraltro in una sede processuale dove ogni assunto di parte deve essere provato. Si deve cioè ritenere che le preclusioni in parola siano sanate solo se il contribuente produca quanto richiesto dall'ufficio nella fase introduttiva del giudizio, provando contestualmente di non aver potuto esibire tali atti o documenti in sede amministrativa per causa a lui non imputabile La sanatoria delle preclusioni si ha quando viene provato che la condotta omissiva del contribuente non è volontaria, dipendendo da una causa a lui non imputabile. Pertanto, se si rifiuta dolosamente l'esibizione, il mancato utilizzo dei dati occultati in senso favorevole al contribuente non è suscettibile di sanatoria. Se invece non si esibisce per causa indipendente dalla volontà del contribuente la preclusione consistente nell'utilizzabilità dei dati non comunicati all'Amministrazione si sana con la produzione in sede contenziosa, accompagnata dalla prova della causa ostativa all'esibizione. L'articolo 52, comma 5, D.P.R. numero 633/1972 richiamato dall'articolo 33, D.P.R. numero 600/1973 secondo cui «non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa» i documenti libri, scritture, registri, eccetera che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli o perché, comunque, li ha sottratti al controllo , trova applicazione - alla luce dell'articolo 24 Cost. - solo quando si sia in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell'Amministrazione e di un rifiuto, o di un occultamento da parte del contribuente medesimo. Quest'ultimo può, perciò, depositare in sede giudiziaria documenti che non abbia esibito ai verbalizzanti, sempre che costoro non li abbiano esplicitamente richiesti Cass., sez. trib., sent. numero 9127/2006 . Il divieto di prendere in considerazione ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa i libri, scritture e documenti di cui si è rifiutata l'esibizione, previsto dal comma 5 dell'articolo 52, D.P.R. numero 633/1972 è applicabile, ex articolo 33, D.P.R. numero 600/1973, anche agli accertamenti delle imposte sui redditi in questo senso è anche Cass. numero 1030/2002 inoltre, tale divieto deve ritenersi operante non solo nell'ipotesi di rifiuto per definizione doloso dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, eccetera e, quindi, per colpa.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 27 aprile 2012 – 7 febbraio 2013, numero 2867 Presidente Pivetti – Relatore Greco Svolgimento del processo La propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone l'appello, ha confermato la legittimità degli avvisi di accertamento ai fini dell'IRPEF, dell'IVA e dell'IRAP per l'anno d'imposta 2003, scaturiti dall'omessa dichiarazione dei redditi per quel periodo d'imposta. Espone il giudice d'appello che la contribuente aveva impugnato gli avvisi contestando il ricorso all'accertamento induttivo da parte dell'Ufficio, il quale, pur non avendo sollevato eccezioni sulla tenuta e conservazione delle scritture contabili, né avendo inviato il mod. 55 o questionari con l'invito ad esibire la documentazione necessaria -, aveva determinato il reddito tenendo conto solo dei valori percentuali del settore e lamentando l'omessa considerazione del credito IVA precedentemente dichiarato e la non detrazione dell'Iva sugli acquisti. Con la sentenza impugnata ha ritenuto che la richiesta di deposito della documentazione o l'invio del questionario mod. 55, l'invito alla contribuente a presentare libri, registri, fatture o documentazione idonei a determinare il reddito ed il volume d'affari non erano adempimenti obbligatori da rispettare nel caso di specie, nel quale era stata omessa la presentazione della dichiarazione, per cui l'ufficio era legittimato a procedere all' accertamento induttivo. Nella fase amministrativa la contribuente non aveva prodotto alcuna documentazione per confutare il reddito determinato induttivamente dall'ufficio in base ad elementi in suo possesso essendo stata prodotta la documentazione solo in sede contenziosa, essa non può essere valutata tecnicamente dai giudici tributari , che possono pronunciarsi sulla legittimità dell'atto impugnato ed eventualmente entrare nel merito di quanto accertato, valutando le singole eccezioni di punti controversi di esso . Ma nella specie il ricorso introduttivo chiedeva l'annullamento integrale dell'accertamento, senza alcuna specifica censura di singole imposte, di cui all'avviso notificato . L’agenzia delle entrate non ha svolto attività nella presente sede. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, e lamenta che il giudice d'appello avrebbe erroneamente affermato che non dovrebbero tenersi in considerazione i documenti prodotti copia del registro degli acquisti, prima nota dei corrispettivi, registro dei corrispettivi, riepilogativi delle liquidazioni IVA, fatture di acquisto anno 2003, nonché la dichiarazione dei redditi del precedente anno 2002 -, in quanto essa ricorrente si sarebbe limitata a domandare esclusivamente l'annullamento integrale dell'accertamento, senza alcuna specifica censura di singole imposte e senza chiedere la rideterminazione delle imposte stesse. Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge, si duole che ad essa contribuente, su cui grava il relativo onere probatorio, sia stata negata la possibilità, in sede contenziosa, di dimostrare l'erroneità dell'accertamento dell'ufficio, fornendo la prova del reddito reale. Con il terzo motivo censura la decisione per vizio di motivazione, e quindi in particolare denuncia l'omessa pronuncia e l'omessa motivazione in ordine alla domanda, reiterata in appello, con la quale essa ricorrente si doleva dell'accertamento dell'IRAP, della quale domanda e del quale accertamento la sentenza impugnata non ha fatto alcuna menzione. Con il quarto motivo critica la sentenza per contraddittorietà della motivazione in ordine al regolamento delle spese in appello, poste a carico di essa contribuente, pur essendo stata dichiarata tardiva la costituzione dell'ufficio nel grado, e comunque per non essere stata formulata la relativa domanda. I primi tre motivi del ricorso, che devono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente legati, sono fondati nei termini che seguono. E' anzitutto erronea in diritto l'affermazione del giudice d'appello secondo cui, non essendo stati esibiti o trasmessi nella fase amministrativa dalla contribuente i documenti gli atti, i libri e i registri -, essi non potevano essere prodotti in sede contenziosa, o comunque non potevano in tale sede essere tecnicamente valutati . Una siffatta preclusione è bensì prevista nella disciplina dell'accertamento delle imposte dei redditi in proposito, Cass. n 16503 del 2006 e numero 19478 del 2009 , ma si attiva, in base all'articolo 32, commi terzo, quarto e quinto, del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, nell'ipotesi di mancate esibizione o trasmissione degli atti, documenti, libri o registri in risposta agli inviti dell'ufficio , e previo avvertimento, ad opera dell'ufficio finanziario stesso, delle gravi conseguenze della mancata risposta di ciò l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta . Nella specie la Commissione regionale ha accertato che non erano stati inviati in sede amministrativa alla contribuente questionari, o inviti a presentare libri, registri, fatture o documentazione idonei a determinare il reddito ed il volume d'affari, precisando peraltro, correttamente, che non si trattava di adempimenti obbligatori dell'ufficio. Si appalesa poi insufficiente e contraddittoria, alla luce di quanto si è appena osservato, ed alla stregua del tenore delle analitiche conclusioni formulate nell'appello dalla contribuente trascritte nel ricorso per cassazione alle pagg. 5 e 6 -, ed allo stesso svolgimento del processo della sentenza impugnata, la motivazione di questa in ordine alla mancanza di specifiche censure all'accertamento delle singole imposte, segnatamente con riguardo ai rilievi concernenti l'IRAP ed il credito IVA. Il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento del quarto motivo, concernente il regolamento delle spese nei gradi di merito, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio. P.Q.M. Accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.