Sommarie informazioni e intercettazioni telefoniche fuori dal divieto di prova testimoniale

Il divieto di prova testimoniale non impedisce l’utilizzo di sommarie informazioni e intercettazioni telefoniche.

Il caso. In rettifica dell’IVA relativa al periodo di imposta 1996, l’Amministrazione finanziaria emetteva un avviso di accertamento nei confronti di una S.a.s., del socio accomandatario e di un altro soggetto, ritenuto reale gestore della società. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso di quest’ultimo soggetto, mentre la Commissione Tributaria Regionale rovesciava la pronuncia di prime cure, ponendo a fondamento della propria decisione sommarie informazioni testimoniali e intercettazioni telefoniche. Nella sentenza numero 2916/2013, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, rilevando che - sono legittimi gli elementi desumibili da dichiarazioni rese da terzi alla Guardia di Finanza e dalle intercettazioni telefoniche regolarmente espletate nel processo penale - la complessiva valutazione di tali elementi esula dal perimetro del giudizio di legittimità, in quanto il coordinamento dei dati acquisiti è interno all’ambito di discrezionalità di apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova che compete al giudice di merito cfr. Cass., sez. III civ., 13 aprile 2010, numero 8730, in bancadati DeJure . Sommarie informazioni e intercettazioni telefoniche non ricadono nel divieto di prova testimoniale . Nel ricorso per cassazione, il contribuente sosteneva che la sentenza impugnata, avendo a proprio fondamento sommarie informazioni testimoniali e intercettazioni telefoniche, si ponesse in contrasto con l’articolo 7, comma 4, d.lgs. numero 546/1992, in base al quale non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale . La Suprema Corte ritiene il motivo – inammissibile per genericità e – infondato secondo il Collegio, la pronuncia censurata non ricade nella disciplina richiamata perché non è fondata su prove testimoniali. Le dichiarazioni di terzi alla GdF non hanno natura di testimonianza. La Corte di Cassazione osserva che, nell’ambito del contenzioso tributario, le dichiarazioni di terzi, raccolte dalla Polizia Tributaria ed inserite nel processo verbale di constatazione, non hanno natura di testimonianza, bensì di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative. Tali elementi non sono dotati ex se di una efficacia probatoria dirimente non sono quindi idonei di per sé a fondare un’affermazione di responsabilità del contribuente in termine di imposta, ma possono soltanto fornire un ulteriore riscontro a quanto già accertato e provato aliunde in sede di procedimento tributario cfr. Cass., sez. trib., 11 marzo 2002, numero 3526, in CED Cass. , Rv. 552986 . Il divieto di prova testimoniale circoscrive esclusivamente i poteri del giudice tributario e non anche quello degli organi amministrativi di verifica ne consegue che il disposto dell’articolo 7, comma 4, d.lgs. numero 546/1992 impedisce soltanto la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Viceversa le dichiarazioni di terzi, raccolte dai verificatori – quand’anche nell’ambito di un procedimento penale – e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova cfr. Cass., sez. trib., 30 settembre 2011, numero 20032, in CED Cass. , Rv. 619267 . Soltanto in ipotesi circoscritte le dichiarazioni di terzi possono integrare non un mero indizio, ma una prova presuntiva ex articolo 2729 c.c., idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria ciò avviene in particolare quando operino nel concorso di particolari circostanze e quando abbiano valore confessorio così Cass., sez. trib. 5 maggio 2011, numero 9876, in CED Cass. , Rv. 617655 . La possibilità di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale va riconosciuto non solo all’Amministrazione finanziaria, ma anche al contribuente – con il medesimo valore probatorio –, dandosi così concreta attuazione ai principi del giusto processo ex articolo 111 Cost., per garantire il principio della parità delle armi processuali nonché l’effettività del diritto di difesa Cass., sez. trib., 14 maggio 2010, numero 11785, in CED Cass. , Rv. 612990 . Nel processo tributario possono entrare le intercettazioni telefoniche legittimamente assunte e trasmesse. La Sezione Tributaria ritiene altresì che le intercettazioni telefoniche, legittimamente assunte in sede penale e ritualmente trasmesse all’Amministrazione finanziaria, entrino «a fare parte a pieno titolo del materiale probatorio e indiziario che il giudice tributario di merito deve valutare». Il Collegio ritiene che tale soluzione non sia ostacolata dall’articolo 270, comma 1, c.p.p., in base al quale «i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza». Secondo la giurisprudenza di legittimità, tale divieto non opera nel contenzioso tributario, ma soltanto in ambito penale, «non potendosi estendere arbitrariamente l’efficacia di una norma processuale penale, posta a garanzia dei diritti della difesa in quella sede, a dominii processuali diversi, come quello tributario, muniti di regole proprie» excerpta da Cass., sez. trib., 23 febbraio 2010, numero 4306, in bancadati DeJure . Nell’ambito tributario opera invece la disciplina posta dall’articolo 63, comma 1, d.p.r. numero 633/1972, secondo il quale la Guardia di Finanza, collaborando con l’Amministrazione finanziaria, «utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria» e «previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria». Tale autorizzazione è posta «a tutela della riservatezza delle indagini penali, non dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi [] per realizzare una maggiore tutela degli interessi protetti dal segreto istruttorio piuttosto che per filtrare ulteriormente l’acquisizione di elementi significativi a fini fiscali» excerpta da Cass., sez. trib., 5 febbraio 2007, numero 2450, in bancadati DeJure . La soluzione esegetica cui la Corte di Cassazione aderisce nella sentenza in commento è confermata dalle seguenti ulteriori considerazioni - non è violato il diritto di libertà e segretezza delle comunicazioni, posto che il legittimo espletamento delle intercettazioni implica che sia già intervenuto l’«atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge» richiesto dall’articolo 15 Cost - non è leso il diritto di difesa del contribuente, giacché il minor tasso di garanzia del diritto al contraddittorio nel processo tributario si riverbera sulla minore attendibilità dell’atto sul piano probatorio nella sentenza in commento, si precisa che, a differenza di quanto accade in sede penale, il difensore del contribuente «non è chiamato a partecipare alla formazione della prova racchiusa nell’atto trasmesso, in quanto, nel processo tributario, l’atto acquisito non è destinato ad assumere il valore probatorio che ad esso è riconosciuto nel processo penale» - non è ravvisabile la ratio dell’articolo 270 c.p.p., nel caso di specie non sussistendo l’esigenza di «evitare che procedimenti con imputazioni fantasiose possano legittimare il ricorso alle intercettazioni, al fine di propiziarne l’utilizzazione in procedimenti per reati che non avrebbero consentito questo mezzo d’indagine». In conclusione, la Sezione Tributaria richiama la conforme giurisprudenza di legittimità in tema di procedimento disciplinare del magistrato Cass., sez. unumero civ., 29 maggio 12717, in bancadati DeJure e nega la pertinenza di un altro precedente, attinente la diversa ipotesi di irregolare espletamento delle intercettazioni Cass., sez. unumero penumero , 25 maggio 2010, numero 13426, in bancadati DeJure .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 3 dicembre 2012 - 7 febbraio 2013, numero 2916 Presidente Pivetti – Relatore Perrino Fatto Oggetto del contendere è l'avviso di accertamento concernente IVA relativa all'anno 1996, con sanzioni ed interessi, emesso nei confronti della s.a.s. E. di M.L.P. & amp C. e dell'accomandatario M.L.P. nonché di P.F., nell'affermata qualità di reale gestore della società. La Commissione tributaria provinciale ha accolto l'impugnazione proposta dal contribuente, con sentenza ribaltata dalla Commissione tributaria regionale, che ha accolto l'appello dell'ufficio reputando, appunto, che P. fosse il reale gestore della s.a.s. E. di M.L.P. & amp C. Ricorre il contribuente per ottenere la cassazione della sentenza affidando il ricorso a due motivi. L'Agenzia delle entrate non spiega difese. Diritto 1.- Col primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, numero 5, c.p.c, il contribuente ha dedotto l'omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza impugnata. Il motivo è inammissibile, in quanto manca di adeguata specificazione dei fatti controversi, mercé formulazione del quesito di fatto richiesto a pena d'inammissibilità dall'articolo 366bis c.p.c, applicabile ratione temporis, in quanto la sentenza è stata pubblicata in data 27 novembre 2006, quando tale norma era vigente. E’ agevole rilevare, peraltro, che il motivo, dietro lo schermo del vizio di motivazione, censura in gran parte argomentazioni e statuizioni della sentenza al riguardo, giova rimarcare che questa stessa sezione ha stabilito che «il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di citi all'articolo 360, 1° comma, numero 5 c.p.c, deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del fatto controverso -in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria - ovvero delle ragioni per le quali l'insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che non devono attenere a mere questioni o punti» Cass. civ., 29 luglio 2011, numero 16655 . 2.- Col secondo motivo, proposto ex articolo 360, numero 3, c.p.c, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, nell'assunzione della prova, dell'articolo 7, 4° comma, del decreto legislativo 546/92, formulando il seguente quesito di diritto «dica l’ecc.ma corte se la sentenza impugnata possa ritenersi legittima avendo assunto a base della propria decisione sommarie informazioni testimoniali ed intercettazioni telefoniche, in violazione dell'articolo 7, comma 4 del d.legs 546/1992 e articolo 246 c.p.c.». 3.- Il motivo, che presenta aspetti d'inammissibilità per genericità, è comunque infondato. Quanto al profilo concernente le «sommarie informazioni testimoniali», va rilevato che il 4° comma dell'articolo 7 del decreto legislativo numero 546 del 1992 stabilisce che nel processo tributario «non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale». Nel nostro caso, a sostegno della sentenza impugnata non sono state dedotte prove testimoniali, bensì intercettazioni telefoniche e verbali di «testimonianze raccolte dalla guardia di finanza». 3.1.- Sul punto, questa Corte ha già stabilito che, in tema di contenzioso tributario, le dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria ed inserite nel processo verbale di constatazione non hanno natura di testimonianza, bensì di mere informazioni acquisite nell'ambito di indagini amministrative, le quali, benché sfornite, ex se, di dirimente efficacia probatoria, comunque non si pongono in contrasto con il citato 4° comma dell'articolo 7 Cass. 11 marzo 2002, numero 3526 . 3.2.- In particolare, si è precisato, la disposizione in questione, in quanto limitativa dei poteri delle commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica, disciplinati da altre disposizioni, vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio delle parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia della narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, invece, quand'anche nell'ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell'ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova Cass. 30 settembre 2011, numero 20032 Cass. 20 aprile 2007, numero 9402 Cass. 29 luglio 2005, numero 16032 secondo Cass. 5 maggio 2011, numero 9876, in taluni casi le dichiarazioni possono assurgere al rango di presunzioni , anche a favore del contribuente Cass. 14 maggio 2010, numero 11785 . 4.- Quanto, poi, al profilo concernente le intercettazioni telefoniche, questa sezione ha già stabilito che «Il divieto, posto dall'articolo 270 c.p.p., di utilizzare i risultati di intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quello in cui furono disposte non opera nel contenzioso tributario, ma soltanto in ambito penale, non potendosi arbitrariamente estendere l'efficacia di una norma processuale penale, posta a garanzia dei diritti di difesa in quella sede, a dominii processuali diversi, come quello tributario, muniti di regole proprie» Cass. 23 febbraio 2010, numero 4306 . 4.1.- Si è al riguardo precisato che la regola propria del diritto tributario, applicabile in materia di IVA, è quella desumibile dall'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, numero 633, a norma del quale la guardia di finanza, cooperando con l'ufficio, trasmette «documenti, dati e notizie acquisiti direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria», «previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria» E l'autorizzazione, si è aggiunto, è posta a tutela della riservatezza delle indagini penali, non già dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi, non essendo prevista per filtrare l'acquisizione di elementi significativi a fini fiscali, ma soltanto per realizzare una maggiore tutela degli interessi protetti dal segreto Cass. 5 febbraio 2007, numero 2450 . 4.2.- Ciò posto, un atto legittimamente assunto in sede penale -va rimarcato, sul punto, che il ricorrente non dubita di tale legittimità- e trasmesso all'amministrazione tributaria giusta il richiamato articolo 63, entra a far parte a pieno titolo del materiale probatorio e indiziario che il giudice tributario di merito deve valutare. 4.3.-Non si frappongono, d'altronde, ostacoli generali all'applicazione di questa regola particolare del diritto tributario. In dettaglio, non si frappone anzitutto l'inviolabilità del diritto di libertà e di segretezza delle comunicazioni. Il legittimo espletamento delle intercettazioni, del quale in questo giudizio non si dubita, implica che sia già intervenuto «l’atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge» richiesto dall'articolo 15 della Costituzione. Non si frappone, poi, il diritto di difesa per la circostanza che, a differenza che nel processo penale, nel caso in questione il difensore del contribuente non è chiamato a partecipare - alla formazione della prova racchiusa nell'atto trasmesso, in quanto, nel processo tributario, l’atto acquisito non è destinato ad assumere il valore probatorio che ad esso è riconosciuto nel processo penale il minor tasso di garanzia del diritto al contraddittorio nel procedimento tributario si riverbera sulla minore attendibilità sul piano probatorio dell'atto. Ma, e soprattutto, non ricorre nei procedimenti diversi da quello penale in seno al quale siano state autorizzate ed espletate le intercettazioni telefoniche, la ratio sottesa al divieto stabilito dall'articolo 270 del codice penale, la quale è volta ad evitare che procedimenti con imputazioni fantasiose possano legittimare il ricorso alle intercettazioni, al fine di propiziarne l'utilizzazione in procedimenti per reati che non avrebbero consentito questo mezzo d'indagine. 5.- In coerenza con questi principi, la Corte, già in altri ambiti, ha riconosciuto l'utilizzabilità delle intercettazioni legittimamente espletate nel processo penale. Sul punto, in tema di procedimento disciplinare del magistrato, si è sottolineato che «l'ampio potere di indagine del pubblico ministero, prima, e il non meno ampio potere, officioso della sezione disciplinare del consiglio superiore della magistratura nell'acquisire la prova dell'illecito disciplinare connotano di specialità il procedimento disciplinare di magistrati evidenziando come esso sia marcatamente orientato all'accertamento dell'effettiva sussistenza dell'addebito disciplinare», di guisa che possono essere legittimate utilizzate nel procedimento disciplinare «le intercettazioni di telefonate ricevute dal magistrato e legittimamente disposte ed espletate nel corso di un procedimento penale a carico dell'autore ed interlocutore della chiamata telefonica, indagato per un reato che consente l'intercettazione stessa del pari sono utilizzabili le risultanze di intercettazioni di telefonate fatte dal magistrato, ove in ipotesi sia egli stesso indagato per un reato che consenta tali intercettazioni& gt & gt Cass., sez.unumero , 29 maggio 2009, numero 12717 conformi, Cass., sez.unumero , 24 giugno 2010, numero 15314 Cass., sez.unumero , 1 luglio 2008, numero 17931 . 6.- Né depone in senso contrario la recente pronuncia resa dalle sezioni unite penali secondo cui l'inulilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti in qualsiasi tipo di giudizio, e quindi anche nell'ambito del procedimento di prevenzione Cass. penumero , sez. unumero , 25 marzo 2010, numero 13426, Cagnazzo , in quanto la sentenza aveva riguardo ad un'ipotesi di irregolare espletamento delle intercettazioni, in una fattispecie in cui le intercettazioni erano state dichiarate inutilizzabili nel giudizio di cognizione per inosservanza delle disposizioni di cui all'articolo 268, 3 comma, c.p.p. e per assenza di motivazione in ordine all'inidoneità od insufficienza degli impianti esistenti presso la procura della repubblica . 7. Gli elementi desumibili da dichiarazioni rese da terzi alla guardia di finanza e dalle intercettazioni telefoniche regolarmente espletate nel processo penale sono dunque legittimi. La loro complessiva valutazione, così come compiuta dalla sentenza impugnata a sostegno della decisione, esula dal perimetro del giudizio di legittimità, in quanto il coordinamento dei dati acquisiti è interno all'ambito di discrezionalità di apprezzamento dei fatti e degli elementi di prova, che compete al giudice di merito principio pacifico. Vedi, ex multis, Cass. 13 aprile 2010, numero 8730 . 8.- Il ricorso va in conseguenza respinto. Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva dell'agenzia delle entrate. P.Q.M. Rigetta il ricorso.