Quali i criteri per l’accertamento della continuità dell’esercizio della professione forense?

Ad occuparsene è il Comitato dei Delegati di Cassa Forense, che dovrà deliberare nella prossima riunione del 9 novembre p.v. La continuità dell’esercizio della professione forense è elemento costitutivo del diritto alla pensione. Il mero adempimento agli obblighi contributivi, così come la tacita accettazione da parte di Cassa Forense dei contributi versati dagli iscritti, non valgono a dimostrare la regolarità del rapporto previdenziale forense.

Cassa Forense ha il potere-dovere di esercitare, attraverso l’apposito strumento della revisione contributiva, un attento controllo sulla effettività della iscrizione durante l’intero percorso contributivo. Qualora tale potere-dovere non sia stato esercitato, ovvero la Cassa lo abbia esercitato ma non abbia contestato allo iscritto la sussistenza del requisito, oppure lo iscritto abbia utilmente dimostrato la infondatezza della contestazione, al momento della richiesta della pensione si deve presumere che il requisito della continuità sussista. Il potere-dovere di Cassa Forense di verificare la sussistenza in capo agli iscritti del requisito dell’esercizio continuativo della professione forense non può essere esercitato oltre il limite del quinquennio precedente la verifica stessa cosi che Cassa Forense potrà rendere inefficaci per mancanza del requisito della continuità dell’esercizio professionale solo i contributi versati nei 5 anni antecedenti la contestazione inviata. Qualora invece lo iscritto abbia adempiuto con ritardo all’invio delle comunicazioni obbligatorie dei dati reddituali attraverso il modello 5, Cassa Forense potrà contestare la mancanza del requisito della continuità professionale anche per periodi anteriori al quinquennio purché faccia partire la contestazione entro i 5 anni successivi a quello di acquisizione dei dati reddituali dello iscritto. Questi passaggi sono ormai pacifici attraverso una giurisprudenza di legittimità consolidatasi nel tempo. Ne consegue allora che il presupposto per la maturazione del diritto alla pensione forense di vecchiaia è costituito dal periodo minimo di effettiva iscrizione e contribuzione intendendosi per effettiva iscrizione e contribuzione l’esercizio continuativo della professione forense in situazione di non incompatibilità. La prova dello esercizio continuativo della professione incombe sullo iscritto che chiede la pensione mentre i criteri per la verifica dello esercizio continuativo della professione sono affidati a periodici provvedimenti del Comitato dei Delegati il quale, abbandonato il criterio del numero delle cause iscritte, dal 1985 in poi richiede la produzione di un determinato reddito professionale o di un volume d’affari di un determinato importo. Entro il corrente anno il Comitato dei Delegati deve provvedere alla individuazione dei criteri per il quinquennio che va dal 1 gennaio 2013 fino al 31 dicembre 2017. La apposita Commissione la quale, pur se lodevolmente si è posta i problemi qui rappresentati, ha proposto dei criteri i quali , pur tenendo conto della situazione di grave disagio economico della avvocatura , non vanno nella direzione auspicabile ed è leggibile nello allegato. Iscritto all’Ordine = Iscritto a Cassa Forense. A mio parere, a prescindere dalla entrata in vigore dell’articolo 21 della nuova legge professionale che porta alla equazione Iscritto Ordine = Iscritto Cassa Forense a prescindere dal reddito, i criteri vanno rimeditati alla luce delle considerazioni che andrò a proporre. Occorre, infatti , tener conto di un orientamento molto preciso della Corte di giustizia europea che si è sempre espressa contro la norma che individua nella continuità di una attività professionale il requisito cui venga condizionato il riconoscimento di un qualsiasi beneficio o possibilità di accesso ad uno status determinato, a una qualifica o a un trattamento. Ogni volta che il requisito abbia per oggetto la continuità dello esercizio professionale, dice la Corte di giustizia, c’è la probabilità di una discriminazione indiretta a danno delle lavoratrici perché è noto che l’attività di lavoro femminile è maggiormente soggetta a interruzioni , soprattutto ma non soltanto , in ragione della maternità. Si veda sul punto il chiarissimo intervento del prof. senumero Pietro Ichino proprio nel corso del dibattito al Senato sulla riforma dello ordinamento forense in data 22 ottobre 2010. Ebbene proprio alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia europea, quale diritto vivente, è rimasto il requisito della continuità professionale ma è scomparso ,nella riforma licenziata al Senato ed emendata alla Camera, il riferimento al reddito come condizione per la iscrizione a Cassa Forense. A mio sommesso avviso deve quindi essere superato il livello minimo di reddito o di volume di’affari come spartiacque per la iscrizione obbligatoria in Cassa Forense per introdurre il concetto di prevalenza del reddito da attività professionale rispetto ad altri redditi dello iscritto derivanti da attività di lavoro incompatibili con quello della professione forense con esclusione quindi dei redditi da lavoro compatibile esempio classico lo insegnamento e dei redditi da immobili o da capitale nel senso che tali ultimi redditi agli effetti dello esercizio continuativo della professione non debbono essere considerati. Questo criterio ha il pregio di individuare chi effettivamente svolga con abitualità lo esercizio della professione forense esempio classico che ha dato luogo ad un nutrito contenzioso quello dello Amministratore di srl e suo socio lavoratore iscrizione nella gestione prevalente . Con la Manovra Tremonti ribaltato il no della Cassazione alla doppia contribuzione. Dopo che la Cassazione aveva detto no alla doppia contribuzione per il socio amministratore di srl ponendo fine ad un contenzioso sentito dai contribuenti vessatorio, la Manovra ribalta tale sentenza stabilendo che è ammesso per lo stesso soggetto l'iscrizione a due gestioni. Dopola Sentenza della Corte di Cassazione del 12 febbraio 2010 numero 3240,infatti, si pensava di essere arrivati alla conclusione e di avere posto fine alla richiesta dell'Inps della doppia contribuzione da parte dei Soci di Srl che percepiscono compensi anche in qualità di amministratori, obbligati quindi, secondo l'Inps, ad iscriversi alla gestione Commercianti e alla gestione Separata. La suddetta sentenza aveva detto no alla doppia contribuzione per il socio amministratore delle società commerciali nella forma giuridica di S.R.L. stabilendo che i soggetti che esercitano contemporaneamente, in una o più imprese commerciali, diverse attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria, come gestione commercianti e gestione separata dell'Inps devono iscriversi nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale dedicano personalmente la loro opera in misura prevalente. La Manovra Tremonti D.L. 78/2010 , inserendo una norma di interpretazione autentica articolo 12, comma 11 , ribalta la recente sentenza della Corte di Cassazione, ribadendo quanto da sempre sostenuto dall'Inps, ovvero che l’iscrizione alla gestione separata non si deve intendere subordinata al requisito della prevalenza e quindi il soggetto che percepisce un determinato tipo di reddito è tenuto ad iscriversi alla gestione separata indipendentemente dal fatto che sia contestualmente iscritto ad altra gestione. In ogni caso le attività autonome, per le quali opera il principio di assoggettamento all'assicurazione prevista per l'attività prevalente, continuano ad essere quelle esercitate in forma d'impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali verranno iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell'Inps. Correttamente la stessa Commissione di Cassa Forense quando affronta il tema delle incompatibilità ammonisce come sia necessario muovere da una interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 3, comma 3, legge 319/1975 che invita ad una riflessione sulle differenze tra gli effetti delle due diverse declaratorie sulla incompatibilità e cioè quella dichiarata dai COA e quella di Cassa Forense la quale ultima produce la perdita della anzianità di iscrizione con effetto immediato e retroattivo. Quindi si può versare in situazione di incompatibilità per l’ordinamento forense ma siffatta incompatibilità non da luogo alla negazione di prestazioni previdenziali da parte di Cassa Forense se il reddito prodotto dalla professione sia comunque prevalente rispetto ai redditi provenienti da attività incompatibile. Invito quindi ad andare oltre la fissazione di minimali di reddito e di volume d’affari per agganciarsi , comunque sia ,al criterio di prevalenza del reddito da professione forense, a prescindere dal quantum, con le esclusioni di cui sopra e con altre che il Comitato dei Delegati saprà individuare non avendo la elencazione da me suggerita il pregio della esaustività.

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