Le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano la falsità in atto pubblicano e sono punibili in quanto tali.
La redazione della cartella clinica produce effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica e funge da documentazione delle attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità. Di conseguenza qualunque alterazione integra il reato di falsità in atto pubblico ed è punibile in quanto tale. Così afferma la V sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza numero 42917, depositata il 21 novembre. Il caso. In un letto di ospedale, dopo 5 giorni di ricovero, un paziente muore. Forse era destino o forse non sono state offerte le cure adeguate. Partono le indagini e la polizia provvede a fotocopiare la cartella clinica. Due mesi più tardi viene disposto il sequestro dell’originale ed ecco che qualcosa non torna. La fotocopia e l’originale divergono. Qualcuno, in quel lasso di tempo, ha provveduto ad aggiungere delle annotazioni sul diario giornaliero, proprio nella pagina della data antecedente al decesso che prima era bianca e ora registra dei miglioramenti del paziente e l’avvenuta somministrazione di cure. L’autore della modifica è il medico in servizio quel giorno che viene condannato a 8 mesi di reclusione per falso in atto pubblico. Quando sussiste il reato di falsità materiale in atto pubblico? Il medico ammette di aver annotato successivamente le operazioni compiute perché quel giorno non ne aveva avuto il tempo avendo terminato il turno. Tuttavia la veridicità di quanto da lui aggiunto è implicitamente dimostrabile dalla lettura della scheda termometrica che, a suo dire, costituisce parte integrante della cartella clinica. La condanna è dunque ingiusta perché frutto di una valutazione formalistica della norma la cui ratio sarebbe quella di garantire l’affidabilità del documento che, in questo caso, non avrebbe subito una falsificazione rispetto alla sua funzione di rappresentazione storico-fattuale. Viene dunque presentato il ricorso in Cassazione. Le modifiche o le cancellazioni sono punibili in quanto tali. La Suprema Corte rigetta il ricorso avendo cura di ricordare che «la cartella clinica, redatta da un medico di un ospedale pubblico, è caratterizzata dalla produttività di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché dalla funzione della documentazione di attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità».Da ciò ne consegue che qualunque aggiunta, alterazione o cancellazione è sufficiente ad integrare la falsità in atto pubblico e poco importa quale sia l’intento dell’autore considerato che la fattispecie è caratterizzata da dolo generico. Nel caso specifico poi, i giudici di merito hanno dimostrato l’inaffidabilità della scheda termometrica che, oltretutto, contrariamente a quanto sostenuto dal medico, non è da considerarsi parte della cartella clinica.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 luglio – 21 novembre 2011numero 42917 Presidente Marasca Realtore Bevere Fatto e Diritto Con sentenza 18.1.2011, la corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza 27.6.08 del tribunale della stessa sede, con la quale A.C. è stato condannato alla pena di 8 mesi di reclusione, perché ritenuto colpevole del reato ex articolo 476 c.p., perché in qualità di medico chirurgo in servizio nell'ospedale omissis , dove T.V. era stato ricoverato dal omissis , aveva aggiunto al diario giornaliero, nella parte rimasta in bianco immediatamente dopo le indicazioni relative al omissis , la seguente dicitura visita, condizioni generali migliorate, continua terapia si somministrano tre sacche di plasma , annotando tali dati non contestualmente al loro verificarsi in tal modo alterava un atto pubblico vero. I difensori dell'imputato hanno presentato ricorso per violazione di legge in riferimento all'articolo 476 c.p. e vizio di motivazione la dicitura contestata corrispondente all'operato dell’A., medico del omissis non venne apposta in quello stesso giorno, in quanto, questi,finito il turno, aveva lasciato il reparto, senza avere avuto tempo di riportare nel diario clinico i dati relativi alle condizioni dei degenti e le cure disposte e praticate, che risultavano però segnate nelle schede termometriche allegate alle cartelle cliniche. L'attestazione relativa al degente T. non venne apposta il , ma successivamente, anche se, nel frattempo quest'ultimo era deceduto e la polizia giudiziaria aveva eseguito una fotocopia della cartella in reparto, dove non figurava ancora la dicitura sulle condizioni e sulle cure disposte, anche se risultava dalla scheda termometrica del omissis . I dati furono poi trascritti dall'A. nella cartella clinica solo al suo ritorno al reparto da questi dati storici emerge che non sussiste l'ipotesi di reato contestato. Il dr A. ha solo posticipato la redazione della relazione riportata nella cartella clinica che era rimasta nel reparto e ha un'importanza decisiva il fatto che questa non era stata ancora trasmessa e presa in carico dalla direzione sanitaria dell'ospedale. La disposizione, da parte sua, della somministrazione delle tre sacche di sangue risulta dalla scheda termometrica allegata alla cartella clinica di cui costituisce parte integrante ed inscindibile, e dalla attestazione del prelievo delle sacche dalla banca dell'ospedale. In ogni caso non ricorre l'ipotesi di falso materiale in atto pubblico solo perché nella scheda termometrica non compariva la dicitura visita, condizioni generali migliorate, continua la terapia , perché in essa sono contenute valutazioni implicite, posto che l'effettuazione della visita è conseguenza del fatto che il omissis l'A. era il solo medico presente nel reparto. Pertanto l'annotazione tardiva riguarda dati anteriormente acquisiti e solo una valutazione puramente formalistica può far ritenere sussistente il reato, violando così la ratio della norma,che è quella di garantire l'assoluta affidabilità del documento, la sua completezza e la attestazione puntuale della diagnosi fatta dai sanitari e delle cure praticate durante la degenza. Pertanto la sentenza avrebbe dovuto escludere la ricorrenza dell'ipotesi di falso materiale, che richiede l'effettiva falsificazione del contenuto dell'atto, rispetto alla sua portata e alla sua funzione di rappresentazione storico-fattuale. Il ricorso si articola in motivi manifestamente infondati. Il quadro storico accertato in maniera concorde è il seguente il giorno omissis il dottor A. era medico di turno nel reparto dell'ospedale omissis , in cui si trovava il degente T.V, rimasto ricoverato dal omissis nel diario giornaliero non compariva alcuna annotazione sullo stato di salute e sul trattamento terapeutico il T. è poi deceduto e la sua degenza è terminata il successivo omissis nel corso delle successive indagini, la polizia giudiziaria ha effettuato, il , la fotocopia della cartella clinica del degente defunto e nessuna annotazione appare nel diario clinico, relativo al suindicato omissis nelle successive indagini, è stato acquisito, a mezzo del sequestro eseguito il 16.1.04. l'originale della cartella clinica, nel cui diario giornaliero del omissis , appare l'annotazione visita, condizioni generali migliorate, continua terapia si somministrano tre sacche di plasma l'A. ha ammesso di aver lui stesso apposta, tardivamente, tale annotazione. Risulta quindi accertato che successivamente alla data indicata nel diario giornaliero sono stati indicati fatti la visita medica, la terapia della somministrazione di tre sacche di plasma non contestualmente al loro verificarsi. In tal modo, il diario clinico, dopo la sua definitiva formazione per il giorno omissis , dopo la contestuale fine dell'analisi clinica e delle disposizioni terapeutiche del medico, dopo l’uscita del documento dalla disponibilità integrativa del suo autore, ha subito successivamente tra il e il un'aggiunta, che ne ha alterato il contenuto e conseguentemente la funzione. La finalità dell'atto assolutamente correlata alla sua immodificabilità è quella di rispecchiare in maniera assolutamente fedele il decorso e l'evolversi della malattia e degli altri fatti clinici rilevanti, progressivamente e contestualmente al loro verificarsi. La permanenza nel documento nel luogo di lavoro del suo autore non può logicamente equivalere a una criptica autorizzazione a violare la sua primaria funzione di rappresentazione storica relativa a una degenza. Secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la cartella clinica, redatta da un medico di un ospedale pubblico, è caratterizzata dalla produttività di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché dalla funzione della documentazione di attività compiute o non compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità. Ne deriva che le modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le cancellazioni integrano falsità in atto pubblico, punibili in quanto tali. Nessun rilievo può essere riconosciuto all'intento dell'autore, posto che la fattispecie è caratterizzata da dolo generico e non da dolo specifico. Nel caso in esame, va anche rilevato che la mancata documentazione di visita e di terapia del omissis , per il degente deceduto dopo un breve intervallo di tempo, è rimasta inalterata sino a tutto il omissis . La mancanza di rilievo probatorio delle annotazioni sulla scheda termometrica è stata razionalmente affermata dalla corte di merito con due convincenti argomenti questo documento non fa parte della cartella clinica la sua inaffidabilità è dimostrata dalla mancanza di riferimento alla visita e alla constatazione del miglioramento del degente. La precisa scansione degli eventi, la inconfutabile valenza dimostrativa della riferibilità all’A. della paternità dell'alterazione dell'atto pubblico, la consolidata giurisprudenza sulla sua qualificazione come falso materiale ex articolo 476 c.p., l'inconsistenza, sul piano storico e valutativo, delle censure mosse alle sentenze dei giudici di merito, rendono il ricorso inammissibile. Va rilevato che la data di consumazione del reato è compresa tra due date, di cui la prima comporta il riconoscimento della maturazione del termine di prescrizione, in data omissis . Pertanto, secondo il principio del favor rei, quest'ultima deve prevalere su quella successiva . Il maturare della prescrizione, successivamente alla data di emissione della sentenza di appello, non porta però alla declaratoria di estinzione del reato. Secondo un condivisibile orientamento interpretativo, la inammissibilità, conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente l'instaurazione, in sede di legittimità, di un valido rapporto di impugnazione e impedisce di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p., ivi compreso l'eventuale decorso del termine di prescrizione S.U. numero 23428 del 22.3.2005 sez. II, 21.4.2006, numero 19578 . Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.