La contestazione tardiva dei fatti è ammessa solo in presenza dei presupposti per la rimessione in termini

di Alessandro Villa

di Alessandro Villa *La contestazione di cui all'articolo 115 codice di rito, sulla disponibilità delle prove, incontra lo stesso limite temporale di qualunque altra allegazione, superato il quale la revoca della non contestazione è possibile solo in presenza dei presupposti per la rimessione in termini ex articolo 153 c.p.c., designando la stessa il thema decidendum. In altri termini, esaurita la fase dell'ammissione delle prove, la non contestazione diventa tendenzialmente irreversibile.Tra le prove su cui il giudice può fondare la decisione ci sono anche i fatti non contestati dalla parte costituita. La Legge 18 giugno 2009, numero 69, ha novellato l'articolo 115 codice di rito Disponibilità delle prove indicando, fra il materiale probatorio che il Giudice deve porre a fondamento della decisione, oltre alle prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, anche i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita . Occorre precisare che il Legislatore, con tale intervento, ha sostanzialmente ratificato e consolidato le conclusioni a cui era ormai pervenuta la giurisprudenza di legittimità anche con riferimento al testo dell'articolo 167 c.p.c. che, nel suo letterale tenore, si limita ad esigere dal convenuto la proposizione di tutte le sue difese e la presa di posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della propria domanda. Tale disposizione non contemplava, però, espressamente alcuna decadenza o sanzione per il convenuto che avesse omesso di prendere posizione in maniera precisa sui fatti affermati dall'attore-ricorrente principio che è stato rivoluzionato dalla novella normativa in commento. La fattispecie. Difatti nel caso in esame il convenuto aveva omesso di contestare alcune circostanze di fatto evidenziate dall'attore nella prima difesa utile successiva, per poi prendere posizione in seguito tale mancanza ha costituito l'occasione, per la magistratura di merito, di valutare se le contestazioni, così come le allegazioni, sono soggette alle preclusioni implicite e esplicite previste dal rito civile che scandiscono i tempi del procedimento. Quali preclusioni in caso di tardività? La contestazione soggiace agli stessi limiti delle allegazioni probatorie. E' d'ausilio, a tal proposito, la giurisprudenza del Giudice del lavoro il quale è orientato, ormai da tempo, ad asserire che il difetto di contestazione dei fatti si coordina al potere di allegazione dei medesimi e partecipa della sua natura sicché e soggiace agli stessi limiti. Anche la dottrina argomenta che la contestazione tardiva, in quanto comportamento che può provenire esclusivamente dalla parte, può essere assimilata all'eccezione in senso stretto con la conseguenza che la contestazione successiva di fatti rimasti incontestati nel giudizio di primo grado deve ritenersi inammissibile in appello, sia nel processo del lavoro che nel rito ordinario salva la rimessione, oggi ex articolo 153 c.p.c. . D'altronde, come correttamente osservato dal Magistrato, l'attore che ha predisposto le proprie istanze istruttorie tenuto conto dell'omessa contestazione sarebbe sicuramente danneggiato da un mutamento della condotta del convenuto successivamente alla chiusura della fase istruttoria. La contestazione tardiva è possibile solo nei casi in cui è prevista la rimessione in termini. Di conseguenza il Giudice Unico del Tribunale di Varese ha affermato, condivisibilmente, che la non contestazione, disegnando il thema probandum, è sottoposta agli stessi limite temporali delle allegazioni probatorie e la contestazione cd. tardiva può essere ammessa solo ricorrendo allo strumento della rimessione in termini, ex articolo 153 c.p.c. ovverosia esaurita la fase dell'ammissione delle prove, la non contestazione diventa tendenzialmente irreversibile.* Avvocato del Foro di Monza

Tribunale di Varese, sez. I civile, ordinanza 14 ottobre 2011Giudice Unico BuffoneFatto e dirittoLa parte convenuta non ha contestato le avverse richieste e allegazioni della parte attrice, come introdotte nella memoria istruttoria ex articolo 183 comma VI c.p.c. secondo termine , pur potendolo fare nella memoria di replica, concessa dal giudice unitamente ai termini di cui alla norma succitata. Lo ha, però, fatto nell'odierna udienza e, quindi, successivamente alla prima difesa utile e alla scadenza dei termini perentori disegnati nella volta dell'articolo 183 cit.Giova ricordare che la Consulta, con orientamento di recente ribadito v. Corte costituzionale ordinanza 29 aprile 2010 numero 163 ha precisato che se dai principi del giusto processo discende il diritto ad un equo vaglio giurisprudenziale , ciò non toglie che il processo debba esser governato, per esigenze di certezza e ragionevole durata, da scansioni temporali, il cui mancato rispetto va assoggettato alla sanzione della decadenza dal compimento di determinate attività sentenze numero 11 del 2008 e numero 462 del 2006 . Ecco perché, per le Sezioni Unite, una volta scaduto il termine, anche ordinatorio, senza che si sia avuta una proroga si determinano, per il venir meno del potere di compiere l'atto, conseguenze analoghe a quelle ricollegabili al decorso del termine perentorio cfr. Cass. civ. SS.UU. sentenza numero 20604 del 30 Luglio 2008 . Si aggiunga, poi, seguendo la direttrice ermeneutica indicata dal giudice della Nomofilachia v. Cass. civ., Sez. Unite, sent. 23 giugno 2010, numero 15169 che il vigente modello processuale configura un processo che si articola in fasi successive e non ammette deroghe salvo il caso eccezionale previsto dall'articolo 153 c.p.c. . Il mancato rispetto dei termini fissati dal giudice, determina la decadenza, rilevabile d'ufficio, della facoltà assertorie d istruttorie delle parti. Merita, dunque, ampia condivisione e riaffermazione, che il regime delle preclusioni introdotto nel rito civile ordinario, dovendo ritenersi inteso non solo posto a tutela di parte, bensì anche a tutela dell'interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, comporta il rilievo ex officio da parte del giudice dell'eventuale tardività di domande, o allegazioni. Ebbene, nel caso di specie, debbono quindi ritenersi tardive quelle asserzioni e deduzioni che dovevano essere svolte nella terza memoria e sono state svolte solo in udienza. Questione diversa, ma pure qui rilevante, è quella delle contestazioni che non sono state inserite nella succitata memoria e svolte solo nell'udienza ex articolo 183, comma VII, c.p.c.Orbene, la dialettica del processo regola anche le contestazioni, così come le allegazioni, nel senso che entrambe contribuendo a scandire i tempi del procedimento e la formazione del thema decidendum e probandum, sono introdotte nell'ambito delle preclusioni implicite e esplicite previste dal rito civile. La giurisprudenza, al riguardo, ha puntualizzato che l'onere di contestazione deve essere assolto nella prima difesa utile Cass. civ. 27 febbraio 2008 numero 5191 Cass. civ. 21 maggio 2008 numero 13079 . Va ricordato, comunque, che la questione con riferimento al rito del lavoro è stata risolta nella motivazione della sentenza Sez. Unumero 761 del 23 gennaio 2002 che ha particolarmente approfondito la questione esponendo le argomentazioni fondamentali sulle quali si è basata, poi, la nuova giurisprudenza. In detta decisione infatti si legge Il menzionato difetto di contestazione dei fatti si coordina al potere di allegazione dei medesimi e partecipa della sua natura, sicché simmetricamente soggiace agli stessi limiti apprestati per tale potere in altre parole, considerato che l'identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall'allegazione e dall'estensione delle relative contestazioni, risulterebbe intrinsecamente contraddittorio ritenere che un sistema di preclusioni in ordine alla modificabilità di un tema siffatto operi poi diversamente rispetto all'uno o all'altro dei fattori della detta identificazione .La dottrina, peraltro, ha osservato che la contestazione tardiva vale a dire la contestazione successiva ad un fatto originariamente incontestato , in quanto comportamento che può provenire esclusivamente dalla parte che inizialmente non aveva contestato , può essere assimilata all'eccezione in senso stretto conseguentemente la contestazione successiva di fatti rimasti incontestati nel giudizio di primo grado deve ritenersi inammissibile in appello, sia nel processo del lavoro che nel rito ordinario salva la rimessione, oggi ex articolo 153 c.p.c. . In realtà, sotto altro punto di vista, il problema della contestazione cd. tardiva riguarda la cd. revocabilità della non contestazione. Chi medita sull'ammissibilità di unta tale opzione, subito evidenzia che, tal caso, la parte onerata della prova è l'avversario dell'autore della revoca contestazione tardiva , per cui è ovvio che egli, che fino ad allora aveva confidato nell'altrui non contestazione, debba a questo punto essere posto in grado di reagire con pienezza di poteri al mutato atteggiamento dalla controparte . In Dottrina si propone, comunque, sul tema in generale una soluzione semplice e chiara configurando l'ammissione quale allegazione conforme a quella della controparte e dunque la contestazione quale allegazione difforme. In tal caso, ne discenderebbe che la contestazione incontra lo stesso limite temporale di qualunque altra allegazione e che, superato tale limite, e perfezionatasi dunque la non contestazione, la revoca di questa la contestazione tardiva sia possibile solo in presenza dei presupposti per la rimessione in termini e previa richiesta in tal senso. L'opinione, per tutto quanto sin qui esposto, è senz'altro condivisibile la non contestazione, disegnando il thema probandum, è sottoposta agli stessi limite temporali delle allegazioni e la contestazione cd. tardiva può essere ammessa solo ricorrendo allo strumento della rimessione in termini, ex articolo 153 c.p.c. In altri termini, esaurita la fase dell'ammissione delle prove, la non contestazione diventa tendenzialmente irreversibile . L'indirizzo qui sposato è stato avallato, in tempi recenti, dal giudice del gravame. Infatti, con ricca motivazione, la Corte Appello Milano, sez. IV civ., sentenza 29 giugno 2011 Pres. Fabrizi, est. Marini ha affermato che il potere di contestazione si consuma nello stesso modo in cui si consuma , secondo il rito prescelto, il potere di allegazione consentito alle parti. Ciò vuol dire che, nel rito ordinario, la contestazione tardiva è improduttiva di effetti .Alla luce dei rilievi sin qui svolti, le contestazioni svolte dalla parte convenuta solo in udienza vanno dichiarate tardive e deve procedersi all'esame del materiale istruttorio indicato dai litiganti in assenza delle stesse. I capitoli di prova articolati dalla parte convenuta, nella sua memoria istruttoria capitoli nnumero 1 e 2 si presentano rilevanti poiché afferiscono ad aspetti del negozio, non consacrati nella forma scritta, che possono trovare riscontro in sede di escussione dei testimoni. Sono anche ammissibili per la loro specificità.Quanto alle richieste istruttorie della parte attrice, i capitoli nnumero 5, 6, 7, 10 involgono accertamenti contabili non deferibili al teste. Relativamente ai capitoli 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, la prova orale va respinta per inammissibilità. I capitoli non indicano, in modo sufficiente, un dato storico e nessuno dei capitoli indica un dato topico o una esatta descrizione dell'oggetto del fatto che si vuole provare. Le circostanze sono, poi, evanescenti e non emergono fatti specifici che costituiscono il grimaldello che salva il rispetto del principio del contraddittorio atteso che la controprova non può essere svolta e la contestazione specifica effettuata in difetto di circostanze particolareggiate come, peraltro, richiede espressamente la Legge all'articolo 244 c.p.c. Giova ricordare, infatti, che la richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa cfr. Cass. 9547/2009 Trib. Lodi, 1 aprile 2011 .Le parti sul calendario del processo, si sono rimesse alla scelta del Giudice. La giurisprudenza di questo Tribunale - aderendo alla impostazione dottrinale ritenuta preferibile - ha interpretato la norma ex articolo 81-bis c.p.c. affermando la discrezionalità del calendario del processo Tribunale di Varese, sezione Prima civile, ordinanza 15 aprile 2010 in www.personaedanno.it www.tribunale.varese.it/Massimario così anche Trib. Catanzaro, sezione II civile, ordinanza 3 giugno 2010 . Nel caso di specie, l'istruttoria verrà esaurita in una udienza, per cui non sembra né necessario, né opportuno, predisporre il calendario. Gli Avvocati, se lo ritengono opportuno, sono abilitati a farne richiesta scritta al giudice prima della prossima udienza. In quel caso il Giudice vi provvederà.P.Q.M.Letto ed applicato l'articolo 183, comma VII, c.p.c.DISPONE l'acquisizione dei documenti prodotti ed allegati dalle parti poiché ammissibili e rilevanti ai fini del decidereNON AMMETTE le prove orali richieste dalla parte attrice AMMETTE le prove orali richieste dalla parte convenuta sui capitoli 1, 2 con il teste A. A.FISSA l'udienza in data omissis per l'assunzione di tutte le prove.MANDA alla cancelleria affinché la presente ordinanza sia comunicata alle parti costituite. visti gli articolo 72, 74 disp. att. cod. civ., INVITA i difensori che non lo abbiamo già fatto, a provvedere, senza indugio, alla regolarizzazione del fascicolo di parte, dotandolo di apposito INDICE degli atti e dei documenti, ove mancante. Riserva ogni provvedimento di Legge in caso di inottemperanza.