In ipotesi di rinnovazione di un licenziamento in precedenza revocato, deve essere fornita – se richiesta dal lavoratore - la motivazione posta a base del recesso. Non è dunque consentito giustificare il provvedimento con un rinvio per relationem al primo recesso.
Il caso. Un magazziniere ricorreva al Giudice del lavoro esponendo di aver ricevuto, nel gennaio 1997, una lettera di licenziamento, motivata dalla chiusura del magazzino in cui prestava la propria attività e dalla contrazione dell’attività del datore di lavoro. Tale licenziamento veniva poi revocato e successivamente, dopo la stipulazione di un contratto di solidarietà, rinnovato nel maggio 1997. In questa ultima occasione, il lavoratore chiedeva tempestivamente alla società i motivi che giustificavano il recesso, che tuttavia non venivano mai comunicati. Chiedeva quindi al Tribunale la declaratoria di inefficacia del licenziamento per violazione dell’articolo 2 Legge numero 604/1966, con le conseguenze di cui all’articolo 18 Stat. lav. nella previgente formulazione . I giudici di merito erano divisi . Il Tribunale, riconducendo i due licenziamenti ad un’unica sequenza causale fondata sulla persistente crisi produttiva, rigettava la domanda ritenendo superflua una nuova comunicazione dei motivi del recesso, poiché già conosciuti dal ricorrente. In riforma della pronuncia di primo grado, tuttavia, la Corte di Appello accoglieva le domande del lavoratore. Contro tale pronuncia, la società promuoveva ricorso alla Corte di Cassazione. Non esiste la possibilità di licenziare per relationem . Denunciava in particolare il datore di lavoro - per quel che qui interessa esaminare - la falsa applicazione dell’articolo 2 Legge numero 604/1966 lamentando di avere, ampiamente ed in vari atti i.e. il primo recesso, la sua «temporanea revoca», la «novazione del rapporto in contratto di solidarietà» e l’ultimo recesso , comunicato al lavoratore le ragioni che giustificavano il provvedimento espulsivo, circostanza pienamente compatibile con la norma citata che consentirebbe ad avviso della ricorrente «la comunicazione dei motivi anche in via preventiva o per relationem ». Di diverso avviso è la Corte la quale, premettendo che la revoca comporta il radicale venir meno dell’atto al quale non può dunque attribuirsi alcuna reviviscenza, rileva come nel caso di specie v’era stata una ri assunzione ex novo del lavoratore, con la conseguenza che il licenziamento in esame non poteva collegarsi in alcun modo al primo in quanto afferente ad un rapporto distinto. Nel caso di specie, alla luce della richiesta di specificazione dei motivi del licenziamento formulata dal lavoratore, e dell’assenza di alcun riscontro da parte del datore di lavoro, non poteva dunque che dichiararsi l’inefficacia del provvedimento impugnato. Sul risarcimento del danno sono dovuti interessi e rivalutazione. Sotto altro profilo, con proprio ricorso incidentale, il lavoratore lamentava la violazione dell’articolo 429 c.p.c. e l’omessa pronuncia da parte dei Giudici di merito in ordine alla rivalutazione monetaria ed agli interessi sul credito riconosciuto. Dello stesso avviso è anche la Cassazione la quale, richiamando alcuni suoi precedenti Cass. 18608/2009 Cass. 1000/2003 e decidendo direttamente nel merito, afferma come «il principio contenuto nell’articolo 429, comma 3, c.p.c. in tema di rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro trova applicazione anche nel caso di crediti liquidati, ai sensi dell’articolo 18 Stat. lav. a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, i quali, sebbene non sinallagmaticamente collegati con una prestazione lavorativa, rappresentano pur sempre l’utilità economica che da questa il lavoratore avrebbe tratto ove la relativa esecuzione non gli fosse stata impedita dall’ingiustificato recesso della controparte». Non c’è più alcun tema sulla comunicazione dei motivi del recesso . Cogliamo l’occasione per ribadire si veda, su questa rivista, il nostro precedente intervento del 1° agosto 2012 come l’oggetto principale della pronuncia in commento rientri fra quei temi che, a seguito dell’entrata in vigore della c.d. Riforma Fornero, sono destinati a scomparire. La Riforma articolo 1, comma 37 infatti, modifica l’articolo 2, comma 2, della Legge numero 604/1966 disponendo che «la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato», con conseguente ed «automatica» inefficacia del licenziamento non contestualmente motivato.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 luglio - 10 settembre 2012, numero 15104 Presidente Roselli – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo M P. esponeva al Tribunale di Benevento di essere dipendente della Boffa s.r.l. dal marzo 1986, formalmente inquadrato come commesso ma svolgendo in concreto compiti di magazziniere che in data 4 gennaio 1997 aveva ricevuto una lettera di licenziamento motivato dalla chiusura della sede magazzino di via e dalla contrazione della attività connessa alla crisi del settore ricambi auto che il licenziamento era stato poi revocato, e successivamente, dopo la stipula di un contratto di solidarietà a tempo parziale, era stato reiterato in data 13 maggio 1997. Il primo giudice riconduceva il secondo provvedimento al primo, ricomponendo entrambi in un'unica sequenza causale, fondata sulla persistenza della crisi produttiva, che giustificava l'omessa rinnovazione della comunicazione dei motivi, del resto rimasti inalterati e conosciuti sin dall'epoca del primo recesso. Rilevava che nella fattispecie erano stati provati i presupposti legittimanti il giustificato motivo oggettivo la soppressione del posto di magazziniere occupato dal P. , conseguente alla eliminazione dell'articolazione organizzativa cui egli era stato assegnato magazzino di via il ridimensionamento del volume di affari il nesso causale tra il posto soppresso ed il licenziamento intimato. Il Tribunale respingeva pertanto la domanda. Avverso tale pronuncia proponeva appello il P. . Resisteva la società Boffa s.r.l Con sentenza depositata il 13 febbraio 2007, la Corte d'appello di Napoli, dichiarava l'inefficacia del recesso per la mancata comunicazione dei motivi di licenziamento, ed ordinava la reintegra del P. nel suo posto di lavoro, con le ulteriori conseguenze di cui all'articolo 18 L. numero 300 del 1970. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Boffa, affidato a quattro motivi, poi illustrati con memoria. Resiste il P. con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui resiste la società Boffa con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2, commi 2 e 3, della L.numero 604/66 articolo 360 numero 3 c.p.c. insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'articolo 2697 cod. civ. circa la erronea dichiarata violazione dell'articolo 2 della legge citata, in tesi conseguente all'asserita mancata comunicazione dei motivi del licenziamento fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360 numero 5 . Si duole la ricorrente che la Corte d'Appello di Napoli dichiarò l'inefficacia del licenziamento per violazione dell'articolo 2 della L. 604/1966 con una motivazione insufficiente ed incongrua. Lamenta il mancato esame di tute le risultanze probatorie, da cui emergeva che la datrice di lavoro aveva ampiamente ed in vari atti comunicato al lavoratore le ragioni poste a fondamento del licenziamento, ciò che era perfettamente compatibile con l'articolo 2 L. numero 604/66, che consente la comunicazione dei motivi anche in via preventiva pag. 42 ricorso o per relationem con riferimento al precedente recesso, poi revocato . Lamenta ancora che la Corte partenopea non considerò adeguatamente che dal precedente recesso, dalla sua temporanea revoca pag. 49 ricorso , dalla novazione anch'essa temporanea , ibidem del rapporto in contratto di solidarietà e dall'ultimo recesso, emergevano con chiarezza le ragioni del licenziamento. Ad illustrazione del motivo formulava il seguente quesito di diritto Accerti la Corte che non sussistono prescrizioni tassative di ordine formale, destinate a determinare la formazione del provvedimento, in forza delle quali il datore di lavoro, ove ne sia richiesto, debba nuovamente indicare al lavoratore licenziato i motivi del licenziamento, ai sensi dall'articolo 2 della legge 15 luglio 1966, numero 604, portati a conoscenza del dipendente diversamente, attraverso precipua comunicazione scritta ed enunci a norma dell'articolo 363 c.p.c. il principio di diritto che i motivi del licenziamento possono essere comunicati aliunde nell'interesse della legge ”. Il motivo è infondato. Come risulta dalla sentenza impugnata e dalla stessa esposizione del motivo ad opera della ricorrente, oltre che dal trascritto quesito di diritto, nella specie vi fu un primo licenziamento, quindi la revoca dello stesso quindi una assunzione ex novo con contratto di solidarietà, quindi un nuovo licenziamento pacificamente rimasto sfornito di motivi pur a fronte della richiesta del lavoratore ex articolo 2 L. numero 604/66. Osserva pertanto la Corte che non solo la revoca comporta il venir meno dell'atto cui non può attribuirsi alcuna reviviscenza, neppure quanto ai motivi del licenziamento , ma che nella specie vi fu una assunzione ex novo del P. , seguita dal licenziamento di cui si discute, che non può pertanto collegarsi in alcun modo al primo e revocato licenziamento, sicché l'articolo 2 della L. numero 604/66 avrebbe imposto, in presenza della richiesta dei motivi, la loro comunicazione nel termine di sette giorni ivi previsto a pena di inefficacia. 2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell'articolo 5 L. numero 604/66, oltre ad insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all'articolo 2697 c.c., circa la prova della sussistenza del giustificato motivo di licenziamento. Lamenta che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è scelta riservata all'imprenditore ed insindacabile dal giudice quanto alla sua congruità ed opportunità lamenta ancora che dalle risultanze processuali era emersa chiaramente la sussistenza delle condizioni legittimanti il licenziamento, e che il lavoratore ha solo il diritto che questo sia riferibile ad effettive esigenze di carattere produttivo ed organizzativo e che sia dimostrata l'impossibilità di reperire in azienda altre mansioni compatibili pag. 57 ricorso . Lamenta che la Corte territoriale ritenne invece erroneamente che la società avrebbe dovuto dimostrare anche il nesso causale tra la scelta organizzativa ed il licenziamento del singolo lavoratore, pur essendo emerso dalle prove testimoniali raccolte di cui riportava alcuni brani che la società non assunse altro personale per oltre due anni e che sussisteva una indubbia crisi nel settore vendite autoricambi che aveva comportato la chiusura della sede di OMISSIS , sicché il giudice d'appello avrebbe potuto ritenere acquisita l'effettività delle ragioni poste a fondamento del licenziamento. Ad illustrazione del motivo formulava il prescritto quesito di diritto. Il motivo è in parte inammissibile richiedendo alla Corte un diretto riesame delle risultanze probatorie e per il resto infondato, avendo questa Corte più volte chiarito che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro è tenuto a dimostrare anche la sussistenza del nesso causale che lega la misura organizzativa con la soppressione delle mansioni svolte dal ricorrente e non solo l'esistenza di una crisi aziendale. Va infatti rimarcato che il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ex articolo 3 della legge 15 luglio 1996, numero 604, è determinato non da un generico ridimensionamento dell'attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro su cui incombe il relativo onere dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale ad esigenze collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo Cass. 26 settembre 2011 numero 19616 Cass. 17 marzo 2001 numero 3874 . 3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia una omessa pronuncia articolo 112 c.p.c. . nonché insufficiente motivazione, circa il c.d. aliunde perceptum . Lamenta che nonostante la rituale richiesta di prova sul punto, la Corte partenopea non esaminò minimamente la richiesta. Il motivo è inammissibile. Deve infatti considerarsi che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione o quanto meno all'indicazione della loro esatta ubicazione all'interno dei fascicoli di causa, Cass. sez. unumero 3 novembre 2011 numero 22726 , al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative Cass. ord. 30 luglio 2010 numero 17915 Cass. 23 aprile 2010 numero 9748 . D'altro canto deve rimarcarsi che l'ammissione dei mezzi di prova è rimessa alla iniziativa ed alla discrezionale valutazione del giudice di merito, onde non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che non abbia ammesso e non abbia indicato le ragioni della mancata ammissione di detti mezzi, dovendosi ritenere per implicito che non se ne sia ravvisata la necessità Cass. 22 aprile 2009 numero 9551 . 4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 2 L. numero 604/66 in relazione all'articolo 1 L. numero 108/90, nonché omessa motivazione in ordine alla liquidazione del danno conseguente alla declaratoria di inefficacia del licenziamento. Lamenta che la Corte di merito omise di valutare se il lavoratore licenziato avesse tenuto una volontà compatibile con la volontà di proseguire il rapporto circostanza, ad avviso della ricorrente principale, esclusa da talune testimonianze e dalla stipula di altro contratto di lavoro da parte del P. , liquidando automaticamente il danno ai sensi dell'articolo 18 L. numero 300 del 1970. Il motivo è inammissibile per l'omessa formulazione del prescritto quesito di diritto ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c 5. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il P. denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 18, comma 4, della L. numero 300 del 1970, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla commisurazione della retribuzione globale di fatto sulla base del trattamento economico relativo al contratto a tempo parziale del 2 febbraio 1997, oltre ad un contrasto tra la parte motiva e dispositiva della sentenza. Lamenta che la Corte d'appello calcolò erroneamente il dovuto sulla base della retribuzione percepita in virtù dell'ultimo contrato di lavoro a tempo parziale, violando con ciò sia il principio per cui l'indennità prevista dall'articolo 18, comma 4, deve essere commisurata alla retribuzione globale di fatto ordinariamente pag. 39 controricorso corrisposta al lavoratore, sia il dato fattuale per cui nell'ultimo periodo del rapporto l'orario di lavoro divenne a tempo pieno, come era emerso dalle risultanze probatorie, nonché dalla dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società in sede di incontro sindacale presso l'u.p.l.m.o. nel giugno 1997. Ad illustrazione del motivo formulava il prescritto quesito di diritto. Il motivo è in parte infondato e per il resto inammissibile. Deve infatti considerarsi che il principio della retribuzione ordinariamente ricevuta dal lavoratore, elaborato da questa Corte Cass. numero 215/04 Cass. numero 12628/03 , non sta a significare che il giudice possa procedere ad una media dei trattamenti economici percepiti dal lavoratore in base a diversi e distinti rapporti di lavoro, ma solo che debba tenersi conto, nell'ambito del rapporto cessato a seguito di licenziamento, anche degli emolumenti variabili percepiti. Nella specie è pacifico che tra il ricorrente e la società Boffa venne instaurato ex novo un contratto a tempo parziale. Ciò emerge sia dalla motivazione della sentenza impugnata sia dalla conseguente statuizione di cui al dispositivo, sicché non risulta alcuna contraddittorietà della sentenza. La doglianza inerente il diverso concreto atteggiarsi del rapporto, risulta invece inammissibile, richiedendo alla Corte un riesame delle risultanze istruttorie e testimoniali ex plurimis , Cass. 27 febbraio 2007 numero 4500 Cass. 26 marzo 2010 numero 7394 . 6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, il P. denuncia la violazione dell'articolo 429 cod. proc. civ., nonché omessa pronuncia in ordine alla rivalutazione monetaria ed interessi sul credito riconosciuto. Il motivo è fondato. Questa Corte ha più volte osservato che il principio contenuto nell'articolo 429, terzo comma, cod. proc. civ. in tema di rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro trova applicazione anche nel caso di crediti liquidati, ai sensi dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970 numero 300, a titolo di risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, i quali, sebbene non siano sinallagmaticamente collegati con una prestazione lavorativa, rappresentano pur sempre l'utilità economica che da questa il lavoratore avrebbe tratto ove la relativa esecuzione non gli fosse stata impedita dall'ingiustificato recesso della controparte tra le tante, Cass. numero 18608/2009 Cass. numero 1000/03 . Deve pertanto accogliersi il secondo motivo del ricorso incidentale e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte, come da dispositivo. La parziale reciproca soccombenza e l'esito complessivo della lite, inducono a mantenere ferma la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza impugnata ed a compensare quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale ed accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale. Cassa sul punto la sentenza impugnata e condanna la Boffa s.r.l. a corrispondere, sulle somme indicate nella sentenza d'appello, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria in base agli indici ISTAT. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.