Bilancio consuntivo approvato: ogni condomino deve versare le quote di propria competenza

L'obbligo contributivo, così come individuato e liquidato da delibera regolarmente approvata, non può essere condizionato o sospeso dal singolo condomino in attesa che siano accertati e/o incassati eventuali crediti verso terzi o crediti di condomini verso il condominio.

La posizione di debito-credito del condomino può essere rilevata e fatta valere in sede di approvazione del bilancio consuntivo ma non può essere motivo per sospendere o ritardare il versamento delle quote. Inoltre, la delibera condominiale approvata non impugnata nei termini di legge è esecutiva ed opponibile a tutti i condomini. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 13627 del 30 maggio 2013. Il caso. Il condominio Alfa, previo approvazione del bilancio consuntivo, proponeva ricorso per decreto ingiuntivo avversa alcuni condomini che risultavano morosi. L'ingiunzione veniva opposta nei termini, con conseguente attivazione del giudizio di cognizione. I condomini convenuti si difendevano chiedendo declaratoria di nullità della delibera assembleare nonché compensazione del presunto debito con un credito vantato nei confronti dell'amministratore. Giudice di pace e corte d'appello respingevano le difese articolate da parte convenuta confermando l'ingiunzione di pagamento. I condomini soccombenti proponevano ricorso per cassazione. Nullità e annullabilità della delibera assembleare. Parte convenuta rilevava e contestava la nullità della delibera assembleare assumendo la mancata corretta formazione del bilancio preventivo e consuntivo. La S.C., ratificando l'operato del giudice di merito, ha rilevato che il verbale di approvazione del bilancio consuntivo non era stato oggetto di opposizione nei termini di legge, pertanto, la delibera contenuta doveva ritenersi definitiva ed esecutiva. Sul punto, inoltre, richiamava il consolidato orientamento giurisprudenziale Cass. numero 4806/2013 in ragione del quale «in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto». Obbligo di versamento delle quote condominiali e compensazione dei crediti. Parte convenuta ha sostenuto che il debito ingiunto doveva ritenersi inesistente perché, come risultava da bilancio, gli stessi condomini avevano versato nelle mani dell'amministratore talune somme che costituivano un loro credito nei confronti della compagine condominiale. Detta difesa sosteneva che il debito ed il credito dovevano compensarsi con conseguente inesistenza del primo. La S.C., ha rilevato che il credito era sorto in tempo precedente rispetto al debito e che il debito originava da un bilancio consuntivo regolarmente approvato dall'assemblea e non opposto. Per quanto è possibile desumere, la questione fondamentale è rappresentata dal fatto che il credito era stato versato nelle mani dell'amministratore per ragioni non precisate mentre il debito intercorreva certamente tra condomino e condominio. Tale situazione non era stata compensata in bilancio consuntivo regolarmente approvato. Parte convenuta, richiamando l'articolo 1188 c.c., riteneva che pagare nelle mani dell'amministratore equivaleva a pagare in favore del condominio, quindi chiedeva che fosse accertata e dichiarata la compensazione delle opposte partite contabili. Detta difesa non era stata accolta nella fase di merito. La Cassazione ha ribadito che l'obbligo di versare le quote condominiali regolarmente approvate e eventuali rapporti di credito di terzi o di condomini nei confronti del condominio sono situazioni distinte ed autonome, pertanto non è possibile operare alcuna compensazione. Sul punto, appare opportuno richiamare - per estratto - la decisione numero 2049/2013 «La delibera di spesa adottata dal condominio, divenuta inoppugnabile fa sorgere l'obbligo del condomino di pagare al condominio la somma dovuta. L'obbligazione del condomino verso il condominio e vicende delle partite debitorie del condominio verso i suoi fornitori o creditori sono indipendenti. Il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell'evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e soggetti creditori di quest'ultimo. Scaricherebbe altrimenti sugli altri condomini gli oneri del proprio ritardo nell'adempimento. Deve invece adempiere all'obbligazione verso il Condominio e, qualora dalla gestione condominale residuino avanzi di cassa, vuoi per mancate spese, vuoi per la risoluzione di contratti in precedenza stipulati e conseguenti restituzioni, sorgerà eventualmente un credito nei confronti del condominio, tenuto a restituire, con il bilancio consuntivo di fine anno, l'esubero di cassa spettante secondo i rendiconti e le provenienze dei vari fondi residui». In ultimo, quanto riportato in estratto, chiarisce che la posizione di debito credito del condomino può essere rilevata e fatta valere in sede di approvazione del bilancio consuntivo ma non può essere motivo utile a sospendere o posticipare il versamento delle quote. Pertanto, respinti tutti i motivi di ricorso, parte convenuta veniva condannata anche al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 aprile - 30 maggio 2013, numero 13627 Presidente Triola – Relatore Bertuzzi Svolgimento del processo Con sentenza numero 925 del 17 luglio 2006 il Tribunale di Ferrara confermò, ad eccezione del capo relativo alla regolamentazione delle spese, la sentenza del giudice di pace di Comacchio che aveva respinto l'opposizione proposta da S.G. e B.G. avverso il decreto ingiuntivo che intimava loro di pagare al Condominio omissis la somma di Euro 1.525,73, per spese condominiali approvate con delibera dell'assemblea del 27 aprile 2003, che aveva approvato il bilancio consuntivo relativo all'anno 2002. Il giudice di secondo grado respinse l'appello affermando che l'eccezione con cui gli opponenti avevano opposto al Condominio un loro controcredito pari alla somma di lire 5.738.817 da loro versata nel novembre 2000 nelle mani dell'allora amministratore e da questi non versata nelle casse condominiali era infondata, essendo la loro posizione debitoria divenuta ormai definitiva per effetto della mancata impugnazione della delibera di approvazione del bilancio che riportava tale debito, aggiungendo che tale impugnativa era nella specie necessaria in quanto la relativa delibera, per effetto dell'errore denunziato, poteva considerarsi eventualmente annullabile, ma non certo nulla, e che, comunque, gli opponenti non avevano mai chiesto che ne fosse dichiarata la nullità. Per la cassazione di questa decisione, notificata il 27 aprile 2007, ricorrono, con atto notificato il 14 giugno 2007, S.G. e B.G. , affidandosi a due motivi, illustrati da memoria. Il Condominio OMISSIS resiste con controricorso. Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso denunzia violazione dell'articolo 1188, comma 1, in relazione agli articolo 1137, 1418, 1421 e 2379 cod. civ., censurando la decisione impugnata per non avere riconosciuto che il pagamento fatto dai ricorrenti nelle mani dell'amministratore dello stabile era da considerarsi valido e liberatorio nei confronti del Condominio, essendo stato eseguito nei confronti del legale rappresentante dello stesso, e per non avere per l'effetto dichiarato che la delibera assembleare che aveva indicato come dovuta la somma richiesta avrebbe dovuto considerarsi nulla per impossibilità della prestazione e per falsità della relativa iscrizione di bilancio. Il motivo è infondato. Con riferimento alla prima censura, va premesso che dall'esposizione dei fatti di causa riportata dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso emerge che il versamento della somma da parte dei ricorrenti nelle mani dell'amministratore, che risulta da loro eccepito quale motivo di opposizione, si era verificato nel novembre del 2000, quindi ben prima del sorgere del credito per cui fu emesso il decreto ingiuntivo opposto, il cui titolo va ravvisato nelle poste del bilancio consuntivo relativo all'anno 2002, approvato dall'assemblea del condominio il 27 aprile 2003. Da tale precisazione consegue che l'eccezione sollevata dagli opponenti, in realtà, non concerneva affatto il pagamento di un debito eseguito in buona fede all'amministratore in carica, cioè a persona che certamente in quel momento era legittimata a riceverlo, ma si risolveva in una eccezione di compensazione riferita ad un debito sorto successivamente. La fattispecie concreta si colloca pertanto, sia dal punto di vista formale che sostanziale, al di fuori della figura del pagamento in senso stretto, inteso come prestazione solutoria di un debito preesistente, e della problematica circa l'individuazione del soggetto destinatario del pagamento. Deve pertanto escludersi, trattandosi di disposizione estranea al caso concreto, la denunziata violazione dell'articolo 1188, comma 1, cod. civ., che ha riguardo agli effetti liberatori conseguenti al pagamento fatto al creditore o al suo rappresentante. Da respingere è anche la seconda censura, tenuto conto che la delibera assembleare posta dal condominio a sostegno della propria pretesa concerneva l'approvazione del rendiconto consuntivo e che, in mancanza di allegazioni della parte sul punto, deve presumersi non si sia nemmeno occupata dell'eccezione di compensazione poi sollevata dagli opponenti in questo giudizio. Ne discende che, vertendosi in materia di delibera attinente all'approvazione delle spese del condominio ed alla loro ripartizione, l'eventuale errore del deliberato in ordine alla apposizione delle somme dovute integra chiaramente una causa di annullabilità e non di nullità della delibera. Nella specie, questa Corte ha già chiarito che le delibere delle assemblee condominiali possono qualificarsi nulle soltanto laddove siano prive degli elementi essenziali, dispongano dei diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o abbiano un oggetto impossibile o illecito ovvero dispongano su materia non rientrante nella competenza della assemblea Cass. S.U. numero 4806 del 2005 e sentenze successive , situazione quest'ultima che, per la ragione sopra evidenziata, deve ritenersi esclusa nel caso di specie, avendo l'assemblea deliberato sulla approvazione del rendiconto. La statuizione impugnata, che ha confermato la debenza del debito a carico degli opponenti per non avere essi impugnato nel termine di legge la citata deliberazione del 27 aprile 2003, appare pertanto corretta. Il secondo motivo denunzia violazione degli articolo 112 e 113 cod. proc. civ. ed omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che il giudice di appello non abbia rilevato la nullità della delibera di approvazione del rendiconto consuntivo, che come tale era rilevabile in qualsiasi tempo, affermando invece, senza motivazione, che essa era annullabile. Il motivo va respinto in ragione delle considerazioni appena svolte, che hanno evidenziato l'esattezza della soluzione del Tribunale che ha qualificato il vizio denunziato dagli opponenti in termini di annullabilità e non di nullità della delibera e ne ha tratto le dovute conseguenze in termini di consolidamento ed incontestabilità della situazione in essa rappresentata per difetto di impugnativa. La denunzia di vizio di motivazione è invece inammissibile, in quanto investe l'applicazione di norme di diritto, tale dovendosi ritenere la questione se una determinata delibera, in relazione al difetto denunziato, debba qualificarsi annullabile oppure nulla, mentre è noto che il vizio di motivazione della sentenza è riscontrabile unicamente in relazione agli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito Cass. S.U. numero 21712 del 2004 . Il ricorso va pertanto respinto. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.