Confermata la linea già seguita in primo e in secondo grado la persona danneggiata non ha dimostrato che l’incidente subito è stato provocato dalle condizioni dell’impianto. Anzi, il comportamento tenuto è stato valutato come caso fortuito, che ha dato il ‘la’ all’episodio e ha liberato da ogni responsabilità la titolare della piscina.
Occhi aperti e attenzione alla sicurezza in piscina, ma anche fuori dalla piscina Perché lì, a bordo vasca, pure compiendo letteralmente quattro passi, i pericoli sono dietro l’angolo, con le relative spiacevoli conseguenze. E senza le dovute precauzioni, oltre ai danni c’è anche la beffa Cassazione, ordinanza numero 378/2013, Sesta Sezione Civile, depositata oggi . Scivolone. Episodio tragi-comico a bordo piscina un bagnante scivola, e si ritrova a terra. Oltre alla sonora caduta, ovviamente, vanno fatti i conti anche con le lesioni provocate dall’infortunio. Che, però, non può essere ‘ricompensato’ col risarcimento a carico della persona responsabile dell’impianto. A certificare questo quadro sono i giudici, sia in primo che in secondo grado, stabilendo, alla luce dell’episodio, che «l’infortunio non potesse essere direttamente ricollegato al pavimento della piscina, avuto riguardo allo stato dei luoghi e tenuto conto della certificazione di agibilità», e aggiungendo che «la condotta» del bagnante, «disattenta ed imprudente», ossia il «transitato senza ciabatte di gomma a bordo vasca, in luogo sempre bagnato ed in discesa», era «fatto esterno idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno» e quindi «ad escludere la responsabilità del custode». Azzardo. Nessun «pericolo occulto», quindi, era ipotizzabile, secondo i giudici. Ma è proprio su questo punto che si soffermano i familiari del bagnante rimasto infortunato, richiamando, in particolare, le «negligenze dei titolari della piscina». Ma questa visione, centrale nel ricorso proposto in Cassazione, viene respinta dai giudici. Questi ultimi, in particolare, richiamano i principi fondamentali in materia di «responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia», ricordando l’«inversione dell’onere della prova» è l’attore che agisce per il riconoscimento del danno ad avere «l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo», mentre il custode «per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera oggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale». Ebbene, alla luce di tali principi, è evidente la carenza della prova «del nesso eziologico tra il pavimento della piscina e la caduta», alla luce del comportamento azzardato tenuto dal bagnante. Ecco perché, quindi, va confermata la linea di pensiero espressa in Appello nessun risarcimento è attribuibile a favore dei familiari della persona rimasta vittima dell’incidente a bordo piscina.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 5 dicembre 2012 – 9 gennaio 2013, numero 378 Presidente Finocchiaro – Relatore Giacalone Fatto e diritto Nella causa indicata in premessa è stata depositata la seguente relazione “1. - La sentenza impugnata, depositata il 21 dicembre 2010, confermando quella di primo grado, ha, per quanto qui rileva, respinto la domanda risarcitoria del dante causa dell’odierna ricorrente, ritenendo che a. l’infortunio non potesse essere direttamente ricollegato al pavimento della piscina, avuto riguardo allo stato dei luoghi e tenuto conto della certificazione di agibilità b. in ogni caso la condotta disattente ed imprudente dell’attore - transito senza ciabatte di gomma a bordo vasca in luogo sempre bagnato ed in discesa - era fatto esterno idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e ad escludere la responsabilità del custode e. la responsabilità di parte appellata andava esclusa anche sotto il profilo non essendo emersa nella specie la sussistenza degli elementi integranti una situazione di pericolo occulto. 2. - Ricorrono per cassazione gli credi del danneggiato con due motivi la M. resiste con controricorso gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. 3. - I ricorrenti deducono i seguenti motivi 3.1. - insufficiente ed erronea valutazione circa un punto decisivo della controversia, contestando la valutazione delle deposizioni dei testi operata dalla Corte territoriale, nonché le valutazioni della stessa in ordine all’insussistenza degli elementi dell'insidia o trabocchetto 3.2. violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., in violazione dall’orientamento giurisprudenziale della Corte, per avere la Corte territoriale erroneamente valutato o ignorato determinate circostanze di fatto, senza valutare le negligenze dei titolari della piscina. 4. - Le censure - che possono trattarsi congiuntamente data l'intima connessione, essendo tutte rivolte a contestare la ritenuta mancanza del nesso eziologico tra l’evento dannoso e la “cosa” in custodia - implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in realtà, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere presente 4.1. - quanto alla valutazione di elementi probatori contestate in entrambe le censure , il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza e quindi su di un giudizio di fatto dei giudici di merito non può spingersi fino alla rielaborazione dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre, quasi a formare un terzo grado di giudizio di merito, a quella operata nei due gradi precedenti, magari perché ritenuta la migliore possibile, dovendosi viceversa tale controllo muovere esclusivamente attraverso il filtro delle censure proposte dalla parte ricorrente nei limiti senati dall’articolo 360 c.p.c Tale controllo riguarda infatti unicamente attraverso il filtro delle censure mosse con il ricorso il profilo della coerenza logico-formale e della correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione, che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute idonee a sostenerlo all’intento di un quadro valutativo complessivo privo di errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo interno tessuto ricostruttivo della vicenda cfr., per tutte, Cass. S.U. 11 giugno 1998 numero 5802 e, più recentemente, Cass., nnumero 27162/09, 26825/09, 15604/07 e 21153/10, in motivazione 4.2. - quanto agli elementi di cui s’invoca l’omessa considerazione nel secondo motivo, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al line di evitare una statuizione dì inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllore ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito Cass. numero 19976/2009 13958/2007, in motivazione 7981/2007 2140/2006 22154/2004 4.3. - nonché, circa la restante parte del secondo motivo, il consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’articolo 2051 cod. civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto non assunse rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilita è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno. Ne consegue l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito. Sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. numero 6753/2004 . L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale Cass. 4279708 20427708 5910/11 secondo cui la norma dell’articolo 2051 cod. civ., che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa - Principio enunciato ai sensi dell’articolo 360-bis, numero 1, cod. proc. civ. . La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni della propria decisione, proprio esaminando gli elementi la cui considerazione il ricorrente assume che sia stata erroneamente valutata. Attenendosi ai riferiti principi, è stata esclusa la prova ad opera della parte ricorrente della sussistenza del nesso eziologico tra il pavimento della piscina e la caduta, essendo stato accertato, in linea di fatto come non adeguatamente contestato neppure dalla difesa della parte ricorrente che l’incidente si è verificato per fatto della stessa danneggiate. Le doglianza è comunque oltre che inammissibile anche manifestamente infondata atteso - da un lato, che la responsabilità prevista dall’articolo 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa detta norma non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità costituisce caso fortuito anche la riferibilità dell’evento a una condotta colposa dello stesso danneggiato Cass., 17 gennaio 2008, numero 858 e nella specie è stato escluso un nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro occorso alla ricorrente - dall’altro, che il caso fortuito cui fa riferimento l’articolo 2051 c.c. deve intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato Cass. 19 febbraio 2008 numero 4279 . Deve ribadirsi - infatti - che nel caso in cui l’evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un’ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all’articolo 2051 c.c. Cass. 19 febbraio 2008 numero 4279 . 4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso”. La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite. La parte resistente ha presentato memoria, sostanzialmente adesiva alle valutazioni in fatto e in diritto espresse nella relazione. Ritenuto che a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato ai sensi di cui in motivazione. le spese seguono la soccombenza nel rapporto con la parte costituita nulla è da disporsi per le spese nei confronti degli altri intimati, che non hanno svolto attività difensiva. visti gli articolo 380-bis e 395 cod. proc. civ. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti della resistente M., che liquida in Euro 2.400,01, di cui Euro 2.200,00 per onorario, oltre accessori di legge.