Il cedimento strutturale del solaio di un edificio deve essere addebitato non solo a colui che aveva proceduto all’edificazione, ma anche a chi avrebbe dovuto vigilare adeguatamente sull’opera svolta dal primo.
Con la sentenza numero 23838, depositata il 21 dicembre 2012, la Corte di Cassazione ha così confermato le sentenze di merito di condanna alla demolizione dell’opera ed al risarcimento dei danni a favore della committente. Il contratto di appalto. Su commissione della proprietaria di un’abitazione, viene costruito un solaio. Se ne occupa un’impresa edile, avvalendosi della collaborazione progettuale di un ingegnere. La zona era considerata a rischio sismico, la struttura avrebbe dovuto essere costruita rispettandone le relative normative. Così non avviene. Il solaio crolla. In primo grado è riconosciuta la responsabilità del solo costruttore, in secondo anche dell’ingegnere. Il progettista è responsabile anche se non nominato direttore dei lavori? Il progettista ricorre però in Cassazione. Sostiene infatti che il fabbricato realizzato sarebbe difforme rispetto ai suoi progetti, depositati presso il Comune ed il Genio Civile. Sostiene inoltre che non può esservi nesso causale tra la costruzione dell’opera e la propria condotta, non essendo mai stato nominato direttore dei lavori. La qualifica di direttore dei lavori è ininfluente per stabilire la responsabilità. La Cassazione avvalla il ragionamento della corte distrettuale, giudicando irrilevante la verifica che nella persona dell’ingegnere si cumulasse anche la figura di direttore dei lavori. Infatti è ininfluente la difformità dei progetti ai fini dell’emergenza della responsabilità del professionista che li aveva redatti. Se non si dimostra che l’insufficiente spessore del solaio «trovava origine in un’improvvida iniziativa esecutiva dell’appaltatore, non è possibile escludere il nesso causale tra tale leggerezza progettuale e la causazione della rovina dell’edificio». L’approvazione del progetto non esonera da responsabilità. Inoltre, secondo la Corte, non conta che il progetto fosse stato approvato dal Genio Civile. Da ciò solo poteva nascere una responsabilità di tale organo nel mancato controllo del rispetto della normativa antisismica, ma non «un’absolutio dal rispetto della stessa in relazione all’opera del progettista». La Corte rigetta quindi il ricorso, e conferma la condanna di costruttore e progettista alla demolizione dell’opera ed al risarcimento dei danni.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 – 21 dicembre 2012, numero 23838 Presidente Triola – Relatore Bianchini Svolgimento del processo R C. citò innanzi al Tribunale di Vibo Valentia l'ing. N.G G. , progettista e ritenuto direttore dei lavori, e F M. , titolare dell'omonima impresa edile, costruttore, sulla base del progetto del primo, di una casa di civile abitazione commissionata da essa attrice, affinché fosse accertato e dichiarato che il cedimento strutturale di un solaio dell'edificio doveva essere addebitato a colui che aveva proceduto all'edificazione ma anche a chi, come direttore dei lavori, non aveva vigilato adeguatamente sull'opera del primo chiese, su tali presupposti, che venisse pronunziata la risoluzione del contratto e che dette parti fossero condannate in via solidale e ciascuno per quanto di ragione alla demolizione dell'opera a loro cura e spese al risarcimento dei danni ed alla restituzione degli acconti versati. L'ing. G. , costituendosi, negò che gli fosse stata affidata la direzione del lavori ed evidenziò l’ingerenza della committente nella esecuzione dei lavori, di tal che sarebbe stato in concreto eseguito un progetto diverso da quello approvato contestò quindi la validità e l'utilizzabilità di un precedente accertamento tecnico preventivo, eseguito in sua assenza. Il M. affermò a sua volta che le opere erano state eseguite in modo difforme dall'elaborato progettuale per le pressanti richieste dell'attrice che ne doveva, di conseguenza rispondere. Il Tribunale adito respinse la domanda nei confronti dell'ing. G. rispetto al quale escluse la qualità di direttore dei lavori e l'accolse contro il M. , ritenendo che il secondo, su sollecitazione della committente, avrebbe realizzato un fabbricato architettonicamente diverso da quello oggetto di progettazione e che le pur riscontrate difformità nel dato progettuale rispetto alla normativa antisismica erano state pur sempre state sottoposte al positivo controllo del Genio Civile che aveva approvato il progetto senza sollevare rilievi. La Corte di Appello di Catanzaro, pronunziando sentenza numero 231/2006 pubblicata il 19 maggio 2006, estese all'ing. G. la condanna a sopportare le spese per la demolizione del fabbricato, respingendo nel resto il proposto gravame del M. . A sostegno della decisione la Corte del merito — per quello che ancora conserva interesse in sede di legittimità e quindi sulla responsabilità dell'ing. G. valutò, diversamente dal giudice di primo grado, l'apporto professionale del G. , ritenendolo anche direttore dei lavori e valorizzò ai fini del decidere il fatto oggettivo della notevole differenza di spessore del solaio che aveva ceduto, rispetto alle caratteristiche che lo stesso manufatto avrebbe dovuto avere in ossequio alla normativa in materia di costruzioni in zona antisismica. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il G. , fondandolo su tre motivi le altre parti non hanno svolto difese. Motivi della decisione I — Con il primo motivo viene denunziato il vizio di omessa, insufficiente, illogica ed incongrua motivazione derivante anche dalla mancata ed errata valutazione delle risultanze processuali e per travisamento dei fatti di causa. La — Sostiene il ricorrente che l'analisi, compiuta dalla Corte distrettuale, della consulenza di ufficio, sul punto della propria responsabilità, sarebbe stata manchevole in quanto avrebbe omesso di richiamare punti dell'elaborato tecnico essenziali ai fini del decidere, quali appunto la difformità del fabbricato realizzato rispetto ad entrambi i progetti poi depositati presso il Comune ed il Genio Civile. II — Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione delle norme sulla responsabilità civile in generale e del direttore dei lavori in particolare, in caso di rovina di edifici rispettivamente richiamando gli articolo 2043 e 1669 cod. civ. denunciando altresì un triplice vizio di motivazione — esposto con riferimento a tutte le fattispecie contemplate nell'articolo 360, 1 comma, numero 5 cpc -, laddove la Corte del merito, arbitrariamente selezionando il materiale istruttorio acquisito — dal quale non emergeva la qualità anche di direttore dei lavori dell'esponente aveva ritenuto addebitabile ad caso ricorrente la esecuzione di un'opera non solo non rispondente al progetto licenziato ma rispetto alla quale non avrebbe avuto alcun potere di controllo, non essendo a ciò officiato con l'investitura di direttore dei lavori, così che il giudice dell'appello avrebbe erroneamente presupposto un nesso causale tra la condotta imputata ad esso G. e la realizzazione dell'opera. III I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto involgenti aspetti diversi della stessa doglianza. III.a Gli stessi non possono dirsi fondati. III.a.1 — Va innanzi tutto esclusa l'ammissibilità del profilo attinente alla motivazione in quanto la esposta censura non può dirsi conforme allo schema legale delineato dall'articolo 360, 1 comma, numero 5 cpc in quanto non esplicita in quale punto della motivazione la Corte del merito non abbia dato congruamente ragione del proprio convincimento ove non abbia esaminato un motivo o un'eccezione proposta ove invece l’iter argomentativo seguito non sia stato conseguente alle proprie premesse logiche inammissibilmente quindi parte ricorrente fa valere — accomunandolo al vizio di violazione o di falsa applicazione di legge — la non condivisione della valutazione delle emergenze istruttorie. III.a.2 — I mezzi in esame poi debbono dirsi infondati sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge dal momento che l'apprezzamento della Corte di Appello dei dati di causa come visto congniamente motivato è del tutto rispondente ai confini applicativi delle norme in scrutinio atteso che a — la ininfluenza della difformità dei due progetti architettonici tra loro ai fini dell'emergenza della responsabilità del professionista che li aveva redatti, non si estendeva al progetto — esecutivo necessariamente utilizzato dal M. se quindi non si dimostra che la causa primaria delle lesioni, vale a dire l'insufficienza dello spessore del solaio, trovava origine in un'improvvida iniziativa esecutiva dell'appaltatore, non è possibile escludere il nesso causale tra tale leggerezza progettuale conformemente eseguita e la causazione della rovina dell'edificio, indipendentemente dunque dalla configurazione anche della funzione di direttore dei lavori in capo all'Ing. G. b — l'approvazione del progetto così viziato per la non vinta presunzione di rispondenza dell'opera al progetto da parte del Genio Civile costituiva allora circostanza ininfluente in quanto dalla stessa poteva nascere solo una responsabilità dell'organo preposto al controllo di conformità del progetto anche alla normativa antisismica ma certo non un'absolutio dal rispetto della stessa in relazione all'opera di progettista. III.a.3 — Da quanto sopra argomentato emerge ribadita la irrilevanza della verifica se nella persona dell'ing. G. si cumulasse anche la figura del direttore dei lavori. IV — Con il terzo motivo, deduce il ricorrente la violazione del principio che vieta la proposizione delle domande nuove in appello — articolo 345 cpc — laddove la Corte territoriale ha respinto la propria eccezione preliminare con la quale era stata fatta valere la carenza di legittimazione dell'appellante M. a censurare il capo di decisione del Tribunale che aveva escluso la responsabilità di esso progettista — essendo stato chiamato in giudizio esclusivamente dalla C. e quindi a far riesaminare la questione della relativa responsabilità. IV.a — Il motivo è infondato in quanto non prende in esame l'ampia motivazione posta a base dal giudice dell'appello — vedi foll. 11 e 12 — in forza della quale si sottolineato come da un lato l'appaltatore — convenuto in giudizio dalla propria committente non aveva alcun onere di indicare i corresponsabili del danno dall'altro che era proprio la negazione della responsabilità del progettista, contenuta nella sentenza di primo grado, a far nascere il diritto dell'appaltatore a chiedere la condanna dell'altro convenuto, così determinando la infondatezza dell'addebito di aver violato il divieto di nova in appello. V — Il ricorso va rigettato senza onere di spese non essendosi costituite le parti intimate. P.Q.M. Rigetta il ricorso.