Ammanco nella cassa condominiale, la cifra contenuta non basta a salvare l'amministratrice

L'ipotesi di appropriazione indebita resta in piedi. La questione ritorna, per la seconda volta, in Appello. Necessario un confronto tra le diverse perizie per fare chiarezza sul buco .

Manca soltanto un milione di lire . Questa giustificazione, ovvero la limitatezza del buco , non può essere sufficiente per far cadere l'ipotesi dell'appropriazione indebita. A rischiare di pagarne le conseguenze, ora - come chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 36022, Sesta Sezione Penale, depositata ieri -, è l'amministratrice di condominio finita sul banco degli imputati e disposta a rinunciare alla prescrizione . Storia vecchia. La questione, relativa alla gestione di un condominio, è già nota ai giudici della Cassazione, che, tempo addietro, avevano annullato la sentenza d'Appello che aveva condannato l'amministratrice di condominio per appropriazione indebita con l'aggiunta del risarcimento dei danni a favore del condominio costituitosi parte civile . Ora, a distanza di qualche anno, la questione ritorna in ballo questa volta, però, in Appello la donna viene assolta, e il ricorso per cassazione è presentato dal Procuratore Generale e dal condominio. Per i giudici dell'Appello, una perizia aveva stabilito che l'ammanco ammontava a poco più di un milione di lire, a fronte della somma di oltre 23milioni di lire contestata inizialmente quindi, quell'ammanco era da considerare frutto di una oggettiva confusione nella gestione contabile , facendo cadere l'accusa di appropriazione indebita. La matematica non è un'opinione Questione chiusa? Assolutamente no, alla luce, come detto, dell'ulteriore ricorso per cassazione. Elemento centrale, nella visione proposta dal Procuratore Generale, è l'erroneità dei calcoli della perizia utilizzata come riferimento in Appello, anche considerando che altre perizie avevano evidenziato ammanchi molto più corposi. Il riferimento è, per la precisione, a ciò che avevano evidenziato consulente di parte,consulente del Pubblico Ministero e perito del Tribunale, ovvero un buco di oltre 20milioni di lire nella gestione contabile del condominio. Solo il perito nominato in Appello aveva indicato un ammanco di un milione di lire, e, alla luce di questa cifra, era stato escluso il reato. Perché una piccola differenza di cassa non poteva giustificare l'ipotesi di appropriazione indebita. Poco o tanto? La visione proposta in Appello, però, viene nuovamente respinta in Cassazione. La ragione? La motivazione viene ritenuta illogica, in quanto l'esclusione del reato viene giustificata unicamente in relazione all'importo esiguo dell'ammanco, affermando che tale minima differenza è riconducibile a cause diverse, laddove non può certo escludersi che anche un minimo importo possa configurare un'ipotesi appropriativa , chiariscono i giudici di piazza Cavour. Per giunta, viene criticata anche la scelta di attenersi a una sola perizia, senza una seria e approfondita comparazione tra le diverse perizie disposte nel corso del processo , soprattutto tenendo presente che esse differivano profondamente . Come si conclude, allora, la vicenda? Non si conclude, almeno per adesso Il ricorso, difatti, viene accolto, e la questione viene di nuovo affidata alla Corte d'Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 luglio 5 ottobre 2011, numero 36022Presidente Milo Relatore FidelboSvolgimento del processo1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Palermo, quale giudice del rinvio, a seguito dell'annullamento disposto dalla Corte di cassazione nei confronti della sentenza d'appello pronunciata il 29 gennaio 2007, che confermando la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità di G.C. per il reato di appropriazione indebita, condannandola anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile, ha assolto l'imputata escludendo la sussistenza del fatto contestato.I giudici del rinvio, dopo avere premesso che l'imputata era stata condannata per essersi appropriata indebitamente del denaro depositato nel conto corrente del Condominio via , di cui era stata amministratrice dal 1.4.1996 al 31.03.1997, hanno ritenuto, sulla base della perizia del prof. P., disposta nel corso della precedente istruttoria dibattimentale d'appello, che l'ammanco, calcolato in lire 1.018,754 a fronte della somma di lire 23.637.922 contestata inizialmente, era frutto di una oggettiva confusione nella gestione contabile da parte dell'imputata, escludendo la sussistenza del reato di cui all'articolo 646 c.p.2. Contro questa sentenza ha presentato ricorso per cassazione il procuratore generale, deducendo il vizio di motivazione e censurando le conclusioni cui giungono i giudici del rinvio sulla base dei calcoli, ritenuti errati, contenuti nella perizia del prof. P Ha presentato ricorso per cassazione anche la parte civile, denunciando la errata applicazione dell'articolo 646 c.p. nonché la manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento delle prove, costituite dalle perizie disposte nel corso del giudizio e che avevano accertato ammanchi di cassa molto più elevati di quelli calcolati dall'ultima perizia.Motivi della decisione3. Preliminarmente si osserva che l'imputata, nell'udienza di appello del 2.4.2010, ha dichiarato di rinunciare alla prescrizione del reato contestatole, che altrimenti avrebbe dovuto ritenersi estinto, ai sensi dell'articolo 157 c.p., nel marzo del 2010.Ciò comporta la necessità di procedere all'esame dei ricorsi, che appaiono fondati nei limiti di seguito indicati.4. Entrambi i ricorsi hanno dedotto l'intrinseca contraddittorietà della motivazione con cui la Corte d'appello ha assolto l'imputata dal reato di appropriazione indebita, fondando la decisione esclusivamente sui risultati dell'ultima perizia, senza prendere in alcuna considerazione le precedenti consulenze disposte che giungevano a conclusioni diverse in ordine all'ammontare degli ammanchi.Infatti, mentre il consulente di parte rag. C. , quello del pubblico ministero rag R. e il perito del Tribunale dott. C. concordavano sulla somma di circa 20 milioni di lire costituente l'ammanco nella gestione contabile del condominio da parte dell'imputata, il perito nominato in sede di appello prof. P. indicava in sole lire 1.018.754 la somma mancante. Ed è con riferimento a tale limitato importo che la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del reato, ritenendo che una piccola differenza di cassa non potesse configurare l'ipotesi di appropriazione indebita, dovendo invece essere ricondotta a cause diverse e non volute consapevolmente dall'agente .Ebbene, come rilevato nei ricorsi, si tratta di una motivazione manifestamente illogica, in quanto l'esclusione del reato, sia sul piano oggettivo che soggettivo, viene giustificata unicamente in relazione all'importo esiguo dell'ammanco, affermando in maniera apodittica che tale minima differenza di cassa è riconducibile a cause diverse , laddove non può certo escludersi che anche un minimo importo possa configurare un'ipotesi appropriativa.5. Peraltro, la motivazione appare illogica e contraddittoria anche sotto un diverso punto di vista, in quanto la sentenza impugnata si è allineata acriticamente sulle conclusioni dell'ultima perizia, senza che tale scelta sia stata giustificata da una seria e approfondita comparazione tra le diverse perizie disposte nel corso del processo confronto tanto più necessario dal momento che le conclusioni della perizia P. differivano profondamente da quelle dei precedenti accertamenti tecnici.6. I rilevati vizi della motivazione determinano l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo.P.Q.M.Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Palermo per nuovo giudizio.