L'assicurazione paga i danni anche se il contrassegno della Rc auto è solo apparentemente valido

In caso di esposizione di contrassegno contraffatto, spetta alla compagnia fornire la prova, liberatoria, dell'inesistenza del rapporto assicurativo.

In caso di assicurazione obbligatoria per la circolazione dei veicoli, la tutela dell’affidamento del danneggiato copre anche l’apparenza del diritto se il veicolo danneggiante esponeva un contrassegno falsificato ma apparentemente valido, l’assicuratore è comunque responsabile se non prova l’inesistenza del rapporto assicurativo. E’ il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 24089 del 17 novembre. La vicenda. La vittima di un sinistro stradale si rivolge al Tribunale per ottenere il risarcimento dei danni subiti, convenendo in giudizio l’altro automobilista coinvolto e la compagnia assicuratrice di questo. La domanda, dopo un esito negativo in primo grado, veniva accolta in appello, con condanna in solido dei convenuto. L’assicurazione, infine, proponeva ricorso per cassazione. La compagnia contesta l’esistenza del rapporto assicurativo. Ma per evitare la condanna deve fornire la prova negativa. Fin dall’inizio del processo, la compagnia assicuratrice convenuta ha contestato l’esistenza di un valido rapporto assicurativo con l’automobilista danneggiante e viene, quindi, censurata la sentenza di condanna per non aver tenuto conto di questa osservazione. La S.C., però, ribadisce il principio per cui è proprio l’assicuratore che ha l’onere di provare l’inesistenza di un rapporto con l’assicurato quando, come nel caso di specie, risulti che quest’ultimo avesse esposto un contrassegno formalmente valido. Il contrassegno è falsificato, ma sembra vero prevale la tutela dell’affidamento del danneggiato. Il caso in esame, infatti, presenta una peculiarità al momento del sinistro, il veicolo danneggiante presentava un contrassegno assicurativo falsificato ma apparentemente valido, in quanto riportava tutti i dati del rapporto contrattuale. Ebbene, la S.C., richiama in primo luogo la normativa applicabile in materia di assicurazioni, secondo la quale il rilascio di un contrassegno assicurativo per la r.c.a. vincola la compagnia a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, anche se il premio non è stato pagato o se il contratto di assicurazione non è efficace, poiché nei confronti del danneggiato ciò che rileva è l’autenticità del contrassegno. Ma, prosegue la Corte, la tutela dell’affidamento del danneggiato si spinge a coprire anche l’apparenza del diritto in caso di contrassegno contraffatto o falsificato che risulti però prima facie valido, per escludere la responsabilità dell’assicuratore «occorre che questi provi l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato». Nel caso di specie il contrassegno risultava apparentemente valido e non c’è prova che l’assicuratore abbia informato il danneggiato che il danneggiante fosse privo di copertura assicurativa. pertanto, la condanna appare legittima, e il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 ottobre – 17 novembre 2011, numero 24089 Presidente Morelli – Relatore D’Amico Svolgimento del processo C. R. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma E. B. e la società A. Assicurazioni s.p.a. chiedendo il risarcimento dei danni che asseriva di aver subito a seguito di un incidente stradale. La A. eccepiva la carenza di legittimazione passiva sostenendo che non era stata data prova del rapporto assicurativo inter partes. A seguito della liquidazione coatta amministrativa della società il giudizio era interrotto e quindi riassunto dal Commissario liquidatore. Con sentenza numero 5163 del 19 aprile 2001 il Tribunale di Roma rigettava la domanda del R. per improcedibilità, rilevando d’ufficio la mancanza agli atti di una raccomandata con avviso di ricevimento inviata alla impresa assicuratrice posta in l.c.a. e condannava il R. alle spese del giudizio. Quest’ultimo proponeva appello avverso la suddetta decisione chiedendone la riforma con la dichiarazione dell’esclusiva responsabilità di B. Contumace quest’ultimo, la A. Assicurazioni s.p.a ribadiva l’insussistenza di qualsiasi rapporto assicurativo relativo all’auto del B. e che il contrassegno assicurativo era stato falsificato. La società assicuratrice proponeva querela di falso. La Corte d’Appello dichiarava non esperibile tale querela e che B. era l’unico responsabile condannandolo in solido con la A. Assicurazioni s.p.a. in l.c.a. al pagamento in favore di R. di € 30.864,00 a titolo di risarcimento dei danni. Propone ricorso per cassazione la A. Assicurazioni s.p.a. in l.c.a. con tre motivi e presenta memoria. Resiste con controricorso il R. Motivi della decisione Con il primo motivo parte ricorrente denuncia « Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 18 della legge 24 dicembre 1969, numero 990 che regolano l’onere della prova». Secondo parte ricorrente, ai sensi dell’articolo 2697 c.c. spetta al danneggiato, che vuole far valere direttamente contro la compagnia assicuratrice il proprio diritto al risarcimento del danno, l’onere di provare l’esistenza del contratto di assicurazione che la compagnia contesta. Il motivo è infondato. In forza del combinato disposto dell’articolo 7 della legge 24 dicembre 1969, numero 990 attuale articolo 127 del decreto legislativo 7 settembre 2005, numero 209 e dell’articolo 1901 c.c. il rilascio del contrassegno assicurativo da parte dell’assicuratore della r.c.a. vincola quest’ultimo a risarcire i danni causati dalla circolazione del veicolo, quand’anche il premio assicurativo non sia stato pagato, ovvero il contratto di assicurazione non sia efficace, giacché, nei confronti del danneggiato, quel che rileva, ai fini della promovibilità dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile è l’autenticità del contrassegno, non la validità del rapporto assicurativo. Tuttavia, posto che la disciplina del citato articolo 7 mira alla tutela dell’affidamento del danneggiato e copre, pertanto, anche l’ipotesi dell’apparenza del diritto, per escludere la responsabilità dell’assicuratore, in ipotesi di contrassegno contraffatto o falsificato, occorre che questi provi l’insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l’affidamento erroneo del danneggiato stesso Cass., 13 dicembre 2010, numero 25130 . Nel caso in esame la Corte d’Appello ha accertato che dal rapporto dei Vigili Urbani risulta l’esistenza di un contrassegno apparentemente valido sull’autovettura in quanto i dati del rapporto assicurativo furono dettagliatamente indicati. Non risulta invece che la società assicuratrice abbia informato il R. che B. non avesse alcuna copertura assicurativa. Con il secondo motivo si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione per aver considerato non decisive, ai fini della dichiarazione di inesistenza del rapporto assicurativo, le prove fornite dall’impresa assicuratrice. Secondo parte ricorrente la A. Assicurazioni s.p.a. si è adoperata con ogni mezzo a sua disposizione per dimostrare l’inesistenza del rapporto assicurativo, soprattutto rilevando che la serie della numerazione identificativa della polizza assicurativa che poteva leggersi sul contrassegno non corrispondeva a quella ordinariamente utilizzata dalla compagnia. Il motivo è infondato perché la Corte ha adeguatamente motivato mentre parte ricorrente attraverso la critica della motivazione tenta di proporre una diversa soluzione nel merito. La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza o contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione Cass., 9 agosto 2007, numero 17477 . Con il terzo motivo si denuncia «insufficiente e contraddittoria motivazione per aver dichiarato non esperibile la querela di falso in mancanza del documento falsificato. Secondo parte ricorrente la querela di falso può esprimersi non soltanto per far rilevare la difformità di un documento rispetto all’ originale, ma anche per far rilevare l’inattendibilità di un documento a provare un rapporto giuridico inesistente. Il motivo è infondato. L’impugnata sentenza sostiene che, in mancanza dei documenti impugnati e mai prodotti e nell’impossibilità di acquisirli, non può essere esperita la querele di falso ai sensi dell’articolo 222 c.p.c. Nel caso in esame, alla luce dell’accertata esistenza di un contrassegno formalmente valido, non è stata mai raggiunta la prova dell’inesistenza del rapporto assicurativo, prova il cui onere era a carico dell’ assicuratore. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi € 4.200,00, di cui € 4.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.