Anzianità di servizio anche per il lavoratore a termine

Il lavoratore assunto a termine ha diritto allo stesso trattamento di quello assunto a tempo indeterminato dall’Amministrazione ed, in particolare, ha diritto al riconoscimento, ai fini economici, dell’anzianità di servizio.

La vicenda. Con ricorso al giudice del lavoro, x ed altri, premesso di aver prestato servizio presso il Ministero convenuto in qualità di assistenti amministrativi con diversi contratti a termine, chiedevano di accertare e dichiarare l'illegittimità dei predetti contratti nella parte in cui violavano il principio di non discriminazione fissato dall’articolo 6 D.Lgs. 368/2001, nonché di accertare e dichiarare il diritto a vedersi pienamente riconosciuta l'anzianità di servizio, maturata in corrispondenza dei contratti a termine intercorsi. In particolare, i ricorrenti evidenziavano che la violazione del suddetto principio era insita nel fatto che, a differenza di quanto stabilito per i dipendenti di ruolo, l’anzianità di servizio non era loro riconosciuta né sotto il profilo giuridico né sotto quello economico, con un evidente pregiudizio atteso che il trattamento del personale scolastico viene determinato secondo fasce stipendiali diverse per anzianità di servizio. Il lavoratore a termine ha diritto allo stesso trattamento del lavoratore assunto a tempo indeterminato. Il Tribunale ha richiamato le proprie precedenti pronunce in materia di lavoro a termine, ribadendo che, in virtù del citato principio di non discriminazione, il lavoratore a termine ha diritto allo stesso trattamento dei lavoratori assunti a tempo indeterminato ‘comparabili’, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello, in proporzione al periodo lavorativo prestato, quando non si tratti di profili non compatibili con il lavoro a termine. Nella specie, il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio, non rilevava in quanto tale, ma in quanto incidente sul trattamento economico del dipendente in presenza di un sistema retributivo che individua il trattamento economico in rapporto agli anni di servizio prestato, attraverso il meccanismo delle posizioni stipendiali, così da determinare una patente violazione del principio in questione, «posto che non v'è alcuna ragione per differenziare l'esperienza maturata in un rapporto a tempo indeterminato rispetto a quella propria di un rapporto a termine, quantomeno quando non vi sia una sensibile interruzione tra un negozio e l'altro tale da far perdere al dipendente la professionalità acquisita». Va aggiunto che l'espressa esclusione del personale della scuola dall'applicazione del D.lgs. numero 368/01 ha effetto solo per i rapporti sorti successivamente all’entrata in vigore del D.L. 70/2011, convertito con modificazioni in L. numero 106/11, che tale esclusione ha previsto e non riguardava, ratione temporis , la controversia posta all’attenzione del Tribunale. Decisione in linea con l’orientamento espresso, anche recentemente, dalla Suprema Corte. Sulla portata del principio di non discriminazione tra lavoratori che siano tra loro ‘comparabili’ cfr. Sez. L, sentenza numero 17726 del 29/08/2011 e, soprattutto, Cass. Sez. L, Sentenza numero 3871 del 17/02/2011. In particolare, in quest’ultima decisione, avente ad oggetto il ricorso di alcuni lavoratori a tempo determinato presso il Ministero della Giustizia per ottenere dei permessi studio retribuiti, la Corte ha osservato che il principio di non discriminazione tra lavoratori ‘comparabili’ garantisce qualsiasi trattamento sia economico che normativo in atto nella stessa struttura, esclusi quelli incompatibili con la natura del contratto a termine deve trattarsi, peraltro, di incompatibilità oggettiva, da valutarsi in concreto, in relazione alle specifiche modalità di svolgimento del rapporto. In altri termini, la incompatibilità «deve riguardare, non già la mera esistenza del termine di durata del contratto, bensì la natura dello specifico rapporto, con la conseguenza che l'ostacolo che impedisce il riconoscimento di un determinato diritto, non solo deve rivelarsi non eliminabile con frazionamenti temporali del trattamento mediante il criterio del pro rata temporis, ma deve, altresì, essere valutato in concreto in relazione alle specifiche modalità di svolgimento del rapporto e alle obiettive esigenze e finalità su cui si fonda la legittima apposizione del termine di durata del contratto». Da qui la conseguenza che un dato trattamento non può essere escluso in maniera automatica, a scapito del dipendente a termine, per il solo fatto che il contratto preveda, appunto, un termine di durata, dal momento che ciò si porrebbe in stridente contrasto proprio con il principio di non discriminazione. Sarà onere della parte datoriale, che contesti il diritto del lavoratore a tempo determinato di ottenere lo stesso trattamento del dipendente a tempo indeterminato, allegare tale obiettiva incompatibilità, dovendosi, in difetto, di tale allegazione, concludere per l’estensione ope legis del trattamento stesso al dipendente a tempo determinato.

Tribunale di Milano, sez. Lavoro, sentenza 1° marzo 2012 Giudice Piera Gasparini Fatto Con ricorso depositato il 28/4/11, i ricorrenti in epigrafe indicate, premesso di aver prestato servizio presso il Ministero convenuto in qualità di assistenti amministrativi con diversi contratti a termine, chiedevano di accertare e dichiarare l'illegittimità dei predetti contratti nella parte in cui violano il principio di non discriminazione, nonché di accertare e dichiarare il diritto a vedersi pienamente riconosciuta l'anzianità di servizio maturata in corrispondenza dei contratti a termine intercorsi con il convenuto, a tutti gli effetti giuridici ed economici e, in particolare, con effetto sulla posizione stipendiale e sulla ricostruzione di carriera a far data, rispettivamente, dall'1/9/07 G. , dall'11/10/07 M. , dal 22/10/07 L. , dall'1/10/07 A. , dall'1/9/06 B. , dal 26/2/07 S. , dall'8/11/06 S. . Chiedevano altresì la condanna dell'amministrazione ad adeguare la retribuzione ed a risarcire il danno subito in conseguenza di quanto accertato, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, con vittoria di spese diritti ed onorari da distrarsi a favore dei procuratori antistatari. Chiedeva altresì l'accertamento della nullità dei termini apposti ai singoli contratti per violazione dell'articolo 36 d.lgs. 165/2001 e del d.lgs. 368/2011, con riferimento alla successione dei contratti. Si costituiva il Ministero convenuto contestando la domanda nel merito, rilevando altresì l'intervenuta prescrizione, in tutto o in parte, dei diritti azionati ex articolo 2948, numero 4 , c.c. In subordine il Ministero convenuto, nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande proposte, chiedeva volersi escludere il cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria. In via di estremo subordine, chiedeva l'applicazione dell'indennità ex articolo 32 comma 5 l.numero 183/2010 nella misura minima. All'udienza dell'11/10/11, limitate le domande alla sola questione relativa alla violazione del principio di non discriminazione, la causa, inerente a questioni di diritto, veniva rinviata per la discussione all'odierna udienza, nella quale veniva decisa con contestuale lettura del dispositivo e della sentenza. Motivazione Il ricorso proposto è fondato nei termini che di seguito si espongono. Pacifico in causa è lo svolgimento dei rapporti a termine così come descritti nella parte in fatto del ricorso, e non contestati dal Ministero. Si ricorda che la disciplina delle forme di lavoro flessibile presso le pubbliche amministrazioni è contenuta nell'articolo 36 d.leg. numero 165 del 2001, che interviene su più piani differenti quali il piano dei modi di reclutamento del personale, il piano della regolamentazione del contratto di lavoro, ed anzi del contratto di lavoro a termine, di formazione e lavoro, degli altri rapporti fondativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, soggetto alla contrattazione collettiva, la quale a sua volta deve applicare alcune norme puntualmente specificate l. numero 230 del 1962, l'articolo 23 l. numero 56 del 1987, l'articolo 3 d.l. numero 726 del 1984, convertito in l. numero 863 del 1984, l'articolo 16 d.l. numero 299 del 1994, convertito in l. numero 451 dello stesso anno, l. numero 196 del 1997, e le successive modificazioni ed integrazioni comma 1 , da ultimo, il piano degli effetti del rapporto, limitato alla regola per la quale in ogni caso la violazione delle disposizioni imperative inerenti l'assunzione o l'impiego dei lavoratori non comporta la stabilizzazione del rapporto, e il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. La parte ricorrente lamenta innanzitutto l'illegittimità della condizione di dipendente in forza di reiterati contratti a termine, e ciò per violazione della norma imperativa rappresentata dal principio di non discriminazione articolo 6 D.Lgs. 6 settembre 2001, numero 368 e direttiva comunitaria 1999/70/CE . Detta discriminazione opererebbe sul piano giuridico ed economico, rispetto ai lavoratori impiegati in identiche mansioni, ma assunti a tempo indeterminato in servizio di ruolo , posto che l'anzianità maturata in forza dei contratti a termine, a differenza di quella maturata dal personale di ruolo, non viene riconosciuta sul piano giuridico ed economico. Il pregiudizio economico subito dagli assunti con reiterati contratti a tempo determinato consisterebbe nella penalizzazione, sul piano retributivo relativamente al computo della retribuzione del personale scolastico, che si determina secondo fasce di stipendio corrispondenti agli anni di servizio. La violazione del principio di non discriminazione comporterebbe quindi, l'illegittimità dei contratti a termine stipulati ed il relativo diritto al risarcimento del danno ex articolo 36 D.Lgs. 165/2001. Detta differenza di trattamento fra personale di ruolo e personale non di ruolo in presenza di identiche mansioni, non è contestata dall'amministrazione convenuta, che ha invece fondato la propria difesa sull'inapplicabilità alla fattispecie in esame della disciplina del contratto a termine di diritto privato in ordine al diverso aspetto dell'impugnazione delle causali giustificative dell'apposizione del termine. Sul punto, diverse pronunce di questo Tribunale, da cui non v'è ragione di discostarsi, hanno chiarito che l'articolo 6 D.Lgs. 368/2001 stabilisce che al lavoratore assunto con contratto a tempo determinato spetta ' ogni altro trattamento in atto per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello, in proporzione al periodo lavorativo prestato, e non obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine. Il mancato riconoscimento dell'anzianità di servizio, nel caso di specie, non rileva in quanto tale, ma in quanto produce effetti sul piano economico, in presenza di un sistema retributivo che individua il trattamento economico in rapporto agli aiuti di servizio prestato, attraverso il meccanismo delle posizioni stipendiali, e rappresenta un'ingiustificata e illegittima discriminazione, in presenza di identiche mansioni svolte in una situazione di abuso derivante dalla successione di rapporti a termine. Deve essere sottolineato che il D.Lgs 368/01, costituisce attuazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE, relativa all'accordo quadro sui lavoro a tempo determinato. La clausola 4 punto 1 dell'accordo dispone che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole del lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive . La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che, sia dalla formulazione della direttiva 1999/70/CE e dell'accordo quadro, sia dal sistema in generale, sia dalle finalità degli stessi, emerge che le prescrizioni che vi sono enunciate possono applicarsi a contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni pubbliche e con gli enti del settore pubblico Corte di Giustizia, Grande Sez. 4 luglio 2006 causa 212-C4 Adelener, punti da 54 a 57 Corte di Giustizia, II Sez. 7 settembre 2006 causa 53/04, Marrosu e Sardino, punti da 39 a 42, e causa 180/04, Vassallo, punto 32 . Inoltre, in base alla clausola 1 dell'accordo quadro, lo scopo dello stesso non è solo di stabilire un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti a tempo determinato, ma anche di garantire il rispetto del divieto di discriminazione per quanto riguarda il lavoro a tempo determinato così che alle disposizioni della direttiva 1999/70 e dell'accordo quadro deve essere riconosciuta una portata generale, tenuto conto dell'importanza, quali principi generali del diritto sociale comunitario, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione, con il solo limite di ragioni oggettive che giustifichino un trattamento differenziato. Dunque, la mera circostanza per cui un impiego sia qualificato di ruolo in base all'ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego è priva di rilevanza cfr. Corte di Giustizia II Sez. 13 settembre 2007 causa 307/05 Del Cerro, punti da 26 a 29 . In una fattispecie analoga alla presente, relativa all'attribuzione ad un lavoratore pubblico a tempo determinato di scatti di anzianità riservati ai soli lavoratori a tempo indeterminato, la Corte, richiamando la già citata sentenza Adelener ai punti 69 e 70 , ha definito la nozione di ragioni oggettive tali da giustificare una diversità dì trattamento tra assunti a termine e assunti di ruolo, nel senso che si deve trattare di circostanze precise e concrete che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui si discute cfr. Corte di Giustizia sentenza Del Cerro, cit. punti da 49 a 58 , circostanze che non sono ravvisabili nella fattispecie in esame. Deve quindi ritenersi sussistente la violazione della norma certamente imperativa del principio di non discriminazione, posto che non v'è alcuna ragione per differenziare l'esperienza maturata in un rapporto a tempo indeterminato rispetto a quella propria di un rapporto a termine, quantomeno quando non vi sia una sensibile interruzione tra un negozio e l'altro tale da far perdere al dipendente la professionalità acquisita. A questo proposito si sottolinea che le ricorrente hanno pressoché continuativamente svolto il servizio scolastico dagli anni indicati in premessa, e che le interruzioni riguardano tipicamente i soli mesi estivi, durante i quali non v'è attività scolastica. Il differente trattamento, non giustificato, con i lavoratori a tempo indeterminato, determina dunque la violazione del principio di non discriminazione di cui all'articolo 6 del d. Lgs. numero 368/01. Tale impostazione trova conferma anche nelle recenti disposizioni normative. Il Legislatore è infatti intervenuto con l'articolo 9 D.L. 70/2011, convertito con modificazioni in L. numero 106/11, dove l'espressa esclusione del personale della scuola dall'applicazione del D.l.vo numero 368/0la conferma il fatto che, sino all'entrata in vigore della stessa, il D. Lgs. 368/2001 trovava applicazione nell'ambito del pubblico impiego. Si osserva inoltre che , in forza del principio generale di irretroattività della legge art 11 delle Disposizioni sulla legge in generale la norma citata non può che applicarsi ai soli contratti conclusi dal 14 maggio 2011 in poi, restando priva di rilievo nell'ambito del presente giudizio. Deve pertanto riconoscersi il diritto dei ricorrenti al riconoscimento dell'anzianità di servizio maturata in corrispondenza dei contratti a termine intercorsi con la convenuta a fini economici, con effetto sulla posizione stipendiale e con la condanna della resistente ad adeguare la retribuzione delle ricorrenti e al pagamento degli arretrati retributivi, oltre interessi legali dalle scadenze al saldo. Detta condanna opererà nei limiti della prescrizione decennale, non potendosi ravvisare alcun metus del prestatore di lavoro nel far valere i propri diritti verso un datore di lavoro pubblico che opera in materia attraverso graduatorie e criteri predefiniti ed oggettivi sul termine prescrizionale ci si richiama ai sensi dell'articolo 118 disp. att. c.p.c., alla recente sentenza della Corte d'Appello di Milano 11/5/11 numero 388. Accertata la violazione del principio di non discriminazione così come richiesto dai ricorrenti e disposta la condanna dell'amministrazione al riconoscimento di tutti i trattamenti retributivi come sopra specificato, nulla deve statuirsi sulle residue domande, avendo il procuratore dei ricorrenti dichiarato di non avervi interesse ud. dell'11/10/11 . Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo che segue, tenuto conto della serialità del contenzioso. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra domanda accertata la violazione del principio di non discriminazione in relazione al mancato riconoscimento dell'anzianità a fini economici, che sarebbe stata riconosciuta ai lavoratori a tempo indeterminato assunti rispettivamente dal dall'1/9/07 G. , dall'11/10/07 M. , dal 22/10/07 L. , dall'1/10/07 A. , dall'1/9/06 L. , dal 26/2/07 S. , dall'8/11/06 S. , condanna il Ministero convenuto a versare ai ricorrenti le differenze retributive conseguenti al riconoscimento di tale anzianità, nei limiti della prescrizione decennale, oltre interessi legali dalle scadenze al saldo condanna il Ministero dell'istruzione, dell'università' e della ricerca scientifica alla rifusione delle spese processuali a vantaggio degli Avv.ti Angelo Latino e Vincenzo di Trani, anticipatari, liquidate in complessivi euro 2.250,00, oltre accessori.