Cade dal motorino per colpa di un tombino: se non si prova il nesso di causalità la Provincia non è responsabile

I genitori del ragazzo lamentano l’inosservanza delle norme di sicurezza stradale da parte dell’Amministrazione, ma la Cassazione respinge il ricorso che oltretutto verte su un tema che non può essere risolto con esclusivo riferimento alle norme di diritto, ma è connesso anche ad accertamenti di fatto riservati al giudice di merito.

Il caso. Un ragazzo viaggia a bordo del suo motorino. Oltrepassa un cavalcavia, svolta a destra e imbocca una curva a sinistra. Ad un certo punto, perde il controllo del mezzo, urta contro la ringhiera che delimita il ponte sul fiume e dopo l’impatto cade giù. I genitori del ragazzo minore agiscono in giudizio citando la Provincia e la Telecom perché, a loro dire, l’incidente sarebbe stato causato da un tombino presente lungo la carreggiata e dal mancato rispetto delle norme indicanti l’altezza obbligatoria per i parapetti. La richiesta di risarcimento dei danni è però respinta in primo e secondo grado. Si arriva dunque in Cassazione. Non è stato dimostrato il nesso di causalità. I giudici di merito hanno escluso la responsabilità di Telecom e della Provincia sulla base della mancanza della prova del nesso di causalità tra gli illeciti imputati alle convenute e l’incidente. Del resto, il tombino non presentava anomalie e non era stato accertato il punto esatto in cui il ragazzo aveva iniziato a sbandare urtando poi contro la ringhiera che comunque era più alta rispetto a quella stabilita dalla normativa in vigore. Gli attori sostengono il mancato rispetto delle norme di sicurezza stradale. I genitori, nel giudizio di legittimità, lamentano la non corretta applicazione delle norme dettate in materia di sicurezza stradale e insistono nel sostenere che ci sia stata una omissione da parte della Provincia nella predisposizione di adeguati manufatti laterali a protezione del ponte da cui è precipitato il ragazzo. La Suprema Corte, con la sentenza numero 4231/12 depositata il 16 marzo scorso, rigetta il ricorso. Nulla da fare anche in Cassazione. Del resto, oltre a presentare riferimenti normativi errati, i ricorrenti fanno leva su una normativa di carattere precettivo e non immediatamente cogente, inidonea a dimostrare che la barriera non fosse a norma. È compito del giudizio di merito stabilire l’adeguatezza delle misure di sicurezza adottate. In ogni caso poi, il tema dell’adeguatezza della barriera non può essere risolto con esclusivo riferimento alle norme di diritto, ma è connesso anche ad accertamenti di fatto riservati al giudice di merito, che nel caso specifico hanno concordato nel negare che fosse risultato provato il nesso causale tra i due manufatti, il tombino e la barriera, e l’evento.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 25 gennaio – 16 marzo 2012, numero 4231 Presidente Petti – Relatore Massera Svolgimento del processo 1 - Con sentenza in data 19 giugno 2007 il Tribunale di Milano rigettò la domanda proposta da M R. e B.R. che, agendo in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore Ma Re. , avevano chiesto la condanna della Provincia di Alessandria e di Telecom S.p.A. al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro in cui era rimasto coinvolto il minore e che asserivano essere stato causato da un chiusino installato lungo la carreggiata. 2 - Con sentenza in data 11 novembre 2009 - 18 gennaio 2010 la Corte d'Appello di Milano rigettò il gravame proposto dai soccombenti e da Ma Re. , nel frattempo divenuto maggiorenne. La Corte territoriale osservò per quanto interessa non era stata provata la responsabilità della Provincia di Alessandria e della Telecom atteso che il chiusino non presentava alcuna anomalia, che non era stato accertato il punto esatto in cui il R. aveva perso il controllo del ciclomotore, che egli aveva oltrepassato un cavalcavia e una curva destrorsa e aveva imboccato la curva sinistrorsa, percorrendo la quale perse il controllo del ciclomotore, tenendo una velocità eccessiva, che la ringhiera del ponte che delimitava la strada rispettava la normativa vigente. 3 - Avverso la suddetta sentenza M R. , R B. e Ma Re. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Telecom e la Provincia di Alessandria hanno resistito con distinti controricorsi. La causa, originariamente avviata alla trattazione in camera di consiglio, è stata rinviata alla pubblica udienza. I ricorrenti hanno presentato memoria. Motivi della decisione 1. - Il ricorso è tempestivo. Infatti, a fronte della notifica della sentenza della Corte d'Appello in data 11 marzo 2010, i ricorrenti hanno dimostrato di avere consegnato il ricorso agli ufficiali giudiziari il 7 maggio 2010 quindi entro il termine di sessanta giorni previsto dall'articolo 325, comma 2 c.p.c. , che la notifica non andò a buon fine per erronea indicazione da parte degli ufficiali giudiziari e che, appena venutine a conoscenza, ne chiesero tempestivamente il rinnovo. 2.1. - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 21 aprile 1962, numero 181 e della circolare numero 2337 dell'11 luglio 1987, attuativa della L. 481/62 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione delle norme dettate in materia di sicurezza stradale. 2.2. - La censura è infondata. Pur in presenza di riferimenti normativi errati, tuttavia la Corte territoriale, premesso di condividere l'affermazione del Tribunale, che aveva escluso che risultasse provato il nesso di causalità tra gli illeciti imputati alle convenute anomalia del chiusino, insufficiente altezza della barriera laterale , ha spiegato che il chiusino non presentava alcuna anomalia, che non era stato accertato il punto esatto in cui il R. aveva iniziato a sbandare, che costui aveva urtato contro la ringhiera che delimitava il ponte sul fiume, più alta del minimo stabilito dalla normativa in vigore ed era caduto in basso. I ricorrenti postulano l'applicabilità alla specie di norme diverse da quelle indicate dalla Corte territoriale, ma non riportano testualmente le pertinenti parti del proprio atto di appello al fine di dimostrare in quali esatti termini avessero prospettato tale questione. Anzi, essi stessi pagg. 6 e 7 del ricorso riconoscono che la Corte territoriale ha rimarcato come non avessero specificamente attaccato, sul punto, la sentenza del Tribunale. In ogni caso i ricorrenti fanno leva su una normativa di carattere precettivo e non immediatamente cogente, sostanzialmente riferibile alle nuove costruzioni stradali o ai rifacimenti delle medesime, inidonea a dimostrare che la barriere in questione non fosse a norma. In particolare, avuto riguardo alla circolare numero 2337 in data 11 luglio 1987 del Ministero dei Lavori Pubblici, ne offrono una lettura errata, in quanto attribuiscono all'altezza in realtà indicata in cm. 70 la ringhiera all'origine della controversia era alta m, 1,05 delle barriere il dato m. 1,20 riguardante la lunghezza. Non giovano loro neppure le previsioni del D.M. 5 novembre 2001, poiché esso indica l'altezza dei parapetti in m. 1, quindi inferiore a quella della barriera de qua e dell'articolo 14 c.d.s., poiché si tratta ancora una volta di una norma precettiva che impone agli enti proprietari della strada di provvedere alla manutenzione gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredi ma nulla dimostra - e gli stessi ricorrenti non sono in grado di addurre alcun elemento al riguardo - che la barriera non fosse in condizioni ottimali. E, giova ribadirlo, nel ricorso non viene segnalato alcun elemento fattuale utile ad inferire che, ove fosse stata applicata la normativa invocata, il sinistro non si sarebbe verificato o avrebbe avuto conseguenze diverse e meno gravi. Peraltro, anche in riferimento alle argomentazioni spese nella memoria, occorre rilevare che il tema dell'adeguatezza della barriera non può essere risolto con esclusivo riferimento alle norme di diritto, ma è connesso anche ad accertamenti di fatto riservati al giudice di merito. Nella specie i giudici dei due gradi hanno concordato nel negare che fosse risultato provato il nesso causale tra i due manufatti tombino e barriera e l'evento. 3.1. - Il secondo motivo adduce violazione e falsa applicazione degli articolo 2051 e/o 2043 c.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il tema trattato è ancora quello dell'omessa manutenzione della strada da parte della Provincia di Alessandria e, in particolare, della mancata predisposizione di manufatti laterali a protezione del ponte da cui è precipitato il R. . 3.2. - Neppure in questa sede viene presa posizione in modo chiaro e definitivo su quale fosse la norma posta a fondamento della domanda. La censura è sostanzialmente ripetitiva, sia pure sotto profilo diverso, della precedente, contrasta con l'accertamento di fatto effettuato in sede di merito, e, quindi, risulta infondata per le medesime ragioni. Infatti vanno ribadite le considerazioni lì esposte sia sul piano processuale, sia sotto il profilo della mancanza di prova del nesso causale e di un diverso sviluppo degli effetti del sinistro. 4 - Pertanto il ricorso va rigettato. Le spese seguono il criterio della soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate, a favore della Provincia di Alessandria, in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 2.600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge e, a favore di Telecom Italia S.p.A., in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.