Si può escludere la sussistenza del peculato d’uso solo nei casi in cui l’utilizzo momentaneo della cosa non abbia leso in modo apprezzabile la funzionalità della P.A. e non abbia arrecato un danno alla sua integrità patrimoniale.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 7971/13, depositata il 19 febbraio. Il caso. Cinque carabinieri condannati per peculato d’uso e truffa aggravata ricorrono per cassazione, lamentando essenzialmente la non corretta applicazione dell’ipotesi di cui all’articolo 314 c.p. il mero uso della vettura di servizio per finalità anche personali, infatti, non integra automaticamente la fattispecie laddove non venga lesa la funzionalità della P.A. e non venga arrecato un danno apprezzabile ad essa. Necessario ledere gli interessi della P.A Gli Ermellini rilevano che effettivamente la giurisprudenza di legittimità ha escluso la sussistenza del peculato d’uso nei casi in cui l’utilizzo momentaneo della cosa non abbia leso in modo apprezzabile i richiamati interessi ad esempio quando l’uso dell’autovettura sia stato episodico ed occasionale e non caratterizzato, per la distanza percorsa e la durata della condotta, da un’effettiva appropriazione del mezzo, tale da provocare un concreto danno economico o un pregiudizio all’attività dell’amministrazione. La temporaneità, infatti, deve avere una consistenza e una durata tale da realizzare una «appropriazione», compromettendo la destinazione istituzionale della cosa e arrecando un seppur modesto pregiudizio alla funzionalità della P.A Gli elementi soggettivi e oggettivi richiesti. In particolare l’appropriazione, con la conseguente estromissione del bene dal patrimonio dell’avente diritto, costituisce l’elemento oggettivo del reato, mentre l’elemento soggettivo si concretizza nel mutamento dell’atteggiamento psichico dell’agente, che inizia a possedere la cosa per conto proprio. Entrambi gli elementi devono sussistere anche nel peculato d’uso, pur in riferimento ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Le vetture sono state usate per fini personali. Nel caso di specie è stato accertato che i carabinieri imputati si trovavano in località diverse da quelle indicate nei fogli di viaggio e si dedicavano ad attività personali ad esempio acquisti in centri commerciali anziché espletare i loro compiti investigativi in un tale contesto, è evidente che le vetture in dotazione siano state utilizzate per finalità meramente private, con conseguente appropriazione delle stesse per un periodo di tempo limitato e pregiudizio per la P.A Ciò premesso, la Cassazione annulla la sentenza impugnata rilevando che i reati sono ormai estinti per intervenuta prescrizione.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 dicembre 2012 – 19 febbraio 2013, numero 7971 Presidente Carmenini – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 21 ottobre 2011 la Corte d'appello di Bari In riforma della sentenza, emessa dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari in data 16 dicembre 2009, assolveva R.M. , Ra.Ni. , I.M. , M.M. e P.L. dai reati di cui all'articolo 479 codice penale, loro rispettivamente ascritti, perché il fatto non sussiste e rideterminava la pena per i residui reati di peculato d'uso e di truffa aggravata. Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore con un unico ricorso, deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in 1. violazione di legge in relazione all'articolo 314 codice penale. Si dolgono per la non corretta applicazione dell' ipotesi di peculato d'uso già ritenuta dal giudice di primo grado. Sostengono che il mero uso della vettura per finalità anche personali non integra automaticamente la fattispecie incriminatrice, ove detto uso non abbia leso la funzionalità della pubblica amministrazione e non abbia arrecato un danno apprezzabile. Sul punto viene richiamato orientamento di questa corte. Secondo il ricorrente l'evocata dispersione di carburante e il consumo della vettura andavano valutati rispetto a ciascuna ipotesi di peculato contestata, al fine di verificare la loro apprezzabilità in termini di vulnus al patrimonio della pubblica amministrazione 2. violazione di legge con riguardo ai reati di truffa. Sostengono la non sussistenza del danno per la pubblica amministrazione, considerato che non è mai stato superato il cosiddetto monte spesa per gli straordinari 3. violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla affermata responsabilità dell'I. e del M. . Lamentano i ricorrenti che la sentenza, con motivazione speculare per entrambi, ha affermato che fosse loro l'onere di dimostrare di non essere stati presenti negli stessi luoghi del R. e del Ra. . Si sottolinea che tale impostazione metodologica finisce con il violare il principio dell'onere della prova in capo alla accusa. In sede di discussione la difesa rilevava che i reati, anche tenuto conto delle sospensioni, erano prescritti. Il primo motivi di ricorso è infondato. Se è vero che la recente giurisprudenza di legittimità, valorizzando il principio di offensività che permea il diritto penale e considerando il carattere plurioffensivo del reato di peculato d'uso che tutela sia l'interesse al buon andamento della pubblica amministrazione sia l'interesse all'integrità patrimoniale dell'Ente pubblico, ha escluso la sussistenza del reato laddove l'uso momentaneo della cosa non abbia leso in modo apprezzabile gli anzidetti interessi Sez. 6, numero 7177 del 27.10.2011, Mola, rv 249459 idem, numero 10233 del 10.1.2007, Stranieri, rv 235941 idem, numero 9216 dell'1.2.2005, Triolo , è pur vero che tali pronunce riguardano situazioni solo in parte omologabili a quelle per cui è processo. Tali arresti si sono limitati ad affermare che l'uso temporaneo del bene pubblico per finalità, reali o supposte, non corrispondenti a quelle istituzionali non sempre è destinato ad integrare la fattispecie del peculato d'uso. E' stato così escluso il reato in fattispecie relativa ad un episodio di spostamento dell'autovettura dalla periferia al centro della città al fine di compiere una visita privata, percorrendo un tragitto comunque necessario prima di riconsegnare il veicolo all'amministrazione, sottolineando che il comportamento negligente dell'amministratore pubblico che, non dovendo più utilizzare l'autovettura di servizio per soddisfare le esigenze in vista delle quali gli era stata consegnata, omise di restituirla tempestivamente a chi di dovere, era senz'altro censurabile sotto il profilo disciplinare, ma non integrava gli estremi del peculato d'uso, del quale difettava l'elemento essenziale dell'appropriazione, posto che il veicolo non era stato utilizzato per fini personali privati. Così come è stato affermato che non ricorre il reato nei casi in cui un siffatto temporaneo uso si era rivelato episodico ed occasionale e non caratterizzato, quanto a consistenza distanze percorse e durata dell'uso, in fatti di effettiva appropriazione delle autovetture di servizio, suscettibili di recare un concreto e significativo danno economico all'ente pubblico in termini di carburante utilizzato e di energia lavorativa degli autisti addetti alla guida ovvero di pregiudicarne l'ordinaria attività funzionale. In proposito deve ricordarsi che questa Corte ha ritenuto che nell'ipotesi di cui all'articolo 314 c.p., comma 2, uso momentaneo non significa istantaneo, ma temporaneo, ossia protratto per un tempo limitato così da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere seriamente la funzionalità della pubblica amministrazione Sez. 6A, 10 marzo 1997, Federighi, rv. 207594 . Temporaneità che, pur se non estranea ad una condotta meramente episodica e occasionale, deve però caratterizzarsi per consistenza e durata tale da realizzare una appropriazione e da compromettere, in ogni caso, la destinazione istituzionale della cosa ed arrecare pregiudizio, anche se modesto, alla funzionalità della pubblica amministrazione. La ratio della configurazione del delitto di peculato d'uso, come questa Corte ha avuto occasione di affermare, va individuata nella voluntas legis di sottrarre all'area del peculato comune l'appropriazione di cose di specie , e non anche quelle fungibili, per un periodo limitato di tempo, cui fa seguito la loro immediata restituzione con ripristino completo della situazione ex ante. In particolare, si è affermato che, a seguito della L. numero 86 del 1990 l'elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall'appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell'avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell'agente. Sul piano dell'elemento soggettivo si realizza il mutamento dell'atteggiamento psichico dell'agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Elementi, questi ultimi, che debbono sussistere anche nell'ipotesi del peculato d'uso pur se, in tale ipotesi, l'appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Nel caso in esame la Corte territoriale, con una valutazione in fatto incensurabile in questa sede, ha affermato che le telefonate intercettate hanno inequivocabilmente dimostrato che gli imputati, carabinieri addetti alle indagini relative alla cosiddetta mafia Garganica, si trovavano in località diverse da quelle di volta In volta indicate nei fogli di viaggio e che, anziché espletare attività investigativa, si dedicavano ad altro ad esempio fare acquisti in vari centri commerciali, organizzare le vacanze in montagna eccetera E' stato,altresì, sottolineato che, ferma restando la massima libertà degli stessi di muoversi sul territorio dauno per espletare le indagini di competenza, il processo aveva provato che gli stessi avevano approfittato di tale libertà, impiegando il tempo da destinare all'attività investigativa per compiere faccende private. Le autovetture di servizio, di cui ognuno dei ricorrenti aveva la disponibilità personale per ragioni di servizio, non sono perciò sempre rimaste nella sfera della P.A. e della funzionale disponibilità dei mezzi da parte del carabinieri, avendole gli stessi utilizzate per finalità meramente private, con conseguente appropriazione delle stesse per un circoscritto periodo di tempo e pregiudizio per la Pubblica amministrazione. I restanti motivi sono meramente reiterativi di analoghe doglianze avanzate nei precedenti gradi del giudizio, rispetto alle quali i giudici di merito hanno fornito logica, coerente e giuridicamente corretta motivazione e sottendono comunque una rivalutazione puramente fattuale delle fonti di prova estranea al giudizio di legittimità. Premesso che il peculato d'uso previsto dal secondo comma dell'articolo 314 cod. penumero anche nella nuova formulazione non costituisce un'attenuante del delitto di peculato in quanto i due commi prevedono due diverse ipotesi di reato nel peculato d'uso, il fine perseguito dall'agente costituisce elemento specializzante, che impedisce di inquadrare il fatto nel concetto di peculato vero e proprio in tal senso Cass sez. 6 Rv. 191407, 199187 deve rilevarsi che tutti i reati, tenuto conto anche delle intervenute sospensioni, pari a mesi 8 e gg. 11, alla data odierna sono estinti per prescrizione. La sentenza deve pertanto essere annullata senza di rinvio perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per intervenuta prescrizione.