La produzione direttamente all’udienza di riesame di elementi a carico dell’indagato che non siano stati posti a base della richiesta di misura cautelare incide sul diritto di difesa, configurando una causa di nullità ex articolo 178, comma 1, lett. c c.p.p. in relazione all’assistenza dell’indagato in tutti i casi in cui lo stesso non sia stato messo nelle condizioni di difendersi concretamente pertanto, in presenza di tali produzioni, il Tribunale deve concedere all’indagato un congruo termine a difesa al fine di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.
E’ quanto emerge dalla sentenza numero 53720/2014 della Corte di Cassazione, depositata il 24 dicembre. Il caso. Il GIP presso il Tribunale di Napoli emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di L.F., accusato di far parte di una associazione camorristica. Il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, confermava in toto il titolo custodiale. Avverso tale decisione l’indagato ricorreva per Cassazione deducendo, tra gli altri motivi, la violazione sia dell’articolo 273 c.p.p. relativamente alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato di cui all’articolo 416 bis c.p., che dell’articolo 274 c.p.p., lamentando la insussistenza della pericolosità sociale di esso indagato inoltre, eccepiva la violazione degli articolo 291, comma 1, e 309, comma 5, c.p.p., in quanto il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’inutilizzabilità del verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia A.Z., non essendo questo stato trasmesso tempestivamente ai Giudici del riesame ai sensi, appunto, dell’articolo 309, comma 5, c.p.p., ma essendo stato prodotto dal PM direttamente all’udienza camerale. La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, nell’accogliere quest’ultimo motivo di gravame, ha avuto modo anzitutto di richiamare l’esistenza di un contrapposto orientamento giurisprudenziale in materia, per poi successivamente fornire una terza e differente chiave di lettura della problematica processuale de qua. Il primo orientamento Secondo l’articolo 309, comma 5, c.p.p. il PM ha l’obbligo di presentare al giudice del riesame le risultanze delle ulteriori indagini favorevoli all’indagato, ma tale disposizione non preclude affatto la possibilità di presentare ulteriori elementi sfavorevoli, sia se preesistenti sia se, a maggior ragione, sopravvenuti. In altri termini, il Tribunale del riesame con la sua decisione può integrare l’eventuale carenza del provvedimento oggetto di riesame anche utilizzando materiale cognitivo non precedentemente offerto dal PM ex articolo 291, comma 1, c.p.p., in quanto ciò non è in contrasto con il principio del contraddittorio considerato che il PM non è obbligato ad una discovery anticipata delle acquisizioni probatorie sopravvenute nel corso delle indagini, tranne quelle favorevoli all’indagato. Donde, non vi è alcuna norma che precluda l’applicabilità dell’articolo 309, comma 9, c.p.p. anche agli elementi di prova preesistenti all’applicazione della misura e non prodotti al GIP infatti, se rientra nella discrezionalità del PM scegliere gli elementi di prova da produrre per ottenere l’applicazione della misura cautelare, è consequenziale concludere che rientri nella medesima sfera discrezionale anche la selezione degli elementi di accusa da allegare per ottenere la conferma in sede di riesame. Il secondo orientamento La tesi contrapposta esclude che il PM possa esibire, nel corso dell’udienza innanzi al Tribunale del riesame, elementi e documenti a carico dell’indagato che siano stati acquisiti precedentemente alla richiesta di misura cautelare e non presentati con la stessa. Sono, infatti, inutilizzabili quegli elementi addotti dal PM direttamente all’udienza camerale ma già nella sua disponibilità e, nonostante ciò, non trasmessi nel termine perentorio di cui all’articolo 309, comma 5, c.p.p., in quanto la perentorietà del termine citato produce la inutilizzabilità degli elementi di prova che vengano tardivamente trasmessi, escludendo così la possibilità di addurre nel corso dell’udienza camerale, ex articolo 309, comma 9, c.p.p., elementi preesistenti alla presentazione della richiesta cautelare. Ed il nuovo orientamento. Nessuna delle due tesi ha convinto i Giudici della Sesta Sezione il primo perché finisce per incidere negativamente sul diritto di difesa dell’indagato il secondo in quanto alla produzione in udienza degli elementi non allegati alla domanda cautelare fa derivare la sanzione dell’inutilizzabilità. Nella sentenza de qua la Corte Regolatrice ha, infatti, statuito un nuovo e differente principio, secondo il quale la produzione direttamente all’udienza di riesame di elementi a carico dell’indagato che non siano stati posti a base della richiesta di misura cautelare incide sul diritto di difesa, configurando una causa di nullità ex articolo 178, comma 1, lett. c , c.p.p. in relazione all’assistenza dell’indagato in tutti i casi in cui lo stesso non sia stato messo nelle condizioni di difendersi concretamente pertanto, in presenza di tali produzioni, il Tribunale deve concedere all’indagato un congruo termine a difesa al fine di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 24 dicembre 2014, numero 53720 Presidente Agrò– Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata il Tribunale di Napoli, in sede di riesame, ha confermato l'ordinanza del 12 ottobre 2013 con cui il G.i.p. di quello stesso Tribunale disponeva la custodia cautelare in carcere nei confronti di L. F., accusato di far parte dell'associazione camorristica denominata clan Contini. 2. Gli avvocati A. A. e A. G., difensori di fiducia dei F., hanno proposto ricorso per cassazione. 2.1. Con un unico motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato. Rilevano che il Tribunale ha valorizzato la parentela di F. con P. D.M., ritenuto capo zona del rione Stadera, senza prendere in esame la documentazione prodotta in udienza dalla difesa da cui si esclude ogni parentela tra i due sottolineano che il collaboratore di giustizia V. D.F. non abbia fatto il nome dell'indagato riferendo i nomi di coloro che per il clan Contini operavano nella zona di Stadera. Inoltre, assumono che il Tribunale avrebbe travisato il significato di alcune intercettazioni quella tra F. e C., in cui i giudici erroneamente ritengono che i dialoganti facciano riferimento ad un'estorsione quella tra B. e M., in cui nell'ordinanza si sostiene che parlino dei ruolo dell'indagato come il soggetto che si occupava della distribuzione dei proventi illeciti nel clan nel clanumero Passano poi a censurare l'ordinanza con riferimento alle dichiarazioni di A. Z., collaboratore di giustizia, che avrebbe sostenuto che l'indagato comandava la zona di via Stadera insieme a P. D.M. a questo proposito i ricorrenti sostengono che le sue accuse non sarebbero riscontrate, in quanto l'altro collaboratore D.F. non avrebbe mai fatto il nome del Falchetti che le dichiarazioni del collaboratore sarebbero inutilizzabili perché non pertinenti al tema di prova, non essendo stato contestato all'indagato di essere capo promotore e in ogni caso prodotte in violazione dell'articolo 192 comma 3 c.p.p. 3. I due difensori hanno depositato un secondo ricorso deducendo i motivi di seguito indicati. Violazione degli articolo 291 comma 1 e 309 comma 5 c.p.p., in quanto il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l'inutilizzabilità del verbale delle dichiarazioni rese da A. Z., non trasmesso tempestivamente ai giudici del riesame ai sensi del citato articolo 309 comma 5 c.p.p., ma prodotto dal pubblico ministero solo nell'udienza dell'11.2.2014. Violazione dell'articolo 309 comma 9 c.p.p. per il mancato esame degli elementi nuovi addotti dalla difesa nel corso dell'udienza. Violazione dell'articolo 273 c.p.p., circa la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, motivo in cui si ribadiscono le critiche in ordine agli elementi di accusa già esaminati nel primo ricorso. Violazione dell'articolo 274 c.p.p., per non avere il Tribunale preso in esame la documentazione difensiva idonea a sostenere l'insussistenza della pericolosità sociale del F Considerato in diritto 4. Con uno specifico motivo contenuto nel secondo ricorso viene eccepita l'inutilizzabilità del verbale delle dichiarazioni rese dallo Z., perché non trasmesso tempestivamente ai sensi dell'articolo 309 comma 5 c.p.p., ma prodotto dal pubblico ministero direttamente all'udienza davanti al tribunale dei riesame. Quest'ultimo motivo è fondato - con le precisazioni che seguono - e, allo stato, assorbe gli altri. 4.1. La questione attiene all'ambito dei poteri e degli eventuali limiti che incontra il pubblico ministero nella presentazione al tribunale del riesame, ai sensi dell'articolo 309 comma 9 c.p.p., degli elementi in suo possesso non prodotti a fondamento della richiesta di misura coercitiva. Il Tribunale di Napoli ritiene che secondo l'articolo 309 comma 5 c.p.p. il pubblico ministero ha l'obbligo di presentare al giudice del riesame le risultanze delle ulteriori indagini favorevoli all'indagato, ma tale disposizione non preclude affatto la possibilità di presentare ulteriori elementi sfavorevoli sia se preesistenti sia, a maggior ragione, se sopravvenuti . In altri termini si afferma che il tribunale con la sua decisione può integrare l'eventuale carenza del provvedimento oggetto di riesame anche utilizzando il materiale cognitivo non precedentemente offerto dal pubblico ministero ex articolo 291 comma 1 c.p.p. tale interpretazione non è in contrasto con il principio del contraddittorio dal momento che il pubblico ministero non è obbligato ad una discovery anticipata delle acquisizioni probatorie sopravvenute nel corso delle indagini, tranne quelle favorevoli all'indagato. Si tratta di un indirizzo interpretativo condiviso anche da una parte della giurisprudenza di legittimità, secondo cui non vi è alcuna norma che precluda l'applicabilità dell'articolo 309 comma 9 c.p.p. anche agli elementi di prova preesistenti all'applicazione della misura e non prodotti al giudice per le indagini preliminari Sez. V, 17 dicembre 2002, numero 1276, Vetrugno Sez. VI, 9 marzo 2004, numero 15899, Fallace Sez. III, 11 febbraio 2010, numero 15108, Sabatelli . Tali decisioni evidenziano che se è nella discrezionalità del pubblico ministero scegliere gli elementi di prova da produrre per ottenere l'applicazione della misura cautelare, è consequenziale concludere che rientri nella medesima sfera discrezionale anche la selezione degli elementi di accusa da allegare per ottenere la conferma in sede di riesame. Tuttavia, esiste un diverso orientamento che, invece, esclude che il pubblico ministero possa esibire, nel corso dell'udienza innanzi al tribunale del riesame, elementi e documenti a carico dell'indagato, acquisiti precedentemente alla richiesta di misura cautelare e non presentati con la stessa Sez. I, 24 giugno 1993, numero 3121, Sapienza Sez. VI, 6 agosto 1992, numero 3025, Ferlin . Più precisamente, la Sez. III, 7 luglio 1999, numero 2500, Thun, ha ritenuto inutilizzabili quegli elementi addotti dal pubblico ministero all'udienza davanti al tribunale del riesame, già nella sua disponibilità e nonostante ciò non trasmessi nel termine perentorio di cui all'articolo 309 comma 5 c.p.p., sostenendo che la perentorietà del termine citato, introdotto dalla I. 8 agosto 1995, numero 332, produce la inutilizzabilità degli elementi di prova che vengano tardivamente trasmessi, escludendo così la possibilità di addurre nel corso dell'udienza camerale, a norma dell'articolo 309 comma 9 c.p.p., elementi preesistenti alla presentazione della richiesta cautelare. Diversamente, secondo la Corte, si renderebbe possibile all'accusa non solo di contrastare legittimamente l'attività difensiva derivante da profili nuovi di valutazione del fatto contestato, bensì anche di integrare una situazione sin dall'origine carente dei presupposti di legge per l'emissione del provvedimento impugnato. 4.2. Entrambi gli orientamenti non appaiono convincenti il primo perché finisce per incidere negativamente sul diritto di difesa dell'imputato, il secondo in quanto dalla produzione in udienza degli elementi non allegati alla domanda cautelare fa derivare la sanzione dell'inutilizzabilità. In realtà, la questione circa la possibilità che il pubblico ministero arricchisca il quadro conoscitivo del tribunale del riesame attraverso la produzione di elementi di prova di cui aveva già la disponibilità, ma che non ha ritenuto di porre a base della richiesta della misura cautelare, attiene in primo luogo al rispetto del contraddittorio nel procedimento di riesame e, quindi, indirettamente alla tutela del diritto di difesa della persona indagata. Va ricordato che a seguito delle modifiche introdotte con la legge numero 332 del 1995 grava sul pubblico ministero l'obbligo di presentare al giudice anche gli elementi a favore dell'indagato nonché le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate, innovazione che ha ampliato le garanzie per la persona sottoposta ad indagini e che ha incrementato gli spazi di conoscenza attribuiti al giudice nella fase del controllo sul provvedimento de libertate. Allo stesso tempo risulta potenziato il procedimento di riesame, che acquista maggiore efficienza e rapidità, soprattutto attraverso l'effetto caducatorio dell'ordinanza determinato dall'inosservanza del termine perentorio previsto dall'articolo 309 comma 5 c.p.p. la prevista trasmissione degli atti al tribunale finisce per assicurare anche l'operatività del contraddittorio. Infatti, al tribunale del riesame pervengono tutti gli atti in precedenza presentati a sostegno della richiesta di misura cautelare, senza che il pubblico ministero possa compiere alcuna selezione del materiale, altrimenti il giudizio di riesame verrebbe alterato da una trasmissione frazionata o parziale di atti, con conseguente pregiudizio per lo stesso contraddittorio. D'altra parte, oltre agli atti sui quali si è formata la decisione cautelare l'articolo 309 comma 5 c.p.p. prescrive che siano trasmessi anche gli elementi sopravvenuti a favore dell'indagato e la giurisprudenza ha ritenuto legittima anche la produzione di elementi a carico, a cui si contrappongono gli esiti delle indagini difensive che l'indagato può introdurre nel giudizio di riesame. E' evidente, da un lato, l'equilibrio tra le parti che la disciplina processuale vuole assicurare, dall'altro, la preoccupazione di attribuire al tribunale del riesame la stessa posizione in cui si è trovato il giudice della cautela al momento dell'emissione della misura. Questa situazione di equilibrio si ripropone anche nel corso dell'udienza, prevedendo l'articolo 309 comma 9 c.p.p. che il giudice dei riesame decida anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza . Tuttavia, se anche si dovesse ritenere che la norma faccia riferimento agli elementi nuovi conosciuti dalle parti dopo lo scadere del termine perentorio, deve riconoscersi che le norme in esame comunque mirano ad assicurare il contraddittorio sul contenuto indiziario e sul fondamento dei presupposti cautelavi , nel rispetto del diritto di difesa dell'indagato, sicché un tale obiettivo presuppone che il soggetto interessato sia posto nelle condizioni di difendersi concretamente attraverso la conoscenza degli atti. Tale conoscenza è assicurata dalla possibilità che è riconosciuta al difensore di esaminare gli atti depositati nella cancelleria del giudice a quo e del giudice del riesame, funzionale alla sua partecipazione informata alla discussione davanti al tribunale. 4.3. Se si dovesse ammettere, senza alcun bilanciamento, la produzione in udienza ex articolo 309 comma 9 c.p.p. degli elementi in possesso dei pubblico ministero e da questi non posti a base della domanda cautelare, l'equilibrio del sistema rischierebbe di incrinarsi, in quanto si tradurrebbe in una menomazione dell'attività difensiva, venendo compromesso il contraddittorio tra le parti l'indagato si troverebbe a dover fronteggiare un elemento sfavorevole di cui il pubblico ministero era già in possesso e presentato solo all'udienza camerale, peraltro oltre il termine perentorio di cinque giorni previsto dall'articolo 309 comma 5 c.p.p. Tuttavia, deve rilevarsi che è ben possibile che un elemento ritenuto dal pubblico ministero irrilevante al momento della richiesta della misura cautelare, possa diventare importante e rilevante nel prosieguo delle indagini, sicché parrebbe difficile ipotizzare una sua inutilizzabilità nello stesso procedimento di riesame, avente ad oggetto la misura in precedenza richiesta. In questi casi non è possibile parlare di inefficacia della misura coercitiva ex articolo 309 comma lo c.p.p., in quanto la trasmissione degli atti è stata tempestiva e la produzione tardiva riguarda un singolo atto, inoltre non vi è spazio neppure per ipotizzare un caso di inutilizzabilità dell'atto, perché una tale sanzione processuale - che peraltro è una categoria che riguarda le prove in dibattimento - non è prevista da alcuna disposizione. Deve allora ritenersi che la produzione direttamente all'udienza di riesame di elementi a carico dell'indagato, che non siano stati posti a base della richiesta di misura cautelare, incida sul diritto di difesa, configurando una causa di nullità ai sensi dell'articolo 178 comma i lett. c c.p.p. in relazione all'assistenza dell'indagato, in tutti i casi in cui questi non sia messo nelle condizioni di difendersi concretamente. In altri termini, in presenza di tali produzioni il tribunale del riesame deve assicurare il rispetto pieno del contraddittorio tra le parti, assegnando all'indagato un congruo termine a difesa. D'altra parte, si tratta di una soluzione che, sebbene con riferimento ad una diversa situazione, è stata indicata dalle Sezioni unite di questa Corte che, in materia di appello cautelare, hanno affermato il principio secondo cui è consentito al pubblico ministero produrre documentazione relativa ad elementi probatori nuovi, siano essi preesistenti o sopravvenuti, purché tali elementi riguardino lo stesso fatto contestato con l'originaria richiesta cautelare e sia assicurato nel procedimento camerale il contraddittorio delle parti anche mediante la concessione di un congruo termine a difesa Sez. unumero , 31 marzo 2004, numero 18339, Donelli . 5. Nel caso in esame, dinanzi alla produzione in udienza dei verbale contenente le dichiarazioni dei collaboratore di giustizia A. Z., utilizzato per sostenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato, il Tribunale del riesame non ha concesso alcun termine a difesa, così violando il diritto al contraddittorio dell'indagato, che avrebbe dovuto essere messo nelle condizioni di conoscere il contenuto delle dichiarazioni accusatorie in funzione di una effettiva difesa nel corso del riesame. Ne deriva che, in base a quanto si è detto, in accoglimento dello specifico motivo dedotto dalla difesa di L. F., deve disporsi l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'articolo 94 comma 1-ter disp. att. c.p.p. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94 comma l-ter disp. att. c.p.p.