Spazio alla non contestazione, anche nei giudizi instaurati ante riforma 2009

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *La sentenza numero 5 del 25 gennaio 2011, della Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 8, merita di essere segnalata all'attenzione dell'operatore tributario in quanto ha applicato il cd. principio di non contestazione ad una controversia tributaria instaurata prima della entrata in vigore 4/07/2009 della legge numero 69/2009. 1 La non contestazione nel processo tributario? Orbene, le argomentazioni idonee a traslare tale principio generale anche al processo tributario sono alle luce della invocata statuizione 2 del giudice di legittimità sentenza numero 1540 del 24 gennaio 2007 della Sezione Tributaria - il principio di ragionevole durata del processo inteso come monito acceleratorio rivolto non solo al Giudice ma anche alle parti - la natura dispositiva del processo tributario ed il dato letterale di cui all'articolo 1 del D.Lgs. 546/92 - il fatto che anche il processo tributario è basato su un regime di rigide preclusioni come avviene per il processo civile - la ricostruzione del processo tributario in chiave di impugnazione-merito - l'onere probatorio grava non solo sulla parte ricorrente ma anche su quella resistente - ai sensi dell'articolo 24 del D.Lgs. numero 546/1992 la fase probatoria si debba ritenere conclusa allo scadere dei venti giorni previsti per il deposito di documenti o dei dieci giorni per il deposito di memorie.La riforma del processo civile e il principio della non contestazione. Giova osservare che a seguito della legge del 18 giugno 2009, numero 69 Gazzetta Ufficiale numero 140 supplemento ordinario numero 95/L del 19 giugno 2009 , che prevede rilevanti modifiche al c.p.c., con l'introduzione di nuovi istituti e la radicale modifica di quelli esistenti, il nuovo articolo 115 del c.p.c. prevede che il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Viene esplicitamente introdotto il principio di non contestazione, che costituisce un particolare aspetto della dispositività del processo articolo 115 c.p.c. . Alla prescrizione per cui il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero , il nuovo comma 1 dell'articolo 115 aggiunge nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il principio che la non contestazione di fatti allegati dalla controparte vale relevatio ab onere probandi per il deducente riceve quindi consacrazione dal legislatore. L'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. numero 546/1992 sancisce che al processo tributario si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile. Tale riforma dell'articolo 115 c.p.c. interessa, in virtù dell'espresso rinvio operato dall'articolo 1, comma 2, D.Lgs. numero 546/92, anche il processo tributario. Ai fini dell'integrazione del diritto processuale tributario sono rilevanti le modifiche del c.p.c. introdotte con leggi successive al dlgs numero 546/92 cd. rinvio formale . La non contestazione del convenuto parte costituita viene considerata un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell'oggetto del giudizio con effetti vincolanti per il giudice, posto che in tal caso l'atteggiamento difensivo del convenuto sottrae il fatto medesimo dagli accertamenti richiesti. Sussiste il dovere per il giudice di non ritenere non abbisognevole di prova quanto non espressamente contestato dal convenuto costituito. La legge 69/2009, modificando l'articolo 115 c.p.c., ha ristretto l'ambito di applicazione del principio di non contestazione alla sola parte costituita 3 . Qualora il convenuto non si costituisca i fatti affermati dall'attore non si reputano provati o non contestati alla mancata o tardiva costituzione non è attribuito il valore di confessione implicita cfr. Corte costituzionale sentenza 340/07 . Il principio, non può mai trovare applicazione in caso di non costituzione poiché l'assenza dal giudizio consiste in un comportamento equivoco e non concludente. La contestazione deve essere specifica e, pertanto, la contestazione generica e, a fortiori, il mero silenzio sono equiparati al difetto di contestazione. La modifica addossa l'onere di contestazione e tutte le conseguenze che derivano dal suo mancato assolvimento, alla sola parte convenuta costituita. Giova osservare che la specifica contestazione dei fatti dedotti da controparte potrebbe valere sia per il ricorrente che ha l'onere di contestare specificamente i fatti posti a base dell'atto impositivo sia per il resistente che ha l'onere di contestare, altrettanto specificamente, i fatti dedotti dal ricorrente a contestazione di quelli esposti nell'atto impositivo . Vanno dati per assodati i fatti non contestati? Il giudice, anche tributario, ha l'obbligo di considerare assodati i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita. D'altro canto, l'onere di specifica contestazione deve esser posto in relazione al fatto in precedenza rappresentato da controparte ed alla specificità da quest'ultima osservata nella rappresentazione. Giova, infine, precisare che l'avvenuta codificazione che i fatti addotti da una delle parti e non contestati dall'altra parte costituita non debbano più essere provati comporta che, di conseguenza, la commissione adita, pena un vizio di ultrapetizione ex articolo 112 c.p.c., non debba ritenere necessaria ulteriore prova dei fatti medesimi. La sentenza che desse per esistenti fatti non contestati dal soggetto contro il quale gli stessi sono invocati sarebbe in palese violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato ex articolo 112 c.p.c * esperto tributarioNote 1 Il giudice di legittimità con affermazione assolutamente valida nel rito tributario ha affermato che ogni volta che sia posto a carico di una delle parti attore o convenuto un onere di allegazione e prova l'altra parte ha l'onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile dovendo in mancanza ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio Commissione tributaria provinciale di Roma sez. 06 sentenza numero 148/6/08 del 16 aprile 2008 Poiché nel processo tributario l'obbligo dell'amministrazione di prendere posizione sui fatti dedotti dal contribuente è ancora più forte di quello che grava sul convenuto ordinario Cass. 21209/2004 si deve concludere per l'assoluta infondatezza dell'appello visto che in primo grado le prove allegate non erano state affatto contestate Sent. numero 22 del 14 gennaio 2009 della Comm. trib. reg. di Roma, Sez. I 2 Il c.d. principio di non contestazione - da intendersi correttamente come onere di contestazione tempestiva, col relativo corollario della non necessità di prova riguardo ai fatti non tempestivamente contestati, e, a fortiori, non contestati tout court -, elaborato dalla dottrina e, più articolatamente, dalla giurisprudenza di legittimità, dapprima con riguardo al rito del lavoro SS.UU. numero 761 del 2002 , e poi esteso al rito civile riformato tra le altre, Cass. numero 394 del 2006 e numero 19260 del 2004 , è invocabile anche nel processo tributario, sia perché questo, essendo strutturato sulla falsariga del processo civile, ha natura dispositiva come quello ed è anch'esso caratterizzato da un sistema di preclusioni, sia per la incidenza del principio di ragionevole durata del processo di cui all'articolo 111 Cost. Questo non può essere inteso soltanto come monito acceleratorio rivolto al giudice in quanto soggetto del processo, ma soprattutto al legislatore ordinario ed allo stesso giudice in quanto interprete della norma processuale - dovendo ritenersi che una lettura costituzionalmente orientata delle norme sul processo non possa mai prescindere dal principio in esame -, nonché alle parti, che, specie nei processi dispositivi, devono responsabilmente collaborare alla ragionevole durata del processo, dando attuazione, per quanto in loro potere, al principio di economia processuale e perciò immediatamente delimitando, ove possibile, la materia realmente controversa. Sentenza Cassazione 24.1.2007 numero 1540 . 3 Se il convenuto non si costituisce, i fatti affermati dall'attore non si reputano provati o, se meglio si vuol dire, non contestati , poiché l'applicazione dell'onere di contestazione nel processo contumaciale è in contrasto con la tradizione del diritto processuale italiano, nel quale alla mancata o tardiva costituzione mai è stato attribuito il valore di confessione implicita Corte Costituzionale, sentenza 12 ottobre 2007 numero 340 .Una esplicita conferma di quanto sin qui affermato si rinviene nella recente Legge 69 del 2009 che, modificando l'articolo 115 c.p.c., restringe il fascio applicativo del principio di non contestazione alla sola parte costituita .Ed, invero, tanto discende dall'assenza, nel nostro ordinamento, di una disciplina differenziata in materia di c.d. contumacia volontaria che, semmai, potrebbe far dubitare della legittimità costituzionale dell'articolato normativo vigente ove esclude conseguenze di sfavore, in punto di ammissione del fatto, per il convenuto che scientemente decida di non resistere in giudizio. Ma si tratterebbe di quaestio juris astratta atteso che, come ricordato, proprio in tempi recenti la Consulta non ha obliterato l'attuale diritto positivo sedes materiae. L'autorevole dottrina, peraltro, ha da data risalente affermato che il principio in questione non può mai trovare applicazione in caso di contumacia consistendo la stessa in un comportamento equivoco e non concludente . Tribunale di Varese - Sezione prima - ordinanza 30 ottobre 2009 . La mancata costituzione in giudizio da parte dell'Agente della Riscossione, pur regolarmente citato dalla parte attrice, rappresenta di fatto un palese comportamento di non contestazione alle osservazioni sollevate dal ricorrente in merito alla irregolarità ed intempestività della notificazione delle cartelle di pagamento recanti i crediti per i quali l'amministrazione ha proceduto ad iscrivere l'ipoteca la cui cancellazione è oggetto della domanda del contribuente. Per consolidata giurisprudenza - non potendo altrimenti darsi la diabolica prova negativa - le asserzioni del ricorrente debbono darsi per provate sino a produzione da parte del soggetto a carico del quale sussisteva l'adempimento dell'avvenuta esecuzione dello stesso. Ne deriva la decadenza dell'amministrazione del diritto ai crediti di cui in causa e l'assenza di titolo atto a giustificare l'avvenuta iscrizione ipotecaria che risulta irregolarmente iscritta e da cancellare a cura e spese dell'Agente della Riscossione, come da domanda della parte attrice. Restano pertanto assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso. Tale assunto è stato statuito dalla sentenza numero 239 del 17 luglio 2008 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 9.

Commissione Tributaria Provinciale Roma, sez. VIII, sentenza 15 novembre 2010 - 25 gennaio 2011, numero 5Presidente Villani - Relatore De LulloSvolgimento del processoCon ricorso, depositato presso questa Commissione Tributaria in data 26/06/2008, la Sig.ra A.M.S., numero q. di legale rappresentante p. t. della s.r.l. P. C., rappresentata e difesa dal dott. M.S. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma v. G.C., giusta delega in calce al ricorso, impugnava una cartella esattoriale, notificata in data 04/04/2008 e relativa all'anno d'imposta 2004, con la quale l'Agenzia delle Entrate di Roma 2 recuperava a tassazione, a seguito di controllo automatizzato ex articolo 36 bis, la somma di euro 4.219,45, relativa al credito d'imposta per agevolazione gasolio per autotrazione.Eccepiva nel ricorso la ricorrente la illegittimità della pretesa impositiva, sostenendo la infondatezza del recupero, atteso il disposto di cui alla legge numero 343/2000, di conversione del D. L. numero 265/2000.Produceva documentazione e concludeva chiedendo l'accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.L'Agenzia delle Entrate si è costituita in data 11 agosto 2009 chiedendo il rigetto del ricorso.All'udienza odierna, tenuta in camera di consiglio, la Commissione Tributaria trattiene la causa in decisione.Motivi della decisioneIl ricorso è fondato e va accolto.Osserva questo Collegio Giudicante che la disciplina del credito d'imposta per agevolazione gasolio per autotrazione è disciplinata dal D. L. numero 265/2000, convertito con modificazioni nella legge numero 343/2000.Tale normativa prevede a favore degli esercenti di alcune attività di trasporto merci il riconoscimento di un credito d'imposta rapportato ai consumi di gasolio.Dalla documentazione prodotta in copia all. B risulta che la ricorrente ha determinato, in apposita dichiarazione presentata in data 29/04/2004, il suddetto credito.Ora l'articolo 4, comma 2 del D.P.R. numero 277/2000 dispone che l'Ufficio, ricevuta la dichiarazione di cui all'articolo 3 e la documentazione a corredo, entro trenta giorni dal ricevimento ne controlla la regolarità, invitando l'interessato ad integrare, entro il termine massimo di quarantacinque giorni successivi alla data di comunicazione del predetto invito, la dichiarazione stessa con gli elementi e con la documentazione eventualmente mancanti inoltre, entro sessanta giorni dal ricevimento della dichiarazione ovvero degli elementi e della documentazione mancanti, determina l'importo complessivo del credito spettante e, nel caso di richiesta di rimborso, emette apposito titolo per il pagamento di tale importo secondo le norme vigenti in materia di contabilità di Stato .decorsi i sessanta giorni dal ricevimento, da parte dell'Ufficio della dichiarazione Decorsi i sessanta giorni dal ricevimento, da parte dell'ufficio, della dichiarazione ovvero degli elementi mancanti senza che al soggetto sia stato notificato il provvedimento di diniego di cui al comma 1, l'istanza si considera accolta e il medesimo può'utilizzare l'importo del credito spettante in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, numero 241, qualora ne abbia fatto richiesta. In tali casi l'ufficio competente può'annullare, con provvedimento motivato, l'atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò'sia possibile, l'interessato provveda a sanare i vizi entro un termine prefissatogli dall'ufficio stesso.Tutto ciò premesso va considerato che la ricorrente ha affermato di non aver ricevuto nessun provvedimento motivato tendente ad annullare l'atto di assenso formato con le modalità di cui sopra, e l'Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, non ha provveduto ha contestare quanto affermato, non producendo la relativa documentazione.Va ricordato sul punto il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 1540/07, secondo il quale l'onere di contestazione col relativo corollario del dovere, per il giudice, di ritenere non abbisognevole di prova quanto non espressamente contestato , è divenuto principio generale che informa il sistema processuale civile, poggiando le proprie basi non più soltanto sul tenore degli articolo 416 e 167 del codice di procedura civile, bensì'anche sul carattere dispositivo del processo - comportante una struttura dialettica a catena -, sulla generale organizzazione per preclusioni successive - che, in misura maggiore o minore, caratterizza ogni sistema processuale -, sul dovere di lealtà e probità posto a carico delle parti dall'articolo 88 del codice di procedura civile - che impone ad entrambe di collaborare fin dalle prime battute processuali a circoscrivere la materia realmente controversa, senza atteggiamenti volutamente defatiganti, ostruzionistici o anche solo negligenti - ed infine, soprattutto, sul generale principio di economia che deve sempre informare il processo, vieppiù alla luce del novellato articolo 111 della Costituzione.Infatti il principio sopra richiamato attiene proprio alla formazione del consenso sull'area dei fatti che dovranno essere accertati dal giudice nell'ambito del processo, per cui il thema decidendum, all'esito del progressivo formarsi di effetti preclusivi dal comportamento delle parti, viene gradualmente a ridursi, con la conseguenza che quanto non più dibattuto o non contestato nel corso del processo viene definitivamente acquisito.Il presente principio, largamente condiviso dal Collegio, comporta l'accoglimento del ricorso.Le spese seguono la soccombenza e l'Agenzia di Roma 2 va condannata a rifondere al contribuente le spese del presente giudizio, liquidate complessivamente in euro 600,00, di cui euro 30,00 per spese e euro 570 per onorari. P.Q.M.La Commissione Tributaria accoglie il ricorso e condanna la Direzione Provinciale di Roma 2 a rifondere al contribuente le spese del presente giudizio, liquidate complessivamente in euro 600,00.