di Carmen Ceschel
di Carmen CeschelLa Corte di Cassazione, con sentenza numero 9779 del 4 maggio, confermando un orientamento già espresso in altre pronunce, sancisce che in tema di contratto di agenzia, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto per un fatto imputabile al preponente o all'agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, si può utilizzare per analogia il concetto di giusta causa previsto dall'articolo 2119 c.c. per il lavoro subordinato.La questione. Una compagnia di assicurazioni risolveva il rapporto con un proprio agente una s.r.l. Nel rapporto di agenzia, inizialmente l'agente era una persona fisica, cui era subentrata senza soluzione di continuità la s.r.l., di cui l'agente persona fisica era socio ed amministratore.L'agente persona fisica svolgeva la propria attività quale agente della medesima compagnia anche in una zona diversa da quella in cui operava la s.r.l. lì aveva causato, nella propria agenzia, un ammanco di oltre un miliardo di lire.A questo punto, la compagnia risolveva il proprio contratto con la s.r.l., a suo dire per giusta causa, in quanto il comportamento dell'agente aveva influito sulla fiducia nella società.La s.r.l., invece, contestava la risoluzione, chiedendo in giudizio indennità di risoluzione del rapporto di agenzia ed indennità di mancato preavviso.In primo grado veniva accolta la domanda della s.r.l. il giudice riteneva che la condotta dell'agente fosse irrilevante ai fini di uno scioglimento per giusta causa del rapporto con la società, trattandosi di due soggetti distinti. La Corte di appello, al contrario, riteneva che il gravissimo ammanco di denaro costituisse una giusta causa di recesso vero è che si era risolto il rapporto di agenzia con la società mentre l'ammanco era stato causato dal socio nella propria personale attività di agente, ma questi era anche amministratore della s.r.l. inoltre, i soci della s.r.l. erano solo due ed era emerso che, attraverso procure e nomine a cariche sociali, di fatto e di diritto era quel socio a gestire la società. Venuto meno il rapporto di fiducia con il socio, veniva meno anche con la società che questi gestiva.La s.r.l. ricorre, quindi, per Cassazione, che rigetta il ricorso confermando la decisione della Corte d'Appello.Applicabilità per analogia della giusta causa. La Cassazione, in primo luogo, confermando un orientamento già espresso Cass. numero 422/2006, 3595/2011 e 3869/2011 , premette che, in tema di contratto di agenzia, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto per un fatto imputabile al preponente o all'agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, si può utilizzare per analogia il concetto di giusta causa previsto dall'articolo 2119 c.c. per il lavoro subordinato.Il giudizio sulla sussistenza di una giusta causa di recesso costituisce valutazione rimessa al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, ove sorretta da un accertamento sufficientemente specifico degli elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo.Inoltre, la Cassazione chiarisce che, poiché nel contratto di agenzia il rapporto di fiducia assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato vista la maggiore autonomia dell'agente rispetto al dipendente , ai fini della legittimità del recesso è sufficiente un fatto di minore consistenza.La crisi di fiducia verso il socio porta al recesso con la società. La Corte affronta la questione della possibilità che il contratto di agenzia si possa sciogliere per giusta causa in ragione di una condotta posta in essere da un soggetto quale un socio formalmente terzo rispetto all'agente, ma che sia ad esso collegabile, in via diretta od indiretta.Per poter risolvere un contratto per giusta causa, si chiarisce nella sentenza, non è necessario un evento lesivo dell'equilibrio sinallagmatico, bensì un fatto generatore di una crisi di fiducia, indipendentemente dalla ricaduta che esso abbia o non abbia nell'economia di scambio.In questo quadro possono assumere rilievo anche condotte di terzi che, per il loro collegamento, a vario titolo, con l'agente, siano tali da far venir meno nel preponente l'aspettativa che la futura esecuzione del contratto da parte di quest'ultimo avvenga in maniera conforme agli obblighi convenzionali o di legge, incluso quello generale di correttezza sancito dall'articolo 1375 c.c., generatore di obbligazioni collaterali di tipo protettivo.In particolare, nel caso de quo, il soggetto, formalmente terzo, era colui che di fatto e di diritto gestiva la s.r.l., ritenuta quindi esposta all'ingerenza di un soggetto non affidabile.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 febbraio - 4 maggio 2011 numero 9779Presidente Rovelli - Relatore MannaSvolgimento del processoLa SO.GE.AS. s.r.l. in liquidazione, risultata dalla trasformazione dell'omonima s.a.s. la quale, a sua volta, era subentrata, senza soluzione di continuità a F B. per la zona di . quale agente della SIC - Società italiana cauzioni compagnia di assicurazioni e riassicurazioni, conveniva in giudizio quest'ultima, innanzi al Tribunale di Roma, per sentirla condannare al pagamento della somma di lire 90.305.135, oltre accessori, a titolo di indennità di risoluzione dei rapporto di agenzia, dal quale la preponente era receduta adducendo una giusta causa.La SIC nel resistere alla domanda precisava che lo scioglimento del rapporto era stato determinato dal fatto che F B., socio, insieme col padre E., della SO.GE.AS., si era reso responsabile nel giugno del 1986 di un ammanco di un miliardo di lire nell'agenzia di ., che gestiva con la moglie, e che in seguito a tale fatto egli era stato sottoposto a procedimento penale e i due coniugi erano stati dichiarati falliti.Ottenuto dalla stessa SO.GE.AS s.r.l., decreto ingiuntivo per la somma di lire 37.736.145, a titolo di indennità di recesso, cui la SIC si opponeva, e riunite le due cause, il Tribunale di Roma, ritenuta irrilevante la condotta tenuta da F B., il quale era cessato dalla carica di amministratore della società agente il 21.1.1987, allorché ne era stato deliberato lo scioglimento, condannava la SIC al pagamento in favore della SO.GE.AS. della somma di lire 55.295.092 a titolo di indennità di risoluzione del rapporto e di lire 35.010.043 quale indennità di mancato preavviso.Tale sentenza era parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Roma che, sull'impugnazione della SIC, rigettava la domanda di pagamento dell'indennità di mancato preavviso e di risoluzione ex articolo 12 dell'Accordo nazionale degli agenti di assicurazione. La Corte capitolina riteneva che il gravissimo episodio dell'ingente ammanco di denaro verificatosi presso l'agenzia di Bologna, gestita da F B., originario titolare sin dal 1973 del rapporto d'agenzia con la SIC, costituiva senz'altro giusta causa di recesso a nulla valendo lo schermo societario della SO.GE.AS., e ciò per varie ragioni, quali la ridottissima compagine dei soci prima tre, poi solo due la circostanza che, come emerso dalle testimonianze raccolte, F B. sia di fatto, sia di diritto, attraverso procure e nomine a cariche sociali, in qualsiasi momento poteva intervenire nella gestione della società agente il fatto che l'elemento fiduciario con la società preponente deve sussistere con riferimento a tutti i soggetti che, in concreto concorrono alla gestione dell'attività del soggetto agente la storia del lungo rapporto di agenzia in questione e la circostanza - che B.F. aveva continuato ad essere iscritto all'albo degli agenti di assicurazione, il che portava ad escludere che egli fosse uri semplice investitore estraneo all'amministrazione della SO.GE.AS Per la cassazione di quest'ultima sentenza ricorre la SO.GE.AS. s.r.l. in liquidazione, con unico motivo. Resiste con controricorso la SIC. Entrambe le parti hanno presentato memoria.Motivi della decisione1. - In via pregiudiziale va respinta l'eccezione, sollevata dalla controricorrente con la memoria ex articolo 378 c.p.c., di inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale.1.1. - È consolidato orientamento di questa Corte che la procura apposta in calce o a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in corso, sicché risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito v. da ultimo e per tutte, Cass. numero 26504/09 .1.2. - Nello specifico, la procura al difensore della parte ricorrente è stata apposta a margine del ricorso, con il quale, pertanto, forma corpo unico, di guisa che nessun dubbio è lecito nutrire sul suo carattere speciale, in rapporto sia al giudizio di legittimità, sia alla sentenza di merito impugnata, ben specificata nel ricorso stesso 2. - Con unico motivo d'impugnazione, articolato in più punti, la società ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli articolo 2119 c.c., 1453 e ss. c.c., 2472 e ss. c.c., 1750 c.c., ai sensi dell'articolo 360, primo comma numero 3 c.p.c., nonché l'omessa motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e comunque rilevabili d'ufficio, ai sensi dell'articolo 360, primo comma numero 5 c.p.c Sostiene in particolare, che l'articolo 2119 c.c. non è stato correttamente applicato in quanto la sentenza impugnata ha attribuito rilievo, ai fini della lesione del rapporto fiduciario, a comportamenti estranei al rapporto di agenzia, tenuti da un soggetto terzo rispetto alla società agente, lì dove, invece, la norma in esame esclude, in linea di principio, dal suo ambito di rilevanza i comportamenti estranei ai rapporto, salvo da essi possa scaturire il fondato convincimento che la controparte non sia più professionalmente idonea alla corretta prosecuzione del rapporto, ma sempre se si tratti di una condotta del medesimo soggetto parte del contratto di agenzia.La Corte di merito, si sostiene, esclusivamente preoccupata di tutelare l'aspetto fiduciario del rapporto tra la preponente e il soggetto agente, non ha considerato che l'alterazione della fiducia non si è accompagnata ad alcuna condotta della SO.GE.AS., punendo con il recesso per giusta causa quest'ultima e la sua compagine sociale per il solo fatto che un socio si sarebbe reso insolvente in un altro, diverso rapporto d'agenzia con la stessa SIC.Inoltre, la Corte territoriale non ha considerato che il recesso ai sensi dell'articolo 2119 c.c., analogicamente applicato al contratto d'agenzia, configura pur sempre un'ipotesi di risoluzione contrattuale, ragion per cui in base agli articolo 1453 e ss. c.c. presuppone ad ogni modo fatti o situazioni inerenti al rapporto e ai suoi soggetti.È, infine, infondato in fatto ed errato in diritto che la SO.GE.AS. costituisca uno schermo delle attività di F B Affermare che la personalità giuridica del soggetto contraente non sia altro che uno schermo dietro il quale si celano le condotte dei soci, tale da rendere irrilevante la soggettività della società di capitali ed imporre l'esigenza di un rapporto fiduciario con tutti i soci, significa scardinare i principi fondamentali in materia, intaccando l'autonomia della società rispetto alle condotte degli azionisti o dei quotisti.2.1. - Il motivo è infondato.Il contratto d'agenzia, al pari di quello di lavoro, col quale presenta evidenti addentellati causali per la comune derivazione dallo schema primario della locatio operarum , si basa sull'intuitus personae, il cui venir meno, incrinando la fiducia nella necessaria collaborazione delle parti tra loro, legittima lo scioglimento del rapporto.In tema di contratto d'agenzia, questa Corte ha avuto modo di affermare che pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o meno per un fatto imputabile al preponente o all'agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, può essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa di cui all'articolo 2119 cc., previsto per il lavoro subordinato il giudizio sulla sussistenza di una giusta causa di recesso costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da un accertamento sufficientemente specifico degli elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo Cass. nnumero 422/06, 3595/11, 3869/11 .È stato inoltre precisato che, tuttavia, per la valutazione della gravità della condotta, deve considerarsi che nel contratto di agenzia il rapporto di fiducia - in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell'attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali - assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato, per cui ai fini della legittimità del recesso è sufficiente un fatto di minore consistenza Cass. numero 14771/08 .Altro aspetto comune tra lavoro subordinato e agenzia è dato dal rilievo che in quest'ultimo rapporto può assumere l'avvicendamento di più soggetti mandatali nella titolarità dell'impresa agente, trovando applicazione, in presenza di continuità aziendale, la norma dell'articolo 2112 c.c., cfr. Cass. numero 9728/97 .La sia pur parziale assimilazione delle due figure contrattuali, attraverso le direttrici comuni della fiducia e. della continuità aziendale, nell'ottica della prevalenza dell'effettività del rapporto economico tra l'impresa preponente e l'impresa preposta, sulla rispettiva titolarità formale, induce, dunque, a ritenere rilevante ogni comportamento idoneo a gravare sul rapporto delle parti, potenzialmente anche oltre la mera imputabilità soggettiva delle singole condotte.2.2. - Il quesito peculiare che pone il caso di specie riguarda la possibilità che lo scioglimento del rapporto d'agenzia per giusta causa possa essere determinato anche da una condotta, essa stessa costituente inadempimento di obbligazioni derivanti da altro contratto di agenzia col medesimo preponente, di un soggetto formalmente terzo rispetto all'agente, ma che tuttavia sia ad esso collegabile, in via diretta o indiretta.Il richiamo alla nozione di giusta causa, enucleabile dall'articolo 2119 c.c. analogicamente applicato, pone al centro della risposta l'inadempimento colpevole quale fatto generatore della crisi di fiducia, e non come evento lesivo dell'equilibrio sinallagmatico, non necessariamente apprezzabile in un rapporto di durata che, come quello di agenzia, è connotato da una rete complessa di obbligazioni reciproche, non esaurentesi nella corrispettività a coppie tra prestazione lato sensu lavorativa e remunerazione in denaro.Se dunque ciò che rileva ai fini del legittimo esercizio della facoltà di recesso per giusta causa è il fatto incidente sull'affidamento dell'una parte verso l'altra, indipendentemente dalla ricaduta che esso abbia o non nell'economia del rapporto di scambio, possono assumere importanza anche condotte di terzi che per il loro collegamento, a vario titolo, con l'agente, siano tali da far venir meno nel preponente l'aspettativa che la futura esecuzione del contratto da parte di quest'ultimo avvenga in maniera conforme agli obblighi convenzionali o di legge, incluso quello generale di correttezza sancito dall'articolo 1375 c.c., generatore di obbligazioni collaterali di tipo protettivo.La circostanza che, a sua volta, la condotta del terzo costituisca essa stessa violazione degli obblighi inerenti ad un altro contratto di agenzia, non porta a deviare l'angolo visuale e a trasporre i piani dei rispettivi rapporti. L'inadempimento del terzo che sia anch'egli agente dei medesimo preponente in forza di un diverso contratto di agenzia, mantiene all'interno di quest'ultimo il proprio autonomo rilievo ad ogni possibile effetto, mentre nell'altro rapporto la giusta causa di recesso dipende dalla violazione, anch'essa qualificabile come inadempimento, del dovere di correttezza dell'agente, il quale deve mantenere la propria organizzazione aziendale al riparo dall'ingerenza del soggetto che ha mostrato, sia pure in altro contesto, di non essere affidabile.2.3. - L'accertamento di una siffatta infrazione dell'obbligo di correttezza implica una caratteristica indagine di fatto, come tale rimessa al giudice di merito, la cui decisione al riguardo non è sindacabile se congruamente e logicamente motivata.2.3.1. - Tale apprezzamento è stato operato, nel caso di specie, in maniera adeguata e immune da censure d'illogicità da parte della Corte d'appello capitolina, la quale ha ritenuto integrati gli estremi della giusta causa valorizzando vari elementi della fattispecie, quali la ridottissima compagine dei soci della SO.GE.AS. prima tre, poi solo due , tra cui F B. le testimonianze raccolte, in base alle quali F B. sia di fatto, sia di diritto, attraverso procure e nomine a cariche sociali, in qualsiasi momento poteva intervenire nella gestione della predetta società agente la storia dei lungo rapporto di agenzia in questione, iniziato nel 1973, essendo la SO.GE.AS. s.r.l. sorta per effetto della trasformazione dell'omonima s.a.s., la quale, a sua volta, era subentrata, senza soluzione di continuità, a B.F. nella posizione di agente e la circostanza che quest'ultimo aveva continuato ad essere iscritto all'albo degli agenti di assicurazione.In tale motivazione non sono isolabili insufficienze ovvero incongruità logiche nell'individuare F B. come soggetto ancora capace di influire in maniera decisiva su ogni aspetto gestionale della SO.GE.AS. e, quindi, sull'esecuzione del contratto di agenzia che legava quest'ultima alla S.I.C. Con la conseguenza che la medesima società agente è stata ritenuta esposta all'ingerenza di un soggetto non affidabile, circostanza che integra la violazione di un obbligo di protezione verso la preponente.3. - In conclusione il ricorso va respinto.4. - Sussistono giusti motivi, in considerazione della parziale novità della questione di diritto affiontata, per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e dichiara integralmente compensate le spese.