Il danno cagionato dall’amministratore di condominio resosi responsabile di una serie di fatti di appropriazione indebita in danno dei condomini da lui amministrati deve essere valutato nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla quota - danno incidente sui singoli condomini.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 37666/15, depositata il 17 settembre. Il caso. Ad un uomo veniva contestata una serie di fatti di appropriazione indebita consumati mentre svolgeva la funzione di amministratore condominiale, nei confronti dei condomini amministrati. La corte d’appello territoriale confermava la condanna dell’imputato. Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’uomo, lamentando che la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata come mala gestio dell’amministrazione condominiale e non come appropriazione indebita, non potendosi dedurre dalla condotta stessa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Il ricorrente, inoltre, asseriva che la rilevanza del danno era stata illegittimamente valutata facendo riferimento all’ammontare complessivo delle somme di cui si contestava l’appropriazione e non al danno cagionato singolo condominio o al singolo condomino. Il dolo specifico è desumibile dalle condotte univoche. Gli Ermellini hanno ritenuto manifestamente infondata la censura relativa all’esistenza dell’elemento soggettivo. La corte di merito, infatti, sul punto ha offerto, secondo il Supremo Collegio, una motivazione idonea alcune delle condotte poste in essere dal ricorrente, infatti, erano univocamente inquadrabili nella fattispecie delittuosa de qua, poiché l’elemento oggettivo è connotato da una tale evidenza da essere incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative lecite in tali casi, anche la connotazione finalistica del dolo specifico può dedursi dalle condotte e la motivazione sull’elemento soggettivo può essere limitata alla rilevazione della già richiamata incompatibilità delle condotte contestate con ipotesi alternative lecite. Il danno non va parcellizzato. Manifestamente infondato, secondo la Corte, è anche il motivo di ricorso che deduce l’inesistenza dell’aggravante relativa alla scarsa incidenza dell’attività delittuosa sul patrimonio dei singoli condomini. La Corte territoriale, infatti, secondo i Giudici di Piazza Cavour ha correttamente evidenziato la necessità di valutare il danno nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla quota - danno incidente sui singoli condomini. Il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, i quali sono rappresentati dall’amministratore, non comporta la parcellizzazione invocata dal ricorrente, «essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell’ente». Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso in esame.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 giugno – 17 settembre 2015, numero 37666 Presidente Fiandanese – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. Al D.C. i venivano contestati una serie di fatti di appropriazione indebita consumati mentre svolgeva la funzione di amministratore condominiale, nei confronti dei condomini amministrati. La Corte di appello di Bologna confermava la condanna dell'imputato alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed Euro 800 di multa e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, subordinava la concessione del beneficio della sospensione condizionale al pagamento a favore delle parti civili della provvisionale. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione direttamente l'imputato deducendo 2.1. mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine all'elemento psicologico. Si deduceva che l'elemento psicologico del reato non poteva indursi dalle modalità della condotta, che doveva essere inquadrata come una mala gestio della amministrazione condominiale e non come appropriazione indebita. Si rimarcava che sebbene il denaro di spettanza condominiale risultasse trasferito sui conti personali dell'imputato e della moglie, andava considerato che alcuni debiti condominiali erano stati pagati proprio con le somme prelevate dal conto corrente dell'imputato. 2.2. Mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'articolo 61 numero 7 cod. penumero . Si deduceva che la rilevanza del danno era stata illegittimamente valutata facendo riferimento all'ammontare complessivo delle somme di cui si contestava l'appropriazione, ma non al singolo condominio, né tantomeno al singolo condomino. Si rilevava che il danno cagionato a ciascun condomino poteva essere stimato nell'ordine dei 400 / 500 Euro. 2.3. Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio di equivalenza tra le circostanze. Si deduceva che non era stato adeguatamente valutato il comportamento dell'imputato ed il fatto che le condotte illecite risultavano consumate in un periodo temporale circoscritto. Si rimarcava che la applicazione della pena concordata per fatti analoghi richiamata in motivazione per giustificare il bilanciamento in equivalenza non faceva riferimento a fatti protrattisi fino al dicembre 2009 dunque due anni dopo i fatti per cui è giudizio , ma a fatti contestuali a quelli per cui si procede, accertati fino al dicembre 2009. 2.4.Mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla misura della pena inflitta in continuazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1. Il motivo di ricorso relativo alla illogicità della motivazione in ordine all'esistenza dell'elemento soggettivo è manifestamente infondato. La motivazione offerta dalla Corte territoriale sul punto evidenzia la incompatibilità dei fatti emersi trasferimento del denaro di spettanza condominiale sui conti personali con la assenza del dolo specifico richiesto dalla norma. Si tratta di una motivazione che esalta la potenzialità dimostrativa della condotta non solo in ordine alla consumazione del fatto sotto il profilo oggettivo, ma anche con riguardo alla dimensione soggettiva del reato. Alcune condotte sono infatti univocamente inquadrabili nella fattispecie delittuosa poiché l'elemento oggettivo è connotato da una tale evidenza da essere incompatibile con ogni riconduzione a condotte alternative lecite. In tali casi, anche la connotazione finalistica del dolo specifico può dedursi dalle condotte, nella misura in cui siano autoevidenti. La motivazione sull'elemento soggettivo può in tali casi essere limitata alla rilevazione della incompatibilità delle condotte contestate con ipotesi alternative lecite. Nel caso di specie la Corte territoriale, in coerenza con le linee ermeneutiche indicate, offriva una motivazione priva di fratture logiche e coerente con le emergenze processuali, che deduceva l'esistenza dell'elemento soggettivo proprio dalle caratteristiche della condotta accertata dotate di evidente efficacia dimostrativa. 1.2. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso che deduce l'inesistenza della aggravante prevista dall'articolo 61 numero 7 cod. penumero in relazione alla scarsa incidenza della attività delittuosa sul patrimonio dei singoli condomini. In realtà come evidenziato dalla Corte territoriale il danno deve esser valutato nella sua interezza e non parcellizzato in relazione alla quota-danno incidente sui singoli condomini. Il fatto che il condominio sia un ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini Cass. civ. Sez. 6 - 2, ord. numero 177 dell'11/01/2012 Rv. 620729 Cass. SS.UU. civ numero 9148/08 , i quali sono rappresentati dall'amministratore, non comporta la parcellizzazione invocata dalla difesa, essendo, di contro, rilevante il danno complessivo che il rappresentante degli interessi dei condomini ha causato svolgendo la sua funzione di amministratore dell'ente-condominio. In aderenza con tali indicazioni ermeneutiche la Corte territoriale ha ritenuto ingente il danno complessivamente causato con valutazione che si colloca tra quelle di puro merito le quali, se risultano aderenti alle emergenze processuali e prive di manifeste fratture logiche, si sottraggono al sindacato di legittimità. 1.3. Anche le doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio si presentano manifestamente infondate. La motivazione in ordine al giudizio di equivalenza tra aggravanti ed attenuanti si presenta approfondita e priva di fratture logiche e resistente anche al dedotto errore circa il tempo del commesso reato della sentenza di patteggiamento richiamata fatti accertati sino al 2009 e non consumati fino al 2009 . Il collegio, in punto di valutazione dei parametri che conducono alla definizione del trattamento sanzionatorio, condivide la giurisprudenza di legittimità secondo cui la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Cass. sez, 2, numero 36245 del 26/06/2009, Rv. 245596 . Peraltro la determinazione in concreto del trattamento sanzionatorio è frutto di una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità. Al riguardo si condivide la giurisprudenza secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articolo 132 e 133 cod. penumero ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione Cass. sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142 . La determinazione in concreto della pena costituisce, infatti, il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l'obbligo della motivazione da parte del giudice dell'impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d'appello, quando egli, accertata l'irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell'articolo 133 cod. penumero ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d'appello. Cass. Sez. 6, sent. numero 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv 181825. Conf. mass. numero 155508 numero 148766 numero 117242 . 1.4. Anche le censure sull'aumento in continuazione considerate eccessivo ed immotivato devono essere respinte. Il collegio condivide l'orientamento espresso dalla Corte di legittimità secondo cui, in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste l'obbligo di specifica motivazione per gli aumenti di pena effettuati ai sensi dell'articolo 81 cod.penumero , valendo a questi fini le ragioni a sostegno della quantificazione della pena - base Cass. sez. 5, numero 27382 del 28/04/2011, Rv. 250465 Cass. sez. 5, numero 11945 del 22/09/1999, Rv. 214857 . La Corte non ignora diverso orientamento che ha indicato la necessità di offrire una motivazione specifica in relazione agli aumenti per la continuazione nel caso in cui tali aumenti si presentino differenziati in relazione a reati satelliti omogenei Cass. sez. 6, numero 7777 del 29/01/2013, Rv. 255052 . Nel caso di specie, tuttavia, la Corte territoriale applicava un unico aumento per la continuazione che deve ritenersi giustificato, nella dimensione, dalle ragioni offerte per la quantificazione della pena base. Il consolidamento della progressione criminosa che viene effettuato con il riconoscimento del vincolo della continuazione consente infatti di ritenere giustificati gli aumenti per i reati satellite con i parametri indicati per la determinazione del reato principale Cass. sez. 2, numero 4707 del 21/11/2014, dep. 2015, Rv. 262313 . 1.5. L'imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore delle parti civili rappresentate dal procuratore speciale avv. Alessandro Murru che, tenuto conto dei parametri vigenti in relazione alla attività professionale svolta, liquida in complessivi Euro 3500 oltre spese generali Iva e Cpa come per legge. 2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 1000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000.00 alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio in favore delle parti civili rappresentate dal procuratore speciale avv. Alessandro Murru che liquida in complessivi Euro 3500 oltre spese generali Iva e Cpa come per legge.