Astensione del legale e richiesta di rinvio dell’udienza: nessuna deroga al codice di autoregolamentazione

Quando rispettato, il giudice non può opporsi all’istanza di rinvio, anche nei casi in cui la presenza del difensore è solo eventuale.

Così la Cassazione, Quinta Sezione Penale, numero 7074 del 2016, depositata il 23 febbraio. Il fatto processuale. Per fatti di contraffazione di marchi e segni distintivi ex articolo 474 c.p., il giudice d’appello riforma la sentenza assolutoria di primo grado emessa a seguito di rito abbreviato, rilevando la reità dell’attività di vendita di merci contraffatte, vista la buona fattura della riproduzione dei marchi e l’evidente idoneità lesiva delle condotte del buon nome e dell’affidabilità del marchio originale. Nel corso dell’appello il difensore dell’imputato produce istanza di rinvio, non accolta, per la conclamata adesione del legale all’agitazione di categoria. Ricorre in Cassazione il legale contestando l’illegittimità del diniego, che constaterebbe una nullità a regime intermedio ex articolo 178, lett. c, c.p.p., e le precarietà motivazionali in punto di riconoscimento della contraffazione ex articolo cit. La Cassazione non accoglie, nei termini che seguono. Le Sezioni Unite numero 40187 del 2014 dettano la via si tratta di un diritto costituzionale. I giudici confermano, l’astensione non è un impedimento in senso tecnico. Si tratta di esercizio di un diritto costituzionale e non di una impossibilità materiale a comparire. Ad esempio, in molteplici sedi processuali in cui la presenza del legale è solo facoltativa, l’astensione del difensore non è mai stata rubricata dalla giurisprudenza, per un disposto legislativo insufficiente, a legittimo impedimento. Si tratta di un contenitore insufficiente a rubricare il diritto all’astensione dell’avvocato, residua al solo imputato che abbia chiesto di essere sentito o abbia manifestato la volontà di comparire, in tal caso il rinvio va concesso. Non occorrono allora pronunce additive della Corte costituzionale finalizzate ad attribuire la qualifica di legittimo impedimento all’astensione del legale. Si tratta più sacralmente di esercizio di una libertà costituzionale. Il riconoscimento opera già a livello costituzionale/sistemico, in grado di assorbire e risolvere eventuali lacune ordinamentali. Come tale, opera in ogni caso, anche quando è solo facoltativa la presenza del difensore. Riconosciuta la rilevanza costituzionale del diritto, va accolta l’istanza di rinvio, anche laddove manchi un riconoscimento normativo espresso all’impedimento del difensore ed anche nei casi in cui la partecipazione dell’avvocato all’udienza sia solo eventuale - ad esempio, in caso di udienza per l’opposizione all’archiviazione ex articolo 409, secondo comma, c.p.p. oppure in caso di udienza camerale d’appello a seguito dell’abbreviato ex articolo 443, secondo comma, come nel caso in oggetto, e 599 c.p.p. -. La Cassazione tuttavia si fa severa il rinvio va consentito, solo quando compiutamente rispettate le procedure di cui ai codici di autoregolamentazione da parte degli enti proclamatori e da parte dei singoli professionisti. Il codice di autoregolamentazione del 4 aprile 2007 va sempre applicato, non sono consentiti scostamenti. Si tratta di fonte secondaria o regolamentare – per l’espresso riconoscimento legislativo contenuto nell’articolo 2, legge numero 142/1990, legge madre che individua le prestazioni indispensabili da fornire -, che risolve l’equilibrio fra interessi costituzionali contrapposti – fra gli altri, la garanzia dei servizi fondamentali, le esigenze logistiche, organizzative e di buon funzionamento del sistema giudiziario, il contemperamento con gli interessi delle altre parti processuali, l’evitare la prescrizione o la tutela delle esigenze di celerità processuali-. Individua i casi e i modi in cui l’astensione dell’avvocato è consentita, non residuando al giudice ulteriore discrezionalità per il riconoscimento di situazioni non espressamente contemplate nel codice - la delibera di idoneità della Commissione di Garanzia, nel caso emessa nel 2007, conferisce all’atto valore erga omnes , dunque vincolante per il giudice -. Rispettato il codice, il giudice non può che accogliere la richiesta di differimento dell’udienza. Nel caso specifico, non erano stati rispettati i dieci giorni di preavviso ex articolo 2 del codice di autoregolamentazione, l’istanza non venne giustamente accolta.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 settembre 2015 – 23 febbraio 2016, numero 7074 Presidente Savani – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. Il 01/04/2014, la Corte di appello di Cagliari riformava la sentenza emessa in data 26/05/2011 dal Gup del Tribunale della stessa città nei confronti di D.M.D. , assolto in primo grado - per insussistenza del fatto - in relazione a un addebito ex articolo 474 cod. penumero concernente la detenzione per la vendita di occhiali da sole, cinture e borse con marchi contraffatti. I giudici di appello, anche all'esito della diretta visione degli accessori in sequestro, previa apertura in contraddittorio del relativo reperto versato all'ufficio corpi di reato, affermavano che la norma incriminatrice sopra ricordata “tutela in via principale e diretta non l'acquirente, bensì la fede pubblica intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi che individuano le opere dell'ingegno o i prodotti industriali, e ne garantiscono la circolazione” la norma medesima, pertanto, descrive un reato plurioffensivo ed “è diretta ad evitare non solo l'inganno dei consumatori ma anche l'usurpazione del segno distintivo, poiché quanto più si diffonde la circolazione dei prodotti con marchi contraffatti, tanto più si svilisce l'affidabilità di quelli autentici. Ne deriva, a corollario, che il concreto apprezzamento della possibilità di confusione - da valutarsi non già con riferimento al momento dell'acquisto per lo più concluso in condizioni particolari, sintomatiche della non genuinità dei segni distintivi e dei relativi prodotti sui quali i primi si immedesimano bensì con riferimento alla visione degli oggetti nel loro successivo utilizzo - non può ritenersi prerogativa esclusiva di coloro che possiedono specifica e professionale competenza, ma anche del singolo consumatore facente parte del pubblico cui il prodotto con il marchio contraffatto è destinato, proprio in quanto abbia la capacità di rilevarne la potenzialità evocativa dell'originale”. Sulla base di tali considerazioni, la Corte cagliaritana segnalava che attraverso la visione diretta dei beni in sequestro era emersa la buona fattura degli articoli rinvenuti in possesso dell'imputato, recanti imitazioni pressoché fedeli dei relativi marchi ciò comportava, in particolare per gli occhiali e per numerose borse, l'impossibilità di qualificare i falsi de quibus come grossolani. 2. Propone ricorso per cassazione il difensore del D. , Avv. Luigi Porcella. 2.1 Con un primo motivo, dichiarando espressamente di impugnare anche l'ordinanza emessa dalla Corte territoriale lo stesso 01/04/2014, l'Avv. Porcella lamenta violazione di legge processuale, avendo i giudici di appello disatteso una richiesta di rinvio dell'udienza camerale avanzata dallo stesso difensore a seguito della sua dichiarata adesione ad una astensione proclamata ad oltranza dall'assemblea degli iscritti all'Ordine forense di Cagliari. Nell'interesse del ricorrente si fa notare che la decisione di rigetto dell'istanza di rinvio era stata adottata, pur richiamando le prerogative riconosciute dalla legge in via esclusiva alla competente commissione di garanzia in tema di legittimità della manifestazione di protesta, sul presupposto che il giudice potesse discrezionalmente riconoscere prevalenza all'interesse sotteso all'amministrazione della giustizia, peraltro invocando la mera esigenza di una organizzazione ragionevole del calendario delle udienze , piuttosto che alla tutela della libertà di associazione. Perciò, la Corte di appello aveva esercitato facoltà non riservate alla sua competenza, incorrendo poi in un'evidente contraddittorietà di argomentazioni laddove aveva segnalato che - vertendosi in un caso di impugnazione di sentenza emessa all'esito di rito abbreviato, con conseguente rito camerale a partecipazione non obbligatoria - l'interesse del difensore dell'imputato a presenziare all'udienza non avrebbe potuto manifestarsi mediante la formulazione di richieste nuove o la proposizione di doglianze ulteriori rispetto a quelle avanzate con l'atto di gravame nel caso di specie, infatti, l'appello era stato presentato dal Pubblico Ministero avverso una decisione assolutoria, e vi era dunque l'assoluta necessità della difesa di confutare le argomentazioni della parte pubblica. Ad avviso del difensore del D. , si sarebbe così verificata una causa di nullità a regime intermedio, tempestivamente eccepita attraverso l'odierno ricorso sul punto, viene diffusamente richiamata la motivazione di una recente pronuncia della Sezione Sesta di questa Corte, e si ricorda altresì la sentenza emessa dalle Sezioni Unite in data 27/03/2014 rie. Lattanzio , secondo cui “il giudice, in caso di adesione del difensore all'astensione, non può disporre la prosecuzione del giudizio se non in presenza di situazioni che rendano indifferibile la trattazione del processo”. 2.2 La difesa del D. lamenta quindi contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata sarebbe rimasto infatti non provato in cosa consistessero le difformità tra i marchi originali e quelli apposti sui beni sequestrati, non avendolo spiegato né i verbalizzanti che riferirono apoditticamente di non meglio chiarite falsificazioni , e neppure i giudici di appello. Questi ultimi, procedendo all'esame diretto degli accessori suddetti, si affidarono a mere impressioni personali, peraltro formulate dando atto di un contraddittorio che non era tale, stante la semplice presenza del difensore sprovvisto di “poteri oppositivi a fronte delle sensazioni della Corte”. Sarebbe stato necessario, piuttosto, un accertamento tecnico merceologico, con acquisizione del marchio originale e comparazione argomentata rispetto a quello in ipotesi contraffatto. 2.3 L'ultima censura è dedicata alla erronea applicazione dell'articolo 164 cod. penumero secondo il difensore dell'imputato, egli avrebbe avuto titolo alla sospensione condizionale, negata sull'inesatto presupposto di precedenti ostativi, che però risultavano da certificati relativi a soggetti diversi. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 2. Quanto alla decisione di disattendere l'istanza di rinvio del processo pure in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore del D. , deve rilevarsi che la relativa ordinanza della Corte di appello di Cagliari pone l'accento sulla circostanza che “il rispetto delle regole stabilite dal Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati costituisce la precondizione per la sussistenza del diritto di protesta che si vorrebbe esercitare” nel caso di specie, le norme de quibus non sarebbero state osservate, in particolare in ordine agli intervalli tra le varie iniziative della categoria, al tempo minimo di preavviso ed alla predeterminazione della durata delle astensioni medesime. A riprova, la Corte territoriale da contezza di una segnalazione in via d'urgenza del Commissario delegato, nel senso della già accertata - in via preliminare, e salve le competenze della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali - violazione della normativa anzidetta. L'ordinanza di rigetto della richiesta di differimento ricorda altresì come “nel giudizio d'appello camerale, conseguente ad impugnazione sulla misura della pena o di sentenza emessa nel giudizio abbreviato, la presenza delle parti è facoltativa, e la possibilità di ottenere un rinvio dell'udienza è espressamente prevista soltanto per l'imputato legittimamente impedito che abbia manifestato la volontà di comparire”, tanto più che nel giudizio d'appello il difensore “non può avanzare richieste nuove, o proporre motivi ulteriori rispetto a quelli illustrati nell'atto di impugnazione”. 2.1 Quest'ultimo rilievo non si attaglia, in effetti, alla peculiarità del caso di specie atteso che, nella fattispecie concreta, appellante era il P.M. e deve intendersi oramai superato l'indirizzo giurisprudenziale - cui la Corte cagliaritana sembra invece prestare adesione - secondo cui “il legittimo impedimento del difensore, quale causa di rinvio dell'udienza, non rileva nei procedimenti in camera di consiglio, per i quali è previsto che i difensori, il pubblico ministero e le altre parti interessate, siano sentiti solo se compaiono, sicché, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, é sufficiente che vi sia stata la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza” Cass., Sez. I, numero 5722 del 20/12/2012, Morano, Rv 254807 . In realtà, il richiamo ad ipotesi di legittimo impedimento non è pertinente a fattispecie come quella in esame, essendosi piuttosto affermato anche con il successivo avallo delle Sezioni Unite di questa Corte che “l'astensione del difensore dalle udienze non è riconducibile nell'ambito dell'istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell'esercizio di un diritto di libertà, il cui corretto esercizio, attuato in ottemperanza a tutte le prescrizioni formali e sostanziali indicate dalle pluralità delle fonti regolatrici, impone il rinvio anche delle udienze camerali” Cass., Sez. VI, numero 1826 del 24/10/2013, S., Rv 258334 . Il nuovo orientamento risulta condiviso anche dalle ultime decisioni della Sezione Prima v. la sentenza numero 14775 del 12/03/2014, Lapresa, Rv 259438, secondo cui “il diritto di astenersi dalle udienze, da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, è configurabile anche in relazione alle udienze camerali a partecipazione non necessaria, con la conseguenza che, qualora il relativo procedimento venga trattato in assenza del difensore, nonostante questi avesse ritualmente manifestato e comunicato la propria adesione all'astensione di categoria, si determina una nullità a regime intermedio per la mancata assistenza dell'imputato” e della Sezione Terza v. la sentenza numero 19856 del 19/03/2014, Pierri, Rv 259439-40, dove si evidenzia ancora che “l'astensione del difensore dalle udienze non è riconducibile all'istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell'esercizio di un diritto di libertà, il cui corretto esercizio deve essere valutato anche alla luce della normativa secondaria di cui al vigente codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle attività forensi, adottato - ai sensi della legge numero 146 del 1990, come modificata dalla legge numero 83 del 2000 - dagli organismi di categoria il 4 aprile 2007, e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia con delibera del 13 dicembre 2007”, con l'ulteriore precisazione che “il diritto di astenersi dalle udienze, da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, è configurabile anche in relazione alle udienze camerali a partecipazione non necessaria, ai sensi dell'articolo 3, comma primo, del vigente codice di autoregolamentazione, il quale prevede l'astensione dalle udienze e dalle altre attività in cui è prevista la partecipazione del difensore, ancorché non obbligatoria, con la conseguenza che, qualora il relativo procedimento venga trattato in assenza del difensore, nonostante questi avesse ritualmente manifestato e comunicato la propria adesione all'astensione di categoria, si determina una nullità a regime intermedio per la mancata assistenza dell'imputato” . Principi, questi, definitivamente consacrati dal massimo organo di nomofilachia, seppure investito di una peculiare questione afferente le implicazioni di dichiarazioni di astensione formalizzate dal difensore di parti private diverse dall'imputato le Sezioni Unite di questa Corte, nello sviluppo delle argomentazioni esposte al fine di dirimere i contrasti interpretativi registrati nella materia de qua, hanno infatti ribadito che “in tema di dichiarazione di adesione del difensore alla iniziativa dell'astensione dalla partecipazione alle udienze legittimamente proclamata dagli organismi rappresentativi della categoria, la mancata concessione da parte del giudice del rinvio della trattazione dell'udienza camerale in presenza di una dichiarazione effettuata o comunicata dal difensore nelle forme e nei termini previsti dall'articolo 3, primo comma, del vigente codice di autoregolamentazione, determina una nullità per la mancata assistenza dell'imputato, ai sensi dell'articolo 178, primo comma, lett. c , cod. proc. penumero , che ha natura assoluta ove si tratti di udienza camerale a partecipazione necessaria del difensore, ovvero natura intermedia negli altri casi” Cass., Sez. U, numero 15232 del 30/10/2014, Tibo, Rv 263021 . 2.2 Deve ricordarsi che, ai sensi dell'appena menzionato articolo 3 del codice di autoregolamentazione, è necessario che l'astensione del difensore sia, in via alternativa - dichiarata personalmente, ovvero a mezzo di sostituto processuale all'inizio dell'udienza o comunque in limine all'atto formale che si stia per assumere dell'atto di indagine preliminare - comunicata con atto scritto trasmesso o depositato in Cancelleria o Segreteria, almeno due giorni prima della data stabilita. Ancor prima, però, l'articolo 2 dello stesso testo di normazione secondaria dispone prescrizioni di più ampia portata sulla legittimità dell'iniziativa di categoria, non riferite alle modalità con cui il singolo soggetta intenda manifestare la propria volontà di aderirvi prescrizioni certamente non osservate nel caso oggi in esame. Ed è innegabile come - dinanzi all'apertura di un procedimento di verifica della legittimità dell'astensione, basata sulla presa d'atto di chiare e non emendabili violazioni della disciplina dettata dal Codice di autoregolamentazione - il giudice procedente ben potesse rilevare le violazioni anzidette. Fra l'altro, come risulta dagli stessi atti allegati all'odierno ricorso, l'astensione era stata deliberata il 10/02/2014 a partire dal giorno successivo, e ad oltranza ciò a dispetto del dettato del richiamato articolo 2, circa la necessità di un preavviso minimo di 10 giorni comma 1 e di una durata non superiore ad 8 comma 4 . In ogni caso, quand'anche si aderisse alla tesi difensiva secondo cui il giudice procedente avrebbe dovuto attendere le determinazioni definitive della competente Commissione di garanzia, la questione appare assorbita dal rilievo che, nella fattispecie concreta, la difesa del D. venne validamente assunta. Infatti, il difensore dell'imputato dichiarò di astenersi in occasione dell'udienza di trattazione del giudizio di appello come consentitogli dall'articolo 3 del Codice di autoregolamentazione , cui dunque ebbe a presenziare una volta emessa dalla Corte l'ordinanza di rigetto della richiesta di differimento, lo stesso legale del ricorrente dichiarò di prenderne atto, continuando l'astensione ed allontanandosi dall'aula v. il verbale dell'udienza del 01/04/2014 . Ne deriva che, all'evidenza, al difensore del D. fu consentito di partecipare al giudizio, una volta che la Corte territoriale aveva correttamente, e negli stessi termini di cui alle determinazioni che la Commissione di garanzia avrebbe in seguito adottato rilevato che l'astensione era stata indetta con modalità non consentite a quel punto, la scelta del difensore di allontanarsi dall'aula, nella consapevolezza del mancato accoglimento dell'istanza di rinvio, non poté che essere interpretata come coerente al regime formale del rito camerale, a partecipazione facoltativa. 3. Il secondo motivo di ricorso afferisce al merito degli addebiti, e si rivela comunque infondato. Dopo aver correttamente premesso che l'apprezzamento del falso avrebbe dovuto valutarsi “non già con riferimento al momento dell'acquisto per lo più concluso in condizioni particolari, sintomatiche della non genuinità dei segni distintivi e dei relativi prodotti sui quali i primi si immedesimano , bensì con riferimento alla visione degli oggetti non loro successivo utilizzo”, la Corte territoriale afferma che l'esame dei beni in sequestro, compiuto in udienza, aveva consentito di appurare la buona fattura delle borse e degli occhiali sottoposti a vincolo reale, con imitazione piuttosto fedele dei relativi marchi corrispondenti a note griffes e collocati dove i prodotti delle aziende in questione presentavano in effetti quelli originali . In tal modo, come altrettanto logicamente esposto, non si trattava di “porre a fondamento della decisione la scienza privata del giudice”, bensì di esercitare una fisiologica attività di apprezzamento del materiale probatorio acquisito la prova, in altre parole, veniva a fondarsi “sull'esito del confronto e della comparazione tra gli oggetti in sequestro e quelli provenienti dalle imprese titolari dei marchi, le cui caratteristiche sono così largamente diffuse da poter essere ritenute [ ] notorie, e come tali conosciute anche dai componenti del collegio giudicante”. Del resto, la stessa decisione di primo grado non aveva mai revocato in dubbio la circostanza che gli articoli di pelletteria o gli accessori rinvenuti in possesso del D. fossero contraffatti né l'imputato aveva dedotto che si trattasse di beni originali , essendo stata pronunciata sentenza assolutoria solo in ordine alla idoneità di quegli oggetti, certamente falsi, ad essere percepiti come tali da un acquirente e/o da chiunque li avesse veduti in occasione di un normale utilizzo con il risultato di rendere del tutto irrilevante l'accertamento merceologico oggi paventato dalla difesa del ricorrente. 4. Parimenti inconsistenti si rivelano le censure della difesa in ordine alla concedibilità all'imputato della sospensione condizionale, beneficio negato dalla Corte di appello a causa dei precedenti penali del D. . Dalle copie dei certificati del Casellario giudiziale prodotti nell'interesse del ricorrente, si evince infatti che - D.M.D. come l'imputato appare qui identificato risulterebbe incensurato - tale D.M.D. , comunque nato nella stessa città OMISSIS e nello stesso giorno il OMISSIS di cui alle generalità del ricorrente, è stato invece condannato nel 2008 per violazione delle norme sul diritto d'autore, a pena condizionalmente sospesa - vi è poi un D.M.D. con l'inversione di nome e cognome, e con identici luogo e data di nascita condannato nel 2010 per ricettazione, ancora una volta con il suddetto beneficio. La mera allegazione che si tratterebbe di persone sempre diverse confligge con la logica ed il senso comune, tanto più che entrambe le condanne sopra ricordate risultano inflitte per fatti commessi nel circondario di Cagliari, vale a dire lo stesso ambito territoriale dove si colloca anche la condotta oggetto della contestazione odierna. 5. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.