Esclusa la natura di attività pericolosa per le forze di polizia, ma se ci sono delle armi di mezzo…

L’attività di polizia svolta per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica non può ritenersi per sua natura attività pericolosa ai sensi dell’articolo 2050 c.c., in quanto essa si configura quale compito indefettibile imposto dallo Stato esercitata in difesa di beni e interessi dell’intera collettività. Tale attività può, tuttavia, ricondursi nell’alveo dell’articolo 2050 c.c. per la natura dei mezzi adoperati, ove ci siano armi o altri mezzi di coazione di pari pericolosità, nel qual caso sarà necessaria la verifica dell’inoperatività della scriminante di cui all’articolo 53 c.p., sia con riferimento ad un uso imperito o imprudente dei mezzi pericolosi, sia di sproporzionalità evidente rispetto alla situazione contingente.

La sez. III della Corte di Cassazione con la pronuncia numero 21426, depositata il 10 ottobre 2014, si occupa della particolare natura dell’attività di polizia, giungendo ad escluderne la intrinseca pericolosità. Il fatto. Il Ministero dell’Interno veniva citato in giudizio da un’accademia sportiva onde essere condannato al risarcimento dei danni dalla stessa patiti in occasione del ricovero di migliaia di profughi albanesi presso lo stadio cittadino, nei cui locali erano custoditi beni e documenti di proprietà dell’associazione andati distrutti a causa dell’opera di saccheggio posto in essere dai migranti. Parte attrice sosteneva che il Ministero fosse responsabile dei danni cagionati poiché, in qualità di soggetto deputato a garantire la tutela dell’ordine pubblico, non aveva impiegato, nell’occorso, uomini e mezzi adeguati per evitare l’evento dannoso. Il Tribunale accoglieva la domanda attorea. La sentenza era confermata anche in sede di gravame. Secondo la ricostruzione operata dalla Corte Territoriale, si era dinanzi ad una responsabilità civile ex articolo 2050 c.c., in ragione della natura dell’attività di polizia e dei mezzi dalla stessa adoperati. Detto altrimenti, l’attività di devastazione, posta in essere da taluni profughi, era diretta conseguenza dell’opera di polizia discutibile ed incoerente rispetto all’emergenza affrontata, a nulla rilevando la causa di giustificazione di natura eccezionale della condotta dei profughi addotta in controdeduzione dal Ministero appellante. A fronte della confermata pronuncia, il Ministero ricorreva per cassazione. Il Ministero deduceva l’erronea interpretazione fornita dai Giudici di seconde cure dell’articolo 2050 c.c Gli Ermellini premettevano come per giurisprudenza costante fosse da qualificarsi come pericolosa quell’attività considerata tale dalla legge di pubblica sicurezza ovvero da altre leggi speciali, oltre a quella che per sua natura comporti l’elevata possibilità di verificazione di un danno, con conseguente spostamento prospettico della valutazione sul piano della oggettiva pericolosità Cass. nnumero 22822/2010 e 10551/2002 . I parametri pretori, come indici di applicazione della norma di cui all’articolo 2050 c.c., venivano sondati anche rispetto all’azione della Pubblica Amministrazione, mediante l’adozione di una indagine, caso per caso, riferita all’attività effettiva svolta dell’ente pubblico. L’analisi delle vicende relative alla applicazione della norma de qua alla P.A. faceva emergere come la stessa fosse stata ritenuta operante con riferimento ad attività considerate d’impresa, ad esempio in ambito ferroviario o di produzione dell’energia elettrica, mentre fosse stata esclusa per le attività di polizia o militari. Una recente pronuncia di legittimità Cass. numero 25479/2006 ravvisava le ragioni dell’esclusione nell’assenza di un fine utilitario della P.A., non potendo il Giudice sindacare sull’idoneità delle misure e scelte operate. La qualificazione dell’attività di polizia. Quanto alla qualificazione dell’attività di polizia la Cassazione affermava come questa fosse tesa a preservare beni ed interessi garantiti dalla Costituzione, al fine di evitare che gli stessi fossero posti in pericolo, con qualificazione dell’attività come non lesiva bensì rivolta ad elidere le potenzialità offensive originate dall’esterno. Peraltro tale attività veniva considerata come funzione indefettibile dello Stato, motivo per cui il suo svolgimento non era da porre sul piano della liceità, bensì su quello della doverosità, configurandosi quindi come adempimento di un dovere imposto che ex articolo 51 c.p., come noto, ne esclude l’antigiuridicità. L’uso legittimo delle armi quale scriminante ex articolo 53 c.p. Per quanto concerne la pericolosità degli strumenti adoperati, quale criterio alternativo nella individuazione della pericolosità della attività, gli Ermellini evidenziavano come il profilo di problematicità si ponesse rispetto all’uso delle armi e degli altri strumenti di coazione fisica. Anche in tale contesto opera la scriminante dell’uso legittimo delle armi e della forza ex articolo 53 c.p. che elide l’antigiuridicità del fatto. Ove, quindi, tale scriminante non operi per eccesso colposo, il fatto conserverà la sua antigiuridicità essendo quindi astrattamente idoneo ad essere sussunto nella fattispecie ex articolo 2050 c.c. Quanto al riparto dell’onere della prova spetterà al soggetto danneggiato provare le condizioni concrete atte a connotare il fatto come illecito, mentre sarà la P.A. a dover dimostrare di aver agito utilizzando tutte le cautele idonee a prevenire il danno. La riconducibilità dell’attività nell’articolo 2050 c.c. L’organo di legittimità puntualizzava infine come l’attività di polizia non possa ritenersi di per sé pericolosa, poiché volta alla difesa di beni ed interessi della collettività e, quindi, tesa ad opporsi alle potenziali offese che possono essere inferte da soggetti esterni. Allo stesso tempo è anche vero come tale attività possa essere ricondotta nell’alveo dell’articolo 2050 c.c. per la natura dei mezzi adoperati – armi o altri mezzi di coazione ove non operi la scriminante di cui all’articolo 53 c.p Pertanto la Corte di Appello adita avrebbe dovuto condurre questa indagine in via pregiudiziale perché ha considerato l’attività di polizia come intrinsecamente pericolosa, facendo altresì riferimento ai mezzi adoperati. La pronuncia era, quindi, cassata con rinvio a diversa sezione della Corte di Appello, affinché deliberasse in ordine alla domanda risarcitoria proposta attenendosi ai principi di diritto enunciati, con eventuale pronuncia sul tipo di responsabilità extracontrattuale ove sussistente.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 luglio – 10 ottobre 2014, numero 21426 Presidente Salmè – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - La mattina dell' omissis giunsero nel porto di , a bordo di una motonave, alcune migliaia di profughi albanesi, i quali, per decisione dell'autorità statale determinazione comune del Prefetto e del Sindaco della città, a seguito di deliberazione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, in base a direttive del Governo , dietro scorta delle Forze di pubblica sicurezza, vennero trasportati e ricoverati all'interno dello Stadio comunale della Vittoria , per ivi rimanere sino al completamento delle operazioni di rimpatrio, che si conclusero il omissis successivo. In un primo momento, le Forze di polizia presidiarono dall'interno l'allestito centro di accoglienza, ma, poi, la vigilanza venne spostata all'esterno dello stadio, con l'obiettivo di impedire ai profughi di uscire dalla struttura e disperdersi sul territorio. I profughi medesimi, lasciati nello stadio senza riparo e conforto, in condizioni di estremo disagio, in assenza di qualsivoglia controllo, potettero agevolmente occupare tutti i locali ubicati sotto le gradinate e danneggiarli, nonché saccheggiare e distruggere i beni ivi esistenti arredi, attrezzature, strumenti e documenti , compresi quelli di pertinenza dell'Accademia Pugilistica Portoghese , i cui locali erano ubicati proprio nella struttura dello Stadio della . Sicché, l'Accademia Pugilistica Portoghese conveniva in giudizio il Ministero dell'interno, preposto alla tutela dell'ordine pubblico, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti, determinatisi nell'anzidetta occasione per non aver impiegato uomini e mezzi alla bisogna . Il Ministero dell'interno contestava la fondatezza della pretesa, adducendo che non poteva essere censurato il modus operandi delle forze di polizia, attesa la assoluta discrezionalità delle scelte della pubblica amministrazione nel campo delle attività di polizia , e che la condotta tenuta dai profughi era, in ogni caso, del tutto imprevedibile ed idonea di per sé a determinare l'evento dannoso, cosi da interrompere il nesso causale tra l'azione della p.a. e lo stesso pregiudizio lamentato dall'attrice. L'adito Tribunale di Bari, con sentenza numero 558/2005, accoglieva la domanda dell'Accademia Pugilistica Portoghese e condannava il Ministero dell'interno a risarcire alla medesima il danno patito, che liquidava nella misura di Euro 196.253,62, oltre accessori. 2. - Il gravame interposto avverso tale decisione dal Ministero soccombente veniva rigettato dalla Corte di appello di Bari con sentenza resa pubblica il 5 ottobre 2010. 2.1. - La Corte territoriale riteneva che la fattispecie dedotta in giudizio integrasse un'ipotesi di illecito ai sensi dell'articolo 2050 cod. civ., giacché l'attività di polizia era da ricondurre “sicuramente tra quelle pericolose perché potenzialmente dannosa di per sé per l'alta percentuale di danni che può provocare in ragione della sua natura o della tipologia dei mezzi adoperati . Nello specifico, il ricovero dei profughi albanesi aveva riguardato migliaia di persone, stremate da fame, sete, condizioni climatiche in piena estate , condizioni di viaggio ed igieniche disastrose pertanto, l'attività di polizia posta in essere non poteva che essere potenzialmente dannosa in ragione della sua natura, nonché per le caratteristiche dei mezzi da adoperarsi per gestire la massa dei profughi, potendosi fondatamente escludere che la loro gestione potesse avvenire con la semplice opera di persuasione e senza l'utilizzo della forza . Peraltro, la responsabilità della P.A. non poteva essere esclusa per il fatto che i danni siano stati cagionati dai rifugiati e non dalla polizia e ciò in quanto l'attività devastatrice posta in essere da alcuni profughi era diretta conseguenza della attività di polizia espletata in maniera discutibile ed incoerente rispetto all'emergenza da affrontare . Il che - soggiungeva la Corte territoriale - destituiva di fondamento la difesa del Ministero circa la evidente eccezionalità della condotta dei profughi, di per sé determinativa dell'evento dannoso, giacché, rappresentando l'attività di polizia un antecedente necessario dell'evento medesimo, quest'ultimo rientrava sicuramente tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto date le anzidette condizioni in cui si trovavano gli albanesi e l'alto grado di probabilità che per questa ragione scoppiasse una protesta violenta . 2.2. - Quanto, poi, alla liquidazione del danno, il giudice di appello osservava che l'esistenza dei beni all'interno dei locali della Associazione era comprovata dalla disposta c.t.u. in base a materiale documentale e che di detti beni il consulente aveva dato la giusta valutazione , là dove poi in riferimento ai beni di valore affettivo coppe, trofei, medaglie , la valutazione non poteva che essere equitativa, tenuto conto dell'importanza sociale del lavoro svolto dall'Accademia Pugilistica nel corso degli anni dal 1938 in poi . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Ministero dell'interno sulla base di un solo articolato motivo. Non ha svolto attività difensiva l'intimata Accademia Pugilistica Portoghese. Considerato in diritto 1. - Preliminarmente, il ricorso è da ritenersi ammissibile sotto il profilo della tempestività dell'impugnazione nel termine breve di cui all'articolo 325 cod. proc. civ., giacché la sua prima notificazione, non andata a buon fine, è stata richiesta il 21 gennaio 2011 e cioè nei sessanta giorni dalla notificazione della sentenza di appello effettuata il 24 novembre 2010 , cui è seguita, in un ragionevole lasso di tempo cfr., tra le altre, Cass., 30 settembre 2011, numero 19986 , una seconda notificazione con esito positivo, spedita l'11 marzo 2011 e ricevuta dal procuratore costituito dell'Accademia Pugilistica Portoghese il successivo . 2. - Con l'unico articolato mezzo è denunciata, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 2050 cod. civ La Corte territoriale avrebbe errato nel considerare l'attività di polizia ex se pericolosa o, in ogni caso, pericolosa in ragione dei mezzi adoperati e cioè la forza e la costrizione , cosi da ricondurla all'articolo 2050 cod. civ., inapplicabile nella fattispecie. L'attività di polizia, posta in essere dalla P.A. per la tutela dell'ordine pubblico sfugge ad ogni possibilità di configurazione quale attività pericolosa per sua natura, in ragione delle sue finalità e delle sue implicazioni con interessi super-individuali, le quali producono l'insindacabilità delle scelte operative in concreto attuate ed in tal senso, osserva la difesa erariale, si sarebbe orientata la giurisprudenza di legittimità Cass. numero 25479 del 2006 . Inoltre, nel caso all'esame non sarebbe corretta neppure l'affermazione del giudice del merito secondo cui l'attività di polizia sarebbe stata pericolosa, ai sensi dell'articolo 2050 cod. civ., per l'utilizzazione dei mezzi da parte delle forze dell'ordine nella gestione delle situazione critica presso lo Stadio della Vittoria , in quanto non risulta affatto che le stesse forze dell'ordine abbiano utilizzato alcun mezzo pericoloso o straordinario nella gestione dell'ordine pubblico, tendenzialmente idoneo a causare danno a persone e cose armi sofisticate, carri-armato o elicotteri o similia . Invero, la Corte territoriale avrebbe “operato una macroscopica confusione tra il termine mezzi che compare nel corpo della norma predetta con quello di modalità, che configura un'ipotesi concettuale del tutto diversa”, intendendo essa come pericolosi i mezzi della forza e della coercizione utilizzate nella vicenda, là dove invece queste ultime non erano mezzi pericolosi , ma attenevano alle modalità della strategia operativa attuata, che è irrilevante nell'ottica del terzo danneggiato. 3. - Il motivo è fondato nei termini di seguito precisati. 3.1. - Alla luce di un orientamento pressoché costante di questa Corte, agli effetti dell'articolo 2050 cod. civ. è da reputarsi pericolosa l'attività che venga cosi qualificata dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali attività pericolosa tipica , nonché quella che attività pericolosa atipica , per sua stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati o per la sua spiccata potenzialità offensiva, comporti la rilevante possibilità di un danno tra le tante, Cass., 16 febbraio 1996, numero 1192 Cass., 19 luglio 2002, numero 10551 Cass., 10 novembre 2010, numero 22822 . In tal senso, occorre avere riguardo non già alla pericolosità della condotta in sé, che viene a configurarsi come tale per l'imprudenza di chi la pone in essere e che rimane, quindi, nell'alveo della fattispecie disciplinatoria della responsabilità aquiliana ex articolo 2043 cod. civ. bensì, al profilo oggettivo della pericolosità che connota una certa attività, quale potenzialità lesiva notevolmente superiore al normale. Dunque, la presunzione di responsabilità ex articolo 2050 cod. civ. cosi, tra le tante, Cass., 27 maggio 2005, numero 11275 Cass., 9 marzo 2006, numero 5080 Cass., 18 luglio 2011, numero 15733 si correla, essenzialmente, alla peculiarità intrinseca della natura dell'attività o alla caratteristica dei mezzi adoperati, tali da presentare connotati tipici di pericolosità eccedenti il livello del normale rischio connesso all'ordinario esercizio dell'attività medesima cfr. Cass., 27 febbraio 1984, numero 1393 , da rilevarsi in base a dati statistici, ad elementi tecnici ed alla comune esperienza Cass., 21 dicembre 1992, numero 13530 Cass. numero 10551 del 2002, cit. . L'indagine sulla pericolosità dell'attività di cui al citato articolo 2050 ha di mira, pertanto, il contenuto intrinseco della stessa e a prescindere dal fatto che sia svolta senza fine di lucro o per fini filantropici Cass., 24 luglio 2012, numero 12900 . 3.2. - I principi innanzi rammentati sono divenuti patrimonio comune nell'applicazione della norma di cui all'articolo 2050 cod. civ. anche rispetto alla pubblica amministrazione, nel senso che la giurisprudenza di questa Corte, a partire dagli anni '80 del secolo scorso, ha inteso superare quell'indirizzo ermeneutico che predicava un limite generalizzato all'operatività della predetta disposizione nei confronti della p.a. quale che sia il settore in cui essa operi e quali che siano le finalità di rilevanza pubblicistica, dirette o mediate, che essa persegua Cass. numero 1393 del 1984, cit. . Si è, quindi, escluso come segnatamente messo in rilievo dalla già citata Cass. numero 1393 del 1984 che potessero fungere da elementi selettivi, idonei a circoscrivere la più ampia portata applicativa della disposizione di cui all'articolo 2050 cod. civ., la qualità del soggetto agente e lo scopo speculativo dell'attività [essendo la norma ancorata al dato oggettivo della attività e ricollegandosi la ratio dell'inversione dell'onere probatorio al concetto di rischio prevedibile d'impresa, ravvisabile in ogni campo di attività economica organizzata ], nonché la presunzione di legittimità dell'atto amministrativo ed i limiti del sindacato del giudice ordinario sull'attività discrezionale della p.a. essendo la norma legata ad una condotta ed a scelte tecniche, piuttosto che discrezionali . Il risultato, condiviso dalla dottrina unanime, è stato quello di rimuovere un area di privilegio in favore della p.a., affermandosi, per l'appunto, la inesistenza di un principio cardinale, insito nel sistema, atto a giustificare l'esonero della Pubblica Amministrazione, monoliticamente intesa, dalla soggezione al precetto di cui all'articolo 2050 c.c , per quindi approdare ad una indagine caso per caso , correlata alla attività precipua svolta dall'ente pubblico ed all'eventuale regolamentazione che di essa venga dettata per lo svolgimento dell'attività medesima in tal senso ancora Cass. numero 1393 del 1984, cit. . 3.3. - Proprio alla luce del percorso esegetico innanzi richiamato emerge, dunque, che l'operatività dell'articolo 2050 cod. civ. nei confronti della pubblica amministrazione è stata sempre affermata in relazione ad attività, lato sensu , tecniche od oggettivamente di impresa e cioè di produzione di beni e servizi. In particolar modo, essa si è avuta nel campo dell'attività ferroviaria e di quella correlata alla produzione di energia elettrica più di recente, cfr. Cass., 1 aprile 1995, numero 3829 e Cass., 4 aprile 1995, numero 3935 , ma anche in caso di navigazione aerea, ritenuta attività pericolosa non in ragione della sua stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati, ma in concreto, per le particolari circostanze oggettive in cui essa viene esercitata così Cass. numero 10551 del 2002, cit. cfr. anche Cass., 28 gennaio 2013, numero 1871 . L'applicabilità dell'anzidetta disposizione alla p.a. è stata, invece, sempre esclusa - senza che ciò abbia comportato significative critiche da parte della dottrina -in relazione alle attività che, come quella di polizia o quelle militari, siano svolte per soddisfare imprescindibili esigenze della collettività, nelle quali si identificano le sue stesse finalità istituzionali per le attività di polizia Cass., 30 novembre 2006, numero 25479 per le attività militari Cass., 12 ottobre 1964, numero 2575, Cass., sez. unumero , 4 gennaio 1964, numero 3, Cass., 23 febbraio 1956, numero 507 . Quanto alle ragioni che giustificano, nelle ipotesi anzidette, un tale esonero dall'applicazione dell'articolo 2050 cod. civ., la più recente Cass. numero 25479 del 2006 le ha ravvisate, in sostanziale continuità con l'orientamento precedente e risalente nel tempo , nell'assenza di un fine utilitario proprio dell'amministrazione e non potendo il Giudice sindacare l'idoneità e sufficienza delle misure e dei mezzi da essa posti in essere nell'organizzazione dei suoi servizi . 3.4. - Peraltro, è appena il caso di precisare che nessun dubbio si pone sul fatto che, anche nelle anzidette ipotesi ritenute esonerate dal regime della responsabilità speciale, la p.a. possa comunque rispondere del fatto illecito ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ., per violazione del generale precetto del neminem leadere . 3.5. - Venendo al caso di specie, occorre anzitutto puntualizzare - alla stregua di un'indagine che, come visto, è orientata essenzialmente da un criterio casistico, legato al tipo di attività di volta in volta rilevante - che l'attività cui ha riguardo la vicenda in esame, secondo la stessa ricostruzione fattane dal giudice del merito, è quella, affidata istituzionalmente alla autorità di pubblica sicurezza, della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica. 3.5.1. - Si tratta di quell'attività che già l'articolo 1 del r.d. 18 giugno 1931, numero 773 recante il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza indicava come indirizzata al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà , nonché alla cura dell' osservanza delle leggi e dei regolamenti ed al soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni . Attività che, nel contesto dell'ordine costituzionale democratico, segnato dai valori precettivi della Carta Fondamentale del 1948, la Corte costituzionale, nel fornire le coordinate concettuali dell'endiadi ordine pubblico/sicurezza pubblica poi recepite e normativizzate quasi pedissequamente dall'articolo 159 del d.lgs. 31 marzo 1998, numero 112 , ha ritenuto essere indirizzata alla preservazione di quel complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale , tra i quali rientrano l'integrità fisica e psichica delle persone, la sicurezza dei possessi e il rispetto o la garanzia di ogni altro bene giuridico di fondamentale importanza per l'esistenza e lo svolgimento dell'ordinamento tra le altre, Corte cost., sentenze numero 15 del 1973, numero 218 del 1988, numero 1013 del 1988, numero 129 del 2009 e numero 72 del 2010 . Tanto che, anche alla luce delle riforma costituzionale del 2001 legge costituzionale numero 3 del 2001 , che ha inciso sul Titolo V della Parte II della Costituzionale, la materia dell' ordine pubblico e sicurezza - come sopra considerata - è stata ancora espressamente riservata come, del resto, già lo era in precedenza, sia in base al testo originario dell'articolo 117 Cost. - per esclusione dalle competenze regionali -, sia in base alla legislazione ordinaria articolo 4 del d.P.R. numero 616 del 1977 e articolo 159 del d.lgs. numero 112 del 1998, citato alla legislazione esclusiva dello Stato articolo 117, secondo comma, lett. h, Cost. , per la sua vocazione di indefettibile compito da realizzarsi uniformemente su tutto il territorio della Repubblica in favore dell'intero corpo sociale. 3.5.2. - L'attività di polizia cosi delineata è, dunque, coessenziale alla tenuta dell'ordinamento giuridico ed alla esistenza stessa della società democratica, siccome rivolta a preservare e difendere beni ed interessi garantiti dalla stessa Costituzione e, fra questi, in special modo quelli inviolabili della persona umana, considerata sia singolarmente, che come partecipe di una collettività. Si tratta di un compito rivolto al mantenimento di una finalità immanente del sistema costituzionale Corte cost., sent. numero 15 del 1973, cit. , il cui intrinseco carattere e non già soltanto la finalità, seppur non utilitaristica, che lo orienta , in coerenza con le stesse norme che lo contemplano, è quello di evitare che beni ed interessi, sia collettivi, che individuali, siano posti in pericolo e che ad essi sia recato un vulnus . Dunque, attività in se stessa non lesiva, ma rivolta proprio ad elidere la potenzialità offensiva originata ab externo . Inoltre, detta attività si presenta come compito indefettibile della p.a., sicché il suo svolgimento non si pone sul mero piano della liceità - e, dunque, non è animato, nelle sue fondamenta, da una scelta politica riguardante l' an stesso del suo esercizio come accade per quei compiti la cui assunzione da parte della p.a. non è conseguenza necessitata del loro carattere di immancabilità, giacché funzionali all'esistenza stessa dell'ordinamento -, ma su quello della doverosità, tanto da configurarsi tra le espressioni paradigmatiche dell'adempimento di un dovere imposto , che, alla stregua dell'articolo 51 cod. penumero , esclude l'antigiuridicità stessa del fatto. In siffatti termini, l'attività di polizia di sicurezza non può ritenersi, di per sé stessa, per la sua natura intrinseca, rientrante sicuramente tra quelle pericolose , come ritenuto dalla Corte di appello di Bari, sottraendosi essa, come tale, alla presunzione di colpa ex articolo 2050 cod. civ. per essere compito indefettibile dello Stato e, dunque, attività imposta, assolutamente doverosa, priva di intrinseca attitudine lesiva, giacché svolta in difesa di beni e interessi dell'intera collettività e volta ad opporsi, quindi, a potenziali offese degli stessi provenienti da agenti esterni. 3.6. - Quanto, poi, al profilo della natura dei mezzi adoperati , che è alternativo criterio di individuazione dell' attività pericolosa per sua natura ex articolo 2050 cod. civ., non può escludersi che l'attività di polizia rivolta alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica possa, in determinate ipotesi, assumere il predetto connotato. La presunzione di responsabilità può derivare, infatti, dall'uso di mezzi, non di coazione, che vengano ad assumere, in concreto e in condizioni anormalità, secondo un apprezzamento rimesso al giudice del merito, carattere di oggettiva pericolosità, come può accadere - come già ricordato è il caso dell'elicottero Cass. numero 10551 del 2002, cit. - per i mezzi di navigazione aerea. Tuttavia, il profilo problematico si pone, all'evidenza, rispetto all'uso e non alla mera ostensione delle armi e di altri mezzi di coazione fisica con pari potenzialità offensiva, sulla cui intrinseca pericolosità - e, dunque, sulla conseguente loro idoneità ad originare la fattispecie di responsabilità ex articolo 2050 cod. civ. - non è dato, in linea di principio, dubitare cfr. Cass., 30 novembre 1977, numero 5222 Cass., 7 novembre 2013, numero 25058 . Occorre, però, osservare che, ai sensi dell'articolo 53 cod. penumero , l' uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica da parte del pubblico ufficiale che vi sia costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità esclude la punibilità e, con essa, l'ingiustizia del danno Cass., 13 ottobre 2003, numero 15271 . Sicché, quanto all'uso delle armi e di altri mezzi di coazione fisica che si palesino intrinsecamente pericolosi al pari delle armi , la sussistenza dell'illecito riconducibile all'articolo 2050 cod. civ., quale presunzione di responsabilità della p.a. ancorata alla pericolosità del mezzo, viene esclusa dalla operatività della scriminante del loro uso legittimo ai sensi dell'articolo 53 cod. civ., che elide l'antigiuridicità del fatto. Nell'ipotesi in cui, tuttavia, la scriminante anzidetta non ricorra, in carenza dei relativi presupposti oggettivi o, segnatamente, per eccesso colposo articolo 55 cod. penumero , il fatto manterrà il carattere di illecito e la sua vocazione ad essere sussunto nella fattispecie risarcitoria di cui all'articolo 2050 cod. civ E tale sussunzione potrà, quindi, apprezzarsi non soltanto nel caso di uso imperito o imprudente dell'arma o del mezzo di coazione, ma anche nell'ipotesi in cui le armi o i mezzi di esercizio della forza del pari pericolosi effettivamente adoperati si palesino oggettivamente anormali od eccedenti e, dunque, all'evidenza sproporzionati rispetto alla situazione contingente cfr. sulla valenza del principio di proporzionalità anche nell'ambito della scriminante di cui all'articolo 53 cod. penumero , tra le altre, Cass. penumero , sez. IV, numero 854 del 15/11/2007 - dep. 10/1/2008 Cass. penumero , sez. V, numero 38229 del 24/06/2008 - dep. 7/10/2008 sulla rilevanza della scelta del mezzo anche Cass., 6 agosto 1997, numero 7274 , alla stregua di un giudizio di fatto che non implica un sindacato sulle scelte discrezionali della p.a., ma la ponderazione dei limiti esterni ad essa, i quali risiedono non solo nel rispetto delle regole, anche tecniche, dettate da norme e regolamenti, ma pure in quelle di comune prudenza. Sul piano del riparto dell'onere della prova, spetterà, quindi, al soggetto danneggiato, che invoca la responsabilità della p.a. per la intrinseca pericolosità dei mezzi adoperati armi o altri mezzi di coazione del pari pericolosi , fornire la dimostrazione di quelle concrete ed oggettive condizioni atte a connotare il fatto come illecito, in quanto antigiuridico oltre a dover fornire la dimostrazione del nesso eziologico tra la pericolosità dei mezzi adoperati ed il danno patito incomberà, invece, alla p.a. la prova di aver adottato, in ogni caso, tutte le misure idonee a prevenire il danno in tale complessiva prospettiva cfr. ancora Cass. numero 10551 del 2002, cit. . 4. - Vanno, quindi, enunciati i seguenti principi di diritto “L'attività di polizia svolta per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica non può ritenersi per sua natura attività pericolosa ai sensi dell'articolo 2050 cod. civ., in quanto essa si configura come compito indefettibile imposto allo Stato e, quindi, attività assolutamente doverosa e priva di intrinseca attitudine lesiva, siccome esercitata in difesa di beni e interessi dell'intera collettività e volta ad opporsi, dunque, alle potenziali offese che possano essere ad essi inferte da agenti esterni. Tale attività può, tuttavia, ricondursi nell'ambito della fattispecie di cui al citato articolo 2050 cod. civ. per la natura dei mezzi adoperati ove, però, si tratti di armi e di altri mezzi di coazione di pari pericolosità, ai fini della sussistenza della responsabilità ex articolo 2050 cod. civ. occorre riscontrare - in base ad un giudizio di merito non implicante un sindacato sulle scelte rimesse alla discrezionalità amministrativa, ma che attinge ai suoi limiti esterni - l'inoperatività della scriminante di cui all'articolo 53 cod. penumero e ciò, segnatamente, sia in ragione di un uso imperito o imprudente degli anzidetti mezzi pericolosi ovvero del loro oggettivo carattere di anormalità ed eccedenza e, dunque, di sproporzionalità evidente rispetto alla situazione contingente. Ai fini del riparto dell'onere probatorio, spetta al soggetto danneggiato, che invoca la responsabilità della p.a. per la intrinseca pericolosità dei mezzi effettivamente adoperati armi o altri mezzi di coazione del pari pericolosi nell'attività di polizia rivolta alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, fornire la dimostrazione di quelle concrete ed oggettive condizioni atte a connotare il fatto come illecito, in quanto antigiuridico oltre a dover fornire la dimostrazione del nesso eziologico tra la pericolosità dei mezzi adoperati ed il danno patito incomberà, invece, alla p. a. la prova di aver adottato, in ogni caso, tutte le misure idonee a prevenire il danno”. 5. - Agli enunciati principi non si è attenuta la Corte di appello di Bari, che ha erroneamente ritenuto sussistente, nella vicenda rimessa alla sua cognizione cfr. p.2.1. del Ritenuto in fatto , la responsabilità del Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 2050 cod. civ., sia per la natura intrinsecamente pericolosa dell'attività di polizia svolta a tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, sia per la tipologia dei mezzi adoperati , non indicando affatto di quali mezzi si trattasse, ma adducendo genericamente che non potevano che essere di costrizione e di forza , senza altresì verificare - nell'evenienza in cui vi fosse stato effettivo utilizzo di mezzi intrinsecamente pericolosi e, tra questi, di armi e/o di altri mezzi di coazione di pari pericolosità - l'operatività, o meno, della scriminante di cui all'articolo 53 cod. penumero . La Corte territoriale ha, peraltro, corroborato l'anzidetto giudizio, contraddittoriamente rispetto alle sue stesse premesse in iure più volte ribadite, con il rilievo di una attività di polizia espletata in maniera discutibile ed incoerente rispetto all'emergenza da affrontare argomento, questo, che, piuttosto, appare giuridicamente spendibile sotto lo spettro della responsabilità ex articolo 2043 cod. civ., i cui requisiti di configurabilità non stati, però, nella specie, oggetto di completa e concludente indagine da parte dello stesso giudice del merito. 5.1. - La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che, nel delibare nuovamente la domanda risarcitoria dell'Accademia Pugilistica Portoghese, si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, dovendo verificare - se consentito dalla portata delle allegazioni a sostegno della stessa domanda attorea - quale ipotesi di responsabilità extracontrattuale rilevi effettivamente nel caso di specie, ossia se essa sia riconducibile al paradigma dell'articolo 2050 cod. civ., oppure a quello dell'articolo 2043 cod. civ., ove ne ricorrano appieno i presupposti. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente grado di legittimità. P.Q.M. LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.