Extracomunitaria in Italia nella famiglia del figlio, ma ha diritto all’assegno sociale: va conteggiato solo il reddito personale

Rigettata completamente la tesi proposta dall’Istituto nazionale di previdenza sociale. La donna, cittadina extracomunitaria ultrasessantacinquenne, approdata in Italia grazie al ricongiungimento familiare col figlio, ha pieno diritto all’assegno sociale. Ciò che conta, ragionando sui requisiti reddituali, è il reddito personale, non quello familiare.

Approdo in Italia grazie alla presenza, sul suolo nazionale, del figlio, che, coi propri cari, accoglie stabilmente la madre. Unico nucleo familiare, è evidente, ma, sia chiaro, non unico reddito. Per questo motivo, la donna – cittadina extracomunitaria, ultrasessantacinquenne – ha pieno diritto a ricevere l’«assegno sociale» Cassazione, sentenza numero 13576/2013, Sezione Lavoro, depositata oggi . Conteggi. Domanda respinta in prima battuta dal Giudice del lavoro, ma a ribaltare la prospettiva provvede la Corte d’Appello, che riconosce il diritto di una anziana donna – «cittadina extracomunitaria, titolare di carta di soggiorno per ricongiungimento familiare» – ad ottenere «la concessione dell’assegno sociale». Ella, difatti, secondo i giudici, è «priva di reddito individuale», e quindi può ottenere legittimamente l’«assegno sociale» riconosciuto usualmente ai cittadini italiani, proprio per «il principio di parità di trattamento tra cittadino nazionale e cittadino extracomunitario». Pronta l’opposizione da parte dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, che sceglie di percorrere la strada della Cassazione. Elemento centrale del ricorso è la sottolineatura che, alla luce della normativa, è logico presupporre che «il cittadino extracomunitario autorizzato» – tramite «ricongiungimento familiare» – «a soggiornare stabilmente sul territorio nazionale e perciò munito di carta di soggiorno sia in possesso di reddito tale da consentirgli l’autonomo sostentamento». Da ciò consegue, sempre secondo l’Istituto, che non possa essere concesso «alcun sussidio di carattere assistenziale a carico dello Stato». Ma questa visione viene ritenuta non fondata dai giudici della Cassazione, i quali, innanzitutto, richiamano il composito quadro normativo in materia di «assegno sociale» – con passaggio, ovviamente, dedicato alla possibilità del riconoscimento di tale diritto anche «agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno» – per poi sancire che «gli stranieri, anche extracomunitari, in possesso di carta di soggiorno, hanno diritto di accedere, alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani, alle prestazioni di assistenza sociale», e, più in dettaglio, all’«assegno sociale». Ebbene, passando dalla teoria alla pratica, in questa vicenda è logico dedurre che la donna, spiegano i giudici, «non gode di alcun reddito proprio e trae il suo sostentamento dalla convivenza con il nucleo familiare del figlio, soggetto autore del ricongiungimento familiare». Ciò conduce, in automatico, alla concessione dell’«assegno sociale», perché, sottolineano i giudici in chiusura, «il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 marzo – 30 maggio 2013, numero 13576 Presidente Vidiri – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1. Con ricorso al giudice del lavoro di Milano ed in contraddittorio con l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale INPS , B.D., cittadina extracomunitaria titolare di carta di soggiorno per ricongiungimento familiare, chiedeva la concessione dell’assegno sociale ex articolo 3 della l. 8.08.95 numero 335 in quanto priva di reddito. 2. Rigettata la domanda e proposto appello dalla B., la Corte d’appello di Milano con sentenza del 15.10.07 accoglieva l’impugnazione e dichiarava il diritto alla richiesta prestazione a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla concessione della carta di soggiorno marzo 2002 . Accertava in fatto la Corte che tale documento era stato concesso per ricongiungimento familiare ai sensi dell’articolo 29, comma 3, del d.lgs. 25.07.98 numero 286 e che la richiedente apparteneva ad un nucleo familiare composto da sei persone che cumulativamente non raggiungeva un reddito superiore a quello minimo che detto articolo 29 considerava necessario per il ricongiungimento nella specie il triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale . La Corte, rilevato che l’attrice, in quanto priva reddito individuale, possedeva il requisito previsto dall’articolo 3 della legge numero 335 del 1995 per la concessione dell’assegno sociale al cittadino italiano, per il principio di parità di trattamento tra cittadino nazionale e cittadino extracomunitario, fissato dall’articolo 2 della legge n, 286 del 1998, riteneva che dovesse essere concessa la richiesta prestazione. 3. Contro questa sentenza propone ricorso l’INPS. Risponde con controricorso B Motivi della decisione 4. Con unico motivo di ricorso, l’INPS deduce violazione dell’articolo 3, comma 6-7, della 1. 8.08.95 b. 335 e dell’articolo 29, comma 3, del d.lgs. 25.07.98 numero 286, rilevando che tale normativa deve essere intesa nel senso che il ricongiungimento familiare presuppone necessariamente che il cittadino extracomunitario per tale motivo autorizzato a soggiornare stabilmente sul territorio nazionale e perciò munito di carta di soggiorno sia in possesso di reddito tale da consentirgli l’autonomo sostentamento e che, pertanto, non possa essergli concesso alcun sussidio di carattere assistenziale a carico dello Stato. Dato che non può ritenersi che il legislatore abbia creato egli stesso una situazione di disagio che richiede la protezione dell’assistenza sociale, dovrebbe ritenersi che la richiedente, essendo inserita in un nucleo familiare titolare di reddito tale da garantire il sostentamento di tutti i soggetti che sono entrati in Italia per il ricongiungimento, sia in situazione reddituale tale che gli consenta di godere di sufficienti mezzi di sostentamento senza dover ricorrere alle prestazione assistenziali. 5. Il quadro normativo in cui la presente controversia si inquadra è il seguente. L’articolo 3 della 1. 8.08.95 numero 335 ha sostituito l’istituto della pensione sociale previsto dall’articolo 26 della 1. 30.04.69 numero 153 come modificato dal d.l. 2.03.74 numero 30, conv. dalla 1. 16.04.74 numero 114 con l’assegno sociale. Detto articolo 3 prevede che con effetto dall’1.01.96, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma è corrisposto un us segno d base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lise 6.240.000, denominato «assegno sociale» . Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell’imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli so etti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile comma 6 . La pensione sociale, espressamente riservata dalla disposizione di legge ai cittadini italiani residenti in Italia, rientra tra le prestazioni che l’articolo 41 del d.lgs. 25.07.98 numero 286, recante il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, estende agli stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. Detto articolo 41, infatti, riprendendo il testo dell’articolo 39 della l. 6.03.98 numero 40, prevede che gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle, prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti . Successivamente, l’articolo 80 della, successiva 1. 23.12.00 numero 388 legge finanziaria 2001 ha previsto che ai sensi dell’articolo 41 del d.lgs. 25.07.98 numero 286, l’assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno per le altre prestazioni e servizi sociali l’equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, numero 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, numero 449, e successive modificazioni comma 19 . La portata di tale disposizione e stata ampliata da alcune sentenze della Corte costituzionale numero 306 del 2008 e 187 del 2010, nonché Cass. 5.07.11 numero 14733 per alcuni aspetti che qui non rilevano. Sulla base di questa composita disciplina legislativa sopra riferita, deve ritenersi che gli stranieri, anche extra comunitari, in possesso di carta di soggiorno hanno diritto di accedere, alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani, alle prestazioni di assistenza sociale e in particolare, per quanto qui interessa, all’assegno sociale. 7. La presente controversia e la conseguente posizione negatoria dell’assegno sociale assunta dall’INPS nascono dal fatto che la richiedente è titolare di carta dì soggiorno ai sensi dell’articolo 30, comma 4, del d.lgs. 286 in quanto ha effettuato il ricongiungimento familiare con il figlio e capofamiglia, ai sensi dell’articolo 29 dello stesso d.lgs. numero 286. Quest’ultima disposizione prevede che lo straniero che chiede A ricongiungimento deve dimostrare di avere la disponibilità di un alloggio e di un reddito annuo che nel caso di specie, trattandosi di un ricongiungimento di un numero di familiari superiore a quattro deve essere non inferiore al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale. Essendo tali condizioni esistenti nel caso di specie, dovrebbe concludersi che la richiedente, essendo inserita nel nucleo familiare del figlio, goda di reddito sufficiente al proprio sostentamento e, pertanto, non possegga il requisito reddituale per godere dell’assegno sociale. 8. Per quanto riguarda il titolo amministrativo, deve rilevarsi, che la carta di soggiorno, in base al già citato d.lgs. numero 286 del 1998, può essere concessa o allo straniero stabilmente e regolarmente soggiornante in Italia articolo 9 o al familiare del medesimo che sia entrato in Italia per ricongiungersi a lui articolo 29-30 . Entrambe le categorie di soggetti titolari di carta di soggiorno in via diretta, articolo 9, e per, ricongiungimento familiare, articolo 29-30 rientrano tra gli stranieri che possono accedere alle prestazioni di assistenza sociale ai sensi dell’ari. 41 dello stesso d.lgs. numero 286, il quale fa riferimento esclusivo agli stranieri titolari della carta di soggiorno , prescindendo dal motivo legittimante la concessione. 9. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, incontestato il requisito anagrafico non essendo posto in dubbio che la richiedente sia, ultrasessantacinquenne , per il requisito reddituale deve richiamarsi quella parte della norma-base dell’articolo 3, comma 6, della legge numero 335 per la quale alla formazione del reddito concorrono i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonché gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile’. Pacifico agli atti che l’attrice non gode di alcun reddito proprio e trae il suo sostentamento dalla convivenza con il nucleo familiare del figlio, soggetto autore del ricongiungimento familiare, deve ritenersi non rilevante, ai fini della concessione dell’assegno sociale la circostanza che detto nucleo familiare, goda di un reddito annuo pari o superiore al triplo dell’importo annuo della prestazione richiesta. Infatti, ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge numero 335 il reddito da prendere a riferimento è quello esclusivo della persona che richiede la prestazione, considerato eventualmente il reddito del coniuge ed altri redditi ivi specificamente indicati, che nel caso di specie non sono ravvisabili. Le obiezioni mosse dall’INPS non toccano il descritto quadro legislativo e sono frutto di considerazioni che sono prive di carattere sistemico ed hanno un significato più che altro metagiuridico. 10. In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Le spese del giudizio, come di seguito liquidate, seguono la soccombenza e vanno distratte a favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario. I compensi professionali vanno liquidati in € 2.500 sulla base del d.m. 20.07.12 numero 140, tab. A-Avvocati, con riferimento alle tre fasi previste per il giudizio di cassazione studio, introduzione e decisione ed allo scaglione del valore indeterminato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 50 cinquanta per esborsi ed in € 2.500 duemilacinquecento per compensi, oltre Iva e Cpa, con distrazione a favore dell’antistatario Avv. Amos Andreoni.