L’azienda ha meno di 15 dipendenti? Per dimostrarlo basta la prova testimoniale

La dimostrazione della sussistenza o meno del requisito dimensionale previsto dal’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ai fini della c.d. tutela reale può essere data anche con prova testimoniale.

Ogni valutazione sul punto è di competenza del giudice di merito, così come l’accertamento della prova da parte del datore di lavoro dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 18926/12, depositata il 5 novembre. Il caso. Un lavoratore ricorre contro l’ex datore contestando l’illegittimità del licenziamento intimatogli e chiedendo inoltre il pagamento di alcune voci retributive e il risarcimento del danno biologico subito. La domanda è respinta dal Giudice di primo grado, mentre la Corte d’Appello, ritenendo che il datore non avesse provato che il lavoratore non fosse utilmente collocabile in altre posizioni, condanna la società alla riassunzione o, in difetto, al risarcimento del danno. Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione il lavoratore poi deceduto e, con controricorso e ricorso incidentale, il datore. La retribuzione era maggiorata? Con un primo motivo di ricorso, il lavoratore contesta la statuizione della Corte territoriale relativa alla mancanza di prova del fatto che egli avesse percepito una retribuzione maggiore di quella risultante dalle buste paga. A giudizio degli Ermellini, però, la deduzione del miglior trattamento retributivo è del tutto generica e, pertanto, la società convenuta non ha l’onere di assumere una precisa posizione al riguardo. La prova del requisito dimensionale. La seconda censura riguarda l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori secondo il ricorrente, infatti, non sarebbe stata data dimostrazione della mancanza del requisito dimensionale previsto ai fini della c.d. tutela reale, in quanto la prova testimoniale utilizzata non sarebbe idonea a tale scopo. Secondo la S.C., però, tale valutazione è riservata al giudice di merito e, in presenza di motivazione sufficiente e non contraddittoria, nessuna censura può essere sollevata in sede di legittimità nel caso di specie, peraltro, le contestazioni risultano prive di un valido supporto argomentativo. La compatibilità delle mansioni. Con il ricorso incidentale, il datore contesta il fatto che la Corte d’Appello, nel ritenere non provato il giustificato motivo di licenziamento, avesse fatto riferimento al possibile impiego del lavoratore come «capo cantiere», mansione diversa ed ulteriore rispetto alla qualifica di «capo squadra sommozzatore professionista» dedotta dal lavoratore stesso nel ricorso. Premesso che, ai fini della legittimità del licenziamento per ragioni inerenti l’attività produttiva, incombe sul datore di lavoro l’onere di provare la riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo – organizzativo nonché l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, gli Ermellini ritengono che l’accertamento dell’equivalenza o meno delle mansioni di «capo cantiere» e di «capo squadra sommozzatore professionista» sia questione riservata al giudice di merito. Per questi motivi, la Cassazione, dopo averli riuniti, rigetta entrambi i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 ottobre – 5 novembre 2012, numero 18926 Presidente Roselli – Relatore Filabozzi Svolgimento del processo M.A. ha chiesto che venga accertata l'illegittimità del licenziamento intimatogli dalla IOS spa per giustificato motivo oggettivo costituito dalla cessazione dei lavori presso il cantiere di omissis , nel quale il ricorrente ha svolto la propria attività lavorativa con mansioni di capo squadra e sommozzatore professionista nel periodo dal 28.8.1993 al 20.7.1994, con le conseguenze previste dall'articolo 18 l. numero 300/70 o dall'articolo 8 l. numero 604/66 e con condanna della società al pagamento di altre voci retributive e al risarcimento del danno biologico subito a seguito di un infortunio sul lavoro. Il Tribunale di Massa ha respinto, per quanto qui interessa, la domanda relativa alla illegittimità del licenziamento con sentenza che è stata riformata, su questo punto, dalla Corte d'appello di Genova, che ha ritenuto che il datore di lavoro non avesse provato che il M. non fosse utilmente collocabile in altre posizioni di lavoro anche in relazione alle sue mansioni di capo cantiere e non solo di sommozzatore ed ha condannato la IOS spa alla riassunzione del lavoratore o, in difetto, al risarcimento del danno commisurato a un'indennità pari a tre mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione M.A. affidandosi a due motivi cui resiste con controricorso la IOS spa che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su due motivi. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata. Motivi della decisione Preliminarmente, deve disporsi la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ex articolo 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza. Sempre in via preliminare, deve darsi atto della irrilevanza della comunicazione per interruzione del processo ai sensi dell'articolo 300 c.p.c. , depositata in data 2.10.2012 dal difensore del ricorrente, dalla quale risulta l'avvenuto decesso del M. in data 23.6.2008, posto che, per giurisprudenza costante cfr. ex plurimis Cass. sez. unite numero 14385/2007 , nel giudizio di cassazione, che è dominato dall'impulso d'ufficio, non trova applicazione l'istituto dell'interruzione del processo per uno degli eventi previsti dall'articolo 299 c.p.c., onde, una volta instauratosi il giudizio con la notifica del ricorso nella specie, eseguita in data 5.4.2008 , non produce interruzione del processo la morte del ricorrente, pur se comunicata dal difensore. 1.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli articolo 2099, 2697 c.c., dell'articolo 416 c.p.c. e del c.c.numero l. edili industria del 23.5.1991 in ordine alla statuizione con cui la Corte d'appello ha ritenuto che il lavoratore non avesse provato di avere percepito una retribuzione maggiore di quella risultante dalle buste paga. Il ricorrente sostiene, al riguardo, di avere dedotto con il ricorso introduttivo di avere goduto di un trattamento di miglior favore avendo percepito una retribuzione giornaliera superiore ai minimi tabellari di cui al c.c.numero l., circostanza questa che non solo non sarebbe stata specificamente contestata dalla convenuta, ma sarebbe stata fatta oggetto di espresso riconoscimento da parte della società nella memoria difensiva. 2.- Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli articolo 18 l. numero 300/70 e 2697 c.c., relativamente alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto che non fosse stato provato il requisito dimensionale stabilito dall'articolo 18 l. numero 300/70 ai fini dell'applicabilità della c.d. tutela reale, e ciò dando esclusivo rilievo alle risultanze della prova testimoniale, che, secondo l'assunto, non poteva ritenersi prova idonea alla dimostrazione di tale circostanza di fatto . 3.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione degli articolo 18 l. numero 300/70, 3 l. numero 604/66 e 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale preso in considerazione, ai fini della prova del giustificato motivo oggettivo, mansioni diverse da quelle di capo squadra sommozzatore professionista , dedotte dal lavoratore con il ricorso introduttivo. 4.- Con il secondo motivo si denuncia violazione degli articolo 13, 18 e ss. l. numero 300/70, 3 l. numero 604/66, 2103 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata relativamente allo stesso punto oggetto del precedente motivo di ricorso, sotto il profilo della violazione dei principi in materia di onere della prova. 5.- Il primo motivo del ricorso principale è infondato poiché la Corte territoriale ha ritenuto che la deduzione del ricorrente di aver percepito una retribuzione superiore a quella indicata nelle buste paga fosse del tutto generica e che la convenuta non avesse, quindi, l'onere di assumere una precisa posizione al riguardo, con l'ulteriore conseguenza che era onere del ricorrente fornire la prova di quanto asserito a fondamento della domanda avente ad oggetto la rideterminazione della base di calcolo dei trattamenti retributivi accessori c.d. indiretti o differiti. Tale statuizione è pienamente conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimità cfr. ex plurimis Cass. numero 11537/96 secondo cui nel rito del lavoro la mancata contestazione da parte del convenuto può assumere rilevanza ai fini della prova nei limiti in cui le allegazioni dell'attore siano specifiche e fornite di riferimenti concreti, non quando l'allegazione dell'attore sia anch'essa generica. Né può ritenersi che la società convenuta avesse riconosciuto, nella memoria difensiva, di aver corrisposto al lavoratore l'importo da questi indicato in ricorso maggiore di quello indicato nelle buste paga , essendosi limitata semplicemente a dedurre che il corrispettivo pattuito ed effettivamente liquidato al dipendente era ben superiore ai minimi retributivi contemplati dalla normativa di settore . Il primo motivo deve essere pertanto respinto. 6.- Anche il secondo motivo del ricorso principale è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa S.C. cfr. Cass. sez. unite numero 141/2006, cui si è uniformata la successiva giurisprudenza di legittimità , in tema di riparto dell'onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l'invalidità, i fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l'attività e, sul piano processuale, dell'azione di impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l'illegittimità dell'atto espulsivo, mentre le dimensioni dell'impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall'articolo 18 della l. numero 300/70, costituiscono, insieme al giustificato motivo di licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha ritenuto che dalla prova testimoniale fosse emerso che la società occupava, al momento del licenziamento, meno di quindici lavoratori nel cantiere al quale era addetto il ricorrente e meno di sessanta lavoratori nell'ambito dell'intero territorio nazionale, e che non ricorressero pertanto i presupposti per l'applicabilità della c.d. tutela reale. Si tratta, per quanto riguarda la valutazione delle prove, di una valutazione che involge apprezzamenti di fattori, riservati al giudice del merito, al quale ò rimessa la valutazione delle risultanze istruttorie, così come la scelta, tra esse, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione cfr. ex plurimis Cass. numero 16499/2009 , e che, in quanto assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, si sottrae alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità, trattandosi, peraltro, di censure che risultano comunque prive di specificità e di un valido supporto argomentativo, risolvendosi le stesse, in sostanza, nell'affermazione - di cui non viene fornita una adeguata dimostrazione - secondo cui, nel caso di specie, la prova testimoniale non avrebbe potuto ritenersi prova idonea alla dimostrazione di tale circostanza di fatto . Anche il secondo motivo del ricorso principale deve essere pertanto respinto. 7.- Patimenti infondati devono ritenersi i motivi del ricorso incidentale, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi. È giurisprudenza costante - cfr. ex plurimis, Cass. numero 14815/2005 - che, ai fini della legittimità del licenziamento per ragioni inerenti all'attività produttiva, sul datore di lavoro incombe l'onere di provare la concreta riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo sussistenti all'epoca della comunicazione del licenziamento, nonché l'impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell'attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito cfr. anche Cass. numero 21282/2006 Cass. numero 12514/2004 . Il giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative o produttive è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'articolo 41 Cost Pertanto, spetta al giudice il controllo in ordine all'effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, e l'onere probatorio grava per intero sul datore di lavoro, che deve dare prova anche dell'impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte, onere che può essere assolto anche mediante il ricorso a risultanze di natura presuntiva ed indiziaria, mentre il lavoratore ha comunque un onere di deduzione e di allegazione di tale possibilità di reimpiego Cass. numero 3040/2011 Cass. numero 6559/2010 Cass. numero 4068/2008 . Nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che la società non avesse dimostrato di non poter impiegare il lavoratore anche nelle mansioni di capo-cantiere , mansioni che il ricorrente aveva dedotto e dimostrato di avere svolto, dirigendo e coordinando le maestranze che operavano nel cantiere di omissis , dando le direttive al personale di terra e provvedendo al rifornimento del materiale occorrente. 8.- La società sostiene che, nel caso in esame, il lavoratore non avrebbe dedotto, con il ricorso introduttivo, di avere svolto mansioni diverse o ulteriori rispetto a quelle di capo squadra sommozzatore professionista e che la Corte d'appello, nel ritenere non provato il giustificato motivo di licenziamento, avrebbe rivolto l'indagine all'esistenza di una circostanza quella dello svolgimento di mansioni di capo-cantiere , differenti rispetto a quelle di capo squadra sommozzatore professionista mai dedotta dal ricorrente e comunque ininfluente ai fini della valutazione del giustificato motivo oggettivo, trattandosi di mansioni che avrebbero avuto un rilievo del tutto marginale rispetto a quelle, assolutamente prevalenti, di capo squadra sommozzatore . Tali censure non possono tuttavia trovare ingresso in questa sede di legittimità in quanto presuppongono l'accertamento della non equivalenza delle mansioni di capo squadra e di capocantiere ovvero la riferibilità delle prime, nella concreta organizzazione aziendale, alla sola figura del capo di una squadra di sommozzatori e, comunque, della assoluta prevalenza, in concreto, dello svolgimento di mansioni proprie del sommozzatore professionista, in contrasto con la valutazione di fatto operata dalla Corte territoriale in ordine ad entrambi i punti sopra indicati, valutazione che si risolve in un accertamento che è tipicamente riservato al giudice del merito e che non è censurabile in cassazione in quanto comunque sorretta da motivazione adeguata e coerente sul piano logico. 9.- In conclusione, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere respinti. In considerazione della reciproca soccombenza, si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi spese compensate.