Solo la consapevole accettazione dei rischi connessi alla circolazione di un ciclomotore in condizioni di insicurezza rappresenta una ipotesi di cooperazione colposa del trasportato nella condotta causativa del fatto evento dannoso.
E’ questo uno degli insegnamenti che ci viene dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza numero 17407, depositata il 12 ottobre 2012. Il caso. Una minorenne, alla guida di un ciclomotore sul quale è trasportata una passeggera senza casco, perde il controllo del mezzo e rovina a terra insieme con la trasportata che, a causa dell’impatto, decede. Il Tribunale attribuisce presuntivamente la responsabilità dei fatti alla conducente del ciclomotore. La Corte d’Appello di Venezia, sulla base di affermazioni che la Corte Suprema reputerà apodittiche ed immotivate, ripartisce la responsabilità dei fatti quanto al 70% a carico della conducente, e quanto al 30% a carico della trasportata per il mancato uso del casco e per l’illegittimo sovraccarico del mezzo cagionato dal non consentito trasporto del passeggero. E’ piuttosto severa la Corte di Cassazione con i Giudici territoriali, la cui sentenza pecca, sostanzialmente, di apprezzabile motivazione laddove, nella ripartizione delle responsabilità, individua gli elementi astrattamente idonei alla sua valutazione l’uso del casco, l’illegittimo trasporto ma non conduce la necessaria analisi volta a determinare l’esatto apporto causale di ogni singola circostanza al fatto lesivo. Prendendo le mosse dalla dinamica dell’incidente, la Suprema Corte osserva come sia necessario, seppur in presenza della presunzione di responsabilità di cui all’articolo 2054 c.c. a carico del conducente del veicolo che ha perso il controllo dello stesso, analizzare ogni elemento esterno che potrebbe essere posto in rapporto eziologico con l’evento. La compiuta istruttoria, infatti, aveva evidenziato la possibilità che a concorrere alla caduta – se non addirittura a provocarla – fosse stato, da un lato, un movimento inconsulto proprio della passeggera deceduta, e, dall’altro, la presenza di asperità ed avallamenti sulla strada percorsa. Uso del casco ed illegittimo trasporto di passeggeri. Ma il tema più interessante affrontato dalla sentenza in esame è certamente la duplice violazione rappresentata dal mancato uso del casco e dall’illegittimo trasporto di un passeggero su un ciclomotore. Se il Tribunale non aveva ritenuto minimamente rilevanti le due circostanze, la Corte d’Appello, come detto, aveva apoditticamente sancito un concorso di responsabilità, attribuendone una quota alla trasportata in ragione delle due violazioni che le venivano ascritte. Peraltro, nulla veniva detto in ordine all’effettivo apporto causale delle stesse sulla concatenazione degli eventi. Tale modus operandi, secondo la Cassazione, non è corretto. Viene innanzitutto affermato il principio, evidentemente non così scontato, che è il conducente di un veicolo ad avere il preciso dovere, prima di iniziare o proseguire la marcia, di controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza o sicurezza. Tale affermazione, però, non esclude che si possa configurare una responsabilità anche del trasportato, ma solo qualora si dimostri che quest’ultimo abbia consapevolmente accettato i rischi della circolazione, perché è solo in tale ipotesi che si verifica un caso di cooperazione colposa del predetto nella condotta causativa del fatto evento dannoso. Il complesso principio è affermato in tema di illegittimo trasporto di passeggeri, ma riteniamo possa estendersi anche all’ipotesi del mancato uso del casco. Detto aspetto, peraltro, è affrontato dalla Corte sotto il profilo della sussistenza del nesso di causalità, laddove si ribadisce il principio, non nuovo per la verità, per cui non è sufficiente accertare il mancato uso del dispositivo di sicurezza, bensì è necessario determinare se ciò abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone un antecedente causale Cass. numero 24432/2009 . Osserviamo come, nella pratica quotidiana, se l’accertamento dell’incidenza causale del mancato utilizzo del casco potrà risultare di relativa facilità – eventualmente con l’ausilio della medicina legale – altrettanto non ci pare per l’elemento, la cui sussistenza è richiesta dalla Corte, della consapevolezza dell’accettazione del rischio da parte del danneggiato. In questo caso, infatti, ci sembra che anche il ricorso a presunzioni possa non fornire spunti decisivi. In conclusione, la Corte d’Appello dovrà riesaminare il caso prestando adeguata attenzione ai profili evidenziati dai Giudici di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 27 giugno - 12 ottobre 2012, numero 17407 Presidente Carleo – Relatore D’Amico Svolgimento del processo La sera del OMISSIS , alle ore 21, percorrendo via OMISSIS , la minore B.S. , alla guida di un ciclomotore sul quale trasportava G.E. , giunta all’incrocio con via OMISSIS , perdeva il controllo del mezzo e rovinava al suolo insieme alla trasportata che decedeva. Con atto di citazione G.S. e C.M. in G. , in proprio e quali rappresentanti della figlia minore G.E. , convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, S.B.A. , in proprio e quale madre legale rappresentante della figlia S. , chiedendo che il medesimo Tribunale, accertava la responsabilità esclusiva di B.S. nella causazione del sinistro che provocò la morte di G.E. e la responsabilità solidale dlela convenuta, sia ex articolo 2048 c.c., in quanto madre della minore, sia ex articolo 2054, terzo comma c.c., in quanto proprietaria del ciclomotore, le condannasse a risarcire i danni da loro patiti. La convenuta si costituiva in giudizio contestando quanto dedotto da parte attrice e chiedendo la reiezione delle domande. Il Tribunale, accertata e dichiarata l’esclusiva responsabilità presunta ex articolo 2054, comma primo c.c., di B.S. nella causazione dell’incidente stradale condannava la convenuta S.B.A. in proprio e quale madre legale rappresentante della figlia minore, a risarcire i soli danni patrimoniali. Proponevano appello G.S. e C.M. in G. , citando oltre ad S.A. in B. , B.S. divenuta nel frattempo maggiorenne, che non aveva partecipato al giudizio di primo grado. La Corte d’Appello procedeva ad una nuova valutazione della responsabilità ponendo il 70% della stessa a carico di B.A. in quanto proprietaria del ciclomotore ed il 30% a carico della vittima per il mancato uso del casco liquidava a favore degli appellanti il danno morale non liquidato in primo grado. Propongono ricorso per cassazione in via principale G.S. , G.E. e C.M. in G. con quattro motivi e ricorso incidentale, rispettivamente in tre ed in un unico motivo, illustrato da memoria, S.A. in B. e B.S. . Agli avversi ricorsi le controparti resistono con rispettivi controricorsi. Le parti presentano memorie. Motivi della decisione I ricorsi sono riuniti ai sensi dell’articolo 335 c.p.c Con il primo motivo, articolato sotto il profilo della violazione dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio quale la partecipazione di B.S. al giudizio di primo grado, i ricorrenti in via principale lamentano che la Corte d’Appello ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello notificato a B.S. “in quanto la stessa non avrebbe partecipato al giudizio di primo grado e pertanto nessuna domanda poteva essere proposta nei suoi confronti”. Ed invero – così può riassumersi la ragione di doglianza – con l’atto di citazione era stata convenuta S.B.A. in proprio e quale rappresentante della figlia minore B.S. . Ne consegue che la vocatio in ius di quest’ultima, all’epoca minorenne e quindi rappresentata dalla madre, è stata conforme al dettato di legge ed è valsa a radicare la domanda nei suoi confronti. La motivazione resa sul punto sarebbe assolutamente insufficiente. Il motivo è fondato. L’impugnata sentenza ha dichiarato inammissibile l’appello notificato a B.S. con la seguente motivazione “La stessa infatti non aveva partecipato al giudizio di primo grado e pertanto nessuna domanda poteva e può essere operata nei suoi confronti”. Ora, la motivazione, che già alla prima lettura appare assai stringata, a ben vedere, si esaurisce in una frase assolutamente apodittica, la quale, in quanto tale, non contiene il minimo elemento che offra la possibilità di verificarne la fondatezza. L’apoditticità della frase appare, peraltro, ancor più evidente ove si consideri che in primo grado la signora S.B.A. era stata convenuta in giudizio sia “in proprio” sia “quale madre legale rappresentante della figlia S. ”, come risulta dalla stessa sentenza impugnata nella parte dedicata allo svolgimento del processo. Inoltre, gli attori nell’atto di citazione, così come è espressamente riportato nella sentenza, avevano chiesto che il Tribunale, oltre alla responsabilità esclusiva di B.S. nella causazione del sinistro stradale, accertasse la responsabilità solidale della S.B. sia ex articolo 2048 cc in quanto madre della minore sia ex articolo 2054 terzo comma cc in quanto proprietaria del ciclomotore. Ciò premesso, ne deriva che la Corte è pervenuta alla decisione del capo impugnato senza offrire la minima spiegazione in riferimento al titolo di rappresentante legale della minore svolto nella vicenda processuale da S.B.A. . E ciò, malgrado si trattasse di un ruolo assolutamente diverso da quello di responsabile in proprio, sia ex articolo 2054 terzo comma c.c. quale proprietaria del ciclomotore su cui la figlia S. trasportava G.E. , sia ex articolo 2048 c.c., quale madre responsabile del danno derivante dal fatto illecito commesso dalla minore. Ne deriva la fondatezza della censura. Esaurita la trattazione di tale doglianza, vale la pena osservare che la sentenza de qua è stata oggetto di ulteriori censure sotto il profilo motivazionale, con riferimento specifico alla determinazione delle colpe, sia dai ricorrenti principali sia dalla ricorrente incidentale S.B.A. . In particolare, i ricorrenti principali hanno lamentato l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto la concorrente responsabilità della loro congiunta, trasportata sul ciclomotore, per effetto del sovraccarico del mezzo e della mancanza del casco, senza minimamente motivare sui seguenti rilievi 1 il divieto di trasportare passeggeri era addebitabile alla sola conducente 2 il sovraccarico del veicolo non determina ex se e necessariamente lo sbandamento e la caduta del mezzo 3 l’incidente è avvenuto il OMISSIS quando l’obbligo di indossare il casco non era ancora in vigore onde l’applicabilità dell’articolo 171 cod. della strada. La ricorrente incidentale, per parte sua, ha censurato l’impugnata sentenza nel punto in cui ha attribuito la responsabilità alla conducente B.S. per non aver prestato la dovuta attenzione nella guida del ciclomotore. La sentenza – così, in sintesi la censura – sarebbe contraddittoria in quanto da un alto ritiene provata la prudenza della B. nella guida dall’altro sostiene la responsabilità della conducente per non aver prestato la dovuta attenzione, cagionando l’urto contro il cordolo e lo sbandamento del ciclomotore, senza prendere nella dovuta considerazione le ulteriori specifiche circostanze, risultanti dall’istruttoria, che potevano aver determinato l’urto. Entrambe le censure meritano attenzione. A riguardo, deve premettersi che l’intera motivazione della sentenza, sul punto della responsabilità, consta delle seguenti proposizioni “ . dalla perizia espletata nel processo penale + emerso che il ciclomotore, che procedeva a velocità moderata 28 Kmh si rovesciò a seguito dell’urto contro un cordolo. Evidente pertanto appare la responsabilità della conducente del ciclomotore per avere, non prestando la dovuta attenzione alla guida, cagionato l’urto con il cordolo e lo sbandamento del ciclomotore, determinato anche dall’illegittimo sovraccarico dello stesso determinato dal consentito trasporto di un passeggero. Tale circostanza violazione da parte della trasportata ed il mancato uso del casco da parte della vittima che sicuramente avrebbe alleviato le conseguenze dell’incidente inducono a ravvisare una responsabilità concorrente della vittima che va determinata nella percentuale del 30%”. Ciò posto, risulta di ovvia evidenza come la Corte territoriale si sia limitata a proposizioni tanto stringate quanto generiche evitando di esaminare le considerazioni formulate dalla parte convenuta in ordine al fatto che l’urto contro il cordolo del marciapiede poteva essere stato determinato da un movimento inconsulto della G. o dalla presenza, nella strada percorsa, di asperità ed avallamenti circostanze ben diverse dalla mera disattenzione della conducente o dal sovraccarico del mezzo e risultanti dalla compiuta istruttoria deposizioni testi B.G. , Co.Gi. , documentazione fotografica dello stato dei luoghi . Parimenti, la Corte ha omesso di approfondire alcune circostanze invero decisive, ai fini della concorrente responsabilità della minore trasportata, omettendo di verificare se le ragioni dello sbandamento del ciclomotore furono o meno effettivamente impugnabili al sovraccarico oppure furono determinate da altre cause omettendo di accertare se la messa in circolazione del ciclomotore in condizioni di insicurezza, con a bordo due persone, fosse ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente – il quale prima di iniziare a proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza o sicurezza – ma anche della trasportata, per aver quest’ultima consapevolmente accettato i rischi della circolazione, in quanto, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, solo nella seconda ipotesi, si verifica un’ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso cfr Cass. numero 10526/2011, numero 11947/06 omettendo infine di accertare se l’omesso uso del casco abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone un antecedente causale cfr Cass. numero 24432/09 . Ciò posto, considerato che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell’omissione e/o dell’insufficienza, dedotto dalle parti ricorrenti, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti, ne consegue che nella specie l’omesso compimento degli accertamenti sopra indicati inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito e ne determina la sua censurabilità. Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, vanno accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri va accolto il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla S.B. , assorbiti gli altri va dichiarato assorbito altresì il ricorso incidentale proposto da B.S. , articolato sotto il profilo della motivazione insufficiente e/o contraddittoria in ordine alla disposta compensazione delle spese tra gli appellanti principali e la stessa B. . La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità. P.Q.M. La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto da S.B.A. , assorbiti gli altri dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da B.S. e cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.