Non si tratta di trasferimento se c’è solo un mutamento di mansioni con permanenza negli stessi uffici il datore non è tenuto a dar conto dei criteri di scelta.
Non costituisce trasferimento in senso proprio il mero mutamento di compiti, nell’ambito di mansioni amministrative, per alcuni dipendenti comunali che continuano a lavorare negli stessi uffici. Di conseguenza non è applicabile la normativa sul trasferimento e il datore di lavoro non è tenuto a indicare i criteri di scelta di tale mutamento. Lo ha affermato l’ordinanza numero 27443 del 19 dicembre scorso. Il caso. Alcuni dipendenti comunali venivano trasferiti dal servizio trasporti urbani dell’Ente ad altri uffici e impugnavano il trasferimento ritenendolo illegittimo. La domanda veniva rigettata in primo grado e accolta in Appello. Il Comune, quindi, proponeva ricorso per cassazione. Trasferimento ad altre funzioni dei dipendenti comunali serve la motivazione? Secondo la Corte d’appello, nel deliberare il trasferimento di alcuni dipendenti ad altri servizi comunali, il datore avrebbe dovuto dar conto dei criteri di scelta, e che in assenza di tali indicazioni, il trasferimento deve considerarsi illegittimo. Inquadramento della fattispecie lavoro privatizzato alle dipendenze della PA. La S.C. è di parere opposto e, nell’accogliere il ricorso dell’Ente territoriale, ricorda che nel caso di specie si tratta di lavoro “privatizzato” alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, in cui «il Comune ha agito con i poteri del privato datore di lavoro». Il mutamento delle mansioni non è trasferimento il datore non deve indicare i criteri di scelta. Tanto premesso, il Collegio prosegue rilevando come, nel caso di specie, non si fosse in presenza di un trasferimento in senso proprio, con mutamento geografico del luogo di lavoro, giacchè i dipendenti hanno continuato a prestare la propria attività negli stessi uffici, anche dopo il mutamento delle funzioni di conseguenza, non è applicabile la normativa privatistica sul trasferimento, nello specifico l’articolo 2103 c.c. Nello specifico, quindi, il datore non era tenuto a fornire indicazioni sui criteri di scelta adottati per il mutamento dei compiti nell’ambito delle mansioni amministrative dei suoi dipendenti. Legittimo il mutamento se non c’è dequalificazione. Sempre avuto riguardo ai poteri del privato datore di lavoro, deve considerarsi pienamente legittimo il mutamento di posizione lavorativa, a meno che esso non comporti una dequalificazione oppure che sia giustificata unicamente da motivi illeciti, discriminatori o ritorsivi. Situazioni che non ricorrono nel caso di specie, in quanto i dipendenti non hanno mai lamentato un vulnus alla loro professionalità e alla loro posizione lavorativa.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 23 novembre – 19 dicembre 2011, numero 27443 Presidente Battimiello – Relatore Ianniello Svolgimento del processo e motivi della decisione La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 7 aprile 2011 ai sensi dell'articolo 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redat ta a norma dell'articolo 380-bis c.p.c. Con ricorso notificato il 5-6 ottobre 20 l O, il Comune di Civitavecchia chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza depositata il 6 ottobre 2009, con la quale la Corte d'appello di Roma, riformando la decisione di primo grado, ha accolto la domanda di R. P., S. T. e P. C. di declaratoria della illegittimità del loro trasferimento dal servizio trasporti urbani del Comune ad altri servizi dell'ente. La Corte territoriale ha in proposito ritenuto che, nel deliberare il trasferimento ad altri servizi comunali di sette dei 25 addetti al servizio trasporti urbani, tra i quali i tre appellanti, il Comune avrebbe dovuto dar conto dei criteri che aveva seguito nella scelta, mentre di ciò aveva illegittimamente taciuto sia in sede di comunicazione della relativa decisione che successivamente in giudizio. Ulteriori profili dedotti dagli appellanti a sostegno della loro domanda sono stati ritenuti assorbiti dalla Corte d'appello. Con i due motivi, il Comune sostiene che, trattandosi di mero mutamento di compiti nell'ambito di mansioni di tipo amministrativo cui erano addetti gli intimati, non era tenuto a dar conto dei criteri di scelta né questi sarebbero risultati discriminatori in ogni caso deduce, in via subordinata, che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, in primo grado era stata definitivamente accertata la ragione della scelta, caduta sul personale amministrativo a seguito della limitazione del servizio trasporti urbani alle sole attività tecniche. Resistono alle domande gli intimati con rituale controricorso, proponendo altresì contestualmente un ricorso incidentale condizionato, per sentire accogliere tutte le altre richieste formulate nel! 'atto di appello, ritenute assorbite”. Il procedimento è regolato dagli articolo 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate dalla legge 18 giugno 2009 numero 69. Il ricorso principale è manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere accolto, con rinvio ad altro giudice per l'esame degli ulteriori motivi di appello ritenuti assorbiti dalla Corte territoriale. Trattandosi di lavoro privatizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il Comune ha nel caso in esame agito con i poteri del privato datore di lavoro articolo 5, secondo comma D. Lgs. numero 165 del 2001 . Non appare contestato in giudizio che il fatto oggetto della materia del contendere non costituisca un trasferimento in senso proprio, con mutamento geografico del luogo della prestazione, essendo i resistenti rimasti ad operare nei medesimi uffici del Comune anche a seguito del mutamento. Da ciò deriva l'inapplicabilità della disciplina dettata dall'articolo 2103 c.c. in materia di trasferimento. La relativa decisione, m assenza di una disciplina specifica, avrebbe pertanto potuto essere censurata, come quella di qualunque altro privato datore di lavoro, qualora avesse comportato una dequalificazione, in violazione dell'articolo 2103 c.c. oppure in quanto fosse stata determinata unicamente da un motivo illecito 1345 c.c. e pertanto discriminatoria, ritorsiva etc. Gli originari ricorrenti non hanno peraltro dedotto che dal mutamento di posizione sia loro derivato un vulnus alla professionalità acquisita nel corso del rapporto di lavoro e, quanto alla natura discriminatoria della scelta, si sono limitati ad una mera asserzione, ancorata al fatto che il Comune non avrebbe spiegato le ragioni per le quali tra venticinque dipendenti avrebbe mutato settore proprio a quei sette spiegazione che sarebbe stato certamente opportuno dare, ma che, come già rilevato, non era obbligata. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio. Ambedue le parti hanno depositato memorie. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo manifesta mente fondato il ricorso principale, inammissibile quello incidentale in quanto dichiarato relativo a difese ritenute assorbite dalla Corte territoriale e che pertanto potranno essere comunque riproposte avanti al giudice di rinvio . Riuniti i ricorsi, va pertanto accolto quello principale e dichiarato inammissibile quello incidentale la sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. P. Q. M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie quello principale e dichiara inammissibile quello incidentale cassa conseguentemente la sentenza impugnata con rinvio, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.