Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione di pagamento, la chiamata del terzo non è regolata dall’articolo 269 c.p.c., riferimento normativo limitatamente invocabile, e solo mediante analogia.
La decisione. L’opponente, essendo convenuto in senso sostanziale, non può citare il terzo direttamente, ma deve domandare con lo stesso atto introduttivo l’autorizzazione al Giudice per la sua chiamata, analogicamente all’articolo 269, comma 2, c.p.c., limitandosi a citare il solo ricorrente in via monitoria, non potendo le parti originarie essere altri che ingiungente ed ingiunto, e dovendo poi il Giudice autorizzare la chiamata nel corso della prima udienza, a pena di nullità della chiamata diretta del terzo. Chiamata del terzo e giudizio di opposizione. La decisione del giudice emiliano estensore Gianluigi Morlini, invero penna processualcivilista nota è pienamente condivisibile. E, infatti, all'opponente è preclusa, nella qualità di convenuto sostanziale, la facoltà di chiedere lo spostamento dell'udienza Cass. civ., sez. I, numero 8718 del 27 giugno 2000 in caso di chiamata del terzo ex multis Cass. civ., 27 gennaio 2003, numero 1185 , dovendo il giudice provvedere sulla vocatio del terzo alla prima udienza di comparizione. La verità è che l'articolo 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata del terzo in causa, non si concilia col il procedimento instaurato tramite l'opposizione al decreto ingiuntivo, dovendo in ogni caso, l'opponente citare unicamente il soggetto che ha ottenuto detto decreto in quanto originariamente le parti non possono essere che colui che ha proposto la domanda di ingiunzione è colui contro il quale la domanda è diretta già cit. Cass. civ. 8718/2000 . Tutto ciò non toglie che l'opponente possa avere interesse a chiamare un terzo estraneo al giudizio monitorio Cass. 1188/95 . In tal caso non gli rimane che richiedere l'autorizzazione al giudice ed al riguardo il riferimento normativo, «sia pure in via analogica, è lo stesso articolo 269 comma 2 c.p.c. che disciplina l'ipotesi in cui l'interesse dell'attore sorga a seguito della comparsa di risposta del convenuto e che va coordinato con il particolare procedimento conseguente all'opposizione» Cass. civ. 8718/2000 cit. . In definitiva l'opponente a decreto ingiuntivo, non potendo chiedere, nella sua qualità di convenuto sostanziale, lo spostamento dell'udienza comma 2 in quanto non ancora fissata e non potendo soprattutto notificare l'opposizione a soggetto diverso da chi ha ottenuto il decreto ingiuntivo, non può che richiedere al giudice, con lo stesso atto di opposizione, l'autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene comune la causa sulla base dell'esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice, previa autorizzazione alla chiamata, deve provvedere alla prima udienza di comparizione, come indicata nell’atto di opposizione dal convenuto sostanziale. Chiamata diretta e costituzione del terzo. Quid juris se l’opponente chiama direttamente in causa il terzo? La domanda dell’opponente verso il terzo è da ritenersi affetta da nullità per vizio genetico della chiamata, v. Trib. Mantova, Sez. I, 19 febbraio 2004 Trib. Roma, Sez. VI, 9 marzo 2009 Trib. Milano, 30 aprile 2008 in Corriere del Merito, 2008, 7, 785 e, dunque, non è idonea a produrre effetti giuridici verso il chiamato. Tuttavia, là dove chiamato direttamente in causa dall’opponente, il terzo comunque si costituisca ed accetti il contraddittorio senza sollevare eccezioni sulla chiamata, l’accettazione del contraddittorio da parte del terzo, nell’orbita del principio del Giusto Processo articolo 111 Cost. , determina sanatoria della nullità provocata dall’opponente. Ma che ruolo ha il comportamento del giudice nel procedimento di sanatoria? Una prima soluzione è agevole il principio di economia degli atti processuali, in uno con quello di razionalità nell’interpretazione delle norme processuali, impone al giudice la conservazione del processo così come introdotto, là dove giudichi, anche implicitamente, seppur ex post, autorizzabile la chiamata stessa. Si verifica, insomma, una sanatoria del vizio della chiamata per l’accettazione del contraddittorio da parte del terzo e per l’autorizzazione del giudice, seppur concessa ex post. Pertanto, dove il terzo si costituisca accettando il contraddittorio ed il giudice nulla osservi, il processo si consolida nella sua versione cumulata e la lite va decisa interamente nel merito, non potendo le parti dolersi poi dell’irregolare ingresso del terzo nella lite. Il problema, però, diventa di difficile soluzione là dove, pur a fronte della costituzione del terzo e della sua accettazione del contraddittorio, il giudice rilevi ex officio l’intervenuta chiamata dello stesso, in difetto di autorizzazione, e, pronunciandosi sulla chiamata stessa, non la autorizzi. Giova ricordare, infatti, che l’autorevole indirizzo delle Sezioni Unite cfr. Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 23 febbraio 2010, numero 4309 ha chiarito, a scanso di equivoci, che in tema di chiamata di un terzo nel processo su istanza di parte, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale il provvedimento del giudice di fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione del terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto ai sensi dell'articolo 269 cod. proc. civ. In questa ipotesi, convalidare comunque la prima ipotesi interpretativa equivarrebbe a rendere, di fatto, del tutto irrilevante il provvedimento autorizzatorio del giudice e, dunque, a sottrarre il processo alla valutazione giudiziale che corrisponde, anche, ad interessi di tipo pubblicistico, come quello a garantire ragionevole durata del procedimento. Sarebbe, pertanto, sostenibile che l’obiezione del giudice impedisce la sanatoria della chiamata del terzo – che dunque resta improduttiva di effetti con esonero del giudice dal deciderla – e che la costituzione del terzo deve essere riqualificata in termini di intervento volontario. La Cassazione, tuttavia, in passato, ha affermato che nel caso in cui una delle parti abbia esteso la domanda ad un terzo citandolo direttamente in giudizio senza l'autorizzazione del giudice, la nullità della chiamata in causa deve ritenersi sanata dalla costituzione in giudizio del terzo, il quale non abbia sollevato al riguardo alcuna eccezione nel primo atto difensivo Cass. civ., Sez. I, 10 febbraio 2006, numero 2977 in Arch. Giur. Circolaz., 2007, 1, 96 a prescindere dunque dal vaglio giudiziale. Chiamata diretta e mancata costituzione del Terzo. Se, successivamente alla chiamata diretta dell’opponente, alla prima udienza di comparizione, il terzo non compare, la chiamata stessa non è sanata e, dunque, resta improduttiva di effetti e, quindi, inammissibile. Vi è, tuttavia, che, in questo caso, l’opponente potrebbe avere un effettivo ed apprezzabile interesse a che la sentenza sia pronunciata anche verso il terzo e vi è anche che, di fatto, nel modulo processuale regolare, comunque la chiamata andava autorizzata alla prima udienza e non prima. L’opponente, pertanto, può attivarsi per richiedere, sempre alla prima udienza, comunque l’autorizzazione del giudice alla chiamata del terzo, tempestivamente formulata nell’atto di opposizione, sebbene irregolarmente portata già a conoscenza del terzo. Ebbene, in questo caso, dove il giudice dovesse autorizzare la chiamata del terzo, si verificherebbe un ulteriore meccanismo di sanatoria e, alla successiva udienza, l’assenza del terzo non determinerebbe inammissibilità della chiamata, bensì solo contumacia del terzo stesso, al cospetto di una vocatio in ius efficace.
Tribunale di Reggio Emilia, sez. Civile, sentenza 7 giugno 2012, numero 1092 Giudice Gianluigi Morlini Fatto La presente controversia trae origine dal decreto ingiuntivo meglio indicato in dispositivo, ottenuto da F nei confronti di B. In particolare, F esponeva che, unitamente a B e ad altri due soggetti giuridici, aveva prestato una fideiussione con clausola a prima richiesta e senza eccezioni a favore della Banca di , per la garanzia di un debito contratto da C. s.r.l. che la Banca aveva provveduto ad escutere F per l’intero ammontare del credito garantito che pertanto, F intendeva esercitare l’azione di regresso contro B per la quota di sua spettanza, cioè per un quarto del complessivo ammontare pagato. Il giudice disponeva in conformità, concedendo l’ingiunzione così come richiesta. Avverso detta ingiunzione propone opposizione B, eccependo la mancata preventiva richiesta di pagamento, la pretesa illegittimità del decreto opposto per insussistenza dei presupposti ex articolo 633 c.p.c., la supposta infondatezza della domanda azionata. In ogni caso, esperisce l’azione di rilievo del fideiussore ex articolo 1953 c.c. nei confronti del debitore principale C , che evoca direttamente in giudizio. Resiste F, mentre rimane contumace C. Diritto a L’opposizione è manifestamente infondata, e pertanto va rigettata. Infatti del tutto inconducente è il rilievo per il quale la F non avrebbe avvertito il cofidejussore B prima di procedere al pagamento a favore del creditore Banca Sul punto, basti evidenziare che l’articolo 1954 c.c. non prevede, ai fini del regresso contro gli altri cofidejussori, che gli stessi debbano essere avvertiti prima del pagamento al creditore, e ciò tanto più nel caso di specie, laddove si trattava di fideiussione con garanzia a prima richiesta ed obbligo di pagamento in tempi particolarmente stringenti incomprensibile, prima ancora che infondata, è poi la doglianza relativa alla pretesa insussistenza dei presupposti per emanare l’ingiunzione. Sul punto, basta osservare che il ricorrente ha documentalmente provato sia l’avvenuto pagamento a favore del creditore cfr. all. 3, 4, 5,6 fascicolo monitorio , sia l’esistenza di un rapporto di cofidejussione cfr. all. 1 e 2 fascicolo monitorio , con la conseguenza che è stata offerta idonea prova scritta, ex articolo 633 c.p.c., della domanda azionata in sede monitoria non condivisibile è poi la doglianza di merito formulata dall’opponente, atteso che la piana esegesi letterale dei già citati allegati 1 e 2 del fascicolo monitorio, comprova come B, F, la società B geom. L s.r.l. e S s.r.l., hanno tutti prestato fideiussione a garanzia del medesimo creditore e per il medesimo rapporto, essendo stata garantita l’apertura di credito sul c/c bancario da parte di C Consegue che trattasi di fideiussione prestata da più persone ex articolo 1946 c.c., con conseguente diritto al regresso verso gli altri cofidejussori da parte del fideiussore che ha onorato l’intero debito ex articolo 1954 c.c. Deriva, sulla base di quanto sopra, l’infondatezza dell’opposizione, con conseguente conferma del decreto opposto. b Va invece dichiarata inammissibile l’azione di rilievo del fideiussore esperita dall’opponente ex articolo 1953 c.c. La difesa di parte opponente sembra infatti ignorare che, da oramai 12 anni, la Corte di Cassazione, con orientamento mai più rimesso in discussione a partire dal 2000, ha chiarito come l’opponente, essendo convenuto in senso sostanziale, non può citare il terzo direttamente, ma deve domandare con lo stesso atto introduttivo l’autorizzazione al Giudice per la sua chiamata, analogicamente all’articolo 269 comma 2 c.p.c., limitandosi a citare il solo ricorrente in via monitoria, non potendo le parti originarie essere altri che ingiungente ed ingiunto, e dovendo poi il Giudice autorizzare la chiamata nel corso della prima udienza, a pena di nullità della chiamata diretta del terzo Cass. numero 1920/2011, Cass. numero 4800/2007, Cass. numero 13272/2004, Cass. numero 1185/2003, Cass. numero 3156/2002, Cass. 8718/2000 . Avendo invece nel caso che qui occupa l’opponente direttamente evocato in giudizio il terzo, la domanda nei confronti dello stesso va dichiarata inammissibile. c Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’articolo 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo, sono quindi poste a carico della soccombente parte opponente ed a favore della vittoriosa parte opposta costituita. Nulla invece sulle spese di lite nel rapporto tra l’opponente e la C, essendo quest’ultima, vittoriosa, rimasta contumace. P.Q.M. il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa rigetta l’opposizione, e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo numero /2009 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia il 16-17/9/2009 dichiara inammissibile la domanda verso C s.r.l. condanna B a rifondere a F le spese di lite del presente giudizio, che liquida in euro 50 per rimborsi, euro 6.000 per diritti ed onorari, oltre IVA, CPA, articolo 14 TP nulla sulle spese di lite di C, contumace.