In tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, per la concessione della circostanza attenuante della dissociazione diretta a far riacquistare al soggetto passivo la libertà, non è richiesto che la liberazione stessa sia conseguenza di un’iniziativa spontanea del dissociato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 25947, depositata il 19 giugno 2015. Il caso. La Corte d’assise d’appello di Torino riconosceva la circostanza diminuente della lieve entità del danno, e confermando nel resto la condanna, ad un imputato per il reato di cui agli articolo 110 pena per coloro che concorrono nel reato e 630 c.p. sequestro di persona a scopo di estorsione . L’imputazione riguardava il concorso, con altre due persone ignote, nel sequestro di persona a scopo di estorsione di un professionista, avvenuto in Russia l’uomo aveva finto di essere anch’egli vittima dell’aggressione. In seguito, si era attivato per ottenere il pagamento del riscatto dal padre della vittima, rientrando a tale scopo in Italia e reiteratamente comunicando non lui, ma non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà, in quanto il padre della vittima moriva a causa di un infarto. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento dell’attenuante della dissociazione prevista dall’articolo 630, comma 4, c.p. deduceva di essersi fattivamente adoperato per ottenere la liberazione dell’ostaggio, senza che tale risultato fosse stato conseguenza del pagamento del riscatto. I requisiti della dissociazione. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, per la concessione della circostanza attenuante della dissociazione diretta a far riacquistare al soggetto passivo la libertà, non è richiesto che la liberazione stessa sia conseguenza di un’iniziativa spontanea del dissociato. Invece, da una parte occorre che la dissociazione sia volontaria, anche se determinata da impreviste difficoltà a conseguire il pagamento del riscatto e che si realizzi anteriormente alla liberazione dell’ostaggio senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione. Dall’altra, è necessario che il comportamento del dissociato si traduca in fatti concreti, finalisticamente indirizzati alla liberazione del sequestrato ed eziologicamente rilevanti per il raggiungimento dello scopo della cessazione del sequestro. Motivazione carente sul ruolo del ricorrente. Nel caso di specie, i giudici di merito non avevano giustificato per quali ragioni i prelievi effettuati dal ricorrente, utilizzando il bancomat della vittima, dovessero essere considerati alla stregua di un parziale pagamento del riscatto, richiesto per una cifra ben superiore, né in che modo tali prelievi avessero determinato la liberazione dell’ostaggio, avvenuta alcuni giorni dopo i prelievi. Inoltre, la sentenza non aveva chiarito la dinamica degli eventi che avrebbero portato i “carcerieri” a fuggire dall’appartamento in cui l’ostaggio era ancora ristretto, quando era intervenuta sul posto, su sollecitazione del ricorrente, la proprietaria. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito, invitandoli a colmare le lacune nella motivazione.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 – 19 giugno 2015, numero 25947 Presidente Conti – Relatore Mogini Premesso che con la sentenza in epigrafe la Corte d'Assise d'Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza emessa ad esito di giudizio abbreviato dal giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Torino in data 19.7.2013, ha riconosciuto a B.M. la circostanza diminuente della lieve entità del fatto e rideterminato la pena a lui inflitta per il reato di cui agli articolo 110 e 630 c.p. in undici anni e quattro mesi di reclusione che l'imputazione contestata al B. ha ad oggetto il concorso, con altre due persone rimaste ignote, nel sequestro di persona a scopo di estorsione di E.M., realizzato in San Pietroburgo dal 12 febbraio 2012, allorquando due soggetti di nazionalità russa, incappucciati e sedicenti appartenenti alle forze di polizia russe, irrompevano nell'appartamento, in uso al B. e ove questi si trovava insieme al M., e, con la collaborazione dell'imputato che fingeva col M. di essere anch'esso vittima dell'aggressione, privavano quest'ultimo della libertà personale tenendolo rinchiuso nell'appartamento fino al successivo 17 febbraio, mentre contemporaneamente, dal 14 al 17 febbraio 2012, il B. si attivava per ottenere il pagamento del riscatto pari a 300.000 Euro dal padre della vittima, avv. P. M., rientrando a tale scopo in Italia e reiteratamente comunicando con lui, non riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà, poiché nella notte del 17 febbraio 2012 l'avv. M. decedeva stroncato da infarto Rilevato che M. B. ricorre personalmente avverso la richiamata sentenza d'appello deducendo 1 violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al travisamento di numerosi elementi di prova dai quali risulterebbe la possibilità, non considerata dai giudici di merito, che il sequestro sia stato frutto di una montatura messa in piedi, all'insaputa dell'imputato, dalla vittima e dai suoi complici russi al momento della sua liberazione il M. non era legato non sono state riscontrate su di lui lesioni riconducibili al sequestro l'utenza GSM del M. ha inviato nel corso del sequestro un messaggio a tale F.S. il 15.2.2012 il ricorrente ha tentato di contattare al telefono E.M. dopo aver parlato con il di lui padre l'IMEI corrispondente al numero dei sequestratori coincide con quello del telefono in uso al M. emergono contraddizioni nella ricostruzione delle circostanze del sequestro offerta dal M. E. il ricorrente non poteva essere certo della visita di E.M. la sera del 12.2.2012 sicché non poteva essersi messo d'accordo con i complici in merito ali' organizzazione del sequestro l'abitazione in cui il M. è stato custodito era frequentata da prostitute e non era quindi idonea a recludervi un ostaggio poiché a rischio di accertamenti da parte della polizia nella notte del 12.2.2012 due probabili complici dei sequestratori avrebbero raggiunto in taxi l'abitazione utilizzata per il sequestro 2 violazione di legge e vizi di motivazione relativi al mancato riconoscimento dell'esimente dello stato di necessità, il ricorrente essendo stato costretto a collaborare coi sequestratori nei contatti coi familiari del M. perché ha ricevuto minacce gravi rivolte direttamente a lui e ai suoi familiari 3 violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla mancata concessione dell'attenuante della dissociazione prevista dall'articolo 630 comma 4 c.p., essendosi il ricorrente fattivamente adoperato per ottenere la liberazione dell'ostaggio senza che tale risultato sia stato conseguenza del pagamento del riscatto 4 violazione di legge e vizi di motivazione il relazione al mancato riconoscimento dell'attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. Ritenuto che 1 il primo motivo di ricorso rappresenta mera riproposizione di censure di merito già affrontate dalla sentenza impugnata con motivazione del tutto adeguata e immune da vizi logici e giuridici, che da' conto, in coerente continuità con la sentenza di primo grado, dei numerosi, univoci e concludenti elementi di prova dai quali viene ricavata la colpevolezza dell'imputato pp. 16-19 e pp. 23-25 , peraltro dallo stesso ammessa, a fronte delle inequivoche prove a suo carico e delle plurime smentite del suo narrato acquisite agli atti dei processo, con atto di carattere confessorio depositato in sede di giudizio abbreviato, nel quale tra l'altro chiede perdono ai M., che solo ora si pretende addirittura essere il protagonista di una montatura ordita all'insaputa dal ricorrente 2 il secondo motivo di ricorso è, alla luce di quanto testé esposto, manifestamente infondato e sollecita ancora una volta, con riferimento alla pretesa costrizione del ricorrente, una non consentita, diversa valutazione del compendio probatorio, laddove la motivazione della sentenza impugnata appare del tutto adeguata e immune da vizi logici e giuridici nel descrivere e giustificare la diretta ed autonoma partecipazione del B. al sequestro cfr. in particolare, per quanto riguarda l'esclusione dell'esimente di cui all'articolo 54 c.p., p. 25 3 la sentenza impugnata motiva in modo specifico e congruo la mancata applicazione dell'attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. p. 26 richiesta con l'atto d'appello e oggetto del quarto motivo di ricorso, che risulta quindi precluso in questa sede 4 il terzo motivo di ricorso, riguardante la denegata concessione dell'attenuante di cui all'articolo 630, comma 4, c.p., è invece fondato, in quanto a in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione, ai fini della concessione della circostanza attenuante della dissociazione diretta a far riacquistare al soggetto passivo la libertà, non è richiesto che la liberazione stessa sia conseguenza di una iniziativa spontanea del dissociato, occorrendo, invece, da un lato, che la dissociazione sia volontaria ancorché determinata da impreviste difficoltà a conseguire il pagamento del riscatto e che si realizzi anteriormente alla liberazione dell'ostaggio senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione così, testualmente, l'articolo 630 comma 4 c.p. , dall'altro, che il comportamento dei dissociato si traduca in fatti concreti, finalisticamente indirizzati alla liberazione dei sequestrato ed eziologicamente rilevanti per il raggiungimento dello scopo della cessazione del sequestro cfr. Sez. 5, numero 43713 del 22/11/2002, Malatesta ed altro b la sentenza impugnata non giustifica per quali ragioni i prelievi di 5.000 e 7.000 rubli effettuati dal ricorrente nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 2012 utilizzando il Bancomat della vittima debbano essere considerati alla stregua di un parziale pagamento del riscatto richiesto nel ben più rilevante ammontare di 300.000 euro , né in che modo tali prelievi abbiano determinato la liberazione dell'ostaggio, avvenuta il 17 febbraio 2012 c la sentenza inoltre non chiarisce la dinamica degli eventi che avrebbero portato i carcerieri russi a fuggire dall'appartamento in cui l'ostaggio era ancora ristretto la porta d'ingresso risultava chiusa a chiave dall'esterno allorché intervenne sul posto, su sollecitazione del ricorrente, la proprietaria cfr. p. 4 del documento allegato numero 3 al ricorso che pertanto si rende necessario l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla configurabilità dell'attenuante di cui all'articolo 630, comma 4, c.p., con rinvio degli atti ad altra Sezione della Corte d'Assise d'Appello di Torino perché, in coerente applicazione dei principio di diritto richiamato sub 4.a , proceda a nuovo esame dei profili critici segnalati, colmando, nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito, le indicate lacune e discrasie nella motivazione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata sul punto relativo alla configurabilità della circostanza attenuante di cui all'articolo 630 comma 4 cod. penumero e rinvia per nuovo giudizio su tale punto ad altra Sezione della Corte di Assise di Appello di Torino. Rigetta nel resto il ricorso.