In tema di sequestro probatorio, l’affidamento dell’accertamento della contraffazione a persone intranee allo studio legale che cura gli interessi del titolare del marchio, nonostante garantisca la conoscenza tecnica degli elementi identificativi dello stesso, incide inevitabilmente sull’intrinseca capacità dimostrativa dell’accertamento medesimo.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza 25376 depositata il 17 giugno 2015. Il fatto. Il Tribunale di Isernia, nell’ambito di un procedimento penale per contraffazione, confermava il sequestro di vari capi di abbigliamento a firma Ferrè, a seguito dell’esecuzione del decreto di perquisizione dei locali di una delle società che confezionavano i capi per la casa di moda. I materiali venivano sequestrati in quanto non rientranti tra le collezioni ufficiali Ferrè e dunque prodotti senza autorizzazione o ratifica del proprietario del marchio. Il proprietario, nonché legale rappresentante, della società proponeva ricorso per la cassazione del provvedimento del Tribunale deducendo l’insussistenza del fumus commissi delicti, oltre al fatto che la contraffazione era stata accertata da due ausiliari della polizia giudiziaria che lavoravano nello studio legale che cura gli interessi del titolare del marchio, circostanza da cui emergerebbe un conflitto di interessi. L’accertamento del fumus per la conferma del sequestro probatorio. La S.C. rileva la fondatezza della doglianza relativa al fumus commissi delicti «nella dimensione “attenuata” richiesta dalla giurisprudenza di legittimità per il sostegno del vincolo probatorio». L’orientamento consolidato in tema di sequestro probatorio afferma infatti che il giudice del riesame è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato contestato, valutandone il fumus, in relazione agli elementi rappresentati, non in una prospettiva di giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento all’idoneità di tali elementi a rendere utili ulteriori indagini al fine di acquisire prove certe o comunque ulteriore del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’indagato. L’accertamento tecnico della contraffazione. Nel caso di specie, il sequestro si fonda sull’accertamento tecnico eseguito durante la perquisizione dei locali della società da parte degli ausiliari della polizia giudiziaria, scelti tra i praticanti dello studio legale che cura gli interessi del titolare del marchio interessato. La Corte di Cassazione censura tale scelta precisando che, se, da un lato, l’affidamento dell’accertamento tecnico «a persone intranee allo studio legale a cui era affidata la tutela del marchio Ferrè, garantisce la competenza degli ausiliari» in tema di conoscenza specifica degli elementi che identificano il marchio, dall’altro lato incide sull’intrinseca capacità dimostrativa dell’accertamento medesimo. Infatti, lo studio legale dove lavoravano i praticanti suddetti aveva curato gli interessi del titolare del marchio in un complesso contenzioso con la società ricorrente, considerazione a cui deve aggiungersi il fatto che l’impulso per l’attivazione del procedimento penale per contraffazione, scaturito poi nel sequestro in oggetto, era riconducibile al medesimo studio legale. Tali circostanze, pur non incidendo sull’utilizzabilità dell’accertamento tecnico, ne «affievoliscono significativamente la capacità dimostrativa». In assenza di ulteriori elementi a conferma della rilevata contraffazione, il fumus commissi delicti non risulta dunque dimostrato e, per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Isernia per un nuovo esame.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 maggio – 17 giugno 2015, numero 25376 Presidente Fiandanese – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1.I1 tribunale di Isernia confermava il sequestro di diversi capi di abbigliamento a firma F. nei confronti della I. s.p.a La I., in concordato preventivo era una delle aziende che confezionava i capi per la F. il sequestro veniva disposto all' esito dell'esecuzione dei decreto di perquisizione dei locali della ditta in relazione ai reati di cui agli articolo 648 e 474 cod. penumero I capi venivano vincolati in quanto «non rientranti tra le collezioni ufficiali della maison e prodotti dunque senza autorizzazione o ratifica dei proprietario dei marchio» 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il B., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della I. s.p.a., che deduceva 2.1.violazione di legge assenza del fumus commissi delicti necessario per sostenere il vincolo la I. s.p.a era stata autorizzata dalla società titolare del marchio F., la ITC s.r.l., a vendere i capi prodotti già presenti in magazzino il che, nella prospettiva difensiva era sufficiente a certificarne la corrispondenza agli originali la contraffazione era stata inoltre accertata da due ausiliari di polizia giudiziaria che lavoravano nello studio dei legale della ITC, dunque da persone che avevano interessi in conflitto con quelli del ricorrente 2.2. si deduceva che dalla motivazione del provvedimento impugnato sarebbe emersa una contraffazione grossolana inidonea a configurare il reato contestato 2.4. si deduceva infine la carenza di motivazione del decreto di perquisizione e sequestro Con motivi nuovi si ribadiva che l'autorizzazione alla vendita dei capi rimanenti, parte integrante della transazione che risolveva il contratto con il quale era stata concessa alla I. s.p.a. la licenza a produrre capi firmati F., era da interpretare come una ratifica della loro genuinità la inaffidabilità delle valutazioni espresse dagli ausiliari di polizia giudiziaria, dato che le stesse erano praticanti dello studio V., ovvero del legale che curava gli interessi dei marchio F. per conto della I.T.C. s.r.l. la irrilevanza dei rilievi sulla non conformità del packaging, la mancata contraffazione dei jeans uomo che avevano il logo datato essendo delle rimanenze di magazzino la irrilevanza della discordanza tra l'etichetta ed il codice a barre di otto top donna asseritamente contraffatti, fatto che, risulterebbe comunque sanato dalla ratifica della ditta titolare dei marchio implicita nella autorizzazione a vendere dei 18 luglio 2014. Considerato in diritto 1.1. II ricorso merita di essere accolto nella parte in cui deduce la inconsistenza dei fumus commissi delicti, nella dimensione attenuata richiesta dalla giurisprudenza di legittimità per il sostegno del vincolo probatorio. In materia di sequestro probatorio il collegio condivide l'orientamento secondo cui in sede di riesame il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, ma con riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori dei fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria Cass. Sez. 3, numero 15254 dei 10/03/2015, Rv. 263053 Cass. sez. 3 numero 33873 dei 7\4\2006, rv234782 1.2.Nel caso di specie li presupposto per l'applicazione dei vincolo, ovvero l'elemento di prova decisivo per la configurabilità del reato di contraffazione, alla base del sequestro probatorio, è individuabile nell'accertamento tecnico effettuato dagli ausiliari di polizia giudiziaria all'atto della perquisizione i tecnici che effettuavano l'accertamento venivano scelti tra i praticanti dello studio legale che cura gli interessi della ITC s.r.l., ovvero la società titolare dei marchio F Il sequestro risulta fondato essenzialmente sul tali accertamenti, dato che non è stata effettuata nessuna ulteriore analisi né di parte né nella forma dell'accertamento peritale incidentale sulla genuinità dei capi sottoposti a vincolo. La scelta di affidare l'accertamento tecnico a persone intranee allo studio legale cui era affidata la tutela del marchio F., se garantisce la competenza degli ausiliari in ordine alla conoscenza degli elementi identificativi dei capi, nel particolare caso posto all'attenzione del collegio, risulta incidente anche sulla intrinseca capacità dimostrativa dell'accertamento. Infatti, come allegato dal ricorrente, lo studio legale presso il quale i due ausiliari lavoravano aveva curato e concluso un atto di transazione che poneva termine ad un articolato contenzioso tra la I. s.p.a e la I.T.C. s.r.l. lo stesso studio legale aveva inoltre, successivamente alla conclusione della transazione, proposto la querela da cui origina il procedimento penale che aveva condotto al sequestro oggetto dei ricorso. In sintesi il coinvolgimento dello studio legale presso cui gli ausiliari lavoravano in un complesso per quanto risolto contenzioso civile con la società ricorrente, ed il fatto che sempre a tale studio risulta riconducibile l'atto di impulso per l'attivazione dei procedimento penale che conduceva al sequestro incide inevitabilmente sulla capacità dimostrativa dei l'accertamento posto alla base dei sequestro. Si tratta di circostanze che, pur non incidendo sulla utilizzabilità dell'accertamento tecnico disposto dalla polizia giudiziaria, ne affievolisce significativamente la capacità dimostrativa. Sicchè, assenti altri accertamenti confermativi della rilevata contraffazione deve ritenersi che allo stato non risulta dimostrato il fumus commissi delicti del reato per cui si procede, seppur nella dimensione attenuata necessaria per giustificare il vincolo probatorio. 1.2. II provvedimento impugnato deve dunque essere annullato con rinvio ad tribunale di Isernia per nuovo esame. Gli altri motivi di ricorso risultano assorbiti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Isernia per nuovo esame.