L’atto contenente la richiesta di esecuzione della pretesa notificato al difensore è idoneo a interrompere la prescrizione? Alle Sezioni Unite l’ardua sentenza

La Corte d’appello di Lecce aveva affermato che, affinché l’atto processuale sia idoneo a interrompere la prescrizione, deve contenere la richiesta di esecuzione della pretesa e notificato alla parte personalmente e non solo al difensore costituito. Ma, in mancanza di precedenti specifici, la Cassazione ha ritenuto necessari degli ulteriori chiarimenti.

Ravvisando l’esigenza di pervenire a soluzione univoca e trattandosi di massima di particolare importanza il Collegio, con l’ordinanza interlocutoria numero 3276, depositata il 18 febbraio 2015, ritiene opportuno rimettere la questione al Primo Presidente per la relativa assegnazione alle Sezioni Unite. La fattispecie. Nel caso in esame la Corte d’appello respingeva per decorsa prescrizione la domanda di ingiustificato arricchimento proposta ai sensi dell’articolo 2041 c.c. nei confronti di un Ente locale in quanto proposta per la prima volta nell’atto di citazione in appello, e quindi inammissibile, notificato al solo difensore del Comune. A tal proposito, sostiene il Giudice di merito, affinché l’atto processuale sia idoneo a interrompere la prescrizione deve contenere la richiesta di esecuzione della pretesa e notificato alla parte personalmente e non solo al difensore costituito. La questione è giunta, poi, all’esame della Corte di Cassazione. I precedenti della Corte Il Supremo Collegio ha già avuto modo di argomentare che la domanda nuova svolta in sede di gravame, anche se inammissibile, è idonea a interrompere la prescrizione qualora detto atto sia notificato personalmente alla parte. Ciò che rileva ai fini dell’effetto di cui all’articolo 2945 c.c. è la sussistenza di un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi con una pronuncia nel merito. Per converso, ai sensi degli articolo 2943, comma 1, e 2945, comma 2, c.c. la nullità della notificazione dell’atto di citazione impedisce l’interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. ed il ragionamento della Corte d’Appello. Alla luce dei seguenti principi la Corte d’appello ha sostenuto che l’effetto interruttivo permanente è conseguente solo ad atti specificamente individuali, quello idoneo a instaurare un valido procedimento giurisdizionale e quello con cui al convenuto è consentito introdurre ritualmente una domanda giudiziale tutti gli altri non hanno efficacia interruttiva. La conclusione. La sezione semplice, rilevata l’inesistenza di precedenti specifici, al fine di evitare il proliferarsi di differenti orientamenti ha preferito investire del caso le Sezioni Unite in funzione nomofilattica.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza interlocutoria 10 ottobre 2014 – 18 febbraio 2015, numero 3276 Presidente Petti – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza del 28/9/2012 la Corte d'Appello di Lecce, in parziale accoglimento del gravame interposto dal Comune di Brindisi e in conseguente parziale riforma della pronunzia emessa su riuniti giudizi Trib. Brindisi 31/8/2010 che aveva tra l'altro disatteso l'eccezione di giudicato, asseritamente scaturente all'esito della pronunzia App. Lecce numero 578 del 2001, argomentando dal rilievo che trattavasi di mera sentenza processuale di inammissibilità della domanda per novità ex articolo 345 c.p.c. , respingeva per decorsa prescrizione la domanda di ingiustificato arricchimento ex articolo 2041 c.c. nei confronti del medesimo proposta dal sig. P.C. , in relazione ad espletata attività professionale di valutazione dei danni subiti dagli agricoltori del territorio per calamità naturali, in luogo di quella in origine monitoriamente azionata di pagamento del corrispettivo contrattualmente stabilita. Avverso la suindicata pronunzia il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo. Resiste con controricorso il Comune di Brindisi. Motivi della decisione Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1219, 2943, 2945 c.c., 170 c.p.c., in riferimento all'articolo 360, 1 co. numero 4, c.p.c Si duole che il giudice dell'appello abbia ritenuto nel caso maturata la prescrizione, erroneamente considerando non interrotto il relativo decorso dalla citazione in appello in ragione della ravvisata relativa inidoneità ad integrare “un valido atto di costituzione in mora ex articolo 2943, u.c., c.c.”, per essere stata essa notificata non al Comune ma al suo difensore, laddove si è nella giurisprudenza di legittimità affermato che l'effetto interruttivo della prescrizione è prodotto anche dalla domanda come nella specie proposta nel corso del giudizio d'appello e si protrae sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, senza che rilevi in contrario l'inammissibilità della domanda medesima. È dunque dal ricorrente, con riferimento a domanda di ingiustificato arricchimento ex articolo 2041 c.c. in relazione ad espletata attività professionale di valutazione dei danni subiti dagli agricoltori del territorio per calamità naturali riproposta nei confronti del Comune di Brindisi, all'esito di precedente giudizio conclusosi con declaratoria d'inammissibilità della domanda ex articolo 345 c.p.c., la questione se debba riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione alla domanda asseritamente nuova in sede di gravame introdotta con atto di appello notificato non alla parte personalmente ma al difensore della parte nel caso, il Comune di Brindisi , che questa rappresentava limitatamente al giudizio di primo grado. Sulla questione non risultano precedenti in termini. Atteso che giusta consolidato principio la notificazione dell'appello in un luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di un astratto collegamento con il destinatario, determina non l'inesistenza ma la semplice nullità della notifica, imponendo al giudice di ordinarne la rinnovazione ex articolo 291 e 350 c.p.c. cfr. Cass., 27/5/2009, numero 1381 Cass., 29/1/2004, numero 1640 , nella giurisprudenza di legittimità risulta costantemente ribadita la massima secondo cui in tema di interruzione della prescrizione l'inammissibilità della domanda non ne esclude l'efficacia interruttiva, che anche in questo caso permane fino al giudicato cfr. Cass., 14/12/2012, numero 23017 Cass., 9/3/2006, numero 2654 Cass., 22/01/2002, numero 696. Cfr. anche Cass., 10/4/2013, numero 8686 . Si è altresì precisato che efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi dell'articolo 2943, 2 co., c.c. ha anche la domanda proposta per la prima volta nel corso del giudizio di appello, e che tale effetto si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio ai sensi dell'articolo 2945 c.c., non rilevando, ai fini dell'esclusione dell'effetto interruttivo, il fatto che la domanda sia dichiarata inammissibile ai sensi dell'articolo 345 c.p.c., in quanto nuova v. Cass., 11/01/2006, numero 255. Nel senso che la natura sussidiaria dell'azione di arricchimento senza causa costituisce un presupposto della domanda, richiesto dalla legge, sicché non integrando un'eccezione in senso stretto tale condizione può essere rilevata d'ufficio dal giudice, nei limiti in cui la circostanza risulti da elementi di fatto già acquisiti nel giudizio, ed è proponibile per la prima volta anche nel giudizio di appello, non operando il divieto di ius novorum posto dall'articolo 345 c.p.c., inapplicabile per le eccezioni rilevabili d'ufficio, v. peraltro Cass., 18/4/2013, numero 9486 Cass., 15/4/2010, numero 9042 ma sul punto non c'è censura al riguardo . Si è ulteriormente posto in rilievo che il principio posto all'articolo 2945 c.c. in base al quale l'interruzione della prescrizione per effetto di domanda giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio trova deroga solo nel caso di estinzione del processo, e pertanto resta applicabile anche nell'ipotesi in cui detta sentenza non decide nel merito ma definisce eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale, sempre che essa sia pronunciata nell'ambito di un rapporto processuale della cui esistenza le parti siano a conoscenza, di modo che non si possa presumere l'abbandono del diritto fatto valere in giudizio. Con la conseguenza che deve riconoscersi alla domanda giudiziale l'effetto interruttivo protratto di cui all'articolo 2945 c.c. anche nell'ipotesi che il giudizio si concluda con una sentenza dichiarativa della nullità della notificazione della citazione, posto che in tale ipotesi diversamente da quanto accade nel caso di notificazione inesistente si instaura pur sempre un rapporto processuale potenzialmente idoneo a concludersi anche con una pronunzia di merito nell'ipotesi di rinnovazione della notifica ai sensi dell'articolo 291 c.p.c. v. Cass., 23/05/1997, numero 4630, e, conformemente, Cass., 28/11/2001, numero 15075. Cfr. altresì, con riferimento a giudizio che si concluda con una sentenza che dichiari l’improponibilità della domanda, Cass., 24/11/2005, numero 24808 Cass., 14/2/2000, numero 1608. V. altresì Cass., 17/12/1999, numero 14243 . Ancora, privilegiandosi il rilievo da assegnarsi al comportamento dell'avente diritto più che alla corrispondenza simmetrica tra giudizio instaurato e diritto prescrittibile, si è affermato che la proposizione dell'azione revocatoria, al fine di garantire la soddisfazione di un diritto di credito risarcitorio, ex articolo 2943 e 2945 c.c. produce effetto interruttivo sospensivo della prescrizione di tale diritto, pur se quest'ultimo sia azionato solo successivamente in autonomo giudizio, trattandosi di un comportamento univocamente finalizzato a manifestare la volontà di esercitare specificamente il diritto medesimo, benché mediante l'attivazione preventiva di un altro giudizio, peraltro ad esso teleologicamente connesso in via esclusiva [v. Cass., 18/1/2011, numero 1084. Contra, nel senso invero seguito dalla corte di merito nell'impugnata sentenza che non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l'attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica del diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione, v. Cass., 29/3/2005, numero 6570 Cass., 9/4/2003, numero 5577 Cass., 14/6/1988, numero 4031 “la prescrizione del diritto all'indennità per arricchimento senza causa, ai sensi dell'articolo 2041 c.c., può essere interrotta, oltre che dal riconoscimento del diritto stesso articolo 2944 c.c. , dalla proposizione della domanda giudiziale articolo 2943, 1 co., c.c. , ma non anche dagli altri atti di costituzione in mora del debitore previsti dall'articolo 2943, ult. co., c.c. in relazione all'articolo 1219 c.c., atteso che la obbligazione corrispondente sorge e si specifica soltanto con la sentenza pronunciata su quella domanda Cass., 12/7/1980, numero 4473 “La prescrizione del diritto all'indennità per arricchimento senza causa, ai sensi dell'articolo 2041 c.c., può essere interrotta, oltre che dal riconoscimento del diritto stesso articolo 2944 c.c. , dalla proposizione della domanda giudiziale articolo 2943, 1 co., c.c. , con cui si chiede al giudice, nella ricorrenza dei presupposti di legge, la concreta determinazione del relativo credito, ma non anche degli altri atti di costituzione in mora del debitore articolo 2943, ult. co., c.c. e 1219 c.c. , tenuto conto che l'obbligazione corrispondente sorge e si specifica nel suo contenuto soltanto con la sentenza pronunciata su quella domanda”]. Recentemente, si è peraltro diversamente affermato che in tema di applicazione degli articolo 2943, 1 co., c.c. e 2945, 2 co., c.c., la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio impedisce l'interruzione della prescrizione e la conseguente sospensione del suo corso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, a nulla rilevando, in senso contrario, la mera possibilità che la nullità sia successivamente sanata, e fermo restando che, qualora la sanatoria processuale abbia poi effettivamente luogo, i relativi effetti sul corso della prescrizione decorrono dal momento della sanatoria medesima, senza efficacia retroattiva v. Cass., 16/5/2013, numero 11985 Cfr. altresì Cass., 7/7/2006, numero 15489. E già Cass., 13/3/1973, numero 706. Contra v. Cass., 10/4/1970, numero 999 . Sostanzialmente in tale prospettiva sembra invero argomentare la corte di merito dell'impugnata sentenza. Osserva anzitutto come risulti delineato “il principio generale per cui l'effetto interruttivo permanente è conseguente solo ad atti specificamente individuati, e cioè quelli con cui si instaura un procedimento giurisdizionale e quello con cui al convenuto è consentito introdurre ritualmente una domanda giudiziale la riconvenzionale . Tutti gli altri atti processuali, . sebbene possano di fatto rappresentare il veicolo per spiegare un'azione giudiziale, non hanno invece alcuna efficacia interruttiva, perché non contemplati nell'articolo 2943 c.c.”. Esclude che sia ravvisabile “alcun motivo per discostarsi da questo principio nel caso di specie, atteso che l'atto di impugnazione non è certamente un atto introduttivo del giudizio, perché è semplicemente deputato a promuovere il grado di appello”. Conclude quindi per l'esclusione della possibilità “che dall'atto di appello notificato dal P. il 21 marzo 1997 possa conseguire un' interruzione permanente del termine di prescrizione dell'azione di arricchimento senza causa”. Dopo avere per altro verso negato che “la domanda inammissibile comporti l'interruzione con effetto istantaneo non esteso, cioè, all'intera durata del processo ”, afferma che per esplicarsi “l'effetto interruttivo della prescrizione del diritto occorre quindi che l'atto giudiziale contenente la richiesta di esecuzione della prestazione pretesa sia notificato alla parte personalmente”, e perviene a concludere che “non essendo stato ricevuto dal debitore personalmente, va escluso che l'atto processuale, invalido perché contenente una domanda di indebito arricchimento nuova perché proposta per la prima volta in appello, possa essere convertito in atto di costituzione in mora. Da ciò deriva la prescrizione del diritto del P. di ottenere dal Comune di Brindisi l'indennizzo ex articolo 2041 c.c., perché tra il primo atto interruttivo idoneo 23.04.91 e l'introduzione dell'odierno giudizio citazione di primo grado notificata il 28.07.05, con cui è stata introdotta la causa nr. 1840/05 sono decorsi più di dieci anni e quindi è maturata la prescrizione ordinaria”. Emerge invero, a tale stregua, il diverso rilievo che alla nullità della notificazione dell'atto di appello contenente domanda nuova risulta assegnato non solo, nel caso di specie, dai giudici di primo e secondo grado al cui esame è stata sottoposta la presente vicenda ma anche in pronunzie di questa Corte. Orbene, ravvisando l'esigenza di pervenire a soluzione univoca, al fine di comporre le divergenze interpretative emerse in argomento, e trattandosi comunque di questione di massima di particolare importanza, il Collegio ritiene opportuno rimettere la questione al Primo Presidente per l'eventuale relativa assegnazione alle Sezioni Unite. P.Q.M. La Corte dispone la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per la relativa eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.