Rapporto di servizio in senso stretto ed in senso lato

Nessun rimborso delle spese legali al direttore dei lavori ed al collaudatore chiamati in causa davanti alla Corte dei Conti, ma solo se la legge della Regione, limita il rimborso del patrocinio ai suoi soli dipendenti , ovvero a chi è legato con la P.A. da un rapporto di servizio in senso stretto.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza numero 279/16, depositata il 27 gennaio. Ciò in quanto è pacifico in giurisprudenza che il professionista debba ritenersi inserito in modo continuativo, ancorché temporaneo, nell'apparato organizzativo della P.A., tutte le volte in cui, assumendo particolari vincoli ed obblighi funzionali, contribuisca ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali e, cioè, tutte le volte in cui la relazione tra l'autore dell'illecito e l'ente pubblico danneggiato integri un rapporto di servizio in senso lato. Rapporto di semplice servizio. La nozione di rapporto di semplice servizio in senso lato , ha rilevato il Consiglio di Stato, è configurabile tutte le volte in cui il soggetto, persona fisica o giuridica, benché estraneo alla Pubblica Amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della medesima P.A., nella cui organizzazione, perciò, si inserisce, assumendo particolari vincoli ed obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali, cui l'attività medesima, nel suo complesso, è preordinata. Tra i soggetti in rapporto di servizio con la P.A., con riferimento alla responsabilità per danni cagionati nella esecuzione dell'incarico attribuito dall'Ente pubblico, vengono dalla giurisprudenza inclusi anche il direttore dei lavori e l'ingegnere capo per la realizzazione di un'opera pubblica, in considerazione dei compiti e delle funzioni che sono ad essi devoluti, che comportano l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore, in quanto essi vengono funzionalmente e temporaneamente inseriti nell'apparato organizzativo della P.A. che ha loro conferito l'incarico, quali organi tecnici e straordinari della stessa. Rapporti di lavoro dipendente di pubblico impiego. Detto rapporto di servizio si differenzia tuttavia dai rapporti di lavoro dipendente di pubblico impiego, che implicano, oltre alla natura pubblica dell'Ente datore di lavoro, la diretta correlazione dell'attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, l'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'Ente, l'orario predeterminato e assoggettato a controllo, la retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nonché il carattere continuativo, professionale ed in via prevalente, se non esclusivo, delle prestazioni lavorative effettuate. La legge regionale Piemonte. Con riferimento al caso posto all'attenzione del Collegio, l’articolo 49, comma 1, della l. r. Piemonte numero 34 del 1989 stabilisce che «La Regione, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento». Detta disposizione, laddove fa riferimento all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio si riferisce ad un “suo dipendente”, sicché va interpretata nel senso che l’assunzione a carico della Regione degli oneri di difesa fosse riservato ai soli lavoratori dipendenti dalla Regione che fossero legati ad essa da rapporto di servizio in senso proprio e non in senso lato. E' stata dichiarata legittima, pertanto, la decisione impugnata, che aveva denegato il rimborso delle spese sostenute per il patrocinio legale da parte dei due tecnici nel giudizio presso la Corte dei Conti perché esso era consentito unicamente a favore dei dipendenti veri e propri dell’Amministrazione regionale e non a vantaggio di soggetti legati ad essa da semplice rapporto di servizio in senso lato. E nessuna contraddittorietà sussiste nella circostanza che a suo tempo gli attuali appellanti siano stati oggetto di procedimento di responsabilità contabile da parte della Corte dei Conti, perché la giurisdizione di questa in materia di responsabilità si basa sul rapporto di servizio e, quindi, sussiste anche in fattispecie nelle quali è del tutto assente un rapporto lavorativo di impiego in senso stretto.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 5 novembre 2015 – 27 gennaio 2016, numero 279 Presidente Torsello – Estensore Amicuzzi Fatto e diritto 1.- Gli attuali appellanti Mattia Domenico e Schiavinato Guglielmo sono stati chiamati in giudizio da parte della Procura Generale della Corte dei Conti per la condanna al risarcimento del danno che essi avrebbero causato alla Regione Piemonte per fatti correlati all’esecuzione dell’appalto dei lavori di costruzione del laboratorio cartografico regionale, riguardo ai quali il signor Domenico Mattia era stato nominato direttore dei lavori ed il signor Guglielmo Schiavinato collaudatore. Con sentenza 18 dicembre 2001, numero 1342/01 la Sezione giurisdizionale della Corte stessa, ritenuta la propria giurisdizione, ha assolto i suddetti dagli addebiti loro contestati. Detta sentenza è stata confermata con sentenza numero 178 del 2003 della Corte dei Conti, Sezione III Giurisdizionale Centrale d’appello. 2.- Con riferimento a detti giudizi i signori suddetti hanno presentato istanza alla Regione Piemonte per ottenere il rimborso delle spese sostenute per il patrocinio legale, ai sensi dell’articolo 49 della l.r. Piemonte numero 34 del 1989. Con determinazione numero 7 del 5 febbraio 2004 il Direttore dell’avvocatura regionale, preso atto del parere negativo emanato dal Direttore della Direzione Organizzazione, Pianificazione, Sviluppo e Gestione Risorse Umane nell’assunto che gli instanti non potevano essere considerati dipendenti della Regione, ha denegato la richiesta di patrocinio legale ai sensi dell’articolo 49 di detta l.r. numero 34 del 1989. 3.- I suddetti interessati hanno impugnato detto negativo provvedimento con ricorso al T.A.R. Piemonte, che, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto il gravame affermando le tesi che l’onere di assunzione a carico del bilancio regionale della difesa dei dipendenti regionali riguardava solo i procedimenti di responsabilità civile o penale e non i procedimenti per responsabilità erariale e che detto onere era condizionato all’assenza di conflitto di interessi con la regione, nel caso di specie invece sussistente. 4.- Con ricorso in appello i signori Domenico Mattia e Guglielmo Schiavinato hanno chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi a Sulla mancata assimilazione alla posizione di dipendenti pubblici degli attuali appellanti illegittimità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su punto decisivo della controversia erroneità nei presupposti difetto di motivazione vizio di ultrapetizione. a.1 L’unico presupposto della determinazione impugnata in primo grado cioè la circostanza che gli attuali appellanti, che erano stati nominati direttori dei lavori, in rapporto all’affidamento in appalto dei lavori di costruzione del Laboratorio cartografico regionale, non potevano essere considerati dipendenti della Regione Piemonte sarebbe erroneo perché avrebbe invece dovuto riscontrarsi la sussistenza, nel caso di specie, di un rapporto di servizio dei deducenti del tutto assimilabile al rapporto di dipendenza con la Regione. a.2 Il giudice di prime cure non avrebbe affrontato il thema decidendum circoscritto ai motivi posti a base del ricorso di primo grado, ma avrebbe dedotto motivazioni del tutto autonome e differenti rispetto all’unico motivo di diniego rinvenibile nell’impugnato provvedimento, relativo all’assimilabilità dei ricorrenti a dipendenti pubblici, adducendo a sostegno della reiezione del gravame nuovi motivi rispetto a quelli indicati nell’impugnato provvedimento. Sarebbe stato così eluso il principio di cui all’articolo 112 del c.p.c., esteso anche ai giudizi amministrativi e non sarebbe stato invece esaminato il motivo posto a base del ricorso di primo grado. Comunque l’impugnata sentenza sarebbe basata su ragioni generiche ed indeterminate. b Sul preteso conflitto di interessi tra gli appellanti e la Regione Piemonte erroneità dei presupposti difetto di motivazione vizio di ultrapetizione. A prescindere dalla circostanza che il conflitto di interessi tra gli appellanti e la Regione Piemonte non risulterebbe addotto a sostegno del provvedimento impugnato e dal vizio di ultrapetizione che affliggerebbe la sentenza impugnata, questa sarebbe comunque erroneamente motivata detto conflitto sarebbe stato ritenuto sussistente dal primo giudice senza indicazione dell’ambito e del grado di responsabilità astrattamente ascrivibili agli attuali appellanti, nonché del nesso intercorrente tra la loro condotta e il conflitto di interessi che essa avrebbe ingenerato che sarebbe stato, peraltro, indicato in modo indeterminato e generico . Comunque, anche se il conflitto di interessi potesse essere ricondotto al precedente contenzioso contabile intercorso tra le parti, non sarebbe stato considerato dal primo giudice il fatto che, al momento di emissione del provvedimento impugnato e anche della sentenza, il contenzioso contabile si era definitivamente concluso, peraltro con la assoluzione degli appellanti, sicché non sarebbero in ogni caso sussistiti i requisiti essenziali della concretezza e della attualità necessari per ritenere esistente detto conflitto di interessi. c Sull’esclusivo riferimento della normativa disciplinante la richiesta di patrocinio legale articolo 49 della l.r. numero 34 del 1989 alle materie civili e penali violazione degli articolo 3 e 24 della Costituzione erroneità dei presupposti vizio di ultrapetizione. Ribadito che nel provvedimento impugnato non sarebbe stato contenuto il motivo di diniego dell’applicabilità del patrocinio legale di cui trattasi solo ai procedimenti civili o penali e non alle controversie contabili assuntamente posto a base dell’impugnata sentenza ultra petita , comunque, secondo gli appellanti, la tesi fatta propria dal T.A.R. non sarebbe condivisibile, atteso che essa scaturirebbe da una lettura prettamente letterale e restrittiva della norma, che determinerebbe una discriminazione ingiustificata ed irragionevole tra coloro che sono stati parte in un giudizio civile o penale e coloro che hanno preso parte ad un giudizio amministrativo, con violazione dei principi costituzionali di eguaglianza e di diritto alla difesa. Sarebbe inoltre immanente nell’ordinamento italiano un principio generale di rimborsabilità delle spese legali sopportate dal dipendente assolto da un giudizio di responsabilità subìto per ragioni di servizio, anche in ossequio alla regola civilistica di cui all’articolo 1720, comma 2, del c.c., ed il riferimento alle materie civili e penali sarebbe comunque interpretabile come riferimento all’ordinamento interno, nel cui ambito sarebbero inclusi anche i giudizi amministrativi e contabili. Se tale interpretazione non fosse fondata viene denunciata l’illegittimità dell’articolo 49, comma 1, della l.r. Piemonte numero 34 del 1989 per violazione degli articolo 3 e 24 della Costituzione italiana, per ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che hanno preso parte a giudizi civili o penali e quelli che abbiano preso parte a giudizi soggetti al sindacato di altri giudici, nonché per lesione del diritto di difesa. 5.- Con atto depositato l’1 marzo 2007 si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, che ha eccepito l’irricevibilità e l’inammissibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto l’infondatezza. 6.- Alla pubblica udienza del 5 novembre 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio. 7.- Ritiene il collegio di dover esaminare prioritariamente, per ragioni di logica processuale, la seconda parte del primo motivo d’appello, con cui è stato dedotto che il giudice di prime cure ha respinto il ricorso proposto dai deducenti non affrontando il thema decidendum circoscritto ai motivi posti a base del ricorso di primo grado, ma deducendo motivazioni del tutto autonome e differenti rispetto all’unico motivo di diniego rinvenibile nell’impugnato provvedimento, relativo all’assimilabilità dei ricorrenti a dipendenti pubblici al fine di legittimare il ricorso al patrocinio legale, ponendo a sostegno della reiezione del gravame motivi nuovi rispetto a quelli indicati nell’impugnato provvedimento. Sarebbe stato così eluso il principio di cui all’articolo 112 del c.p.c., applicabile anche ai giudizi amministrativi, che prevede il dovere del giudicante di statuire sul motivo di impugnazione espressamente rivoltogli dal ricorrente e di pronunciarsi entro e non oltre i limiti della questione che gli è stata sottoposta. Il primo giudice, non esaminando il motivo di ricorso ad esso sottoposto e non verificando la legittimità del provvedimento impugnato con riferimento al motivo di diniego effettivamente addotto dalla Regione, avrebbe quindi omesso di pronunciarsi su un punto decisivo della controversia. Comunque l’impugnata sentenza sarebbe basata su ragioni generiche ed indeterminate, quali la paventata sussistenza di un conflitto di interesse tra i deducenti e la Regione Piemonte senza dare conto dell’epoca cui risalirebbe il conflitto e di come si sarebbe verificato e alla attinenza dell’articolo 49 della l.r. numero 34 del 1989 alle materie civile e penale peraltro introdotte in giudizio solo con il deposito della memoria difensiva regionale, in cui sarebbero state richiamate per la prima volta , così inammissibilmente pretendendo di integrare con motivazione postuma in sede giurisdizionale la motivazione posta a base del provvedimento impugnato. 7.1.- Osserva preliminarmente il collegio, al riguardo, che costituisce regola generale quella per cui il giudice deve concretamente esercitare il potere giurisdizionale nell'ambito dell'esatta corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., sicché può concludersi che sussiste il vizio di ultrapetizione se il giudice abbia esaminato e accolto il ricorso per un motivo non prospettato dalle parti, oppure abbia pronunciato oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, o su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio Consiglio di Stato, sez. V, 8 febbraio 2011, numero 854 . Posto che rientra nella potestas iudicandi del giudice non soltanto il potere di qualificare giuridicamente l'azione proposta, ma anche quello di procedere ad un'autonoma ricerca delle norme su cui fondare la decisione, il vizio di ultrapetizione, non sussiste invece quando il giudice accoglie una domanda, pur non espressamente formulata, che possa ritenersi tacitamente proposta e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in giudizio, quando cioè la domanda stessa, con riferimento al petitum ed alla causa petendi , si trovi in rapporto di necessaria connessione con l'oggetto della lite e non estenda il diritto che la parte ha inteso tutelare con l'azione proposta. Tutti tali principi valgono certamente con riguardo al processo amministrativo, anche se in esso la potestà di giudicare è delimitata dai motivi di ricorso, il che tuttavia, pur impedendo al giudice di rilevare fatti non prospettati dalle parti e di esprimere statuizioni che non trovino corrispondenza nelle prospettate domande, non gli preclude comunque, nell'ambito della situazione di fatto indicata dal ricorrente, una valutazione giuridica autonoma e difforme rispetto a quella prospettata dall'interessato, potendo il giudice procedere all'individuazione dei motivi di gravame alla stregua non solamente dei rilievi espressamente formulati, ma anche di quelli che, anche se non esposti formalmente, possono desumersi dal contesto del ricorso Consiglio di Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, numero 4557 . In conclusione nel processo amministrativo è rimesso al giudice unicamente il potere-dovere di accertare la legittimità o meno degli atti oggetto in contestazione, senza che possa andare oltre Consiglio di Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, numero 4070 . Ciò posto va ulteriormente rilevato che la motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio, dovendo essa precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, a tutela del buon andamento e dell'esigenza di delimitazione del controllo giudiziario. Sussiste infatti in materia il principio del divieto di adduzione, in sede processuale, di integrazioni alla motivazione dell'atto impugnato, a presidio delle regole in materia degli obblighi di motivazione dell'atto Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2011 numero 2935 a tale conclusione si giunge anche tenendo conto della giurisprudenza più recente, che ne ha mitigato la portata, ritenendone, fermo il principio, il carattere non assoluto , ed ammettendone la derogabilità laddove trattasi di chiarimenti rispetto a ragioni e motivazioni già espresse, oppure anche in caso di attività vincolata della Pubblica Amministrazione Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, numero 1938 . La possibilità di integrazione della motivazione dell'atto in sede processuale, a anche a seguito dell’introduzione dell'articolo 21 octies, comma 2, della l. numero 241 del 1990 in base al quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato , deve ritenersi inammissibile, poiché si pone in contraddizione con l'articolo 3 stessa legge, e interpretativamente con l'articolo 34 comma 2 c. proc. amm. il quale prevede che in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati, non potendo sostituirsi all'Amministrazione, dovendo, quindi, la motivazione integrarsi in sede amministrativa e non giurisdizionale, attraverso l'istituto della convalida, ai sensi dell'articolo 21 nonies della l. numero 241 del 1990. 7.2.- Tanto premesso, nel caso di specie, tenuto conto della motivazione del provvedimento impugnato basata esclusivamente sui rilievi che i signori Domenico Mattia e Guglielmo Schiavinato, che erano stati nominati “direttore dei lavori” in rapporto di affidamento in appalto dei lavori di costruzione del laboratorio di cui trattasi, non potevano essere considerati dipendenti della Regione Piemonte e che il CCNL comparto Regioni-Enti locali 1999 prevedeva l’istituto del patrocinio legale unicamente a favore dei dipendenti dell’amministrazione regionale , deve ritenersi che le ragioni esposte nella sentenza impugnata e poste a base della reiezione del ricorso consistano in considerazioni e valutazioni neppure accennate in esso provvedimento o nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. La sentenza, come accennato, ha infatti respinto il ricorso introduttivo del giudizio negli assunti che l’onere di assunzione a carico del bilancio regionale della difesa dei dipendenti regionali riguardava solo i procedimenti di responsabilità civile o penale e non i procedimenti per responsabilità erariale, nonché che detto onere era condizionato all’assenza di conflitto di interessi con la regione, nel caso di specie invece sussistente. Essa non si è quindi pronunciata sulle effettive censure contenute nel ricorso giurisdizionale con riguardo alla effettiva motivazione posta a base dell’atto impugnato, con le quali era stata dedotta l’illogicità dello stesso, individuata nella circostanza che per portare a giudizio i ricorrenti innanzi alla Corte dei Conti essi erano stati ritenuti assimilabili a dipendenti della Regione, mentre per usufruire del patrocinio legale di essa non erano più stati considerati tali. 7.3.- Pertanto, in accoglimento del motivo d’appello in esame, la sentenza impugnata va sul punto riformata. 8.- Ciò posto va rilevato che, ai sensi dell'articolo 105 c.p.a., l'omessa pronuncia su una o più censure proposte col ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo tale da comportare l'annullamento della decisione con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado , ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo del merito della causa Consiglio di Stato, sez. IV, 10 gennaio 2014, numero 46 . 9.- Deve quindi il collegio esaminare la prima parte del primo motivo d’appello con il quale è stato dedotto che unico presupposto della determinazione impugnata in primo grado sarebbe stata la circostanza che gli attuali appellanti, che erano stati nominati direttori dei lavori in rapporto all’affidamento in appalto dei lavori di costruzione del Laboratorio cartografico regionale, non potevano essere considerati dipendenti della Regione Piemonte. Con detto motivo è stata affermata l’erroneità del diniego perché l’articolo 49 della l.r. numero 34 del 1989, laddove prevede l’assunzione a carico della Regione degli oneri di difesa di suoi dipendenti per fatti direttamente connessi all’espletamento di un servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, non avrebbe dovuto essere interpretata in senso esclusivamente letterale ed avrebbe dovuto riscontrarsi la sussistenza, nel caso di specie, di un rapporto di servizio dei deducenti del tutto assimilabile al rapporto di dipendenza con la Regione. Sarebbe infatti pacifico l’orientamento della Corte dei Conti e della Corte di Cassazione che avrebbero affermato che ciò che rileva non è il rapporto di dipendenza in senso proprio con l’Amministrazione, ma la sussistenza di una relazione funzionale che si stabilisce tra il soggetto privato chiamato a partecipare all’attività imputabile all’Amministrazione e questa stessa, che colloca il soggetto in una posizione di compartecipe fattivo alla attività dell’Ente pubblico. L’applicabilità dell’istituto del patrocinio legale di cui all’articolo 49 della l.r. numero 34 del 1989 sarebbe quindi estensibile, secondo gli appellanti, oltre il rapporto di dipendenza in senso stretto e dovrebbe riguardare anche il rapporto di servizio, come quello intercorso tra di essi e la Regione Piemonte all’atto dello svolgimento delle mansioni di collaudatore e di direttore dei lavori delle opere pubbliche di cui trattasi. La tesi sarebbe confortata, oltre che dalle sentenze della Corte di Cassazione, SS.UU., numero 1377 del 2006 e numero 4060 del 1993, dalla giurisprudenza della Corte dei Conti, che avrebbe riconosciuto, da ultimo con la sentenza assolutoria numero 178 del 2003 della Sezione III Giurisdizionale Centrale d’appello, la propria giurisdizione con riguardo agli incarichi svolti dagli odierni appellanti nell’assunto che essi rientrassero nel rapporto di servizio con l’Amministrazione. Sarebbe quindi illegittimo il provvedimento impugnato perché sarebbe impossibile che i deducenti da un canto siano stati accusati di essere responsabili del danno causato all’Amministrazione in quanto inclusi, sia pure temporaneamente nell’apparato organizzativo della Regione e dall’altro estranei ad esso perché assolti. 9.1.- Osserva in proposito la Sezione che è pacifico in giurisprudenza che il professionista debba ritenersi inserito in modo continuativo, ancorché temporaneo, nell'apparato organizzativo della p.A., tutte le volte in cui, assumendo particolari vincoli ed obblighi funzionali, contribuisca ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali e, cioè, tutte le volte in cui la relazione tra l'autore dell'illecito e l'ente pubblico danneggiato integri un rapporto di servizio in senso lato Cassazione civile, sezioni unite, 22 settembre 2014, numero 19891 Corte Conti reg. Puglia , sezione giurisdizionale, 27 gennaio 2005, numero 72 . La nozione di rapporto di semplice servizio in senso lato è invero configurabile tutte le volte in cui il soggetto, persona fisica o giuridica, benché estraneo alla pubblica Amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della medesima p.A., nella cui organizzazione, perciò, si inserisce, assumendo particolari vincoli ed obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali, cui l'attività medesima, nel suo complesso, è preordinata. Tra i soggetti in rapporto di servizio con la p.A., con riferimento alla responsabilità per danni cagionati nella esecuzione dell'incarico attribuito dall'Ente pubblico, vengono dalla giurisprudenza inclusi anche il direttore dei lavori e l'ingegnere capo per la realizzazione di un'opera pubblica, in considerazione dei compiti e delle funzioni che sono ad essi devoluti, che comportano l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore, in quanto essi vengono funzionalmente e temporaneamente inseriti nell'apparato organizzativo della p.A. che ha loro conferito l'incarico, quali organi tecnici e straordinari della stessa. Detto rapporto di servizio si differenzia tuttavia dai rapporti di lavoro dipendente di pubblico impiego, che implicano, oltre alla natura pubblica dell'Ente datore di lavoro, la diretta correlazione dell'attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, l'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'Ente, l'orario predeterminato e assoggettato a controllo, la retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nonché il carattere continuativo, professionale ed in via prevalente, se non esclusivo, delle prestazioni lavorative effettuate. 9.2.- Ciò posto va rilevato, con riguardo al caso che occupa, che l’articolo 49, comma 1, della l. r. Piemonte numero 34 del 1989 stabilisce che “La Regione, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”. Detta disposizione, laddove fa riferimento all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio si riferisce ad un “suo dipendente”, sicché va interpretata nel senso che l’assunzione a carico della Regione degli oneri di difesa fosse riservato ai soli lavoratori dipendenti dalla Regione che fossero legati ad essa da rapporto di servizio in senso proprio e non in senso lato. 9.3.- Tanto comporta la legittimità del provvedimento impugnato, che ha denegato il rimborso delle spese sostenute per il patrocinio legale da parte degli attuali appellanti nel giudizio presso la Corte dei Conti perché esso era consentito unicamente a favore dei dipendenti veri e propri dell’Amministrazione regionale e non a vantaggio di soggetti legati ad essa da semplice rapporto di servizio in senso lato. Nessuna contraddittorietà sussiste quindi nella circostanza che a suo tempo gli attuali appellanti siano stati oggetto di procedimento di responsabilità contabile da parte della Corte dei Conti, perché la giurisdizione di questa in materia di responsabilità si basa sul rapporto di servizio e, quindi, sussiste anche in fattispecie nelle quali è del tutto assente un rapporto lavorativo di impiego in senso stretto. 10.- Le pregresse considerazioni comportano l’assorbimento e la non necessità di esaminare il secondo ed il terzo motivo d’appello, con i quali sono state comunque censurate le motivazioni poste dal primo giudice a fondamento della assunta decisione, nonché l’irrilevanza ai fini del decidere del questioni di legittimità costituzionale con gli stessi sollevate. 11.- In conclusione, in parziale riforma della sentenza impugnata, deve essere confermata la reiezione del ricorso introduttivo del giudizio disposta dal primo giudice, con diversa motivazione. 12.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli articolo 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, conferma la reiezione del ricorso introduttivo del giudizio disposta dal giudice di primo grado, con diversa motivazione. Compensa le spese del presente grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.