Il Giudice che utilizzi espressioni anticipatorie del giudizio difetta di imparzialità

Nella premessa che l’imparzialità personale di un giudice si presume fino a prova contraria, la mancanza di imparzialità oggettiva si realizza quando la valutazione richiesta al giudice, o le espressioni concretamente utilizzate, implichino una sostanziale anticipazione del giudizio. Ciò presuppone, però, che ricorrano sempre circostanze di fatto concrete che autorizzino a pensare che il giudice si sia già fatta un’opinione sull’esistenza del delitto e la consapevolezza dell’imputato.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 11295/21, depositata il 29 aprile. Il fatto. Un magistrato, in aspettativa per mandato parlamentare, veniva sottoposto a procedimento disciplinare dalla Procura generale della Corte di Cassazione perché, in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità di magistrato, benchè fuori ruolo organico della magistratura in quanto parlamentare, unitamente ad alcuni membri del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché ad un magistrato con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica di Roma ed altro parlamentare, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il CSM, idoneo ad influenzare, in maniera occulta la generale attività funzionale della V Commissione dell’organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna egli, benchè soggetto estraneo alla funzione e all’attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto Parlamentare, forniva un contributo consuntivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari tra cui, specificatamente, la proposta inerente alla nomina del Procuratore della Repubblica di Roma, di diretto interesse personale per almeno due di tali soggetti estranei alla funzioni consiliari. Fissata l’udienza dinnanzi alla Sezione disciplinare del CSM, il magistrato ricusava tutti i componenti del CSM in carica ad una certa data. Le ragioni della ricusazione riguardavano i membri del CSM i quali, essendo componenti della V Commissione e del plenum , figuravano come soggetti passivi degli addebiti disciplinari contestati essi erano dunque portatori nel procedimento disciplinare di un interesse giuridicamente apprezzabile, tale da giustificare la loro astensione ex articolo 36, lett. a c.p.p. e, quindi, da rendere legittima e fondata la ricusazione. Inoltre, tutti i membri del CSM erano stati indicati come testimoni ai sensi dell’articolo 468 c.p.p. nel procedimento disciplinare da cui era stato attinto. A tale istanza ne seguivano altre due, riguardanti due membri supplenti incaricati della trattazione delle istanze di ricusazione sulla base di ragioni pressochè analoghe a quelle già esposte con riferimento agli altri membri del CSM. La Sezione disciplinare dopo avere dato atto che gli istituti della ricusazione/astensione, nell’ambito del procedimento disciplinare, sono regolati dal Codice di procedura civile con conseguente inapplicabilità dell’articolo 40, comma 3 c.p.p. secondo cui non è ammessa la ricusazione del giudice chiamato a decidere sulla ricusazione e dopo aver rilevato che non era possibile sostituire due consiglieri nel rispetto della proporzione laici/togati, rimettevano la decisione sulla ricusazione dei suddetti consiglieri alle Sezioni Unite che rigettava l’istanza di ricusazione dei due consiglieri. Seguivano altre numerose istanze di ricusazione, diverse delle quali decise con sostituzione dei consiglieri. Da ultimo, la Sezione disciplinare del CSM rilevava l’impossibilità di costituire un collegio per decidere sulla ricusazione di altri due consiglieri nel rispetto della proporzione laici/togati, rimettendo alle Sezioni Unite la relativa decisione. I Giudici delle Sezioni Unite hanno ritenuto infondata, tra le altre anche la seconda delle due istanze di ricusazione proposte dal magistrato basata sulla circostanza che i consiglieri ricusati fossero inclini per una certa soluzione della lite, perché idonea a procurare loro vantaggi diretti o indiretti. Il Collegio di legittimità, precisa che, ai fini rilevanti della mancanza di imparzialità si rende necessario che inclinazione debba radicarsi in una situazione di fatto ricollegabile a circostanze specifiche ed attribuibili direttamente al giudice di cui si chiede la ricusazione. Nella specie, non è dunque possibile, secondo i giudicanti, addurre come motivo di astensione obbligatoria, e conseguentemente, fondarvi un’istanza di ricusazione, il timore reverenziale del giudice verso l’organo sovraordinato o lo spirito di corpo, essendo necessario che l’interesse si manifesti in un vantaggio concreto ed esterno al processo stesso. La genericità dell’indicazione normativa circa l’interesse della causa, non esclude, dunque, l’onere del ricusante di indicare fatti specifici che siano espressione o, quanto meno sintomo, di un interesse personale, anche soltanto indiretto, del giudice rispetto alla causa, all’oggetto o ai soggetti che ne sono parti. Concludendo. In altri termini, secondo i Giudici di legittimità - che hanno pronunciato il verdetto dopo aver passato in rassegna canoni esegetici in materia espressi sia dalla Corte di Strasburgo che da quella Costituzionale – nel caso di specie, l’infondatezza delle istanze di ricusazione appare evidente per mancanza di elementi – neppure allegati dal ricorrente – per affermare o anche solo per dubitare che - dal punto di vista soggettivo - i consiglieri ricusati nutrissero convinzioni aprioristicamente sfavorevoli alla posizione del magistrato. Dal punto di vista oggettivo, concludono, vi è un’assoluta mancanza di fatti verificabili o di espressioni concretamente utilizzate, che possano generare dubbi, oggettivamente giustificati, sulla mancanza di equanimità dei consiglieri o che implichino una loro sostanziale anticipazione di giudizio sull’oggetto della decisione.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 23 febbraio – 29 aprile 2021, numero 11295 Presidente Di Iasi – Relatore Doronzo Fatti di causa 1. Il Dottor F.C., magistrato in aspettativa per mandato parlamentare, è stato sottoposto a procedimento disciplinare dalla Procura generale della Corte di Cassazione con atto di incolpazione del 5/7/2019, per gli illeciti di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, numero 109, att. 1, comma 1 e articolo 2, comma 1, lett. d , perchè, a in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità di magistrato, benchè fuori ruolo organico della magistratura in quanto parlamentare, unitamente ad alcuni membri del Consiglio Superiore della Magistratura, nonchè ad un magistrato con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica di Roma e ad altro parlamentare, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il Consiglio superiore della magistratura. Il comportamento risultava invero idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della V Commissione dell'organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna tenuta nella notte del OMISSIS in luogo diverso dalla sede consiliare, egli - benchè soggetto estraneo alla funzione e alla attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto Parlamentare - forniva un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari tra cui, specificamente, la proposta inerente alla nomina del procuratore della Repubblica di Roma, di diretto interesse personale per almeno due di tali soggetti estranei alle funzioni consiliari b la stessa condotta gravemente scorretta era contestata con riferimento ai magistrati che avevano presentato domanda per il conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. 2. Fissata l'udienza dinanzi alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura d'ora in poi solo CSM per il 21 luglio 2020, il Dottor F., con istanza del 30 giugno 2020, ricusava tutti i componenti del CSM in carica alla data del OMISSIS . Le ragioni della ricusazione erano sostanzialmente due i membri del CSM, in quanto componenti della V commissione e del plenum, figuravano come soggetti passivi degli addebiti disciplinari contestati essi erano dunque portatori nel procedimento disciplinare di un interesse giuridicamente apprezzabile, tale da giustificare la loro astensione ai sensi dell'articolo 36 c.p.p., lett. a e, quindi, da rendere legittima e fondata la ricusazione articolo 37 c.p.p. tutti i membri del CSM erano stati indicati come testimoni ai sensi dell'articolo 468 c.p.p., nel procedimento disciplinare da cui era stato attinto. 2.1. A tale istanza ne seguivano altre due, riguardanti, la prima, il consigliere C. e, la seconda, i consiglieri Ca. e Ce., questi ultimi due quali membri supplenti incaricati della trattazione delle istanze di ricusazione. Le ragioni erano pressochè analoghe a quelle già esposte con riferimento agli altri membri del CSM. 2.2. Con ordinanza numero 100 del 28 luglio 2020 è evidente l'errore materiale contenuto nel provvedimento, nella parte in cui reca la data del 28 luglio 2019 la Sezione disciplinare, dopo aver dato atto che gli istituti della ricusazione/astensione, nell'ambito del procedimento disciplinare, sono regolati dal codice di procedura civile, con la conseguente inapplicabilità della norma di cui all'articolo 40 c.p.p., comma 3 secondo cui non è ammessa la ricusazione del giudice chiamato a decidere sulla ricusazione , e dopo aver rilevato che non era possibile sostituire i consiglieri Ca. e Ce. nel rispetto della proporzione laici-togati come prescritto e confermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 15/1/2020, numero 741 , rimettevano la decisione sulla ricusazione dei suddetti consiglieri alle Sezioni unite, quale giudice sovraordinato. 2.3. Questa Corte a Sezioni unite, con ordinanza pubblicata in data 22 settembre 2020, numero 19893, rigettava l'istanza di ricusazione dei consiglieri Ca. e Ce 2.4. Fissata la nuova udienza per la trattazione del procedimento disciplinare per il 5/11/2020, con istanza del 29-30/10/2020 il Dottor F. chiedeva la ricusazione dei consiglieri D., D.M. e Ci., in quanto anch'essi consiglieri alla data del OMISSIS e anch'essi indicati nella lista dei testimoni depositata ai sensi dell'articolo 468 c.p.p., dalla difesa dello stesso F Su queste istanze, veniva fissata l'udienza del 12 novembre 2020 rinviata al 19 novembre 2020 , previa sostituzione dei consiglieri ricusati con i consiglieri c., P. e M 2.5. Con successiva istanza del 26/11/2020, il Dott. F. proponeva istanza di ricusazione anche del Dottor c Seguiva il decreto del Presidente della sezione disciplinare del 30/11/2020, con cui si rinviava all'udienza del 3 dicembre 2020 la decisione sulla ricusazione sia dei consiglieri D., D.M. e Ci., sia del consigliere c. e si nominava in sostituzione di quest'ultimo il consigliere Mi 2.6. Con istanza dell'1/12/2020 il Dottor F. presentava istanza di ricusazione anche del consigliere Mi., per le stesse ragioni già indicate nella prima ricusazione del 30 giugno 2020. 2.7. Con decreto presidenziale del 13/1/2021 veniva nominato in sostituzione del Consigliere Ce. il consigliere B., quale componente laico supplente della sezione disciplinare anch'egli veniva ricusato in data 14/1/2021 per le medesime ragioni già espresse con riguardo al consigliere Mi 2.8. Fissata l'udienza per il 18 gennaio 2021, con ordinanza numero 5 depositata in segreteria il 28 gennaio 2021, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura rilevava l'impossibilità di costituire un collegio per decidere sulla ricusazione dei consiglieri B. e Mi. nel rispetto della proporzione laici-togati pertanto, richiamando la sua ordinanza numero 100 del 2020, rimetteva a queste Sezioni Unite la relativa decisione. Rigettava invece nel merito le istanze di ricusazione dei consiglieri D., D.M., Ci. e c 3. Con decreto del Primo Presidente del 2 febbraio 2021, veniva fissata la Camera di consiglio partecipata di queste Sezioni Unite, all'esito della quale la causa è stata trattenuta per la decisione. Ragioni della decisione 1. Le ragioni poste a sostegno delle istanze di ricusazione sono state esposte, nel loro nucleo essenziale, nella parte narrativa della presente ordinanza e sono state già esaminate nell'ordinanza di questa Corte del 22 settembre 2020, numero 19893. Accanto a tali ragioni il ricorrente introduce argomenti nuovi, per lo più volti a confutare la motivazione espressa nel precedente citato. 1.1. In via preliminare, va confermata la competenza di queste Sezioni Unite a giudicare sull'istanza di ricusazione in forza dell'articolo 68 c.p.p., comma 40 abrogato v. Cass. Sez. Unumero 19893/2020, e Cass. Sez.Unumero 30 gennaio 1985, numero 59 . Da tale norma, benchè abrogata, è possibile trarre un principio generale dell'ordinamento giuridico secondo cui, in materia di ricusazione del giudice, la competenza a decidere spetta sempre ad un collegio dello stesso ufficio o al giudice superiore se ne è tratto il corollario secondo cui, nel caso di impossibile costituzione di un collegio giudicante del CSM per la impossibilità di rispettare il rapporto togati-laici, la competenza a decidere sulla ricusazione spetta al giudice sovraordinato che, nel caso in esame, sono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 1.2. Ancora in via preliminare, va ribadito che in tema di astensione e ricusazione dei giudici della sezione disciplinare del CSM il rito da seguire è quello previsto nel codice di procedura civile. Non trova pertanto applicazione l'articolo 40 c.p.p., comma 30, a norma del quale non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione Cass. numero 19893/2020 . 2. Al centro delle due istanze di ricusazione è posta la questione della sussistenza di un interesse, inquadrabile nell'ipotesi di cui all'articolo 51 c.p.c., comma 1, numero 1 e tale da far sorgere un obbligo di astensione in capo ai componenti della sezione disciplinare incaricati di decidere della ricusazione di altro membro della stessa sezione tale interesse starebbe nel fatto che tanto i giudici chiamati a decidere quanto il giudice ricusato sarebbero parti offese o lese dalla condotta disciplinarmente rilevante addebitata al ricusante. Al riguardo, il Dottor F. precisa che sia la dottoressa Mi. sia il professor B. erano membri del CSM alla data del OMISSIS , e, pertanto, erano soggetti passivi del comportamento gravemente scorretto ascrittogli, in quanto vittime della sua stessa condotta, volta a influenzare la generale attività della V commissione e del plenum dell'organo di autogoverno. Aggiunge che entrambi i consiglieri ricusati erano già stati destinatari dell'istanza di ricusazione, che aveva riguardato la generalità dei membri del CSM, datata 30 giugno 2020. 2.1. Quest'ultima circostanza è priva di rilievo. Queste Sezioni unite hanno già evidenziato come la ricusazione contenuta nell'atto del 30 giugno 2020 non riguardava i singoli consiglieri ma tutti i membri del CSM, anche non titolari della sezione disciplinare, e che pertanto la stessa doveva ritenersi inammissibile alla luce dei principi sanciti da questa Corte nella sentenza 27 agosto 2003, numero 12525 v. pure Cass. 2 marzo 2006, numero 4657 . 2.2. La ricusazione, infatti, in quanto finalizzata alla concreta attuazione del principio di imparzialità, opera esclusivamente nei confronti del giudice concretamente designato alla trattazione della causa ed in presenza delle tassative ipotesi previste dal legislatore essa non può essere piegata a perseguire una funzione meramente preventiva allorchè il giudice ricusato non sia attualmente investito dello ius dicere in relazione alla causa di cui l'istante è parte. 3. E' opportuno ricordare che la ricusazione, proprio in quanto volta a far valere concretamente la terzietà del giudice, mira a soddisfare non soltanto un interesse generale dell'amministrazione della giustizia, ma anche un diritto soggettivo della parte, alla luce sia dell'articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, sia del nuovo testo dell'articolo 111 Cost. Cass. Sez. Unumero , 22 luglio 2014, numero 16627 Cass. Sez. Unumero 20 novembre 2003, numero 17636 . 3.1. La Corte costituzionale ha precisato che l'attuazione di tale diritto comporta che la decisione sulla istanza di ricusazione di un giudice sia assunta da un organo e secondo procedure che assicurino a loro volta l'imparzialità del giudizio Corte Cost. numero 78/2002 Corte Cost. numero 80/2003 . La scelta di queste procedure nonchè degli organi deputati rientra nella discrezionalità del legislatore il quale ha da bilanciare in modo ragionevolmente idoneo l'interesse all'imparzialità del giudizio con i concorrenti interessi ad un processo spedito e alla salvaguardia delle esigenze organizzative dell'apparato giudiziario Corte Cost. numero 78/2002 . 3.2. Proprio in ragione della necessità di questo bilanciamento, che involge valori di rilievo costituzionale, si ritiene pacificamente che i casi di ricusazione siano tassativi Cass., Sez. Unumero , 08/10/2001, numero 12345 Cass. 27/08/2003, numero 12525 . Un illimitato potere delle parti di ricusare il giudice, così come un illimitato potere di ciascun giudice-persona fisica di astenersi dal decidere, finirebbe per rendere impossibile l'esercizio della giurisdizione come è stato osservato dalla dottrina, il limite dell'astensione e della ricusazione è dato, da una parte, dal diniego di giustizia, dall'altro, dalla necessaria soggezione alla giustizia . 4. Coerentemente, anche la nozione di interesse di cui articolo 51 c.p.c., comma 1, numero 1, deve essere definita in chiave restrittiva. La giurisprudenza, in accordo con la migliore dottrina, ha chiarito che l' interesse nella causa o in altra vertente sull'identica questione di diritto contempla sia l'interesse diretto, che ricorre quando il giudice sia egli stesso parte della lite, sia l'interesse indiretto, che invece si configura quando la sentenza da emanare potrebbe avere una ripercussione giuridica o di fatto su un rapporto sostanziale di cui il giudice è parte. Entrambi gli interessi devono essere attuali e non meramente potenziali Cass. 15 novembre 2010, numero 23056 . 4.1. Il primo caso sembra piuttosto di scuola, perchè, come è stato osservato, se il giudice è parte della lite viene meno la sua stessa qualità di giudice da ultimo, Cass. 28 gennaio 2019, numero 2270 Cass. 12 novembre 2009, numero 23930 Cass. 27 maggio 2009, numero 12263 e la sua partecipazione alla decisione concreterebbe una violazione del generale e assoluto precetto del nemo iudex in causa propria Cass. 7 luglio 1981, numero 4444 Cass. 17 luglio 1979, numero 4188 . Ipotesi affine è quella in cui il giudice ha un interesse che lo legittimerebbe ad intervenire nel giudizio ai sensi dell'articolo 105 c.p.c 4.2. Il secondo caso, invece, richiede che il giudice sia incline ad optare per una certa soluzione della lite, perchè idonea a procurargli vantaggi diretti o indiretti tale inclinazione, di segno opposto al dovere di imparzialità, deve tuttavia radicarsi in una situazione di fatto ricollegabile a circostanze specifiche e attribuibili direttamente al giudice ricusato Cass. 20 ottobre 2006, numero 22540 Cass. 12 ottobre 2002, numero 14573 . Non è dunque possibile addurre come motivo di astensione obbligatoria, - e conseguentemente fondarvi un'istanza di ricusazione, il timore reverenziale del giudice verso l'organo sovraordinato o lo spirito di corpo, essendo necessario che l'interesse si manifesti in un vantaggio concreto ed esterno al processo stesso. La genericità della indicazione normativa circa l'interesse nella causa, non esclude, dunque, l'onere del ricusante di indicare fatti specifici che siano espressione o, quanto meno sintomo, di un interesse personale, anche soltanto indiretto, del giudice rispetto alla causa, all'oggetto o ai soggetti che ne sono parti. 4.3. Il caso in esame non rientra in alcuna di queste ipotesi, sia perchè entrambi i consiglieri Mi. e B. sono stati nominati quali componenti supplenti per decidere della ricusazione di altri consiglieri e, quindi, non sono parti del procedimento nè sarebbe concepibile un loro intervento volontario , sia perchè riguardo a loro il ricorrente non ha indicato alcuna circostanza di fatto tale da rendere palese un loro interesse, serio, concreto ed attuale, ad una certa soluzione della controversia nel caso, del procedimento disciplinare e da giustificare l'attivazione di un rimedio tanto grave, quale è la ricusazione, per la sua incidenza sull'esercizio della funzione giurisdizionale in tal senso, v. anche Cass. penumero 8 novembre 2019, numero 45534, citata dal ricorrente . 5. La difesa del Dott. F. insiste nel sostenere che l'interesse dei consiglieri nella causa è dato dal fatto che essi sarebbero parti offese delle condotte a lui ascritte e anche in sede di discussione orale non manca di sottolineare la possibilità concreta che essi possano agire per ottenere il risarcimento dei danni. La tesi, che finisce per far coincidere il singolo componente dell'organo di autogoverno con l'organo nel suo complesso, non può trovare accoglimento. 5.1. Al riguardo, queste Sezioni unite condividono le ragioni già espresse nell'ordinanza numero 19893/2020, che qui si richiamano integralmente. Negli illeciti disciplinari di cui al D.Lgs. numero 109 del 2006, il bene giuridico protetto è pur sempre e soltanto il buon funzionamento del servizio giustizia e il prestigio dell'ordine giudiziario e non già l'autonomia decisionale del singolo. E sebbene nel capo di incolpazione si faccia riferimento ad una condotta gravemente scorretta nei confronti dei componenti del CSM, è evidente dalla stessa descrizione dei fatti che la minaccia insita nella condotta addebitata è rivolta al funzionamento regolare ed imparziale dell'organo di autogoverno, non già all'onore o al prestigio del singolo consigliere. 5.2. Si tratta, come è stato osservato dal Procuratore generale in sede di discussione orale, di un illecito di pericolo che mira a colpire le condotte che possono minare la regolarità delle funzioni istituzionali del CSM, come previste dalla Costituzione, ed in cui i singoli componenti - quali persone fisiche determinate - degradano a meri strumenti per il compimento delle dette funzioni. 5.3. Non è infatti sostenibile la tesi della plurioffensività dell'illecito disciplinare il parallelismo evocato è quello tra il reato di oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, previsto dall'articolo 342 c.p. e il reato di oltraggio, disciplinato dall'articolo 341 c.p Ma, proprio tale parallelismo mostra i limiti della tesi sostenuta. I due reati, oltraggio cosiddetto corporativo e oltraggio a pubblico ufficiale, hanno struttura e finalità diverse nel primo le espressioni offensive sono rivolte all'organo nel suo complesso e al suo cospetto, in ragione dei poteri funzionali che appartengono al corpo in quanto tale Cass. penumero 20 novembre 2006, numero 2804 Cass. penumero 16 febbraio 2000, numero 4159 nell'altro, le offese all'onore e al prestigio sono rivolte al singolo componente in quanto pubblico ufficiale Cass. penumero 30 ottobre 1998, numero 1168 . Non si esclude la possibilità del concorso formale tra i due reati ma solo se ricorrono gli elementi costitutivi di entrambe le fattispecie, ovvero se, in un unico contesto, sia arrecata offesa sia al corpo amministrativo, politico o giudiziario sia al singolo pubblico ufficiale Cass. 3 dicembre 1996, numero 660 . Solo in tal caso vi sarà lesione di due beni giuridici diversi - il prestigio della pubblica amministrazione e l'onore o il prestigio del pubblico ufficiale - con la conseguenza che il soggetto agente risponderà di entrambi i reati cfr. Cass. 6 ottobre 1994, numero 798 . 5.4. Nel procedimento disciplinare, ciò che viene addebitato al F. non è l'aver rivolto espressioni oltraggiose ai consiglieri Mi. e B., ma l'aver agito con l'intento di alterare le regole di funzionamento dell'organo di autogoverno, nelle sue varie articolazioni. Il soggetto passivo è dunque il CSM nella sua interezza e nelle sue specifiche attribuzioni, non già i singoli consiglieri che ne fanno parte e che tali attribuzioni attuano. 5.5. La plurioffensività non può essere predicata neppure con riguardo all'impatto che i fatti di causa possono avere sull'opinione pubblica, in termini di lesione all'immagine del CSM e dei suoi componenti il nostro ordinamento non conosce il cosiddetto danno evento ma solo il danno conseguenza, sicchè dalla lesione dell'immagine del CSM non può scaturire in modo automatico il danno per il singolo consigliere, danno che non è stato prospettato dal ricorrente nè tanto meno lamentato da alcuno dei consiglieri ricusati e che, comunque, rimane sul piano della mera astrattezza ed eventualità, laddove, come si è detto, l'interesse che obbliga all'astensione o che consente la ricusazione deve essere attuale e non meramente potenziale. 6. Il ricorrente assume che questi principi, già affermati nella precedente ordinanza numero 19893/2020, sono in contrasto con la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, in particolare con la sentenza resa in data 9 luglio 2013 nel ricorso numero 51160/2006 Di Giovanni contro la Repubblica italiana. 6.1. I principi enunciati in quella sede dalla Corte Europea non conducono ad una soluzione favorevole al ricorrente ma anzi offrono conferma della correttezza della decisione qui adottata. Come riconosce lo stesso Dott. F. nella sua istanza pag. 9 ricusazione Mi. , la Corte Edu - sia pure ai fini di valutare l'ammissibilità del ricorso sotto il profilo del previo esaurimento delle vie di ricorso interne - ha escluso che rientri tra i casi di ricusazione codificati nell'ordinamento italiano il riferimento è al codice di procedura penale ma, sotto il profilo dell'interesse alla causa, l'articolo 37 c.p.p. non è dissimile dall'articolo 51 c.p.c. la contestazione dell'imparzialità e dell'indipendenza della sezione disciplinare del CSM, fondata a sulle modalità di elezione dei suoi componenti, e b sul fatto che il CSM doveva giudicare critiche rivolte alla sua stessa attività, circostanza che avrebbe creato una confusione tra giudice e parte lesa p.p. 44 e 45 della sentenza . 6.2. Le ragioni sono esplicitate nei p.p. 51 e ss. della stessa sentenza, in cui si è ribadito che l'attribuzione ad un organo interno alla magistratura della competenza a decidere in merito a illeciti disciplinari non viola in sè la Convenzione. Al riguardo, ha ribadito che la Sezione disciplinare del CSM costituisce un organo giudiziario di piena giurisdizione citando, a contrario, Diennet c. Francia, 26 settembre 1995 p. 34, e Olujic c. Croazia, 5 febbraio 2009, p. 44 . Ha poi richiamato p. 54 i criteri dettati dalla sua stessa giurisprudenza per verificare se la Sezione disciplinare possa dirsi organo indipendente e imparziale ai sensi dell'articolo 6 p. 1 della Convenzione. 6.3. Con riguardo al requisito della indipendenza, ha precisato che l'indagine deve svolgersi sul terreno delle modalità di designazione e sulla durata del mandato dei componenti, nonchè sull'esistenza di una tutela contro le pressioni esterne. Quanto al requisito d' imparzialità , ha sottolineato che esso riveste due aspetti, uno soggettivo e l'altro oggettivo il primo richiede che il tribunale nel senso di organo giurisdizionale, come sopra inteso non abbia manifestato soggettivamente alcuna presa di posizione nè pregiudizio personale il secondo suppone che il tribunale sia oggettivamente imparziale, nel senso che esso deve offrire garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio al riguardo Findlay c. Regno Unito, 25 febbraio 1997, p. 73, Recueil 1997-I . Infine, ha sottolineato che i timori sollevati dall'interessato vanno esaminati senza che, precisa la Corte, siano decisivi al fine di valutare se essi possano essere oggettivamente giustificati v. Findlay, cit., p. 73 Incal c. Turchia, 9 giugno 1998, p. 71, Recueil 1998 IV e Grieves c. Regno Unito GC , numero 57067/00, p. 69, CEDU 2003 XII . 6.4. Poste queste coordinate, e passando ad esaminare il caso sottoposto al suo esame, la Corte ha escluso il pericolo della mancanza di indipendenza e ciò in ragione della struttura stessa della sezione disciplinare in proposito ha dato rilievo alla durata temporanea del mandato del CSM, all'impossibilità di rimozione dei singoli componenti per tutta la durata del mandato, all'assenza di un legame di dipendenza gerarchica o di altro tipo ai loro pari, alla loro elezione a scrutinio segreto p. 57 . La Corte ha dunque affermato che il diritto interno italiano presenta delle garanzie sufficienti in materia di indipendenza dei componenti della sezione disciplinare nell'esercizio delle loro funzioni a tal fine ha citato, a contrario, Luka c. Romania, numero 34197/02, p. 47, 21 luglio 2009 . 6.4. Anche l'oggettiva imparzialità dell'organo disciplinare è stata confermata dalla Corte, che ha osservato di non poter sottoscrivere la tesi dell'interessata, secondo la quale vi sarebbe stata, nel caso di specie, confusione tra giudice e parte lesa paragrafo 30 supra . Al riguardo, essa si limita ad osservare che la sanzione disciplinare inflitta alla ricorrente non riguardava le sue critiche al CSM, considerate come una manifestazione di libertà di espressione, bensì la diffusione presso l'opinione pubblica di voci prive di fondamento concernenti un collega paragrafo 13 supra . Il collega in questione non era un componente della sezione disciplinare del CSM . La Corte ha così escluso che i dubbi della ricorrente sull'indipendenza e imparzialità della sezione disciplinare del CSM potessero essere oggettivamente giustificati. Conseguentemente, ha negato ogni parvenza di violazione dell'articolo 6 p. 1 della Convenzione. . 7. Pur a fronte di tanta chiarezza, il ricorrente intende trarre dall'affermazione della Corte su riportata la conclusione che, nel caso in cui la sanzione fosse stata inflitta per critiche rivolte al CSM o ad un componente della sezione disciplinare, la Corte avrebbe ritenuto certamente conclamata la parzialità dell'organo disciplinare. Si tratta tuttavia di un argomento che, benchè suggestivo, non può essere condiviso, mancando del necessario rapporto di consequenzialità logica tra la premessa da cui muove e le conseguenze che il ricorrente ne trae. 7.1. Nella sentenza Di Giovanni, la Corte EDU non ha escluso aprioristicamente l'incompatibilità ma neppure l'ha affermata in modo altrettanto aprioristico il giudizio della Corte è radicato sulle argomentazioni della ricorrente, considerate infondate senza spingersi nell'affermazione positiva di una assoluta incompatibilità ad esercitare l'azione disciplinare da parte di una sezione facente parte dello stesso organo al quale sono rivolte le critiche o censure. 7.2. Al contrario, nella parte in cui ha compiutamente analizzato la composizione della sezione disciplinare del CSM e le modalità di elezione, la Corte ha espresso un giudizio di assoluta indipendenza dell'organo disciplinare, nonostante esso sia interno alla magistratura stessa v. p. 52 e 57 e quanto al giudizio sulla imparzialità, ha specificato che i timori dell'interessato devono essere oggettivamente giustificati o perchè il tribunale abbia manifestato una presa di posizione o un pregiudizio personale o perchè non offra garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio al riguardo p. 54 . 7.3. I principi dalla Corte Edu sono in linea con quanto già sancito dalla Corte costituzionale, secondo cui l'attribuzione alla Sezione disciplinare, quale diretta emanazione del CSM, della funzione disciplinare è conforme alla Costituzione perchè la sua composizione e le sue funzioni, del tutto atipiche e peculiari, assicurano la regola che il giudice rimanga sempre super partes ed estraneo agli interessi oggetto del processo Corte Cost. numero 262/2003 . 7.4. E anche con riguardo alla ricusazione, la giurisprudenza della Corte Edu è in sintonia con la giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sull'articolo 53 c.p.c., comma 1 in riferimento agli articolo 3,24,104 e 111 Cost. e all'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali , nella parte in cui prevede che sulla ricusazione decide lo stesso collegio cui appartiene il giudice ricusato, se è ricusato uno dei componenti del tribunale o della corte, nonchè dell'articolo 30-bis c.p.c., nella parte in cui non prevede che il giudizio sulla ricusazione di un giudice della corte d'appello venga devoluto al giudice che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'articolo 11 c.p.p., allorquando nella sede non vi sia altra sezione diversa da quella cui appartiene il magistrato ricusato, ha ritenuto infondate o inammissibili le questioni. 7.5. La legge , scrive la Corte costituzionale nella sentenza 21 marzo 2002,numero 78, può provvedere come in effetti provvede a questo scopo in modi diversi, purchè ragionevolmente idonei, componendo l'interesse a garantire l'imparzialità del giudizio con i concorrenti interessi ad assicurare la speditezza dei processi . e la salvaguardia delle esigenze organizzative dell'apparato giudiziario. Ciò che non potrebbe comunque ammettersi è che la decisione sulla ricusazione sia rimessa allo stesso magistrato ricusato, o ad un collegio di cui egli faccia parte anche ai fini di tale decisione . Una volta garantito questo minimo , non si può ritenere che la semplice appartenenza del ricusato e dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione allo stesso collegio giudicante, e tanto meno allo stesso ufficio giudiziario o alla stessa sezione del medesimo, costituisca di per sè causa di compromissione dell'imparzialità dei decidenti. . Nè può dirsi che la consuetudine a giudicare a fianco di altri magistrati, nell'ambito dello stesso ufficio e dello stesso collegio, costituisca, di per sè sola, elemento tale da intaccare la imparzialità di chi decide sulla ricusazione di uno dei componenti di questo, sul presupposto del costituirsi di una sorta di solidarietà di collegio . 8. Non inducono ad una diversa opinione le sentenze della Corte Edu in tema di oltraggio alla Corte , anch'esse invocate dal Dottor F Si tratta di casi di palese violazione del dovere di terzietà del giudice, trattandosi di sentenze di condanna per oltraggio pronunciate dallo stesso giudice che aveva precedentemente segnalato il fatto all'autorità giudiziaria in quanto persona offesa senza che fossero state compiutamente esaminate le ragioni di doglianza dell'imputato. 8.1. Anche in queste decisioni la Corte di Strasburgo non ha mancato di sottolineare la necessità che l'accusa di parzialità del giudice sia sostenuta da motivi oggettivi e concreti, che evidentemente non possono consiste nel semplice fatto che il giudicante appartenga allo stesso corpo del giudice che deve giudicare. In particolare, nella sentenza 22 ottobre 2019, numero 42010/06, Deli c. Moldavia, la Corte EDU ha riscontrato che, nel contesto della vicenda giudiziaria contro il ricorrente, il giudice aveva rivestito i ruoli sia di accusatore che di giudice, e che nessuna delle successive decisioni aveva poi posto rimedio a quella situazione perchè entrambe non indicavano i motivi del rigetto dell'istanza. 8.2. Questi principi sono ribaditi in numerose sentenza, in cui la Corte EDU, dopo aver premesso che l'imparzialità personale di un giudice si presume fino a prova contraria Kyprianou V. Cipro CG 15 dicembre 15, 2005, p. 119 , ha rimarcato che la mancanza di imparzialità oggettiva si realizza quando la valutazione richiesta al giudice, o le espressioni concretamente utilizzate, implichino una sostanziale anticipazione di giudizio in questo senso, tra le altre, sentenze 22/04/2004, Cianetti c. Italia 25/07/2002, Perote Pellon c. Spagna 22/07/2008, Gomez de Liano y Botella c. Spagna tra le più recenti, ex plurimis, sentenze 16 ottobre 2018, Daineliene contro Lituania 31 ottobre 2017, Kamenos contro Cipro 20 settembre 2016, Karelin contro Russia Grande Camera, 23 aprile 2015, Morice contro Francia 15 gennaio 2015, Dragojevie contro Croazia . Ciò presuppone, però, che ricorrano sempre circostanze di fatto concrete che autorizzino a pensare che il giudice si sia già fatta un'opinione sull'esistenza del delitto e la colpevolezza dell'imputato sentenza Gomez de Liano, cit. . 8.3. La giurisprudenza di legittimità si muove nel solco di questi enunciati Cass. penumero 18 giugno 2019, numero 26869 , cristallizzati anche da recenti pronunce della Corte costituzionale Corte Cost. 29 marzo 2019, numero 66 Corte Cost. 24 gennaio 2017, numero 18 . 8. Appare dunque evidente, alla luce dei canoni esegetici espressi sia dalla Corte di Strasburgo sia dalla Corte costituzionale, l'infondatezza delle istanze di ricusazione. Dal punto di vista soggettivo, non vi sono elementi - per il vero neppure allegati dal ricorrente - per affermare o anche solo per dubitare che i consiglieri ricusati nutrano convinzioni aprioristicamente sfavorevoli alla posizione del Dottor F Dal punto di vista obiettivo, vi è un'assoluta mancanza di fatti verificabili o di espressioni concretamente utilizzate, che possano generare dubbi, oggettivamente giustificati, sulla mancanza di equanimità dei consiglieri o che implichino una loro sostanziale anticipazione di giudizio sull'oggetto della decisione. 9. Non può che conseguirne anche un giudizio di irrilevanza, oltre che di manifesta infondatezza, del dubbio di legittimità costituzionale degli articolo 51 e 52 c.p.c., sollevato dal ricorrente, per contrasto con gli articolo 111 e 24 della Cost. e articolo 6 Cedu in relazione all'articolo 117 Cost., nella parte in cui non prevedono che l' interesse che determina l'obbligo di astensione e la possibilità di ricusazione del giudice possa derivare anche da difetto di terzietà e di imparzialità conseguente al far parte di un organo giudicante che si assuma persona offesa dalle condotte in contestazione, dalle quali, a seconda della decisione adottata condotta accertata , possano eventualmente discendere danni risarcibili nei confronti dell'organo giudicante medesimo e dello stesso giudice che ne fa parte . 9.1. E' la premessa su cui si basa il dubbio a non poter essere condivisa, dal momento che, come si è più volte rimarcato, non vi sono elementi per ritenere che i consiglieri Mi. e B. siano portatori di un interesse, anche soltanto morale, ad una certa soluzione della vicenda disciplinare, così come deve escludersi la loro qualità di parte offesa rispetto ad una condotta che, invece, allo stato, vede come soggetto passivo esclusivamente l'organo nella sua unicità e alterità rispetto ai soggetti che lo compongono. Il concetto di interesse deve essere inteso in senso restrittivo, così come la qualità di creditore di cui dell'articolo 51 c.p.c., numero 3 , di non meglio precisate poste risarcitorie, richiede l'attualità del credito che pertanto non può essere meramente eventuale , e ciò al fine di contenere il rischio che, attraverso l'istituto della ricusazione, si finisca per interferire con la funzione tipica del CSM attribuita dalla Costituzione dall'articolo 105 e per comprimere l'interesse, costituzionalmente protetto, a che il procedimento si svolga in modo tale da non ostacolare l'indefettibilità e la continuità della funzione disciplinare in tal senso Corte Cost. numero 262/2003 . 10. Conseguentemente, deve essere rigettata anche l'istanza, proposta in sede di discussione orale della causa, per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per violazione dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, a fronte di norme interne che, come su descritte, non escludono nè rendono disagevole il diritto di difendersi e neppure ostacolano il diritto ad un giusto processo, anch'esso di valore costituzionale ai sensi degli articolo 24 e 111 Cost. Cass. 2270/2019, cit. Cass. 21 giugno 2011, numero 13603, Cass. 11 settembre 2017, numero 21094 . 11. Infine, è infondato pure il secondo motivo di ricusazione, ancorato alla circostanza che entrambi i consiglieri Mi. e B. sono stati indicati dalla difesa del Dottor F. quali persone da sentire nel procedimento disciplinare a suo carico. Il motivo è infondato, atteso che i consiglieri delegati sono stati soltanto indicati come persone da sentire come testimoni, ma non vi è stato alcun provvedimento di ammissione nè essi sono stati escussi, sicchè la loro posizione non è inquadrabile nel disposto dell'articolo 51 c.p.c., comma 1, numero 4 cfr. Cass. Sez. Unumero 6 luglio 2005, numero 14214 . Si richiamano le argomentazioni già espresse nella pronuncia di questa Corte numero 19893/2020. 12. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è luogo ad una pronuncia alle spese, stante la natura di parte in senso formale che la Procura Generale della Corte di cassazione assume in sede di procedimento disciplinare. P.Q.M. rigetta le istanze di ricusazione.