Avviamento costante: il valore non dipende dallo stato dei beni aziendali

L'avviamento di un'azienda, quale posta da iscrivere in bilancio, non è legato al valore dei singoli beni conseguentemente, anche se questi diminuiscono, l'avviamento stesso può non avere un valore inferiore.

L'avviamento di un'azienda, quale posta da iscrivere in bilancio, non è legato al valore dei singoli beni conseguentemente, anche se questi diminuiscono, l'avviamento stesso può non avere un valore inferiore. A stabilirlo è la Corte di Cassazione che - con la sentenza numero 26429 depositata il 30 dicembre 2010 - ha rigettato il ricorso di una s.p.a. che aveva ceduto l'azienda ed iscritto in bilancio un valore dell'avviamento inferiore, visto il deteriorarsi dei singoli beni.La fattispecie. A seguito di incorporazione, un'impresa riceveva avviso di accertamento per aver iscritto in bilancio l'avviamento dell'azienda acquisita, indicando un valore minore dettato dalla differenza fra quello iniziale ed il deterioramento di alcuni beni. La società impugnava l'atto impositivo, vedendo così riconosciute le sue ragioni. Tuttavia, la decisione di primo grado veniva ribaltata in appello. La s.p.a. ricorreva per cassazione, ma senza successo.Sul calcolo dell'avviamento. Al riguardo, la S.C. spiega che l'adozione di un metodo di calcolo dell'avviamento basato sul valore residuo dei contratti di locazione di veicoli in atto al momento della cessione, in sé valido sia perché non contestato sia perché rientra nel novero di molti criteri alternativi applicabili, non determina una diminuzione del valore negli esercizi successivi in virtù del fatto che alcuni degli elementi presi a base per il calcolo iniziale siano successivamente variati in peius.In pratica - chiariscono i giudici di piazza Cavour - il valore dell'avviamento determinato all'inizio non è legato alla sorte dei singoli beni aziendali, in quanto il criterio usato inizialmente si esaurisce in tale valutazione, e non ha alcun rilievo per le sorti successive di detto valore. Sulla base di tali considerazioni, il Collegio conclude che al caso in esame si applica l'articolo 68 del D.P.R. numero 917/1986 sull'ammortamento del valore di avviamento.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 9 novembre - 30 dicembre 2010, numero 26429Presidente Pivetti - Relatore ParmeggianiSvolgimento del processoLease Pian Italia s.p.a. proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso un avviso di accertamento relativo ad IRPEG ed ILOR dell'anno 1997, derivante da una verifica della G.di F. della contabilità di Dial Italia s.p.a., successivamente incorporata dalla Lease Pian, con il quale l'Ufficio riprendeva a tassazione costi ritenuti non di competenza ed una eccedenza di ammortamento di beni immateriali, ovvero dell'avviamento, rispetto al limite previsto dall'articolo 68 DPR numero 917 del 1986.Sosteneva la ricorrente la computabilità dei costi nell'anno di riferimento e, quanto al valore di avviamento, che non si trattava di ammortamento in misura superiore al consentito, ma di una svalutazione della relativa posta contabile, a causa di perdite concernenti i beni in relazione ai quali era stato originariamente calcolato l'avviamento stesso.La Commissione con sentenza numero 171/39/2004 accoglieva il ricorso limitatamente ai costi e lo rigettava in ordine dell'ammortamento dell'avviamento.La sentenza era appellata in via principale dalla società ed incidentale dall'Ufficio, in relazione alle reciproche soccombenze.La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza numero 55/10/05, pronunciata in data 30-3-05, depositata in data 4-4-05, respingeva gli appelli e confermava la decisione impugnata.Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società, con due motivi.L'Agenzia delle Entrate non svolge attività difensiva. La società deposita memoria.Motivi della decisioneCon il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 2423, 2425, 2426 numero 3 c.c., nonché erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi degli articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c.Espone che la Commissione aveva ritenuto che l'avviamento, quale immobilizzazione immateriale, non era sensibile alle vicende successive alla iscrizione della posta in bilancio, e pertanto che le perdite di valore dei beni aziendali non incidevano su tale dato, dovendo semmai essere considerate nella valutazione iniziale del valore di avviamento di cui si trattava, relativo alla acquisizione di due rami di azienda di diverse società.A tale proposito, premesso in fatto che il valore di avviamento all'atto dell'acquisto dei rami di azienda, la cui attività consisteva nel noleggio di veicoli, era stato calcolato e pagato, e successivamente iscritto in bilancio, in una somma pari al valore dei contratti di locazione dei veicoli in corso alla data della cessione fino alla scadenza di ciascun contratto, e che successivamente vi era stata la risoluzione anticipata di alcuni contratti di locazione, con perdita dei canoni, in base ai quali l'avviamento era stato calcolato, sostiene che la argomentazione della Commissione era in primo luogo viziata da illogicità in quanto all'atto degli acquisti dei rami di azienda non era prevedibile la cessazione anticipata dei contratti, ed in secondo luogo errata in diritto, atteso che ai sensi degli articoli citati del codice civile la immobilizzazione che al momento della redazione del bilancio sia durevolmente di valore inferiore a quello in precedenza determinato deve essere iscritta a tale minore valore.Conseguentemente, la svalutazione della posta costituita dall'avviamento a, seguito del venir meno degli elementi originari di determinazione del valore, era condotta obbligata, con insussistenza della violazione contestata.Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 66 e 68 DPR numero 917 del 1986 TUIR ed insufficiente ed erronea motivazione, ai sensi dell'articolo 360, nnumero 3 e 5 c.p.c Sostiene che la Commissione era incorsa nell'errore di ritenere applicabile alla fattispecie l'articolo 68 del Tuir, che fissa per l'avviamento la deducibilità di quote annuali non superiori ad un quinto del valore iscritto in bilancio, e non l'articolo 66 dello stesso testo legislativo che regola la materia delle minusvalenze patrimoniali, statuendo che le perdite di beni relativi alla impresa commisurate al costo non ammortizzato sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.Conclude che la verificazione di tali minusvalenze, nei termini sopra decritti era pacifica e non contestata, con applicabilità quindi della menzionata norma di legge.I motivi, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.È concetto noto che l'avviamento, pur avendo un valore patrimoniale e come tale iscritto in bilancio, non è un bene né un diritto, bensì una qualità della azienda, e precisamente la capacità della stessa di dare profitti. Tale definizione deriva dal fatto che il valore della azienda è superiore al valore dei singoli beni che la compongono, e la differenza è data dalla gestione ed organizzazione unitaria dei fattori di impresa, che consentono una redditività più o meno elevata.La valutazione di tale capacità di produrre reddito, definita come avviamento, dipende quindi da una valutazione complessiva della organizzazione aziendale che non deriva in via matematica dal valore dei singoli beni di pertinenza della medesima. Da tale caratteristica discende che non esiste un metodo unico per valutare l'avviamento, essendo ipotizzabili numerosi criteri tecnici applicabili, ed in effetti praticati, tra cui può ricordarsi quello residuale di cui all'articolo 2, comma 4, DPR numero 460 del 1996, usualmente considerato quale soglia minima in mancanza di validi metodi alternativi.Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la determinazione dell'avviamento costituisce l'oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del Giudice di merito ed immune da sindacato di, legittimità se adeguatamente motivato. v. per tutte Cass. numero 2204 del 2006 .Le considerazioni che precedono consentono di cogliere Terrore che inficia l'assunto della ricorrente.Invero dalla adozione di un metodo di calcolo dell'avviamento basato sul valore residuo dei contratti di locazione di veicoli in atto al momento della cessione, in sé valido sia perché non contestato sia perché rientra nel novero dei molti criteri alternativi applicabili, non deriva una diminuzione di detto valore negli esercizi successivi sol perché alcuni degli elementi presi a base per il calcolo iniziale sono successivamente variati in peius .Il valore dell'avviamento comunque determinato all'inizio non è infatti per quanto sopra si è detto legato alla sorte dei singoli beni aziendali, in quanto il criterio usato inizialmente si esaurisce in detta valutazione, e non ha alcun rilievo per le sorti successive di detto valore.Da ciò non deriva che il valore dell'avviamento non possa mutare nel tempo, e che tale mutamento possa essere trasfuso nella relativa posta di bilancio, ma ciò deve essere frutto di valutazione autonoma e complessiva, operata ex novo e non già come nella specie per applicazione inversa ed automatica della stesso metodo di fatto applicato per la valutazione dell'avviamento iniziale.È infatti ben ipotizzabile che nel tempo siano intervenuti mutamenti nella combinazione dei fattori che determinano la redditività della azienda rispetto al momento dell'acquisto, e ciò esclude ogni automatica validità del criterio originano.Le considerazioni in diritto svolte nella sentenza impugnata sono pertanto in linea con gli enunciati principi, e sfuggono a censura, anche sotto l'aspetto motivazionale, chiaro ed esaustivo sul punto. Né sussiste il denunciato vizio di illogicità, in quanto la osservazione della Commissione che le perdite sui contratti dovevano essere valutate nella fase iniziale, per quanto in sé irrilevante ed ultronea rispetto alla ratio decidendi adottata non può essere letta nel senso di una imposizione di previsione di eventi futuri, ma in quello, peraltro condivisibile, che nella valutazione dell'avviamento sarebbe stato prudente inserire, in senso negativo, l'alea costituita dalla possibile anticipata cessazione di alcuni contratti di noleggio, ben prevedibile in relazione alla peculiare natura della attività aziendale.Da ciò deriva anche la infondatezza del secondo motivo, risultando applicabile l'articolo 68 TUIR sull'ammortamento del valore di avviamento, dato in sé non modificabile con il criterio adottato dalla contribuente, e mancando invece i presupposti della applicazione dell'articolo 66 TUIR e della sostenuta minusvalenza in forza dei principi civilistici enunciati. Il ricorso deve quindi essere rigettato. Nulla per le spese, in mancanza di attività difensiva dell'Ufficio.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso.