L'Ufficio può legittimamente rivalutare le rimanenze finali di magazzino di un anno d’imposta

Può sussistere disarmonia tra le rimanenze finali di un anno d’imposta e le rimanenze iniziali dell’anno successivo in virtù della cd. autonomia dei singoli periodi di imposta.

Non giova al contribuente invocare l'avvenuto accertamento per adesione delle rimanenze iniziali dell’anno successivo, onde inferirne che alla fine dell'esercizio precedente il valore delle rimanenze non poteva che essere di pari importo. Ed invero, il principio di continuità dei valori di bilancio, sancito dal D.P.R. numero 917/1986, articolo 59, se comporta che i valori finali dell'esercizio sono da considerarsi quelli gli iniziali del successivo, non implica anche che sia vero il contrario. In altri termini, accertate con adesione del contribuente le rimanenze all'inizio di un anno d’imposta , non per questo - stante il principio di autonomia dei periodi di imposta, sancito dal D.P.R. numero 917/1986, articolo 7, - devono essere considerate dello stesso valore anche le giacenze dell'esercizio precedente. Deve ritenersi legittimo il recupero a tassazione di maggiori ricavi, induttivamente ricostruiti tramite attribuzione al venduto di parte delle merci acquistate nell'anno in considerazione, in difetto di elementi di prova adeguati, il cui onere cade - a carico del contribuente, idonei a documentare l'effettiva sussistenza ed entità delle rimanenze di magazzino. L'accertamento induttivo effettuato dall'amministrazione, ai sensi del D.P.R. numero 600/1973, articolo 39, è dovuto al riscontro, operato in sede di verifica della documentazione contabile fornita dal contribuente , dell'esistenza di un magazzino assai rilevante ed in continuo aumento, con conseguente formazione di giacenze di merci per importi molto elevati, notevolmente superiori all'ammontare degli stessi ricavi dichiarati. Tale ricavi, peraltro, erano a loro volta molto inferiori ai costi di acquisto della merce, risultandone un'evidente, macroscopica, antieconomicità della gestione aziendale facente capo al contribuente. Il che, per le ragioni suesposte, ha determinato la piena legittimità dell'accertamento induttivo operato da parte dell'Ufficio finanziario. Tali interessanti principi sono stati statuiti dalla Cassazione, con sentenza numero 15250/2012. Il caso. Il giudice del gravame ha appurato che l'Ufficio aveva legittimamente rivalutato le rimanenze finali di magazzino di un anno d’imposta, nonostante l'accertamento per adesione delle rimanenze iniziali dell’anno successivo, stante l'autonomia dei singoli periodi di imposta. Il giudice di legittimità ha rigettato il ricorso in cassazione del contribuente, poiché il principio di continuità dei valori di bilancio, se comporta che i valori finali dell'esercizio sono da considerarsi quelli gli iniziali del successivo, non implica anche che sia vero il contrario. Autonomia dei periodi di imposta. In base al principio di autonomia dei periodi di imposta, le determinazioni operate dall'amministrazione finanziaria con riguardo ad uno specifico esercizio non possono avere alcun riflesso rispetto ad altri periodi ovvero, la circostanza che l'ufficio non abbia operato una rettifica in relazione ad uno specifico esercizio, non esclude che lo stesso possa autonomamente valutare l'esercizio successivo, ovvero, sempre nel caso di rimanenze iniziali del periodo successivo a quello non accertato. Ogni periodo di imposta ha una propria autonomia sicchè le determinazioni dell'Amministrazione tributaria con riferimento ad uno specifico periodo di imposta non possono avere alcun riflesso sulle sue determinazioni rispetto ad altri periodi o, comunque, sugli accertamenti relativi a questi distinti periodi. Ne consegue che la circostanza che l'ufficio non abbia rettificato la denuncia relativa ad un determinato esercizio non preclude l'autonoma valutazione della denuncia relativa all'esercizio successivo e la richiesta di documentazione delle spese e della effettività degli ammortamenti in essa dichiarati. Continuità dei valori contabili. In materia di determinazione del reddito d'impresa, atteso il principio di continuità dei valori contabili, per cui le rimanenze finali di un esercizio costituiscono esistenze iniziali dell'esercizio successivo e le reciproche variazioni concorrono a formare il reddito d'esercizio, è legittimo il recupero a tassazione dei ricavi, induttivamente ricostruiti, qualora il contribuente non ottemperi all'onere della specificazione delle rimanenze distinte per categorie omogenee di beni. La presenza d'irregolarità contabili tali da rendere inattendibili le scritture aziendali legittima di per sé sola l'adozione del metodo induttivo, senza che sui presupposti per il ricorso ad esso incidano le modalità con cui tale forma di accertamento viene poi eseguita, potendo l'amministrazione utilizzare elementi esterni rispetto alle scritture e anche dati da queste emergenti nella misura in cui risultino singolarmente affidabili , così come può servirsi, nel corso del medesimo accertamento, del metodo analitico, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie, ed anche ricorrendo a indici rivelatori tipici dell'attività. La determinazione del reddito di impresa si basa sul principio di continuità dei valori di bilancio secondo cui le rimanenze finali di un esercizio costituiscono esistenze iniziali dell'esercizio successivo. In tal modo le variazioni reciproche formano il reddito di impresa. Di talchè le rettifiche da parte dell'Amministrazione devono riguardare tanto le rimanenze finali quanto quelle iniziali in caso contrario il contribuente potrebbe proporre istanza di rimborso ex articolo 21, D.Lgs. numero 546/1992.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 12 luglio - 12settembre 2012, numero 15250 Presidente Merone – Relatore Valitutti Svolgimento del processo 1. Con sentenza numero 431/25/10, depositata il 22.11.10, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l'appello principale proposto da F.E., nonchè l'appello incidentale proposto dall'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Foggia, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto parzialmente il ricorso proposto dal contribuente nei confronti dell'avviso di accertamento e della cartella di pagamento emessi dall'amministrazione, ai fini IRPEF IRAP ed IVA, per l'anno 2003. 2. La CTR riteneva, invero, per un verso, di confermare quanto statuito dai giudici di prime cure, circa la determinazione del reddito di impresa del F., disattendendo, pertanto, l'appello incidentale dell'amministrazione finanziaria, per altro verso, reputava che l'Ufficio avesse legittimamente rivalutato le rimanenze finali di magazzino al 31.12.03, nonostante l'accertamento per adesione delle rimanenze iniziali all'1.1.04, effettuato per l'anno 2004, stante l'autonomia dei singoli periodi di imposta ai sensi del D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 7. Per tale ragione la CTR rigettava, pertanto, anche l'appello principale del contribuente. 3. Avverso la sentenza numero 431/25/10 ha proposto ricorso per cassazione F.E. articolando due motivi, ai quali l'amministrazione ha replicato con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo. Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con i due motivi di ricorso - da esaminare congiuntamente, attesa la loro evidente connessione - F.E. denuncia la violazione e falsa applicazione il D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 7, D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 39 e 42, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 3, nonchè l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 5. 1.1. Si duole, invero, il ricorrente dal fatto che la CTR abbia erroneamente - a suo parere - ritenuto che l'Ufficio abbia legittimamente rivalutato le rimanenze finali di magazzino al 31.12.03, nonostante l'accertamento per adesione delle rimanenze iniziali all'1.1.04, in considerazione della ritenuta autonomia dei singoli periodi di imposta ai sensi del D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 7. Ed infatti, ad avviso del F., essendo stato fissato nell'accertamento dell'Ufficio con adesione del contribuente che le rimanenze iniziali per l'anno 2004 erano pari ad Euro 455.217,00, le rimanenze finali al 31.12.03 non avrebbero potuto che essere ritenute equivalenti. Sicchè, del tutto illegittimamente l'Ufficio - condiviso sul punto dai giudici di merito di primo e secondo grado - avrebbe effettuato l'accertamento induttivo del reddito di impresa, ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 39, comma 2. 2. Il ricorso è infondato. 2.1. Va osservato, infatti, che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'onere della prova dei presupposti dei costi, degli oneri di ogni altra componente negativa del reddito d'impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina del D.P.R. numero 597 del 1973, e del D.P.R. numero 598 del 1973, che del D.P.R. numero 917 del 1986, incombe al contribuente. A tal riguardo, va, peraltro, altresì rilevato che, poichè nei poteri dell'amministrazione finanziaria in sede di accertamento rientra la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, l'onere della prova dell'inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei costi medesimi Cass. 16115/07, 4554/10 . 2.2. Ne discende la piena legittimità dell'accertamento analitico - induttivo del reddito d'impresa, ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 39, pur in presenza di una contabilità tenuta dal contribuente in modo formalmente regolare, qualora la contabilità medesima possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità della gestione di impresa. In tali casi è, pertanto, consentito all'ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici - purchè gravi, precise e concordanti - maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell'onere della prova a carico del contribuente Cass. 6337/02, 1711/07 . In particolare - per quale che rileva nel caso di specie - deve ritenersi legittimo il recupero a tassazione di maggiori ricavi, induttivamente ricostruiti tramite attribuzione al venduto di parte delle merci acquistate nell'anno in considerazione, in difetto di elementi di prova adeguati, il cui onere cede - come detto - a carico del contribuente, idonei a documentare l'effettiva sussistenza ed entità delle rimanenze di magazzino. 2.3. Ebbene, nel caso concreto, dallo stesso ricorso del contribuente si evince che l'accertamento induttivo effettuato dall'amministrazione, ai sensi del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 39, è dovuto al riscontro, operato in sede di verifica della documentazione contabile fornita dal F., dell'esistenza di un magazzino assai rilevante ed in continuo aumento, con conseguente formazione di giacenze di merci per importi molto elevati, notevolmente superiori all'ammontare degli stessi ricavi dichiarati. Tale ricavi, peraltro, erano a loro volta molto inferiori ai costi di acquisto della merce, risultandone un'evidente, macroscopica, antieconomicità della gestione aziendale facente capo al contribuente. Il che, per le ragioni suesposte, ha determinato la piena legittimità dell'accertamento induttivo operato da parte dell'Ufficio finanziario. 2.4. Nè giova al contribuente invocare l'avvenuto accertamento per adesione delle rimanenze iniziali all'1.1.04, onde inferirne che alla fine dell'esercizio 2003 il valore delle rimanenze non poteva che essere di pari importo. Ed invero, il principio di continuità dei valori di bilancio, sancito dal D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 59, se comporta che i valori finali dell'esercizio sono da considerarsi quelli gli iniziali del successivo, non implica anche che sia vero il contrario. In altri termini, accertate con adesione del contribuente le rimanenze all'inizio del 2004, non per questo - stante il principio di autonomia dei periodi di imposta, sancito dal D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 7, - devono essere considerate dello stesso valore anche le giacenze dell'esercizio precedente. Per cui correttamente l'Ufficio - in presenza dei menzionati, consistenti, elementi di dubbio risultanti dalla documentazione contabile esibita dal F. - ha operato l'accertamento induttivo delle rimanenze per l'anno 2003, nonostante l'accertamento per adesione delle rimanenze all'inizio dell'anno 2004. 3. Per tali ragioni, pertanto, il ricorso proposto dal contribuente non può che essere rigettato. Resta assorbito il ricorso incidentale dell'amministrazione, sostanzialmente diretto ad ottenere il mero rigetto del ricorso del F., come si evince dall'intestazione del controricorso per la conferma della sentenza numero 431/26/10 , e dalle conclusioni formulate dall'amministrazione nel medesimo atto si chiede il rigetto dell'avverso ricorso, in quanto infondato in fato e in diritto . 4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto da F.E. deve essere rigettato, assorbito il ricorso incidentale dell'Agenzia delle Entrate, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.